Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16211 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 16211 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
SENTENZA
avvocato indirizzo di posta elettronica certificato sul ricorso iscritto al n. 17061/2023 R.G. proposto da: NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall ‘ COGNOME NOMECOGNOME presso l ‘ del quale è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata della quale è domiciliata per legge;
-controricorrente-
nonché contro RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di L ‘ AQUILA n. 152/2023 depositata il 01/02/2023;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/06/2025 dal Consigliere COGNOME
udito il Procuratore Generale, che, nella persona del Dott. NOME COGNOME ha chiesto l ‘ accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento di tutti gli altri;
udito il Difensore del ricorrente che ha insistito nell ‘ accoglimento del ricorso e nella declaratoria di inammissibilità del controricorso.
FATTI DI CAUSA
1.Nel 2009 NOME COGNOME, su segnalazione del proprio datore di lavoro, RAGIONE_SOCIALE venne a conoscenza di essere soggetto ad una procedura esecutiva espropriativa e, nello specifico, di un atto di pignoramento presso terzi e contestuale ordine di versamento all’agente della riscossione Equitalia Pragma s.p.a. di Pescara ex art. 72 bis dPR n. 602/1972, in ragione di cinque ruoli esattoriali.
Propose ricorso in opposizione a procedura esecutiva, lamentando l’improcedibilità della intrapresa procedura esecutiva, l’omessa notifica delle 5 cartelle indicate nell’atto di pignoramento e delle relative successive intimazioni di pagamento, l’omessa indicazione dei relativi enti impositori, l’eccezione di prescrizione dei crediti porati dalle cartelle riferibili agli anni 2000, 2002 e 2003.
L’agente della riscossione si costituì in giudizio, contestando l’opposizione avversaria. In particolare, produceva documentazione in tema di notifica delle cartelle di pagamento e delle successive intimazioni, sostenendo la definitività degli atti ritualmente notificati e mai opposti.
Il giudice dell’esecuzione sospese l’esecuzione e concesse termine per l’introduzione del giudizio di merito.
Il Tribunale di Pescara – istruita la causa mediante acquisizione della documentazione prodotta dalle parti ed assunzione della prova testimoniale richiesta dall’opponente – con sentenza n. 369/2012, in accoglimento del ricorso in opposizione all’esecuzione depositato dal Sericola, dichiarò la nullità del pignoramento di crediti verso terzi eseguito da Equitalia Pragma S.p.a. ex art. 72 bis del DPR 602/73 con atto in data 6.8.2009, condannandola alla refusione delle spese di lite in favore dei procuratori del ricorrente, dichiaratisi antistatari.
In particolare, il giudice di primo grado – dopo aver dato atto che la difesa di Equitalia aveva ritualmente prodotto tutta la documentazione relativa alla attività di notificazione delle singole cartelle (il cui esito veniva integralmente riportato) –
ritenne la nullità della notificazione a mezzo posta delle tre cartelle esattoriali 083/2003/00103752/04, 083/2008/00012529/22 e 083/2008/00062071/88, in quanto: da un lato, le relate di notifica difettavano dell’attestazione di rinvenimento dei familiari (madre e sorella) che avevano ricevuto il plico nella casa del destinatario; e, dall’altro lato, le cartelle erano state consegnate presso l’abitazione dei consegnatari, che era risultata diversa dalla casa di abitazione del destinatario dell’atto (cioè del Sericola) con conseguente insussistenza della frequentazione quotidiana, che costituisce il presupposto sul quale si base l’ipotesi normativa della presumibile consegna;
-ritenne la nullità della notificazione dell’intimazione di pagamento delle altre due cartelle esattoriali (recanti i nn. 083/2000/00211548/64 e 083/2002/0017678/65), in quanto ricevute dal padre (NOME COGNOME) non convivente con il debitore NOME, nell’atrio del fabbricato ove erano ubicate le distinte abitazioni dei congiunti; anche in tal caso non potendo dirsi avverato il predetto presupposto.
Avverso tale decisione propose appello l’ente impositore, che:
-in via preliminare, eccepì il difetto di giurisdizione del giudice adito in relazione alla cartella n. NUMERO_CARTA atteso che questa recava pretese di natura tributaria;
-nel merito, chiese che, in riforma della sentenza di primo grado, fosse rigettata l’opposizione del COGNOME con declaratoria dell’obbligo di quest’ultimo a restituire le somme percepite da Equitalia a titolo di spese legali corrisposte ai difensori antistatari.
Si costituiva il COGNOME che, in ordine all’eccepito difetto di giurisdizione, rilevava l’inammissibilità della doglianza.
La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 1811/2018, in accoglimento del gravame ed in riforma integrale della sentenza di primo grado, rigettò l’opposizione proposta dal COGNOME, condannandolo al pagamento delle spese processuali.
Il COGNOME propose ricorso per Cassazione sulla base di due motivi: con il primo denunciava l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, non avendo la corte di merito tenuto conto della circostanza che il fabbricato sito in Pescara, INDIRIZZO era un vero e proprio condominio, giacché lui viveva da solo e gli altri familiari occupavano ciascuno altrettante diverse unità immobiliari; con il secondo, denunciava la violazione degli artt. 139, 140, 221 e 222 c.p.c. nonché dell’art. 2700 c.c. e degli artt. 26 e 60 D.P.R. 602/1973 per avere la corte del merito ritenuto l’inammissibilità delle prove orali invece ammesse dal Tribunale.
L’ente della riscossione contestò il ricorso e propose controricorso incidentale in relazione alla inammissibilità della opposizione ex art. 57 d.P.R. n. 602/1973 e 617 c.p.c.
Questa Corte, con sentenza n. 11851/22, cassò la sentenza impugnata per violazione dell’art. 102 c.p.c., non essendo stato evocato nel giudizio di secondo grado il terzo pignorato RAGIONE_SOCIALE con rinvio alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, per la rinnovazione del giudizio, previa integrazione del contraddittorio
nei confronti del litisconsorte necessario, provvedendo anche sulle spese del giudizio.
L’Agenzia delle Entrate RAGIONE_SOCIALE (subentrante, in virtù dell’art. 1 del D.L. 193 del 22/10/2016, convertito in Legge 225/2016 del 1° dicembre 2016, a titolo universale nei rapporti di RAGIONE_SOCIALE incorporante RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE; di seguito, anche solo ‘AdER’) riassumeva il procedimento, impugnando la sentenza del Tribunale di Pescara e riproponendo le argomentazioni e le conclusioni già formulate nel giudizio di appello annullato.
Si costituiva il COGNOME, il quale rilevava l’improcedibilità del giudizio (per tardiva iscrizione a ruolo), nonché l’inammissibilità e, in ogni caso, l’infondatezza dell’eccezione di difetto di giurisdizione e, nel merito, l’infondatezza del gravame, avendo il giudice di primo grado correttamente applicato le norme in materia di notifiche e fatto buon governo delle risultanze istruttorie. Concludeva chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dell’appello con conferma della sentenza emessa dal Tribunale di Pescara e con condanna dell’appellante alla rifusione delle spese processuali, a distrarsi.
A seguito d’integrazione del contraddittorio si costituiva il terzo pignorato, prima pretermesso, RAGIONE_SOCIALE, che si rimetteva alla Giustizia, <>.
La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 152/2023, in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata:
dichiarava inammissibile l’opposizione all’esecuzione proposta dal COGNOME con riferimento al credito di cui alla cartella esattoriale n. 083/2008/00012529/22,
rigettava l’opposizione quanto ai crediti di cui alle restanti cartelle esattoriali;
-dichiarava tenuti l’Avv. NOME COGNOME e l’Avv. NOME COGNOME nella loro qualità di difensori antistatari del COGNOME nel giudizio di primo grado, alla restituzione delle somme allo stesso pagate da Equitalia Centro S.p.a. a titolo di spese di lite;
condannava il COGNOME a rimborsare all’Agenzia delle Entrate Riscossione le spese del precedente giudizio di primo grado, del giudizio di appello, del giudizio di legittimità e del giudizio di rinvio;
compensava le spese di lite tra il RAGIONE_SOCIALE ed i RAGIONE_SOCIALE
Su istanza di AdER, la sentenza della corte di rinvio veniva corretta con ordinanza del 3 maggio 2023 in punto di spese del solo giudizio di rinvio.
Avverso la sentenza del corte di rinvio ha presentato nuovo ricorso per cassazione il RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, che a p. 32 del controricorso ha svolto una argomentazione, che ha intitolato ricorso incidentale, senza formulare alcuna conseguente conclusione.
Il litisconsorte RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
Per l’odierna udienza pubblica il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri e con ogni conseguenza di legge.
Il Difensore di parte ricorrente ha depositato memoria, con la quale, oltre ad eccepire preliminarmente la tardività del controricorso, ha insistito nell’accoglimento del ricorso (e, in particolare, nell’accoglimento del primo, del settimo e dell’ottavo motivo) ed ha chiesto, in caso di accoglimento del primo motivo (e di cassazione senza rinvio), la liquidazione delle spese processuali (relative al presente giudizio di legittimità, del giudizio di merito di rinvio e del giudizio di cassazione rg n. 11450/2019 e del giudizio di appello rg n.
1005/2012), come da note, che ha depositato, ribadendo che i suoi procuratori, per tutti i gradi di giudizio, hanno anticipato gli esborsi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’eccezione di inammissibilità del controricorso, sollevata da parte ricorrente in sede di memoria, è fondata.
Invero, il controricorso è tardivo, in quanto è stato depositato il 3 ottobre 2023 e, dunque, abbondantemente oltre il termine di 40 giorni dalla notifica del ricorso (avvenuta il precedente 1° agosto), previsto dall’art. 370 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis .
D’altronde, è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (si cfr. Cass. nn. 12250 e 14591/2007, nn. 4942, 9998 e 13928/2010, n. 171/2012, n. 6107/2013, n. 8137/2014; n. 10212/2019 e n. 1127/2022) il principio per cui, ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge 7 ottobre 1969 n. 742 e dell’art. 92 del r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale non si applica alle opposizioni esecutive, riferendosi tale disciplina al processo di opposizione all’esecuzione in ogni sua fase, compreso il giudizio di cassazione, a prescindere dal contenuto della sentenza e dai motivi di impugnazione, ed operando, al riguardo, il principio dell’apparenza, per cui il regime di impugnazione, e, di conseguenza, anche le norme relative al computo dei termini per impugnare, vanno individuati in base alla qualificazione che il giudice a quo abbia dato all’azione proposta in giudizio e non in base al rito applicabile.
La tardività del controricorso implica la sua inammissibilità e preclude la disamina dell’argomentazione in esso svolta alla pagina 32.
Nella impugnata sentenza, la corte di rinvio, dopo aver rigettato l’eccezione di improcedibilità del giudizio per asserita tardiva costituzione dell’attrice in riassunzione (pp. 4-11) e per omessa produzione di copia autentica dell’ordinanza cassatoria (p. 11):
dapprima (pp. 11-12), ha ritenuto inammissibile il ricorso in opposizione all’esecuzione depositato da NOME COGNOME
relativamente al credito portato dalla cartella esattoriale sopraindicata n. 083/2008/00012529/22, alla luce del principio affermato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 13913/2017;
quindi (pp. 12-17), ha ritenuto regolari tutte le notifiche in contestazione, in quanto: a) richiamando principi affermati da questa Corte, ha ritenuto ritualmente eseguita la notificazione delle cartelle esattoriali dall’ufficiale della riscossione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 26 d.P.R. n. 602/1973; b) ha ritenuto infondata l’eccezione di nullità delle notifiche sotto il diverso profilo (non esaminato dal giudice di primo grado) del difetto della relazione di notificazione in calce all’atto notificato; c) ha ritenuto ritualmente eseguita, contrariamente al primo giudice, la notificazione delle intimazioni al pagamento inerenti alle cartelle esattoriali (nn. 083/2000/00211548/64 e 083/2002/0017678/65, notificate direttamente al destinatario); d) ha ritenuto la ritualità della notifica delle intimazioni di pagamento (nonostante che l’ufficiale postale avesse inviato una sola raccomandata di avviso di deposito, senza indicazione dell’atto notificato mentre avrebbe dovuto inviare una raccomandata per ogni intimazione di pagamento);
infine (p. 17-18), ha ritenuto precluso l’esame dell’eccezione di prescrizione (avanzata, in via subordinata, nel ricorso in opposizione e ritenuta assorbita nella sentenza di primo grado di accoglimento dell’opposizione).
NOME COGNOME articola in ricorso otto motivi.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la nullità del procedimento ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), per omessa declaratoria di improcedibilità del giudizio di rinvio per tardiva iscrizione a ruolo, con riferimento (ed in violazione) agli artt. 152, comma 2, 347 e 165 cpc, art. 16 bis, comma 7, d.l n. 179/2012 e art. 13, d.m. 21.02.2011, n. 44.
Osserva che la corte di rinvio – pur rilevando che, a fronte della notifica in riassunzione del 12 luglio 2022, l’iscrizione a ruolo era stata effettuata in data 26 luglio 2022 (e, dunque, oltre il termine di 10 giorni) – ha erroneamente dichiarato tempestiva detta iscrizione sul presupposto che l’AdER, per mera imprecisione, aveva precedentemente e tempestivamente tentato di costituirsi per mezzo di deposito dell’atto in riassunzione sul precedente fascicolo rg. N. 1005/2012 relativo al giudizio annullato da questa Corte.
Nel censurare i passi motivazionali, contenuti alle pagine 5-6, nonché alle pagine 8-9 della impugnata sentenza, articola tre censure: con la prima deduce la inescusabilità dell’errore, nonché la non identicità delle attività svolte (mero deposito su precedente fascicolo da un lato; costituzione in giudizio e iscrizione a ruolo dall’altro); con la seconda deduce la omessa produzione della pec di consegna attestante l’identità di busta e produzioni tra i tentativi di deposito erronei e la successiva corretta (ma tardiva) iscrizione a ruolo; con la terza denuncia l’omessa istanza di rimessione in termini ovvero la tardività della stessa.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), con riferimento agli artt. 342 cpc e 2697 cc, nonché, all’occorrenza, 16 bis, comma 1 bis, d.l. n. 179/2012; 221, comma 3, d.l. 34/2020; 16, comma 1) d.l. 228/2021, nella parte in cui la corte ha sostenuto che:
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Sottolinea che parte appellante in sede di rinvio ha omesso il deposito (non solo telematico ma anche, per quanto inammissibile, cartaceo) dei propri fascicoli di parte dei gradi precedenti ove era contenuta la documentazione posta a sostegno dell’appello.
Si duole che la corte territoriale, nonostante la mancata produzione dei fascicoli di RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di rinvio, ha esaminato i
motivi di appello, argomentando su documenti non presenti agli atti (e, in particolare, sugli estratti di ruolo, indicati come ‘documento n. 6’).
3.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), con riferimento agli artt. 342, 345, comma 3, 183 cpc. nella parte in cui la corte di rinvio non soltanto ha scrutinato l’appello in assenza di produzioni documentali ma ha accolto il difetto di giurisdizione evocando il documento n. 6, asseritamente contenente gli estratti di ruolo.
