Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31369 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31369 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3691-2019 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in forza di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dall’avvocato NOME
COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo indirizzo PEC
-ricorrente –
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al ricorso per cassazione notificato, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, con domicilio eletto presso l ‘Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-resistente con procura –
R.G.N. 3691/2019
COGNOME
Rep.
C.C. 12/06/2024
giurisdizione Opposizione contro avviso di addebito.
per la cassazione della sentenza n. 202 del 2018 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA, depositata il 18 luglio 2018 (R.G.N. 876/2015).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 12 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. –RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, società attiva nel settore dell’allestimento d’interni navali, ha impugnato l’avviso di addebito concernente i maggiori contributi dovuti per le indennità di trasferta corrisposte ai lavoratori e ha allegato, a sostegno del ricorso: l’inesistenza della notifica dell’avviso di addebito , non effettuata da soggetto abilitato e comunque non inviata alla società in persona del suo liquidatore o del suo legale rappresentante; la nullità dell’avviso di addebito, carente della sottoscrizione del responsabile dell’ufficio; l’insussistenza del credito vantato.
Il Tribunale di Venezia ha dichiarato inammissibile l’opposizione, in quanto tardiva, e ha evidenziato, a fondamento della decisione, che l’avviso di addebito è stato notificato il 4 novembre 2012, con raccomandata con avviso di ricevimento presso la sede della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, e che la notifica soddisfa i requisiti prescritti dall’art. 30, comma 4, del decreto -legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122. Non risulta applicabile la legge 20 novembre 1982, n. 890, deputata a regolare la notificazione degli atti giudiziari.
Nessun dubbio può sorgere sul destinatario dell’atto, inviato a una società di cui si specifica a chiare lettere lo stato di liquidazione. L’ omessa indicazione del nome del liquidatore non inficia, pertanto, la ritualità dell’incombente.
Il Tribunale di Venezia soggiunge che i vizi prospettati, anche con riferimento alla firma a stampa del responsabile del procedimento,
avrebbero dovuto essere dedotti, a tutto concedere, con una tempestiva opposizione agli atti esecutivi.
-Con sentenza n. 202 del 2018, depositata il 18 luglio 2018, la Corte d’appello di Venezia ha respinto il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, dichiarando l’infondatezza di entrambe le doglianze, riguardanti l’inesistenza/nullità della notificazione dell’avviso di addebito e, in secondo luogo, la nullità dell’avviso di addebito per mancata sottoscrizione del responsabile dell’ufficio.
In questa sede rileva ancora la questione dell’inesistenza/nullità della notificazione dell’avviso di addebito e, a tale riguardo, la Corte territoriale ha disatteso le censure dell’appellante sulla base dei seguenti rilievi.
2.1. -Non merita di essere condivisa la prospettazione della società, che qualifica l’avviso di addebito come atto giudiziario, in quanto atto di riscossione coattiva del credito, e invoca, su tale presupposto, l’applicabilità delle previsioni della legge n. 890 del 1982. Si tratta pur sempre di un atto amministrativo, come hanno affermato incidentalmente anche le sezioni unite di questa Corte con la sentenza 17 novembre 2016, n. 23397.
2.2. -L’INPS ha notificato l’avviso di addebito nell’osservanza delle previsioni dell’art. 30, comma 4, del d.l. n. 78 del 2010, che accorda all’Istituto «la facoltà di notificare l’avviso di addebito anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento» (pagina 5 della sentenza d’appello).
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ricorre per cassazione, con un motivo , contro la sentenza della Corte d’appello di Venezia.
-L’INPS ha depositato procura conferita in calce al ricorso notificato.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1., primo comma, cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio, la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con l’unico motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia falsa applicazione dell’art. 30, comma 4, del d.l. n. 78 del 2010, e violazione degli artt. 4, 8 e 12 della legge n. 890 del 1982.
Avrebbe errato la Corte territoriale nell’escludere l’operatività, per la notifica dell’avviso di addebito, delle garanzie prescritte dalla legge n. 890 del 1982 per tutti gli atti notificati dalle pubbliche amministrazioni (art. 12). Ad avviso della ricorrente, l ‘inosservanza di tali garanzie (in particolare, di quelle sancite dall’art. 8) implicherebbe l’inesistenza della notificazione, eseguita in base alle diverse disposizioni che regolano il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati. La notificazione, pertanto, sarebbe inidonea a raggiungere «lo scopo prefissato dalla legge, ossia la ragionevole certezza di raggiungimento della sfera di conoscibilità del destinatario» (pagina 11 del ricorso per cassazione).
-La doglianza dev’essere disattesa.
2.1. -L’art. 30 del d.l. n. 78 del 2010, convertito nella legge n. 122 del 2010, nell’àmbito di misure volte al «Potenziamento dei processi di riscossione dell’INPS», dispone che, a decorrere dal primo gennaio 2011, «l ‘ attività di riscossione relativa al recupero delle somme a qualunque titolo dovute all ‘ INPS, anche a seguito di accertamenti degli uffici», sia «effettuata mediante la notifica di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo» (comma 1).
