Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25865 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 25865 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15411/2021 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dal prof. avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato,
-ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE , succeduta ex lege a RAGIONE_SOCIALE, incorporante di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato,
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 5932/2020 della CORTE d’APPELLO di Roma pubblicata il 27.11.2020;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17.6.2026 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Mandato alla riscossione dei ruoli relativi ai contributi previdenziali dovuti dagli avvocati iscritti alla gestione assicurativa e previdenziale
U.P. 17.6.2025
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME il quale in via principale ha chiesto un rinvio in attesa della decisione delle Sezioni Unite, in via subordinata ha concluso per l’accoglimento del primo moti vo, l’inammissibilità dei motivi dal secondo al sesto e il rigetto del settimo e dell’ottavo motivo.
uditi l’avv. NOME COGNOME per la ricorrente e l ‘ Avv. dello Stato NOME COGNOME per la resistente.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto ingiuntivo n. 19698/2010 del 27.9.2010 il Tribunale di Roma ingiungeva a RAGIONE_SOCIALE -Agente della Riscossione per la Provincia di Reggio Calabria il pagamento in favore della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense (d’ora in avanti indicata come Cassa) il pagamento di euro 332.429,68.
La ricorrente aveva dedotto di aver trasmesso a RAGIONE_SOCIALE: a) nell’anno 1996 n. 146 ruoli ‘principali’, emissione febbraio 1996, con scadenza al 10 aprile 1996, in base ai quali avrebbe dovuto ricevere l’impo rto di euro 1.024.743,40 dovuto dagli avvocati iscritti alla relativa gestione assicurativa; in relazione a tali ruoli il concessionario aveva riversato il minor importo di euro 1.024.252,77;
nell’anno 1998 n. 217 ruoli ‘suppletivi’, emissione settembre 1998, con scadenza al 10 novembre 1998, per complessivi 570.800,67; il concessionario della riscossione per tali ruoli aveva versato l’importo di euro 440.778,60;
nell’anno 1999 n. 260 ruoli ‘principali’, emissione febbraio 1999, con scadenza al 10 aprile 1999, per complessivi euro 1.450.618,42; il concessionario della riscossione aveva versato l’importo di euro 1.248.701,44.
RAGIONE_SOCIALE -Agente della Riscossione per la Provincia di Reggio Calabria opponeva il decreto ingiuntivo contestando il credito azionato, perché fondato sul sistema del c.d. ‘non riscosso come riscosso’ abrogato dal D.Lgs. 37/1999, precisando nella comparsa conclusionale di aver corrisposto integralmente tutte le anticipazioni dovute in ragione dell’entrata in vigore della indicata normativa. Quanto alle somme residue rientranti
nell’applicazione degli artt. 19 e 20 D.Lgs. 112/1999 l’opponente deduceva di non aver mai perso il diritto al discarico per la mancata apertura della procedura di inesigibilità da parte della Cassa ; il termine per l’invio delle comunicazioni ai fini del discarico per inesigibilità non era ancora scaduto in base alla proroga stabilit a dall’art. 3, comma 12, D.L. 203/2005.
Il Tribunale di Roma con sentenza n. 13222/2016, pubblicata il 30.6.2016, ritenuta sussistente la giurisdizione in capo a ll’AGO, rigettava l’opposizione osservando che l’opponente aveva perso il diritto al discarico delle somme in contestazione.
La Corte d’appello di Roma con sentenza n. 5932/2020, pubblicata il 27.11.2020, in accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, incorporante di Equitalia Sud s.p.aRAGIONE_SOCIALE, rigettava la domanda e compensava la spese del grado.
