Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27757 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27757 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8858/2020 R.G. proposto da: COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 1511/2019 depositata il 22/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/9/2024 dal Presidente NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME convenne in giudizio innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE l’RAGIONE_SOCIALE proponendo querela di falso con le seguenti conclusioni: dichiarare la falsità dei documenti prodotti dalla convenuta nel giudizio innanzi alla Commissione tributaria di RAGIONE_SOCIALE rispetto al documento consegnato all’attore in data 14 ottobre 2009; dichiarare la falsità della relazione di notifica dell’ufficiale giudiziario di data 24 aprile 2009, secondo la quale sarebbero state espletate tutte le formalità previste dagli artt. 139 e 140 c.p.c.. Espose l’attore che, a seguito di notifica di cartella di pagamento per l’importo di Euro 989.230,54, relativa ad avviso di accertamento, aveva ritirato in data 14 ottobre 2009 presso la Casa comunale di Solesino l’avviso di accertamento datato ‘RAGIONE_SOCIALE 04 febbraio 2009′. Aggiunse che, impugnata la cartella di pagamento, l’RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto copia di avviso di accertamento recante la data ‘RAGIONE_SOCIALE 4 marzo 2009′, priva di relata di notifica, e che successivamente la stessa aveva prodotto lo stesso documento con la dicitura ‘RAGIONE_SOCIALE 4 febbraio 2009′, corretta a mano in ‘4 marzo 2009’, con la relata di notifica di data 24 aprile 2009 dell’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 140 c.p.c.. Il Tribunale adito rigettò la domanda, reputando le discordanze fra le date mere difformità non influenti sul contenuto. Avverso detta sentenza propose appello il COGNOME. Con sentenza di data 22 ottobre 2019 la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE rigettò l’app ello.
Osservò la corte territoriale che il primo documento prodotto in giudizio dall’RAGIONE_SOCIALE era una mera fotocopia priva di attestazione di conformità, depositata quando l’Ufficiale giudiziario non aveva ancora restituito l’originale di notifica e che, non essendo invocabile in sede di notifica da parte dell’ufficiale giudiziario la fede privilegiata quanto alla verità e regolarità dell’atto notificato, nonché circa la corrispondenza del contenuto all’originale (donde l’esistenza solo di un’ipotesi di discordanza fra documenti), a tale principio doveva ricondursi la difformità evidenziata dal Tribunale fra la copia passiva ritirata dal destinatario e l’originale di notifica restituito al notificante, difformità priva di influenza sul contenuto, in ragione della mancanza di certificazione da parte dell’ufficiale giudiziario riguardo al contenuto stesso. Aggiunse che gli elementi oggetto di attestazione nella relata di notifica della copia passiva corrispondevano all’attività espletata con l’accesso dell’ufficiale giudiziario ed il deposito presso la casa comunale, attestati in modo identico nella copia consegnata al notificante, sicché l’espletamento RAGIONE_SOCIALE formalità in data 24 aprile 2009 doveva intendersi limitato alle dette attività, diverse dall’invi o della raccomandata, e che la formalità riguardante la raccomandata, con l’indicazione della data del 27 aprile 2009, era stata annotata in calce alla relata prima della restituzione dell’atto al notificante.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di due motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. Il Pubblico Ministero non ha depositato le conclusioni scritte. E’ stata presentata memoria dal ricorrente.
Considerato che:
va preliminarmente evidenziato che la partecipazione necessaria del Pubblico Ministero al giudizio, prevista dall’ordinamento, risulta garantita dalla comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza (Cass. n. 3256 del 2019). Il ricorso è stato proposto anche nei confronti
della Procura generale, ma non notificato a quest’ultima. Al riguardo va rammentato che con riferimento al ricorso per cassazione proposto da una parte e non notificato al P.M. presso il giudice “a quo”, in un procedimento in cui è previsto l’intervento dello stesso, la mancanza di notifica – che non costituisce motivo di inammissibilità, improcedibilità o nullità del ricorso – non rende neppure necessaria l’integrazione del contraddittorio tutte le volte che, non avendo il P.M. il potere di promuovere il procedimento, le sue funzioni si identificano con quelle svolte dal procuratore generale presso il giudice “ad quem” e sono assicurate dalla partecipazione di quest’ultimo al giudizio di impugnazione; al contrario, detta integrazione è necessaria nelle controversie in cui il P.M. è titolare del potere di impugnazione, trattandosi di cause che avrebbe potuto promuovere o per le quali il potere di impugnazione è previsto dall’art. 72 c.p.c. (Cass. n. 3556 del 2017).
Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 2714 cod. civ. e 18 d.P.R. n. 445 del 2000, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, in relazione alla difformità fra i tre documenti (quello consegnato al ricorrente e gli altri due), ciò che rileva è che l’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 137, comma 2, c.p.c. deve certificare la conformità all’originale della copia oggetto di notifica e che la genuinità dell’atto impugnato è venuta meno a seguito RAGIONE_SOCIALE modifiche ed alterazioni dell’avviso di accertamento, con il deliberato cambiamento della data del documento.
