Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15391 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15391 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5604/2021 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
-ricorrenti- contro
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 1816/2020 depositata il 27/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono con cinque motivi avversati da NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME con controricorso, per la cassazione della sentenza n. 1816 del 27.10.2020 della Corte di Appello di Catania. La Corte di Appello, nell’ambito di una, in origine, più ampia controversia tra ricorrenti e controricorrenti con reciproche domande di rispetto delle norme di vicinato, ha deciso, quale giudice a cui questa Corte di Cassazione, con sentenza n.24940 del 2018, aveva rinviato la causa, sulle questioni residue relative alla legittimità della edificazione di un muro innalzato dai COGNOME sul lastrico solare del loro edificio limitrofo a quello dei ricorrenti come mezzo per eliminare la veduta che in precedenza era esercitabile dal medesimo lastrico solare e per la cui eliminazione gli attori avevano chiesto che il lastrico fosse demolito. Il muro era stato innalzato durante la pendenza del giudizio di primo grado fino ad una altezza di 3,65 metri. Il muro aveva di fatto schermato la veduta. Contro l’innalzamento i ricorrenti avevano proposto azione di manutenzione possessoria. La causa possessoria era stata riunita alla causa petitoria. Il giudice di primo grado aveva ritenuto di non disporre la demolizione del lastrico, posto che la costruzione del muro aveva prodotto l’effetto, a cui la demolizione era indirizzata, di eliminazione della veduta. Il giudice di primo grado aveva anche affermato che il muro aveva le caratteristiche di un muro di cinta e che l’innalzamento era legittimo entro il limite di tre metri, cosicché i convenuti avrebbero dovuto ridurre il muro a tale altezza.
La Corte di Appello, con la sentenza oggi impugnata, ha ritenuto che, contrariamente a quanto dedotto dagli appellanti -originari attori e gli attuali ricorrenti-, non potesse dirsi che il giudice di primo grado avesse violato l’art.112 c.p.c. laddove non aveva disposto la demolizione del lastrico solare richiesta dagli attori come misura per eliminare la veduta esercitata dai convenuti Camarza, individuando, in assenza di domanda di questi ultimi,
come misura alternativa quella -di fatto adottata dai Camarzadella elevazione del muro di cinta. La Corte di Appello ha affermato che la domanda dei convenuti non era necessaria rientrando nei poteri ufficiosi del giudice disporre una misura che ‘si riveli efficace alternativa alla demolizione’.
La Corte di Appello ha poi escluso che la dedotta abusività del lastrico sotto il profilo della normativa edilizia potesse imporne la demolizione, essendo l’abusività per violazione di norme edilizie rilevante in sede amministrativa ma di per sé irrilevante nei rapporti di vicinato.
La Corte di Appello ha rigettato il motivo di appello con cui era stato lamentato che il giudice di primo grado non si era pronunciato sulla eccepita violazione dell’art. 885 c.c. Al riguardo la Corte di Appello ha osservato che, sebbene il muro fosse in parte derivato dalla sopraelevazione di un preesistente manufatto a confine tra le due proprietà, tuttavia gli attori appellanti non avevano allegato né tanto meno chiesto di poter provare che il muro avesse in qualsiasi modo menomato la facoltà di godimento del loro fondo né ridotto l’aria o la luce del fondo medesimo.
La Corte di Appello ha infine ritenuto che non avesse rilevanza il fatto, pur accertato dal CTU, per cui il muro era stato edificato in mancanza della autorizzazione del Genio civile richiesta dalla normativa antisismica di cui alle leggi n.1684 del 1962 e n. 64 del 1974 posto che tale mancanza era riferita ad un ‘dato formale/provvedimentale’ mentre, per giustificare l’ordine di demolizione del muro, sarebbe stato necessario che gli attori avessero fatto riferimento ad una inosservanza della normativa da cui fosse derivato quanto meno un pericolo per la stabilità del loro edificio. Tale deduzione era mancata e, per di più, non vi erano in atti elementi tali da far ritenere esistente il pericolo suddetto;
i ricorrenti hanno depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. Si deduce che la Corte di Appello ha errato nel ritenere che potesse essere disposta d’ufficio una misura diversa dall’unica richiesta -la demolizione del lastrico solare-, come misura alternativa per eliminare la veduta esercitata dai convenuti Camarza.
Questo motivo resta assorbito dall’accoglimento del terzo;
2. con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c. Si deduce che la Corte di Appello non ha motivato sulle ragioni per cui, confermando la decisione di primo grado parimenti non motivata, ha ritenuto l’innalzamento del muro di cinta misura idonea per eliminare la veduta esercitata dai convenuti Camarza.
Questo motivo resta assorbito dall’accoglimento del terzo;
3.con il terzo motivo di ricorso si lamenta in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, n. 4 e n. 5, c.p.c. la violazione dell’art. 885 c.c., dell’art. 2697 c.c. e della normativa antisismica di cui alle leggi n.1684 del 1962 e n. 64 del 1974, nonché la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omesso esame delle risultanze della CTU.