Osservava la corte che:
-nella vicenda trovavano applicazione le disposizioni della l. 228/12, sopravvenuta nelle more del giudizio, prevedenti l’annullamento delle quote e il discarico dell’agente per la riscossione di tutti i ruoli precedenti il 31.12.1999, inclusi quelli oggetto di ingiunzione;
-l ‘art. 1 , comma 527, ha stabilito l’annullamento automatico delle iscrizioni di importo inferiore a euro 2.000, mentre il comma 528 della stessa norma ha previsto che, per quelli di importo superiore, l’agente dia notizia dell’esaurimento dell’attività di riscossione all’ente impositore;
-per tutti i ruoli indicati, iscritti entro il 31.12.1999 e indipendentemente dal loro valore, il successivo comma 529 ha escluso espressamente l’applicabilità degli artt. 19 e 20 D.Lgs. 112/1999;
-tali disposizioni sono state attuate con il D.M. 15.6.2015 del Ministro dell’Economia, c he all’art. 1 h a previsto lo sgravio automatico, senza oneri amministrativi a carico dell’ente, delle quote di credito , sia inferiori sia superiori, al l’ importo di euro 2.000, salvo che, per le seconde, le stesse non siano interessate da procedure espropriative ancora in corso;
-l’art. 2 del decreto ha altresì disposto che, per le suddette quote eccedenti il limite di euro 2.000, le eventuali attività esecutive ancora in corso
vengano proseguite dall’agente di riscossione e che, anche in caso di esito negativo, nondimeno anche in questo caso le quote siano assoggettate a discarico automatico.
Avverso la sentenza della Corte d’appello la Cassa ha proposto ricorso, sulla base di otto motivi. Ha risposto con controricorso l’Agenzia delle Entrate, succeduta ex lege a RAGIONE_SOCIALE, incorporante di RAGIONE_SOCIALE
Comunicata il 14.12.2023 una proposta di definizione accelerata del ricorso, in relazione alla quale la ricorrente presentava istanza di decisione ex art. 380bis cod. proc. civ., a ll’esito dell’adunanza camerale del 17.12.2024, in vista della quale il ricorrente aveva depositato memoria, questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 214/2025 pubblicata il 7.1.2025, ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo, perché fosse trattata in pubblica udienza, involgendo il ricorso profili di rilevanza costituzionale della l. 228/2012.
Il P.M. ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso limitatamente al primo motivo, concludendo altresì per l’inammissibilità dei motivi dal secondo al sesto e per l’infondatezza del settimo e dell’ottavo motivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 32, comma 3, del D.P.R. n. 43 del 1988, 2 D.lgs. n. 37 del 1999, 1, comma 1, del D.M. del 23 marzo 1999.
Lamenta la ricorrente che la Corte d’appello nell’applicazione della l . 228/2012 ( ‘ Legge di stabilità 2013 ‘ ) erroneamente ha implicitamente ritenuto che tutti i ruoli, per i quali aveva agito la Cassa, ricadessero nell’ambito di applicazione del D.Lgs. 112/1992 e, quindi, l’abrogazione della regola del ‘non riscosso come riscosso’ disposta dall’ art. 32 d.p.r. 43/1988 valesse anche per i ruoli ‘principali’ 1996 e per tutte le rate dei ruoli ‘suppletivi’ 1998. L’eliminazione dell’obbligo di anticipazione, però, riguardava solo gli importi iscritti in detti ruoli per i quali non erano ancora scadute le rate di versamento. Se la Corte d’appello avesse tenuto in considerazione quanto previsto dalla
disciplina transitoria, non avrebbe potuto che confermare il decreto ingiuntivo, quantomeno per gli importi per i quali, a partire dal 26.2.1999, data di entrata in vigore del D.lgs. 37/1999, erano già scaduti i termini per i pagamenti, così come stabiliti dal D.M. del 23 marzo 1999, ossia per le rate riguardanti i ruoli ‘principali’ 1996 e per i primi sei decimi della prima rata per i ruoli ‘suppletivi’ 1998, già scaduti, al 26.2.1999, trovando ancora applicazione la regola dell’anticipazione.
1.1. Il motivo è fondato.
La ricorrente ha agito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (all’epoca agente per la riscossione) per il riversamento dei ruoli ‘principali’ per l’anno 1996 e dei ruoli ‘suppletivi’ per l’anno 1998 , lamentando di aver percepito, per l’anno 1 996 euro 1.024.252,77, a fronte dell’importo dovuto di euro 1.024.743,40, e per l’anno 1 998 euro 440.778,60, a fronte del dovuto di euro 570.800,67.