Quanto alle modalità di notifica, il comma 4 puntualizza che l’avviso di addebito «è notificato in via prioritaria tramite posta elettronica certificata all ‘ indirizzo risultante dagli elenchi previsti dalla legge, ovvero previa eventuale convenzione tra comune e INPS, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale» (primo periodo).
La disciplina consente la notifica «anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento» (art. 30, comma 4, secondo periodo, del d.l. n. 78 del 2010).
2.2. -Di tale modalità, espressamente prevista dalla legge, si è avvalso a giusto titolo l’Istituto.
La parte ricorrente non contesta che l’ ente creditore, nella notifica dell’avviso di addebito, abbia ottemperato alle disposizioni in tema di servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati (pagina 11 del ricorso per cassazione).
Pertanto, non si può reputare inesistente una notifica eseguita secondo le modalità che la legge inequivocabilmente prevede, abilitando l’Istituto a spedire l’avviso di addebito con raccomandata con avviso di ricevimento.
L’inesistenza, come la stessa parte ricorrente riconosce (pagina 11 del ricorso), è categoria residuale e si configura in ipotesi tassative, che la giurisprudenza di questa Corte ha circoscritto entro i limiti rigorosi della palese discrasia rispetto al modello legale (Cass., S.U., 20 luglio 2016, n. 14916).
Non si può predicare l’inesistenza della notificazione per un atto spedito all’indirizzo corretto della società, con la specificazione del suo stato di liquidazione (pagina 3 della sentenza d’appello) e nel rispetto delle garanzie del servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati. Garanzie che il legislatore, con valutazione discrezionale non palesemente irragionevole, ha ritenuto idonee a contemperare l’efficacia e la tempestività dell’attività di riscossione con la tutela del diritto di difesa dei debitori.
2.3. -La notificazione è conforme al paradigma normativo, delineato da una disciplina peculiare, che regolamenta in modo esaustivo la materia e non impone il rispetto delle previsioni della legge n. 890 del 1982.
Nell’interpretazione della disciplina vigente, r ivestono rilievo essenziale anche le finalità dell’intervento normativo .
Il legislatore, nell’introdurre l’avviso di addebito, si prefigge di rendere più efficienti, anche mediante forme più snelle di notifica, le procedure di riscossione dei contributi previdenziali. In questo contesto s’inquadra la disposizione dell’art. 30, comma 4, del d.l. n. 78 del 2010, che concede all’Istituto di notificare l’avviso di addebito anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento, senza ulteriori aggravi procedurali.
Non può essere accolta, pertanto, la tesi, ribadita anche nella memoria illustrativa, che, per la notifica di un atto amministrativo come l’avviso di addebito (Cass., S.U., 17 novembre 2016, n. 23397), reputa cogenti le forme prescritte per la notifica degli atti giudiziari.
La lettera della legge, che si riferisce ex professo alla spedizione con raccomandata e al relativo regime, gli obiettivi di efficienza e di speditezza, sottesi alle innovazioni normative, le stesse peculiarità dell’avviso di addebito convergono nell’escludere l’applicabilità delle previsioni della legge n. 890 del 1982 alla speciale forma di notifica regolata dall’art. 30, comma 4, secondo periodo, del d.l. n. 78 del 2010.
La ricostruzione ermeneutica propugnata dalla ricorrente si risolve, a ben considerare, in una interpretatio abrogans della speciale previsione che concede all’Istituto la facoltà di notificare l’avviso di addebito mediante la spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento.
2.4. -Nella medesima prospettiva, soccorrono anche le enunciazioni di principio di questa Corte, che, per le cartelle esattoriali
concernenti contributi previdenziali, ha già affermato l’inapplicabilità delle disposizioni in materia di notificazione a mezzo posta, invocate nell’odierno giudizio (Cass., sez. VI -L, 8 ottobre 2018, n. 24780).
In difetto di indici, che avvalorino, a tale riguardo, una radicale discontinuità con la cartella, le medesime conclusioni si attagliano all’avviso di addebito, alla luce dell’art. 30, comma 14, del d.l. n. 78 del 2010, che estende a quest’atto «i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo, alle somme iscritte a ruolo e alla cartella di pagamento» (su tale continuità tra cartella e avviso di addebito, Cass., sez. lav., 22 marzo 2023, n. 8198).
2.5. -In ultima analisi, non si ravvisa il presupposto dell’inesistenza della notifica, che solo consentirebbe di ritenere tempestiva l’opposizione contro l’avviso di addebito, e non sono state contestate mediante rituale opposizione agli atti esecutivi eventuali irregolarità del procedimento di notifica, estranee al perimetro dell’inesistenza.
Si rivelano, dunque, conformi a diritto le statuizioni della Corte territoriale in ordine alla tardività dell’ azione incardinata dalla società al fine di contrastare, nel merito, le pretese dell’Istituto.
-In virtù delle considerazioni svolte , il ricorso dev’essere respinto.
-Non occorre statuire sulle spese del presente giudizio, in difetto di sostanziale attività difensiva della parte resistente, che si è limitata a depositare procura conferita in calce al ricorso.
-L’integrale rigetto del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia in concreto dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione