Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17699 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17699 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5762/2023 R.G. proposto da
:
COGNOME domiciliato presso l ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
FINO 1 RAGIONE_SOCIALE domiciliata presso l’avvocato COGNOMECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
FINO RAGIONE_SOCIALE domiciliata presso l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
CREDECO
RAGIONE_SOCIALE
e
COGNOME
NOME
NOME
-intimate- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 1892/2022 depositata il 28 dicembre 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
Per quanto qui interessa, RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria dell’originale creditrice Unicredit S.p.A., mediante la mandataria DoBank S.p.A., divenuta poi RAGIONE_SOCIALE, conveniva davanti al Tribunale di Foggia NOME COGNOME ed NOME COGNOME perché fosse dichiarato inefficace nei suoi confronti, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., il contratto di compravendita stipulato il 20 febbraio 2014 con cui NOME COGNOME aveva ceduto immobili alla sorella NOME COGNOME, adducendo l’attrice di essere titolare di crediti nei confronti dell’alienante.
Si costituiva resistendo NOME COGNOME; NOME COGNOME restava contumace.
Il Tribunale, con sentenza del 1 agosto 2019, accoglieva l’azione pauliana. Durante tale giudizio erano intervenute RAGIONE_SOCIALE, mediante la medesima mandataria, e RAGIONE_SOCIALE entrambe asserendo di essere creditrici di NOME COGNOME e proponendo intervento adesivo autonomo; nella sentenza, il
Tribunale dichiarava inefficace il contratto di compravendita anche nei confronti delle intervenute.
NOME COGNOME proponeva appello, cui resistevano le controparti, ad eccezione di NOME COGNOME che restava contumace.
La Corte d’appello di Bari, con sentenza del 28 dicembre 2022, dichiarava nulla la sentenza di primo grado quanto all’accoglimento della domanda delle parti intervenute, accogliendola poi ‘nel merito’, e confermava per il resto la sentenza appellata.
NOME COGNOME ha presentato ricorso, illustrato anche con memoria, da cui si sono difese con rispettivo controricorso Fino 2 e Fino 1 mediante DoValue.
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza d’appello per omessa dichiarazione del difetto di notifica della citazione di primo grado, e quindi per avere violato e/o falsamente applicato gli articoli 137 ss. c.p.c., in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c.
1.1 La notifica della citazione del primo grado nei confronti del ricorrente non si sarebbe perfezionata, perché sarebbe avvenuta ‘presso il vecchio indirizzo di residenza’ del ricorrente stesso. La notifica era stata intrapresa per via postale, ex articoli 149 c.p.c. e l. 890/1982, e sarebbe stata nulla perché il ricorrente ‘aveva trasferito, da circa un mese, la propria residenza’ presso un nuovo indirizzo come risultante dal certificato storico di residenza rilasciato il 25 novembre 2019, prodotto in appello unitamente alla dichiarazione di querela di falso.
Il ricorrente ricostruisce al riguardo questa sequenza: il 3 febbraio 2018 aveva trasferito la sua residenza nel Comune di Manfredonia da INDIRIZZO a INDIRIZZO; il 21 febbraio il difensore della mandataria di Fino 2 aveva consegnato l’atto di citazione del primo grado per la notifica postale agli Uffici Unep del Tribunale di Foggia; il 24 febbraio l’atto veniva spedito dall’ufficiale
giudiziario a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento all’attuale ricorrente in INDIRIZZO il 1 marzo il postino, recatosi all’indirizzo suddetto, non consegnava il plico per temporanea assenza del destinatario, rilasciando avviso di giacenza; il plico postale rimaneva depositato per il ritiro presso l’ufficio postale di Manfredonia per dieci giorni di giacenza – come risultante dal timbro con sottoscrizione del 12 marzo 2018 – e ritornava poi al mittente ai sensi dell’articolo 8 l. 890/1982.
1.2 Invoca il ricorrente Cass. 27368/2021 per cui, quando la notifica di un atto viene ‘eseguita nel luogo di residenza del destinatario risultante dai registri anagrafici’, tale notifica è nulla soltanto se il destinatario prova di essersi trasferito altrove e il notificante conosceva, o avrebbe potuto conoscere con l’ordinaria diligenza, il nuovo indirizzo, prevalendo in tal caso sulla residenza anagrafica la effettiva residenza ai sensi dell’articolo 139 c.p.c. (vengono richiamate pure Cass. 30952/2017 e Cass. 3590/2015).