Il Tribunale di Roma ha accertato, quanto al ruolo ‘principale’ 1996 e ai soli 6/10 della prima rata del ruolo ‘suppletivo’ 1998, con scadenza 14.2. 1999, che l’art. 2, comma primo, D.Lgs. 37/1999 ha abrogato l’art. 32, terzo comma, d.p.r. 43/1988 a far data dal 26 febbraio 1999, con conseguente venire men o dell’ obbligo del «non riscosso come riscosso» per i versamenti da anticiparsi dal concessionario, escludendo, tuttavia, che l’opponente avesse fornito la prova dei versamenti effettuati.
La Corte d’Appello , invece, ha ritenuto che la l. 228/2012, sopravvenuta nelle more del giudizio, ha determinato l’annullamento delle quote e il discarico dell’agente della riscossione di tutti i ruoli precedenti il 31 .12.1999, inclusi quelli per cui la Cassa ha agito in giudizio.
È abrogato l’articolo 32,
comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, ed ogni altra disposizione che impone ai concessionari della riscossione, di cui al medesimo decreto, l’obbligo del non riscosso come riscosso ‘ . Il comma secondo dell’art. 2 ha stabilito che ‘ a decorrere dalla data di entrata in vigore
del presente decreto i concessionari non sono tenuti ad effettuare i versamenti non scaduti conseguenti all’obbligo del non riscosso come riscosso relativi ai ruoli ad essi consegnati prima di tale data ‘ .
Il D.Lgs. 37/1999 è entrato in vigore il 26.2.1999, pertanto l’art. 2 non ha determinato il venir meno a carico dei concessionari dell’obbligo di anticipo (‘non riscosso come riscosso’) dell’importo dei ruoli, per i quali alla data di entrata in vigore fossero già scaduti i termini di versamento e del corrispondente diritto della Cassa di riceverne l’ammontare . Su tale diritto, infatti, non ha inciso l’annullamento dei ruoli resi esecutivi fino al 31 .12.1999 previsto dall’art. 1 l. 228/2012 , per essere stato ripetutamente affermato da questa Corte con riferimento a diritti di credito vantati in relazione all’«obbligo del non riscosso per riscosso» che il D.Lgs. 37/1999 non ha disposto per il passato, né è intervenuta la legge n. 228/2012 (v. Cass., sez. III, 19 giugno 2020, n. 11972; Cass., sez. III, 20 novembre 2020, n. 26531; Cass., sez. III, 23 agosto 2023, n. 25068).
La Corte d’appello, invece, nel ritenere che la sopravvenienza della l. 228/2012 abbia determinato l’annullamento delle quote e il discarico dell’agente della riscossione di tutti i ruoli precedenti il 31.12.1999, non si è attenuta al su indicato principio di diritto. Conseguentemente, con riguardo ai ruoli resi esecutivi e consegnati al concessionario prima dell’entrata in vigore del D.lgs. 37/1999, per i quali fossero scaduti i termini di versamento di cui all’art. 72 d.p.r. 43/1988, si tratta di accertare in concreto se ed in quale misura il concessionario abbia, o no, riversato alla ricorrente l’anticipo dovuto.
Con il secondo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
La ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sulle eccezioni con cui aveva contestato, sin dal primo grado di giudizio, il consolidamento del rapporto di dare/avere tra l’Ente di previdenza e l’Agente della riscossione alla data di entrata in vigore della l. 228/2012. Nella successione delle disposizioni, che avevano prorogato il termine per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità, la Cassa aveva rilevato due vuoti normativi (il primo dal
2.10.2004, poiché il D.L. 282/2004 che avrebbe dovuto prorogare il termine fissato all’1.10.2004 è entrato in vigore il 29.10.2004; il secondo dal 30.9.2005, poiché il D.L. 203/2005 di proroga del detto termine è entrato in vigore il 4.10.2005). Ne discendeva il consolidamento della posizione della Cassa, non avendo il concessionario trasmesso le comunicazioni di inesigibilità prima dei detti termini.
Con il terzo motivo è denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per omessa motivazione, in violazione degli artt. 132, comma primo, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.
Si duole la ricorrente che l a Corte d’appello non ha dato evidenza del ragionamento logico-giuridico, che ha portato a ritenere che il rapporto oggetto di controversia non si fosse consolidato, nonostante la Cassa avesse dedotto, sia la sussistenza di due soluzioni di continuità normativa tra le disposizioni di proroga dei termini per l’invio delle comunicazioni di inesigibilità, sia il mancato adempimento di tale obbligo entro la data del 30.6.2006, termine previsto e mai prorogato per i ruoli consegnati entro il 30 giugno 2003, come quelli oggetto di causa.