Si duole che la corte territoriale di rinvio ha omesso di considerare che lui aveva eccepito la mancata produzione di detto documento, nel giudizio di primo grado, e la tardività della sua produzione nel giudizio di appello, e nel giudizio di rinvio aveva riproposto tale eccezione, per cui la sua eccezione è rimasta non scrutinata dal giudice del rinvio, che pure ha deciso il terzo motivo di appello di AdER argomentando su detto documento.
3.4. Con il quarto ed il quinto motivo il ricorrente denuncia, rispettivamente, nullità del procedimento ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) e violazione di legge ai sensi del n. 3) di detta norma, con riferimento (ed in violazione) agli artt. 37, 112, 115, 163, 183 c.p.c., per omesso esame di un’eccezione di inammissibilità del motivo d’appello inerente il difetto di giurisdizione.
Si duole che la corte di rinvio ha omesso di esaminare l’eccezione di inammissibilità, da lui sollevata in relazione al motivo di appello, con il quale AdER aveva eccepito il difetto di giurisdizione; e che la corte di rinvio ha esaminato il merito della questione di giurisdizione senza scrutinare preliminarmente la sua eccezione.
Osserva che il difetto di giurisdizione è sì rilevabile d’ufficio ed è sì proponibile nel giudizio di appello, ma non può esser basato su un fatto nuovo (la natura tributaria del credito), che non era stato allegato e discusso dalle parti nel giudizio di primo grado, pur emergendo dalla documentazione a cui le parti avevano fatto riferimento.
Sostiene che la corte territoriale di rinvio, se mai ha inteso implicitamente rigettare l’eccezione di inammissibilità, da lui sollevata in relazione al motivo di appello sulla giurisdizione, ha violato le norme denunciate per le ragioni esposte nell’illustrazione del quarto motivo.
3.5. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia nullità del procedimento ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) cpc, con riferimento (ed in violazione) agli artt. 37 cpc e 59 legge n. 69/2009, per omessa indicazione del giudice nazionale ritenuto munito di giurisdizione.
Si duole che la corte territoriale di rinvio, avendo dichiarato il difetto di giurisdizione per una delle cartelle (sul presupposto che parte del credito era di natura tributaria), ha erroneamente dichiarato parzialmente inammissibile l’opposizione, mentre avrebbe dovuto indicare il giudice nazionale, ritenuto munito di giurisdizione, per come richiesto dall’art. 59 della legge n. 69/2009.
Si duole altresì del fatto che la corte territoriale di rinvio, omettendo l’indicazione del giudice competente, gli ha sostanzialmente precluso la possibilità di riassumere il giudizio davanti al giudice munito di giurisdizione.
3.6. Con il settimo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., in tema di notifica delle cartelle e delle intimazioni; mentre con l’ottavo motivo, denuncia la violazione degli artt. 139, 140, 221 e 222 c.p.c., 2700 c.c., 26 e 60 DPR n.602/1973 ai sensi dell’art. 360 comma 1 n.3. in tema di querela di falso e di prova testimoniale nella parte in cui la corte di rinvio ha affermato che le risultanze delle relate di notifica (che indicavano l’indirizzo di INDIRIZZO) potevano essere superate solo tramite querela di falso e dunque non poteva ritenersi provato tramite testimonianze (come aveva fatto il giudice di primo grado) che la consegna degli atti era avvenuta nell’appartamento dei consegnatari (non suoi familiari conviventi).
Sottolinea che: il fabbricato all’indirizzo di notifica (INDIRIZZO a Pescara) ha struttura condominiale ed è munito di un unico numero civico; lui ed i suoi familiari, che avevano ricevuto gli atti, risiedevano in unità abitative distinte all’interno di detto fabbricato stabile; le relate di notifica attestavano soltanto l’indirizzo, senza specificare l’appartamento o l’interno di consegna.
Invocando precedenti di questa Corte (Cass. n. 14361/2018, n. 7830/2015, n. 2968 e 18202/2016), sostiene che nel descritto contesto fattuale la corte territoriale di rinvio ha errato nel ritenere le notifiche valide per il solo fatto che erano avvenute al suo indirizzo di residenza, poiché erano invece avvenute a mani di suoi familiari non conviventi, presso il loro domicilio (e non all’interno della sua unità abitativa).
Quanto al denunciato omesso esame, ribadisce che l’opposizione al pignoramento si era fondata sulla nullità della notifica delle cartelle e delle intimazioni di pagamento, prodromiche all’esecuzione, in quanto effettuate a mani di familiari, che non convivevano con lui ed al di fuori della sua abitazione. Sostiene che la corte di merito ha erroneamente ritenuto che dette notifiche erano regolari in quanto avvenute presso l’indirizzo di residenza del destinatario. Si duole che la corte di merito ha omesso di considerare: sia il fatto che il suddetto indirizzo di residenza era comune a destinatario e consegnatari degli atti, stante la struttura condominiale del fabbricato, dove erano avvenute le notifiche, recante un unico numero civico; sia la dirimente circostanza che i consegnatari delle notifiche abitavano presso il suddetto stabile in appartamenti distinti dal suo.