Peraltro, nella vicenda in esame la residenza anagrafica del ricorrente avrebbe coinciso ‘con la sua residenza reale’, per cui sarebbe stato ‘onere della difesa della parte attrice dimostrare che realmente, al momento della notifica…, COGNOME risiedesse effettivamente ancora’ in INDIRIZZO: prova che non sarebbe stata fornita.
Non rileverebbe, poi, il rigetto da parte del giudice d’appello dell’istanza di querela di falso, poiché ‘la relata di notificazione fa fede fino alla querela di falso soltanto … per le attestazioni che riguardano l’attività svolta e le dichiarazioni ricevute dall’agente postale’, non includendo ‘il contenuto intrinseco delle attestazioni’ da lui riportate nella relata di notifica, che creerebbe soltanto una presunzione semplice superabile dal destinatario della notifica con prova contraria (Cass. 7113/2001); e nel caso de quo il postino sulla cartolina avrebbe solo annotato che il COGNOME ‘era temporaneamente assente’, emettendo così una dichiarazione non
coperta da pubblica fede che il ricorrente avrebbe superato depositando il certificato di residenza storico, attestante che egli risiedeva in INDIRIZZO dal 13 febbraio 2018. Pertanto, la notificazione sarebbe stata nulla (si richiamano Cass. 24834/2017, Cass. 4529/2019 e Cass. 25737/2008).
Con il secondo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., nullità del procedimento e della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli articoli 101 e 156 c.p.c.
Si sostiene che per la nullità della notifica non si sarebbe instaurato un regolare rapporto processuale; nonostante ciò, il giudice d’appello, invece di accertare la nullità del primo giudizio e della sentenza del Tribunale, ‘ha delibato la causa nel merito’, avverso l’insegnamento del giudice di legittimità (si invocano, tra le altre, Cass. 19358/2007 e Cass. 8608/2006).
Con il terzo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., nullità del procedimento e della sentenza d’appello per violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 354 c.p.c., per cui, ricorrendo fattispecie di nullità della notifica della citazione di primo grado, il giudice di secondo grado ha l’obbligo di disporre il rinvio della causa al primo giudice.
La corte territoriale, dichiarata valida la notifica della citazione di primo grado effettuata da Fino 2 a mezzo di DoBank, ha dichiarato invece nulli gli atti di intervento durante il primo giudizio perché non notificati al Mafrolla, non applicando l’articolo 354 c.p.c.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.
4.1 La Corte d’appello, a fronte della censura mossa in sede di gravame dall’odierno ricorrente ed allora appellante in ordine alla regolarità della notifica dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, afferma che correttamente è stata in tale sede dichiarata la sua contumacia in quanto ( pagina 8 della sentenza ): ‘La notifica dell’atto di citazione … avvenne a mezzo del servizio
postale presso l’indirizzo del Mafrolla … al INDIRIZZO L’avviso di ricevimento … attesta che l’atto giudiziario non fu consegnato per temporanea assenza del destinatario e mancanza di persone incaricate al ritiro, e che venne immesso l’avviso nella cassetta postale corrispondente dello stabile in indirizzo, con conseguente deposito del plico presso l’ufficio’.
Osserva altresì la c orte d’appello ( sempre a pagina 8 della sentenza ) che l’ufficiale postale aveva riscontrato che nello stabile di INDIRIZZO ‘residuava il nome’ del ricorrente, e vi era ‘una cassetta postale corrispondente’ , pervenendo quindi a concludere : ‘La circostanza che il COGNOME avrebbe trasferito la propria residenza anagrafica non vale ad inficiare la validità del processo notificatorio, a meno che l’appellante non avesse dimostrato che il creditore procedente non fosse comunque a conoscenza del nuovo indirizzo’.
4.2 Il giudice d’appello, quindi, non nega che che quando è stata effettuata la notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado in INDIRIZZO il COGNOME avesse la propria residenza anagrafica in INDIRIZZO id est non stima priva di valore la certificazione dal COGNOME prodotta congiuntamente all’istanza di querela di falso (al riguardo si veda il ricorso a pagina 9); esclude però che la divergenza della residenza anagrafica con il luogo ove è stata effettuata la notifica dell’atto de quo valga ad incidere negativamente in ordine alla validità della notifica stessa, affermando che essa sarebbe rimasta inficiata solamente laddove il destinatario -diversamente che nella specie- avesse provato che il notificante era ‘aggiornato’ sulla residenza anagrafica quale luogo attuale ove notificare (nel passo riportato della sentenza vi è un lapsus calami -oggetto della prova del destinatario sarebbe che il notificante ‘ non fosse comunque a conoscenza del nuovo indirizzo’, ma ciò non ne impedisce la comprensione, essendo un errore materiale del tutto evidente).