Con il quarto motivo si denuncia , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, commi 527, 528 e 529, della L. 24 dicembre 2012, n. 228 in relazione agli artt. 19, comma 2, lett. c), 20 e 59 del D.lgs. 13 aprile 1999 n. 112, nonché 1, del D.L. 29 novembre 2004, n. 282 e 3, comma 12, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203.
La Cassa deduce la violazione da parte della Corte d’appello delle disposizioni indicate in rubrica, là dove è stato ritenuto che le proroghe dei termini previsti ex lege per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità, di cui all’art. 19, comma 2, lett. c) del D.lgs. n. 112 del 1999, siano state disposte in modo continuato dal legislatore, posto che, invece, nell’avvicendamento delle disposizioni contenenti dette proroghe, sono ravvisabili due distinti momenti interruttivi a opera dell’articolo 1 D.L. 282/2004, prima, e dell’articolo 3, comma 12, D.L. 203/2005, poi. Le indicate soluzioni di continuità normativa, in mancanza della prova dell’invio delle comunicazioni di inesigibilità da parte della Società avversaria entro i già
menzionati termini interruttivi, avrebbero dovuto condurre il Giudice di merito ad accertare il consolidamento del rapporto oggetto di giudizio e, per l’effetto, ad escludere l’operatività delle sopravvenute .
Con il quinto motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, commi 527, 528 e 529, della L. n. 228 del 2012, 59, comma 4quater , 19, comma secondo, lett. c) e 20, del D.Lgs. n. 112 del 1999.
La ricorrente prospetta la violazione delle norme in rubrica indicate, poiché la Corte d’appello, nell’affermare l’applicabilità delle disposizioni della l. 228/2012, ha implicitamente escluso l’esaurimento del rapporto e la cristallizzazione della posizione di credito della Cassa, mentre, invece, trattandosi di ruoli emessi nel 1996, 1998 e nel 1999, era intervenuta la perdita del diritto al discarico del concessionario. L’art. 59, comma 4quater , del D.Lgs. n. 112/1 999, aveva previsto che il termine per l’invio delle comunicazioni di inesigibilità, per i ruoli emessi sino al 30 giugno 2003, spirasse il 30 giugno 2006. Non avendo il concessionario dimostrato di avere inviato le comunicazioni di inesigibilità entro il termine de quo , il credito vantato dalla Cassa si era consolidato non potendo, di conseguenza, ritenersi applicabili le sopravvenute norme di cui alla l. 228/2012, che hanno disposto l’annullamento dei ruoli emessi sino al 31 .12.1999 e dei relativi crediti, per i ruoli di importo inferiore ad euro 2.000.
Con il sesto motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1. commi 527, 528 e 529, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, 1 del Decreto del Direttore del Ministero dell’Economica e delle Finanze, 15 g iugno 2015, 1 e 2 del D.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, 17 del D.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, 3, 35, comma primo, 36, comma primo, 38, 42, comma terzo, 97, comma secondo nonché 117, comma 1, Cost., anche in relazione all’art. 6 CEDU.
La ricorrente lamenta la violazione delle norme indicate in intestazione per aver la Corte di appello ritenuto che l’art. 1, commi 527, 528 e 529 , della l. 228/2012 possa trovare applicazione anche nei confronti della Cassa Forense. La Corte d’appello non si è avveduta del fatto che, essendo la Cassa
un ente privato, ai sensi dell’art. 1 ss. del D.Lgs. 509/1999, in quanto tale, non beneficiaria di alcuna contribuzione statale o di altri enti pubblici e con stringenti vincoli relativi all’equilibrio finanziario legati all’esercizio dell’attività previdenziale demandatagli, l’annullamento dei crediti inferiori ad euro 2.000 e dei ruoli superiori a tale importo incideva in maniera negativa sul bilancio dell’Ente . Ciò soprattutto in considerazione del fatto che il legislatore, con il comma 529, ha, altresì, eliminato qualunque responsabilità dei concessionari della riscossione i quali, ai sensi degli artt. 19 e 20 del D.lgs. 112/1999, in caso di perdita del diritto al discarico, erano tenuti a riversare gli importi iscritti a ruolo e non ancora riscossi in misura integrale, salvo aggiungere l’aggravio delle spese per l’esazione infruttuosa , previsto dall’art. 1, comma 527, l. 228/2012 e dagli artt. 1 e 4 del D.M. 15.6.2015 in precedenza dovuti, ai sensi dell’art. 17 D.Lgs. 117/1999 , solo in presenza delle comunicazioni di inesigibilità.
La ricorrente denuncia che l’emanazione della l. 228/2012 in pendenza del giudizio ha determinato il venir meno del presupposto dell’azione promossa contro il concessionario con conseguente violazione anche dei principi che la Corte EDU e la Corte costituzionale hanno enunciato in tema di rapporti tra leggi retroattive e potere giurisdizionale.
La circostanza che la Cassa abbia deciso di avvalersi del sistema della riscossione a mezzo ruolo, non rende perciò la stessa destinataria inerme di norme fortemente derogatorie rispetto all’ordinaria disciplina che regola la riscossione tramite ruolo (così dovendo definirsi le disposizioni che annullano crediti -non solo ruoli -, ruoli e ogni responsabilità dell’incaricato alla riscossione). Infatti, se per i dazi doganali e l’IVA all’importazione, in quanto risorse proprie dell’Unione europea, l’attivit à di riscossione deve proseguire anche per i ruoli più risalenti e con il mantenimento di tutte le responsabilità dell’incaricato alla riscossione, lo stesso trattamento dovrebbe essere riservato agli enti di previdenza privatizzati, i quali vivono solo di risorse proprie.
La l. 228/2012 non la si sarebbe dovuta applicare alla Cassa se non a costo di introdurre:
una equiparazione irragionevole di situazione diverse (amministrazioni pubbliche, enti pubblici ed enti privati beneficiari di finanziamenti pubblici con enti privati che sono tenuti ad un rigoroso regime di autofinanziamento) in violazione dell’art. 3 Cos t.;
b) una sottrazione di risorse corrispondenti ai contributi da acquisire da parte degli iscritti alle Casse (o dall’Esattore a seguito della perdita del diritto al discarico) e necessarie per l’esercizio dell’attività previdenziale affidata a detti enti (l’ero gazione dei trattamenti previdenziali e assistenziali), in violazione degli artt. 35, comma primo, 36, comma primo e 38 Cost.;
una misura ablatoria senza alcun indennizzo, previsto dall’art. 42, comma terzo, Cost., quale contrappeso al potere statale di intervenuto sul patrimonio privato;
un meccanismo premiale per i concessionari per la riscossione a scapito di enti creditori, pur al cospetto di negligenze dei primi, in violazione del l’art. 97, comma secondo, Cost.;
un ‘ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia influendo sull’esito delle lit i avviate dalla Cassa in violazione dei principi della preminenza del diritto e dell’equo processo ex art. 6 CEDU, la cui osservanza è imposta dall’art. 117, comma 1, Cost.;
I motivi dal secondo al sesto, per essere strettamente connessi in funzione del dedotto consolidamento del rapporto di riscossione, possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 -bis , n. 1, cod. proc. civ., poiché la sentenza impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per mutare l’orientamento della stessa.
7.1. Mette conto richiamare sinteticamente il quadro normativo e l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in relazione ai ruoli consegnati all’esattore ante dicembre 1999 (tra le tante, Cass. 12229/2019; Cass. 11972/2020; Cass.26531/2020; Cass.21386/2021; Cass.25003/2021; Cass. 26336/2021; Cass. 4555/2022; Cass. 6766/2022 e Cass. 6767/2022; Cass. 21031/2022; Cass. 106/2023; Cass. 925/2024; Cass. 1107/2024).
