Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21975 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21975 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
Oggetto
R.G.N. 21770/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 29/05/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 21770 -2020 proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato
NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
contro
ricorrenti –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso la sentenza n. 5403/2019 del TRIBUNALE di CATANIA, depositata il 28/11/2019 R.G.N. 749/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
Con sentenza del 28.11.2019 n. 5403, il tribunale di Catania respingeva il ricorso proposto da COGNOME avverso l’intimazione di pagamento relativa all’avviso di addebito avente ad oggetto contributi I.V.S. e somme aggiuntive.
Il tribunale, qualificata l’opposizione come opposizione agli atti esecutivi e ritenuta la stessa tempestiva, ha statuito l’infondatezza della doglianza relativa alla nullità dell’intimazione per omessa notifica dell’avviso di addebito sottostante. Ha accertato infatti che tale avviso era stato inviato a mezzo del servizio postale e che la notificazione si era perfezionata per compiuta giacenza, come attestato dal timbro apposto sulla busta. Ha ritenuto infondata la censura con la quale era stata denunciata la nullità della notifica a mezzo pec dell’intimazione di pagamento perché proveniente da un indirizzo non presente nei pubblici registri. Del pari ha ritenuto destituita di fondamento la censura che aveva ad oggetto la mancata sottoscrizione da parte del funzionario dell’atto e quella relativa alla determinazione degli interessi e dei compensi di riscossione.
Avverso la sentenza, COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi, illustrati da memoria, mentre l’Inps ha resistito con controricorso. Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni .
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 1335 c.c., dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 26 del DPR n. 603/73 e del DM 9.4.11, perché il tribunale aveva erroneamente
ritenuto che la mera apposizione di un timbro postale sulla busta, proverebbe, in assenza di ulteriori indicazioni e persino della sottoscrizione dell’agente postale, il compimento di tutta l’attività necessaria per il perfezionamento della notifica, tra c ui in particolare l’invio della comunicazione di avviso di deposito (cd. CAD) che nella specie non era stata trasmessa, così determinando il mancato perfezionamento della notifica, perché in mancanza di consegna dell’avviso di giacenza, il destinatario di una raccomandata non ha in nessun modo la possibilità di venire a conoscenza della giacenza stessa.
Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente de nuncia l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, relativo alla sussistenza delle attività svolte dall’agente postale incaricato della consegna, alle ragioni della mancata effettuazione della consegna medesima, al consegue nte deposito del plico presso l’ufficio postale, alla trasmissione e ricezione dell’avviso di giacenza, al mancato ritiro dello stesso e alla data di restituzione al mittente.
Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente si duole della violazione degli artt. 115 e 420 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, il tribunale aveva ritenuto le doglianze in merito alla notifica dell’avviso di addebito tardive, in quanto formulate per la prima volta soltanto nelle note conclusive di primo grado, quando invece, il ricorrente fin dall’atto introduttivo del giudizio aveva dedotto l’omessa notifica dell’avviso di addebito e tale censura era stata semplicemente integrata a seguito della produzione documentale dell’Inps: in buona sostanza, secondo il ricorrente, una volta eccepita l’omessa notifica di un atto, la contestazione della regolarità della notifica non introduce una nuova
contestazione, lasciando inalterato il fondamento dell’originaria contestazione.
Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 112 c.p.c., perché erroneamente, il tribunale aveva rigettato l’eccezione sulla mancata in dicazione, nell’avviso di addebito, dell’anno d’imposta e della data di iscrizione a ruolo delle somme, nonché della determinazione degli interessi di mora e dei compensi di riscossione, perché domande generiche, omettendo, di fatto, la pronuncia sul punto.
Con il quinto motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 7 della legge n. 212/00, perché erroneamente il giudice di prime cure aveva rigettato l’opposizione, solo perché aveva ritenuto che la contestazione sulla genericità dei conteggi relativa alla determinazione degli interessi e dell’agg io di riscossione sarebbe stata formulata, a sua volta, in maniera generica.
Con il sesto motivo di ricorso, infine, denuncia la violazione particolare, degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, il tribunale di Catania aveva condannato il ricorrente alle spese di lite in quanto soccombente, quando, invece, avrebbe dovuto essere vittorioso.
Il primo e secondo motivo che possono essere oggetto di un esame congiunto sono inammissibili, perché non si confrontano con la statuizione del tribunale secondo cui le doglianze in merito alla notifica dell’avviso di addebito sono tardive, in quanto formulate per la prima volta, soltanto nelle note conclusive.
Il terzo motivo è inammissibile perché generico. Il ricorrente infatti non riporta nel ricorso il contenuto della censura relativa
a ll’omessa notifica dell’avviso di addebito come era stata esposta nell’atto introduttivo . Neppure, poi, riporta il contenuto delle osservazioni formulate nelle note conclusive relative alla idoneità e sufficienza della documentazione prodotta dall’Inps per dimostrare la notifica dell’atto presupposto . In tal modo il Collegio non è in condizione di verificare se effettivamente, come ritenuto dal Tribunale, si trattava o meno di eccezione nuova.
Nel merito, comunque, il motivo è infondato, in quanto il ricorrente avrebbe dovuto contestare la documentazione prodotta alla prima udienza utile, cioè all’udienza di comparizione, laddove invece la contestazione effettuata solo con le note conclusive risulta effettivamente tardiva.
Il quarto motivo è infondato, in quanto, non sussiste nessuna omessa pronuncia da parte del tribunale. Il giudice di primo grado ha piuttosto rigettato le censure mosse con il ricorso con una motivazione sufficiente che si colloca al di sopra del ‘minimo costituzionale’.
Il quinto motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto il ricorrente non riporta nel ricorso in cassazione, il corrispondente motivo di ricorso di primo grado. In tal modo è preclusa al Collegio la possibilità di verificare, dalla lettura degli atti, la sua genericità o meno.
L’ultimo motivo è infondato. Il ricorrente soccombente davanti al tribunale, con statuizione che è peraltro confermata in questa sede, è stato coerentemente condannato al pagamento delle spese in applicazione del principio della soccombenza.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio, che seguono la soccombenza, sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare € 500,00 di spese, oltre € 200,00, per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.5.2025