Il motivo è infondato. La censura muove dal presupposto errato che l’ufficiale giudiziario debba certificare la conformità all’originale della copia oggetto di notifica. Le dichiarazioni dell’ufficiale giudiziario non fanno fede fino a querela di falso della regolarità intrinseca e della completezza dell’atto ricevuto per procedere alla notifica né della corrispondenza della copia notificata all’originale, non essendo questa l’attività giudiziaria che egli compie e deve compiere, con la
conseguenza che la presunzione di conformità tra originale e copia dell’atto notificato viene meno se il destinatario produce quest’ultimo incompleto. Né si può perciò ipotizzare un contrasto tra le due relate (atti pubblici), entrambe originali, apposte dall’ufficiale giudiziario, rispettivamente, sulla copia notificata e sull’originale dell’atto notificato, proprio perché non spetta all’ufficiale giudiziario effettuare alcun controllo intrinseco, sicché, se la copia dell’atto notificato non corrisponde all’originale, è sulla copia che il destinatario fa affidamento e su cui può difendersi (Cass. 6562 del 2020).
Come affermato dal giudice del merito, la produzione documentale concernente l’atto notificato riguarda non la copia informe inizialmente depositata dall’RAGIONE_SOCIALE, ma quella accompagnata dalla relazione di notifica. La discordanza allegata con la querela di falso, relativa alla data dell’avviso notificato, resta in realtà sul piano di una discordanza fra copia notificata al destinatario e l’originale prodotto dal notificante con la relata di notifica, e si traduce nella circostanza che il destinatario, ai fi ni dell’esercizio del diritto di difesa, deve fare affidamento sulla copia a lui notificata.
Si è affermato, a questo proposito, che nell’ipotesi di discordanza tra il tenore testuale del documento e la sua copia notificata, vale la regola della prevalenza della copia, in modo che l’interessato può far valere eventuali nullità dell’atto a lui destinato semplicemente producendolo, senza necessità di impugnare per falso la relata di conformità dell’ufficiale giudiziario apposta sull’originale, e ciò perché, da un lato, grava sull’attore l’onere di verificare l’effettiva conformità dell’atto originale di citazione a quello che, per suo conto, viene notificato in copia, e dall’altro perché si deve garantire l’affidamento del destinatario sull’atto scritto che gli è stato consegnato e ha ragione di presumere esattamente corrispondente a quanto si è inteso dichiarare e portare a sua conoscenza (Cass. n. 14686 del 2007; n. 3205 del 2008; n. 20993 del 2013).
Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 2700 cod. civ. e 140 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che l’espressione, contenuta nella relata di notifica, «eseguo notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c. espletate tutte le formalità» è affetta da falsità ideologica perché, benché l’espletamento RAGIONE_SOCIALE formalità significhi deposito della copia presso la sede del Comune, affissione dell’avviso di deposito e spedizione di raccomandata contenente la comunicazione dell’avvenuto deposito, l’ufficiale giudiziario con la relata prodotta dall’RAGIONE_SOCIALE ha attestato di avere consegnato il 27 aprile 2009 all’ufficio postale la raccomandata, per cui alla data del 24 aprile 2009 non poteva avere espletato tutte le formalità.
Il motivo è inammissibile. Ha affermato la corte territoriale che le formalità espletate in data 24 aprile 2009, oggetto di attestazione coincidente sia per il destinatario che per il notificante, erano rappresentate dall’accesso dell’ufficiale giudiziario e dal deposito presso la casa comunale, e non dall’invio della raccomandata, la quale, con l’indicazione della data del 27 aprile 2009, risulta soltanto annotata in calce alla relata prima della restituzione dell’atto al notificante. Il giudizio di fatto del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità in assenza di una rituale denuncia di vizio motivazionale, è dunque nel senso dell’indicazione degli estremi della raccomandata in calce alla relazione di notificazione, e non nel corpo della relazione stessa.
Tale ratio decidendi non è colta, come si è appena detto, né tanto meno impugnata quanto meno con la denuncia di vizio motivazionale, dal ricorrente, che si limita a denunciare la falsità ideologica di una relazione di notificazione, datata 24 aprile 2009, e che invece nel suo corpo, afferma il ricorrente, recherebbe gli estremi della raccomandata di data 29 aprile 2009. Trattandosi di censura eccentrica rispetto alla ratio decidendi resta priva di decisività.
E’ appena il caso di aggiungere che la fattispecie concreta accertata dal giudice del merito corrisponde alla previsione normativa, nel senso che, in base all’art. 140 c.p.c., l’ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune e affigge l’avvi so del deposito alla porta dell’abitazione o ufficio, «e gliene dà notizia per raccomandata», aggiunge la norma. La notizia per raccomandata è attività successiva, che ha ad oggetto quanto previamente compiuto, mentre la relazione di notificazione, discipl inata dall’art. 148 c.p.c., venendo apposta in calce non solo all’originale, ma anche alla copia dell’atto che deve essere depositata nella casa del comune, per necessità di cose non può incorporare gli estremi della raccomandata. La notizia che viene data non può infatti essere inclusa nella notificazione risultante dalla relazione perché ha ad oggetto proprio ciò che la relazione dovrebbe incorporare. Essa è dunque inevitabilmente successiva alla relazione apposta in calce alla copia dell’atto depositata presso la casa del comune.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 10 settembre 2024 nella camera di