Quanto poi alla denunciata violazione di legge, sostiene che la corte di merito, ove avesse considerato il fatto presupposto di cui al settimo motivo, non sarebbe incorsa in detta violazione ed avrebbe ritenuto, al pari del giudice di primo grado, non necessario procedere a querela di falso per provare una consegna degli atti al di fuori dell’abitazione del destinatario. Sottolinea che gli elementi istruttori,
che erano stati raccolti, non si ponevano in contrasto con il contenuto delle relate di notifica, ma ne costituivano mera (seppur determinante) specificazione, in quanto, fermo l’indirizzo di consegna attestato in relata (comune alle diverse unità abitative del destinatario e dei consegnatari), specificavano presso quale appartamento dello stabile era avvenuta la consegna (dettaglio non emergente in relata e quindi comprovabile).
In definitiva, secondo il ricorrente, le relate di notifica dell’ufficiale giudiziario e/o dell’ufficiale postale hanno attestato con fede privilegiata soltanto i fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale e le dichiarazioni dallo stesso ricevute, ma non la specifica unità immobiliare (all’interno dell’edificio) presso la quale la consegna degli atti è avvenuta. Pertanto, in relazione sia alle notifiche delle cartelle (effettuate per lo più a mani da un ufficiale della riscossione) che a quelle delle intimazioni di pagamento (con avviso di deposito inviato per raccomandata), la prova testimoniale sull’effettivo luogo di consegna avrebbe dovuto essere ritenuta ammissibile anche dal giudice di rinvio, senza necessità di presentare querela di falso, come aveva correttamente ritenuto il giudice di primo grado.
Il ricorso è solo in parte fondato.
4.1. Non fondato è il primo motivo, sebbene la motivazione della qui gravata sentenza vada radicalmente corretta.
4.1.1. Dal giudizio di merito è risultato che:
l’atto di citazione in riassunzione è stato notificato in data 12 luglio 2022, data in cui il gestore del servizio p.e.c. del ministero ha generato la ricevuta di avvenuta consegna;
in data 14 luglio 2022 si è svolto un tentativo di deposito degli atti previsti dall’art. 165 c.p.c., ma l’atto di riassunzione non è stato iscritto a ruolo e la relativa nota non è stata depositata;
a detto tentativo di deposito seguivano (in data 14, 15 e 25 luglio 2022) tre comunicazioni della cancelleria, a mezzo p.e.c., della
necessità di ‘verifiche tecniche’, con il riferimento al fatto che il numero di ruolo non era valido;
in data 26 luglio 2022 AdER ha proceduto ad iscrivere a ruolo il giudizio di rinvio, provvedendo al deposito degli atti previsti dall’art. 165 c.p.c. per la costituzione in giudizio da parte del difensore dell’appellante in riassunzione, deposito in questo caso ‘accettato’ dal sistema;
l’appellante in riassunzione non ha formulato alcuna richiesta di rimessione in termini.
4.1.2. Nell’impugnata sentenza, la corte territoriale ha ritenuto procedibile l’appello, in quanto ha ritenuto tempestiva l’iscrizione a ruolo, effettuata da AdER in data 26 luglio 2022. E tanto ha ritenuto in quanto AdER, per mera imprecisione, aveva precedentemente e tempestivamente tentato di costituirsi per mezzo di deposito dell’atto in riassunzione nel vecchio fascicolo d’appello, relativo al giudizio annullato da questa Corte. A detto tentativo di deposito avevano fatto seguito segnalazioni da parte della cancelleria, che avrebbero ingenerato un legittimo affidamento circa il completamento dell’iter. Infine, non essendo giunta la c.d. quarta pec (di accettazione o di rifiuto) da parte dell’ufficio, AdER, resasi conto dell’errore, avrebbe correttamente iscritto a ruolo in data 27 luglio 2022 il giudizio di rinvio.
4.1.3. Il giudizio di appello, svoltosi in fase di rinvio, era sì procedibile, ma le ragioni poste dalla corte di merito a fondamento della procedibilità sono errate.
Ha errato la corte di merito nel dichiarare tempestiva la costituzione in giudizio: sia perché l’errore non è consistito nel mero deposito di un atto nel vecchio fascicolo (del giudizio di merito annullato) piuttosto che nel nuovo fascicolo (del giudizio di rinvio), ma nell’omesso svolgimento di un preciso incombente normativo (la iscrizione a ruolo dell’atto in riassunzione del giudizio di rinvio, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 347 e 165 c.p.c. con deposito
della relativa nota, dell’atto di citazione e dei documenti offerti in comunicazione); sia perché ogni tentativo di deposito telematico genera una terza pec di esito controlli per cui la comunicazione pec di cancelleria del 25 luglio 2022 non costituisce reiterazione delle comunicazioni pec del precedente 14 e del precedente 15 luglio, ma esito di controllo di nuovo tentativo di deposito (effettuato a termine già scaduto); sia perché le tre pec di Cancelleria del 14, 15 e 25 luglio 2022 riportavano tutte l’indicazione ‘numero di ruolo non valido’, ragion per cui AdER, a fronte delle prime due comunicazioni, avrebbe dovuto attivarsi per procedere tempestivamente con l’iscrizione a ruolo nei termini e, a fronte della terza, avrebbe potuto depositare se del caso istanza di rimessione in termini; sia perché AdER non ha depositato istanza di remissione in termini non soltanto al momento della iscrizione a ruolo tardiva ma neppure nella prima difesa successiva all’eccezione, ex adverso sollevata, di improcediblità.
