Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11719 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11719 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3309-2020 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati COGNOME, COGNOME, che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N. 3309/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 11/03/2025
CC
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistenti con mandato –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) Agente della riscossione per la Provincia di Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 377/2019 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 10/07/2019 R.G.N. 674/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
Con sentenza del giorno 10.7.2019 n. 377, la Corte d’appello di Messina accoglieva parzialmente il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Messina che aveva respinto l’opposizione avverso il preavviso di fermo amministrativo di beni mobili, con il quale era stato intimato il
pagamento della somma complessiva di € 175.202,80, portate anche da alcune cartelle attinenti a contributi Inps e premi Inail che ad avviso dell’opponente non erano state regolarmente notificate, con conseguente prescrizione dei relativi contributi e premi dovuti per gli anni antecedenti al 2006.
Il T ribunale rigettava l’opposizione ritenendo che tutte le cartelle erano state regolarmente notificate avendo accertato che dalle relazioni di notifica emergeva sia il deposito della cartelle stesse presso la Casa comunale che l’invio al contribuente della raccomandata informativa.
La Corte d’appello, invece , accoglieva parzialmente l’appello di NOME COGNOME in quanto accertava che, relativamente a tutta una serie di cartelle meglio indicate in ricorso, notificate presso l’indirizzo originario di INDIRIZZO la notifica avvenuta nel corso dell’anno 2010, avrebbe dovuto essere eseguita presso il nuovo indirizzo di INDIRIZZO ove l’COGNOME risiedeva dal novembre 2009, sebbene dal certificato anagrafico risultasse ancora la precedente residenza. Ad avviso della Corte d’appel lo infatti ciò che aveva rilievo era la residenza anagrafica effettiva, al momento della notifica e presso la quale questa doveva essere eseguita.
Con riguardo alle restanti cartelle di pagamento la Corte del merito confermava la validità della notifica e conseguentemente l’atto di preavviso di fermo.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, NOME COGNOME ricorre per cassazione, sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria, mentre la Riscossione RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. a e l’Inail hanno resistito con controricorso.
Il Collegio ha riservato il deposito dell’ ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione dell’art. 140 c.p.c. e dell’art. 26 comma 4 del d.P.R. n. 602/1973, per avere la Corte d’appello ritenuto la validità e regolarità della notificazione relativamente ad alcune cartelle di pagamento oggetto del preavviso di fermo di beni mobili registrati impugnato, pur in difetto del perfezionamento di tutti gli adempimenti previsti dall’art. 140 c.p.c. . In buona sostanza, per le cartelle di pagamento indicate alle p. 9-11 del ricorso, secondo il rico rrente, risultava essere stata omessa l’affissione alla porta di abitazione del destinatario dell’avviso di deposito del Comune e, inoltre, in alcuni casi, non vi era stata menzione nella relazione di notifica della raccomandata inviata. Le raccomandate poi non risultavano ricevute, in quanto il destinatario era sconosciuto all’indirizzo.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 140 c.p.c., in quanto la Corte d’appello ha ritenuto valida e regolare la notificazione per due cartelle di pagamento (meglio contraddistinte in rubrica) oggetto del preavviso di fermo di beni mobili registrati impugnato, in difetto del perfezionamento di tutti gli adempimenti previsti dall’art. 140 c.p.c. . In particolare, con riferimento a dette cartelle, sottolinea che l’invio della raccomandata informativa non era avvenuto subito dopo il tentativo infruttuoso, per irreperibilità relativa, della notifica della cartella, ma a distanza di mesi.
Con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza per essere incorsa nella violazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 2934 c.c. e dell’art. 3 comma 9 della legge n. 335/ 1995 e si sostiene che la Corte d’appello av rebbe omesso di pronunciare sulla domanda di parte ricorrente, di dichiarare la prescrizione del diritto degli enti resistenti alla riscossione dei contributi previdenziali e
assistenziali di cui alle cartelle di pagamento oggetto del preavviso di fermo, per gli anni precedenti al 2006.
Con il quarto motivo, infine, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte del merito, nonostante l’accoglimento parziale dell’appello , aveva condannato l’appellante alla metà delle spese legali in favore degli enti resistenti, mentre avrebbe dovuto riconoscerle in suo favore per entrambi i gradi di giudizio di merito.
Il primo motivo è inammissibile, in via preliminare, perché il ricorrente non riporta dove e quando abbia svolto analoga censura, sotto tutti i profili censurati, fin dal primo grado. Il motivo è, altresì, inammissibile, perché contesta l’accertamento di fatto, di competenza esclusiva del giudice del merito, che la notifica relativa alle cartelle residue era regolare, sulla base della documentazione in atti: la Corte di appello ha esaminato la relata di notifica trascritta e ne ha accerto la ritualità. Orbene la questione della notifica degli atti impositivi e/o contributivi non si traduce in un error in procedendo , attesa la natura sostanziale e non processuale di siffatti atti, ed è perciò precluso a questa Corte il controllo diretto, quale giudice del fatto processuale, dei profili di fatto della notifica, trattandosi di verifica rimessa al giudice di merito (Cass. n. 2630/2024, n. 35014/2022, in tema di processo tributario).
Peraltro, il motivo è, comunque, infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘ in tema di notificazione della cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali, l’omissione di uno degli adempimenti previsti dall’art. 140 c.p.c. (nella specie l’affissione dell’avvenuto deposito del piego presso la casa comunale anziché alla porta dell’abitazione) comporta la nullità della notifica, sanabile per
raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., se il destinatario abbia comunque ricevuto regolarmente la raccomandata di conferma del deposito del piego presso l’ufficio postale ‘ (Cass. n. 265/2019, n. 31724/2019) .
Nella specie, la Corte d’appello ha accertato che era stata fornita prova sia del deposito presso il comune che dell’avviso al contribuente a mezzo raccomandata, fatto nel domicilio del tempo in cui si era perfezionata la notifica.
Il secondo motivo è anch’esso inammissibile, perché contesta un profilo formale della notifica delle cartelle oggetto di censura, cioè, il fatto che la raccomandata informativa fosse stata inviata a distanza di mesi dalla notifica infruttuosa della cartella che è un profilo concernente l’opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., che avrebbe dovuto essere proposta nel termine di venti giorni dalla notifica della cartella, termine che il ricorrente non documenta di aver rispettato.
Il terzo motivo è infondato.
La Corte territoriale non è incorsa nell’ omessa pronuncia denunciata – relativamente alla richiesta di prescrizione delle cartelle, di cui al preavviso di fermo, per gli anni precedenti al 2006 – avendo esaminato ed accertato la validità e la regolarità della notificazione di tutte le rimanenti cartelle non prese in considerazione in precedenza (e decidendo implicitamente anche per gli anni anteriori al 2006), di talché la questione del rispetto del termine di prescrizione per le stesse, quale questione di merito è stata esaminata e decisa con motivazione immune da vizi logici.
Il quarto motivo è infondato.
Premesso che la valutazione dell’esistenza di una soccombenza reciproca e della sua misura è rimessa al giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 30592 del 2017
e 14459 del 2021), va rilevato che nella specie, la Corte d’appello ha ritenuto sussistente una prevalente soccombenza in capo al ricorrente che ha conseguentemente condannato al pagamento delle spese processuali per la parte non compensata.
Le spese di lite del presente giudizio, in favore di ciascuno degli enti intimati seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare le spese di lite che liquida nell’importo di € 6.000,00, in favore dell’Agenzia delle Entrate riscossione, oltre spese prenotate a debito ed in favore sia dell’Inps che dell’Inail, oltre € 200,00, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11.3.25.