4.3 Il nucleo della questione dedotta con i tre motivi in esame si evince ove si consideri il principio affermato da questa Corte secondo cui ai fini della notificazione rileva soltanto il luogo dove il destinatario dimora di fatto in modo abituale, avendo le risultanze anagrafiche valore meramente presuntivo ed essendo quindi superabili, in quanto tali, fornendo la prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, affidata naturalmente all’apprezzamento del giudice ( ex multis Cass. 10170/2016; Cass. ord. 23521/2019; Cass. 14338/2013; Cass. 15938/2008).
Così configurando la fattispecie probatoria, tuttavia, si rischia di gravare di prova negativa il destinatario della notifica quando controparte la effettua in luogo diverso da quello indicato come residenza dalla certificazione anagrafica: il destinatario stesso, infatti, qualora intenda eccepire la nullità della notifica ricevuta, dovrà dimostrare di non avere residenza/dimora di fatto nel luogo dove è stata compiuta la notifica per ricondurre la validità della notifica alla residenza anagrafica, ovvero per provare che la notifica effettuatagli in luogo diverso è nulla.
In tal senso si è mossa Cass. 4799/2017, attribuendo al destinatario l’onere di ‘provare la mancanza di collegamento’ con il luogo ove è stata compiuta la notifica ‘non essendo sufficiente allo scopo la sola documentazione anagrafica, che ha valore meramente presuntivo’, salva querela di falso sull’attestazione di ‘temporanea assenza’.
Sulla stessa linea, in un caso in cui la notifica era stata espletata in luogo diverso dalla residenza, Cass. 10170/2016 – in conformità a Cass. 15938/2008, Cass. 11562/2003 e Cass. 5713/2002 – ha affermato che, ‘ai fini della determinazione del luogo di residenza o dimora della persona destinataria della notificazione, rileva esclusivamente il luogo ove essa dimora di fatto in modo abituale, rivestendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo circa il luogo di residenza e potendo essere superate, in quanto tali, da
una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, affidata all’apprezzamento del giudice di merito’, nel caso in esame, in sostanza, gravando il destinatario dell’onere probatorio della sua residenza di fatto come coincidente alla residenza anagrafica per disattendere elementi ritenuti idonei a superare il dato anagrafico.
4.4 È evidente che una siffatta svalutazione della certificazione anagrafica proviene da un orientamento improntato a un favor nei confronti del notificante e quindi limita la tutela informativa che l’istituto della notifica è diretto a garantire al destinatario. E ciò nonostante che l’acquisizione della certificazione anagrafica non è difficoltosa, e che, in termini di logica, nel caso in cui detta certificazione non corrisponda al luogo ove effettivamente risiede il destinatario dovrebbe essere quest’ultimo a patirne le conseguenze: ragion per cui la certificazione anagrafica dovrebbe valere soprattutto a favore del notificante.
Lo strumento anagrafico, invero, se non si depriva di effetti – come, in ultima analisi, fa la giurisprudenza sopra richiamata – costituisce un mezzo di tutela entrambe le parti, notificante e notificato, in quanto fornisce dati predeterminati per compiere la notifica, i quali possono ben essere superati ma alla luce logica-giuridica delle rispettive posizioni: chi intende notificare, in linea generale, deve compiere la notifica nel luogo risultante in termini anagrafici; il destinatario della notifica, se tale luogo non corrisponde alla sua residenza/dimora, avrà l’onere di dimostrarlo provando che la sua residenza/dimora è altrove. Non è accettabile una interpretazione ‘inversa’ che, capovolgendo questo pregevole schema logicogiuridico prende le mosse da una presunzione di non corrispondenza al vero della residenza anagrafica.
Se è vero, allora, che la residenza anagrafica non può essere automaticamente privata di effetti, suscitando un onere probatorio in capo al residente anagrafico per dimostrare quel che già risulta
appunto all’anagrafe, occorre tuttavia precisare che l’assunzione di residenza anagrafica deve essere frutto di un’attivazione positiva e completa da parte di chi sceglie in tal modo la sua nuova residenza: il che significa che, qualora vi sia trasferimento dalla precedente residenza anagrafica, chi tale residenza cambia in applicazione del canone di buona fede o correttezza non può lasciare a tempo indeterminato elementi idonei a creare l’ apparenza di persistente residenza in quel determinato luogo e che non vi sia stato alcun trasferimento, dovendo invece l’interessato tempestivamente attivarsi per eliminare ogni elemento in tal senso deponente.