Alle considerazioni che precedono si aggiunge un ulteriore rilievo correlato alle dinamiche del processo telematico.
La pec di consegna – che viene rilasciata dal gestore pec del Ministero della giustizia nel momento in cui il messaggio, contenente la busta telematica, è ricevuto nella casella pec di detto ministero contiene il messaggio di invio con relativa busta allegata. Dunque, la pec di consegna va depositata (nel formato .msg o nel formato .eml), in quanto solo l’esame di detta pec consente di verificare che cosa sia stato inviato e quando sia stato inviato e detto esame è necessario ogni qualvolta è andato a buon fine (non il deposito originario, ma) un deposito successivo ed occorre stabilire la tempestività del deposito.
Nel caso di specie la comunicazione pec di cancelleria (esito controlli) del 14 luglio 2022 ha fatto indubbiamente seguito ad una pec di consegna, ma AdER non ha prodotto la pec di consegna e, in difetto di tale produzione, la corte di merito non era in grado di verificare il contenuto della busta: quest’ultimo, si ribadisce, è contenuto soltanto
nella pec di consegna (e non anche nella pec di esito controlli). Dunque, AdER non risulta aver dimostrato di aver tentato di depositare in data 14 luglio 2022 (sia pure su un fascicolo errato) quanto poi effettivamente depositato in data 26 luglio 2022 (in particolare, la nota di iscrizione a ruolo). E considerazioni analoghe valgono anche per le successive comunicazioni di cancelleria del 15 e del 25 luglio 2022.
D’altronde, AdER – anche a voler prescindere dal rilievo che il deposito del 26 luglio 2022, contrariamente a quanto sostenuto dalla corte, alla stregua di quanto sopra rilevato, non era il secondo tentativo di deposito, ma il quarto tentativo di deposito -, a fronte della eccezione di improcedibilità sollevata dal Difensore della controparte (in sede di comparsa di costituzione), non ha svolto alcuna istanza di rimessione in termini (allegando i precedenti tentativi di deposito e producendo documentazione relativa agli stessi), ma: a) soltanto in sede di comparsa conclusionale ha depositato le quattro pec di esito controlli (del 14, 15, 25 e 26 luglio 2022, di cui soltanto l’ultimo corretto), senza peraltro formulare neppure in quella sede istanza di remissione in termini; b) e nelle note d’udienza del 18 novembre 2023 si è limitata a rilevare <>, indicando come dies ad quem la data del 18 luglio in cui si era verificata <>. Dunque, la corte di merito ha anche errato nel ritenere: da un lato, che il computo del 10° giorno dovesse decorrere dalla prima notifica perfezionata (e, dunque, dal 12 luglio 2022); e, dall’altro, che fosse tempestiva l’iscrizione a ruolo del 26 luglio 2022.
4.1.4. Tanto precisato, il giudizio di appello, svoltosi in fase di rinvio, era ciononostante procedibile per le ragioni di seguito precisate.
Come è noto, l’iscrizione a ruolo – che costituisce l’atto mediante il quale il cancelliere attesta la pendenza di un determinato procedimento presso l’ufficio giudiziario (artt. 168 e 347 c.p.c.) e che presuppone la valida costituzione di una delle parti – si distingue dalla
nota di iscrizione a ruolo, che è atto di parte (artt. 71 e 72 disp. att. c.p.c.).
Orbene, l’iscrizione a ruolo non è richiesta nei giudizi introdotti con ricorso, nei quali il rapporto attore-giudice si instaura già con l’iniziale deposito del ricorso (al riguardo, cfr., ad es., Cass. n. 14061/2007; n. 1495/2005; n. 10291/1992). E non è necessaria neppure nei giudizi che, in seguito ad uno stato di quiescenza, siano destinati a proseguire davanti allo stesso giudice: in tali giudizi, a fronte dell’atto di riassunzione, il cancelliere ha l’obbligo di riattivare il processo senza tuttavia dover procedere ad una nuova iscrizione a ruolo (al riguardo, cfr., ad es., Cass. Sez. Unite, 28/12/2007, n. 27183/2007; e Cass. n. 21071/2009, n. 13272/2022).
Al contrario, l’iscrizione a ruolo è richiesta nei giudizi introdotti con citazione (artt. 168 e 347 c.p.c.). Una nuova iscrizione a ruolo della causa è altresì necessaria in tutte le ipotesi di avvenuta translatio iudicii davanti a diverso giudice competente, pur non determinando la mancata iscrizione in tali casi l’estinzione del processo ex art. 307, comma 3, c.p.c. (al riguardo, cfr., ad es., Cass. n. 1950/2016; n. 4215/2014).