Il motivo è, quanto alla violazione della normativa di cui alle leggi 1684/1962 e n.64/1974, fondato, restando le altre censure assorbite.
La Corte di Appello ha dato conto del fatto che il CTU aveva rilevato che il muro era stato costruito in assenza di ‘nulla osta’ del genio civile, richiesto per le costruzioni in zona sismica. La Corte di Appello ha dato altresì conto della allegazione degli attuali ricorrenti secondo cui il Comune, richiesto dagli attuali controricorrenti del rilascio della concessione in sanatoria per il muro in questione, ritenuto che il muro, per le caratteristiche intrinseche, fosse una costruzione, aveva condizionato il rilascio della concessione in sanatoria all’ottenimento del ‘nulla osta’ del
Genio Civile. Dallo stralcio della relazione del CTU riprodotta a pagina 20 risulta che tale ‘nulla osta, necessario per la stabilità del muro’, non era stato richiesto.
Ai sensi dell’art. 25 della legge 25 novembre 1962 n. 1684, nelle zone sismiche, chiunque intende procedere a nuove costruzioni, riparazioni e ricostruzioni, è tenuto a darne preavviso scritto al sindaco ed all’Ufficio del genio civile competente, indicando il proprio domicilio, il nome e la residenza del progettista, del direttore dei lavori e dell’appaltatore. Alla domanda deve essere unito il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da un professionista autorizzato ai sensi delle disposizioni vigenti, per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice, armato o precompresso. Il progetto deve essere esauriente per planimetria, piante, prospetti e sezioni ed accompagnato da una relazione tecnica e dal fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione che in elevazione. La relazione tecnica, salvo che non si tratti di edifici speciali deve dar anche conto della natura geomorfologica del terreno ed essere accompagnata dai necessari profili stratigrafici. Deve inoltre contenere i disegni dei particolari esecutivi delle strutture in cemento armato con le posizioni dei ferri. All’Ufficio del genio civile compete la verifica della corrispondenza del progetto alle presenti norme, ed in particolare: 1) il controllo della idoneità del terreno edificatorio e la larghezza delle banchine, dei ritiri e dei ripiani previsti dall’articolo 5; 2) l’ammissibilità delle altezze degli edifici, delle larghezze stradali e degli intervalli d’isolamento, di cui all’articolo 17, sentita la Sezione urbanistica del Provveditorato; 3) l’ammissibilità della sopraelevazione prevista dall’articolo 19.
La Corte di Appello ha ritenuto l’assenza di richiesta di ‘nulla osta’ irrilevante per mancanza di allegazione e di prova della sussistenza di un concreto pericolo per l’edificio dei ricorrenti.
La decisione non può essere condivisa.
Va premesso che il giudice, in causa di violazione delle norme in tema di distanze legali può e deve pronunciarsi sulla legittimità dell’opera in questione avuto riguardo, non solo alle previste distanze fra costruzioni o dal confine, ma anche, e pur in assenza di specifica richiesta, a quelle stabilite dalla normativa cosiddetta antisismica di cui alla legge 25 novembre 1962, n. 1684 (Cass. Sez. 2 -, Sentenza n.10069 del 28/05/2020).
La Corte di Appello -pur senza farvi espresso richiamo- si è riportata alla statuizione di questa Corte di Cassazione (sentenza n.24141 del 20/11/2007) per cui l’inosservanza delle norme antisismiche comporta il diritto alla riduzione in pristino quando sia accertata una concreta lesione dell’integrità materiale del bene immobile o ‘anche se vi sia una situazione di pericolo attuale da valutarsi non in relazione allo stato asismico ma in considerazione della possibilità sempre incombente a causa della conformazione del suolo, di un movimento tellurico, trattandosi di una normativa avente ad oggetto prescrizioni tecniche volte a prevenire, in una situazione d’immanenza del pericolo, le conseguenze dannose di un eventuale sisma’.
Nel caso di specie la Corte di Appello ha trascurato il fatto che la situazione di pericolo non poteva ritenersi insussistente per il fatto stesso che il Comune avesse condizionato il rilascio della concessione in sanatoria al ‘nulla osta’ del genio civile;
4. con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli art. 91 e 92 c.p.c. per avere la Corte di Appello condannato i ricorrenti alle spese del primo giudizio di appello e del ricorso per cassazione malgrado che in tali giudizi i ricorrenti ‘fossero risultati vittoriosi e non soccombenti’.
Questo motivo resta assorbito dovendo le spese essere nuovamente regolate in esito al giudizio di rinvio che va disposto in
relazione alla cassazione della sentenza in accoglimento del terzo motivo;
in conclusione il terzo motivo di ricorso va accolto per quanto di ragione e per l’effetto, restando assorbiti gli altri motivi, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese;
PQM
la Corte accoglie, per quanto di ragione, il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione.
Roma 4 giugno 2025
Il Presidente NOME COGNOME