4.5 Orbene, corretta in tale senso la motivazione della sentenza impugnata, i tre motivi non possono trovare accoglimento, giacché in un’epoca assai prossima al cambio di residenza anagrafica ut supra visto (non era passato neanche un mese quando il postino si recò in INDIRIZZO) risulta -come evidenziato dal giudice d’appello – che il COGNOME aveva lasciato l’indicazione del proprio nominativo sulla ‘cassetta postale corrispondente dello stabile in indirizzo’, e che nello stabile altresì ‘residuava il nome’ del COGNOME (sentenza impugnata, pagina 8).
In un simile quadro di apparente mantenimento da parte del Mafrolla di un collegamento con il luogo ove fino a meno di un mese prima aveva la residenza anagrafica, la notifica in tale luogo compiuta non si appalesa viziata, come ha riconosciuto il giudice d’appello, avendo essa sostanzialmente raggiunto del tutto il proprio scopo.
Con il quarto motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., inesistenza degli atti di intervento in primo grado per violazione degli articoli 24 e 111 Cost., nullità di procedimento e sentenza per violazione e/falsa applicazione degli articoli 137 ss. e 292 c.p.c.
5.1 Il giudice d’appello ha dichiarato nulli gli atti di intervento perché non notificati all’attuale ricorrente, ma ha altresì dichiarato che ciò non integra un’ipotesi di rimessione della causa al primo giudice: non essendovi nullità assoluta, le relative domande potevano essere decise, e il giudice d’appello lo ha fatto, giungendo a qualificarle fondate.
Vi sarebbe pertanto violazione degli articoli 137 ss. e 292 c.p.c., giacché gli atti di intervento avrebbero dovuto essere considerati inesistenti; di qui la violazione anche del principio di integrità del contraddittorio ai sensi degli articoli 111 e 24 Cost.
5.2 Le conclusioni raggiunte dal giudice d’appello si appalesano invero erronee e irredimibilmente contraddittorie là dove, da un lato, afferma non essere stato instaurato il contraddittorio per non essere stati notificati all’allora contumace NOME COGNOME gli atti di intervento di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, con conseguente declaratoria di nullità; per altro verso, afferma che la mancata notifica è nella specie irrilevante sicché, non avendo l’appellante chiesto di essere rimesso in termini, ha comunque esaminato le domande, ravvisandole fondate e accogliendole.
Dunque, secondo il giudice d’appello in sostanza, il contraddittorio, e quindi la facoltà di esercizio del diritto di difesa, non ha incidenza nell’accertamento di una domanda presentata nei confronti del soggetto verso il quale non è stata effettuata alcuna in ius vocatio . È sufficiente constatare che questa in ius vocatio è mancata, per passare a decidere nel merito.
È più che evidente l’errore in cui è incorso il giudice d’appello: a suo avviso, quel che ha contestato il COGNOME è insufficiente a generare alcuna conseguenza, pur essendo fondato.
Secondo la corte territoriale, in effetti, il COGNOME era comunque entrato in rapporto processuale con gli intervenuti, pur non avendogli i medesimi notificato le loro domande; e l’unica conseguenza della denuncia di ciò compiuta con l’appello si sarebbe
concretizzata, in ultima analisi, nel potere chiedere la remissione in termini, ma l’appellante non l’aveva chiesta .
La corte territoriale ha invero errato nel procedere a giudicare come se il contraddittorio fosse stato ritualmente istituito, e comunque ritenendo irrilevante la relativa mancanza.
Ne consegue, ictu oculi , la nullità della sentenza impugnata per violazione della in ius vocatio e del principio del contraddittorio quanto al rapporto tra l’appellante e gli intervenuti/appellati: la domanda di questi ultimi nei confronti del COGNOME non è stata proposta in primo grado, per cui non poteva entrare nella cognizione del giudice nel secondo.
Alla fondatezza nei suindicati termini del 4° motivo consegue, rigettati i primi tre motivi, la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’ Appello di Bari, che in diversa composizione procederà a nuovo esame facendo applicazione del suindicato disatteso principio.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso nei termini di cui in motivazione; rigetta i primi tre motivi. Cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’ Appello di Bari, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 29 aprile 2025