Ed una nuova iscrizione a ruolo della causa è altresì necessaria nel giudizio di rinvio, che si svolge, a seguito della pronuncia cassatoria di questa Corte, davanti al giudice territoriale designato (che non necessariamente deve coincidere con quello che ha emesso il provvedimento cassato): invero, tale giudizio è configurabile (non quale continuazione di quello in esito al quale è stata emessa la decisione impugnata, ma) come una nuova, autonoma ed ulteriore fase del giudizio originario (arg. da Cass. Sez. Unite, 17/09/2010, n. 19701). Ne consegue la necessità di una nuova costituzione delle parti, con l’osservanza delle norme relative a tale atto, come di una nuova iscrizione del procedimento nel ruolo generale (arg. ex art. 9 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115).
Fermo restando quanto sopra indicato, occorre osservare che la nota di iscrizione a ruolo costituisce un adempimento sostanzialmente amministrativo, che, in difetto di una esplicita previsione normativa, non incide sulla tempestività o ritualità dell’instaurazione della lite avvenuta secondo il rito applicabile (che, per il giudizio di rinvio, conseguente ad una pronuncia cassatoria di questa Corte, è pur sempre l’atto di citazione ex 392 c.p.c.).
D’altronde e in via assolutamente dirimente, deve osservarsi <> (così, testualmente, Cass. n. 11881/1993).
Pertanto, inutilmente si disquisisce sulla tardività dell’iscrizione a ruolo dell’atto introduttivo del giudizio di rinvio, perché quella, ove pure sussistesse, non avrebbe mai quale conseguenza l’improcedibilità del giudizio di stesso, quando – come nella specie è avvenuto – la sentenza cassata aveva a sua volta riformato, eliminandola dal mondo del diritto, la sentenza di primo grado. E, d’altra parte, l’art. 393 c.p.c. commina l’estinzione del giudizio di rinvio (e, con essa, dell’intero giudizio) soltanto in caso di tardività della riassunzione; e, cioè, soltanto nel caso in cui la riassunzione sia avvenuta dopo il termine di tre mesi dalla pubblicazione della sentenza cassatoria con rinvio, stabilito dall’art. 392 comma 1 c.p.c.: ciò che non può che riferirsi alla riassunzione
strettamente intesa e, cioè, alla notificazione dell’atto a tal fine necessario e non anche alla sua iscrizione a ruolo.
In estrema sintesi, il giudizio di appello, svoltosi in fase di rinvio, era procedibile (non perché vi era stata tempestiva iscrizione a ruolo, come sostenuto dalla corte di rinvio, ma, così correggendosene la motivazione) perché l’istituto dell’improcedibilità dell’appello non è applicabile al giudizio di rinvio, nessuna conseguenza risultando collegata alla sua tardiva iscrizione a ruolo.
4.1.5. Il primo motivo viene quindi deciso sulla base dei seguenti principi di diritto:
-<>;
<>.
4.2. Il secondo ed il terzo motivo concernono entrambi – così risultando suscettibili di congiunta trattazione – la decisione della corte di rinvio sull’eccezione di inammissibilità dell’opposizione, nella parte in cui essa riguarda un credito tributario, in base ad atti non presenti
nel fascicolo processuale del giudizio di rinvio dopo la riassunzione: in quanto tali, prospettano questioni di rito e non di giurisdizione.
Tali motivi sono fondati nei termini di seguito precisati.
Nel caso di specie, AdER – che aveva ritirato il proprio fascicolo di parte: dapprima in data 4 aprile 2019, per costituirsi nel giudizio di cassazione; e, poi, in data 12 luglio 2022 ad esito di detto giudizio nell’atto di citazione in riassunzione e nelle note scritte del 18 novembre 2023, ha chiesto alla corte di rinvio che si procedesse ad acquisire <>.
Il COGNOME – dopo aver rilevato che AdER non avrebbe dovuto chiedere alla corte di rinvio di acquisire il fascicolo di secondo grado, ma avrebbe dovuto scansionarlo e produrlo telematicamente (con relativa attestazione) o, a tutto voler concedere, avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione al deposito in via cartacea (richiesta che non risulta essere stata formulata) – si duole la corte di rinvio ha esaminato i motivi di appello di AdER, senza avere a disposizione i documenti che questa stessa aveva prodotto in copia in primo grado ed aveva evocato nell’atto di appello.
Occorre, al riguardo, osservare che:
AdER, nel proprio atto di appello in riassunzione, nel proporre il difetto di giurisdizione in ordine al credito portato dalla cartella n. 083/2008/00012529/22 (dell’importo di euro 142.575,73 e, quindi, di maggior importo rispetto alle altre), ha dedotto che detta cartella derivava da una iscrizione a ruolo dell’Agenzia delle Entrate di Pescara 2 ed aveva quindi ad oggetto crediti di natura tributaria;
il COGNOME, nel costituirsi in sede di giudizio di rinvio (pp. 5 e 6), aveva dedotto che l’eccepito difetto di giurisdizione, quand’anche astrattamente proponibile nel giudizio di appello, non lo era in concreto, in quanto dedotto sulla base di un fatto nuovo, neppure evocato in primo grado; ed aveva specificamente eccepito che il documento 6,
relativo agli estratti di ruolo, non era stato ma né evocato né prodotto neppure nel giudizio di primo grado e, comunque, certamente non nel giudizio di rinvio, come pure che, ove mai fosse stato prodotto, andava stralciato.
In tale contesto processuale, la corte di rinvio ha errato nell’affermare che la cartella n. 083/2008/00012529/22 <>, basandosi su di un documento (<>, come si esprime la sentenza gravata a piè di pag. 11), senza previamente esaminare l’eccezione di mancata produzione in atti – o, comunque, di inutilizzabilità – di quel medesimo documento, formulata dal Sericola.
Per tale carenza, la statuizione in punto di inammissibilità della contestazione dei crediti tributari, operata nella qui gravata sentenza, va a sua volta annullata, affinché, in sede di ulteriore giudizio di rinvio, sia data congrua motivazione sulla previa e articolata eccezione dell’originario opponente, appellato in sede di rinvio, appena ricordata.
4.3. Il quarto, il quinto ed il sesto motivo, che attengono tutti al difetto di giurisdizione in relazione alla cartella n. NUMERO_CARTA restano assorbiti per effetto dell’accoglimento del secondo e del terzo motivo.
4.4. Il motivo settimo è inammissibile.
L’inammissibilità consegue al fatto che il ricorrente, pur formalmente dolendosi di uno dei vizi di cui all’art. 360 c.p.c., sostanzialmente sollecita una rivisitazione delle valutazioni di merito formulate dai giudici di appello in tema di rilevanza probatoria della relazione di notifica della cartella in contestazione.
D’altronde questa Corte ha da anni spiegato (cfr. n. 20246/2007, che richiama Cass. n. 13963/2001) che: <>.
L’inammissibilità del motivo consegue anche al fatto che parte ricorrente non riproduce le relazioni in contestazione e non ripercorre le modalità di notifica di cui sostiene l’irritualità.
Infine, è statuizione non censurabile in sede di legittimità, in quanto conseguente ad un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, sostenere che la corte di rinvio non abbia considerato: <> ovvero contestare l’irritualità delle notifiche poste in essere a mani di familiari non conviventi in luogo distinto dall’abitazione del contribuente stesso, ancorché le cartelle siano state notificate all’indirizzo di residenza del contribuente, trattandosi di un condominio.
4.5. Il motivo ottavo è infondato.
L’agente notificatore ha ritualmente notificato gli atti presso la residenza del contribuente a soggetti dichiaratisi come autorizzati al ritiro degli atti poiché familiari, circostanze riportate dall’agente notificatore nei referti di notifica.
La mancata consegna, l’errata qualifica, la carenza di autorizzazione a ricevere gli atti dovevano essere rappresentate all’agente notificatore al momento della notifica, diversamente ogni contestazione deve essere mossa con querela di falso, così come riportato in sentenza, al fine di fare valere la nullità della notifica.
Nel caso di specie, la corte di merito, avendo ritenuto provato, fino a querela di falso, che la notificazione era stata eseguita presso la residenza del destinatario, ha correttamente ritenuto l’inammissibilità
della prova testimoniale diretta a provare un diverso luogo di notifica (in disparte ogni considerazione in ordine alla attendibilità dei testi, prossimi congiunti del debitore esecutato).
Anche la notificazione delle intimazioni di pagamento, eseguita a mezzo del servizio postale a mezzo lettera raccomandata, è stata correttamente ritenuta essere stata ben eseguita. Invero, detta raccomandata, stante l’assenza del destinatario e delle altre persone autorizzate a ricevere l’atto all’indirizzo sopraindicato di INDIRIZZO in Pescara, è stata depositata presso la casa comunale e a detto deposito ha fatto seguito l’invio della lettera raccomandata di avviso di deposito a medesimo indirizzo, ricevuta dal padre del destinatario. D’altronde, in caso di notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c., la lettera raccomandata cosiddetta informativa, non è soggetta alle disposizioni di cui alla L. 890/1982 circa la qualità del consegnatario e della situazione di convivenza o meno con il destinatario, poiché essa non tiene luogo dell’atto da notificare, ma contiene la semplice notizia del deposito dell’atto stesso nella casa comunale (in tal senso, tra le altre, Cass. sentenza n. 26864/2014).
Infine, anche la ritualità della notifica delle intimazioni di pagamento è stata correttamente affermata, in quanto la raccomandata di avviso reca l’indicazione dei numeri identificativi delle quattro intimazioni di pagamento notificate.
Per le ragioni che precedono – accolti per quanto di ragione il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo e l’ottavo motivo, assorbiti il quarto, il quinto ed il sesto motivo; dichiarato inammissibile il settimo – la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, perché, tenuto conto di quanto sopra rilevato, proceda a nuovo esame dell’appello proposto da AdER avverso la sentenza n. 369/2012 del Tribunale di Pescara.
Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, tenuto comunque conto della sopra dichiarata inammissibilità del controricorso.
P. Q. M.
La Corte:
accoglie per quanto di ragione il secondo ed il terzo motivo di ricorso e, rigettati il primo e l’ottavo motivo, dichiarato inammissibile il settimo ed assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e
rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame dell’appello alla luce di quanto indicato nella motivazione che precede.
Così deciso in Roma, in data 12 giugno 2025, nella camera di