7.2. La complessiva disciplina di riferimento è già stata efficacemente ricostruita da Cass. 12229/2019.
Ai sensi dell’art. 18 della L. 576/1980, recante la riforma del sistema previdenziale forense, ribadito dall’art. 17, comma terzo, D.lgs. 46/1999, la Cassa provvede alla riscossione dei contributi insoluti a mezzo di ruoli da essa compilati, resi esecutivi dall’Intendenza di Finanza e da porre in riscossione secondo le norme previste per la riscossione delle imposte dirette. Pertanto, la Cassa compila e trasmette all’Agente della riscossione i ruoli (e cioè, come precisato dall’art. 10 d.p.r. 602/1973, gli elenchi dei debitori della Cassa e del loro debito), costituenti il titolo esecutivo per la riscossione dei contributi previdenziali nei confronti degli avvocati morosi iscritti alla gestione previdenziale.
Ai sensi dell’art. 32, comma terzo, d.p.r. 43/1988, ora abrogato, la consegna dei ruoli faceva divenire il concessionario addetto alla riscossione debitore dell’intero ammontare delle somme iscritte nei ruoli, che dovevano essere dallo stesso versate alla Cassa alle scadenze stabilite, ancorché non riscosse.
Il concessionario aveva quindi l’obbligo di anticipare alla Cassa il gettito delle procedure di riscossione (c.d. meccanismo del «non riscosso come riscosso»), con possibilità, secondo quanto previsto dagli artt. 75 e 77 d.p.r. 43/1988, di recuperare il carico anticipato (facendoselo rimborsare dalla Cassa o compensandolo con gli altri importi da anticipare) solo ove avesse agito diligentemente nella procedura di riscossione senza però riuscire nell’esazione (c.d. «diritto al discarico» o «sistema del discarico»).
Il d.p.r. 43/1988, e in particolare il meccanismo del «non riscosso come riscosso», è stato abrogato dal D.Lgs. 37/1999 unitamente al D.lgs. 112/1999, che hanno, quindi, fatto venire meno l’obbligo dell’agente di versare anticipatamente alla Cassa, a scadenza fissa, gli importi da riscuotere ed ha introdotto un diverso sistema, in base al quale il concessionario, una volta ricevuti i ruoli, provvede alla riscossione dei relativi importi e, dopo averli riscossi, ha l’obbligo di riversarli alla Cassa (art. 2 d.lgs. 37/1999; art. 22 D.lgs. 112/1999); in caso di omessa riscossione, il concessionario può
ottenere il «discarico per inesigibilità» (e quindi non ha l’obbligo di versare i relativi importi alla Cassa) solo ove abbia rispettato determinati adempimenti (nello specifico quelli espressamente previsti dall’art. 19, lett. a, b, c, d, e, del D.lgs. 112/1999), mentre perde il diritto al discarico (con conseguente obbligo di pagamento alla Cassa dei relativi importi) ove, al termine della procedura di cui all’art. 20 D.lgs. 112/1999, venga accertata una sua responsabilità in ordine alla mancata riscossione.
In materia è poi intervenuta la legge 228/2012, in vigore dal l’ 1.1.2013 (legge di stabilità per il 2013), in combinato con il decreto attuativo 15.6.2015 del Ministro dell’Economia e delle Finanze, che, per tutti i ruoli antecedenti al 31.12.1999, ha stabilito: 1) l’annullamento automatico dei crediti di importo sino ad euro 2.000,00 iscritti in ruoli resi esecutivi sino al 31.12.1999 (art. 1, comma 527, legge cit.); in particolare, ai sensi dell’art. 1 del detto d.m. 15.6.2015, l’elenco delle quote riferite ai detti crediti è trasmesso dall’agente della riscossione a ll’ente creditore su supporto magnetico, ovvero in via telematica, e le dette quote sono automaticamente discaricate ed eliminate dalle scritture contabili dell’ente creditore; 2) l’obbligo dell’Agente di riscossione, per i crediti di importo superiore ad euro 2.000,00, di dare notizia all’ente impositore dell’esaurimento dell’attività di riscossione (art. 1, comma 528, legge cit.); obbligo poi precisato (artt. 2 e 3 D.M. 15.6.2015) in quello di dare comunicazione, su supporto magnetico o comunque in via telematica, dell’elenco delle quote non interessate da procedure esecutive avviate o da contenzioso pendente o da accordi in corso o da insinuazioni in procedure concorsuali ancora aperte o da dilazioni in corso, con conseguente automatico discarico anche di dette quote ed eliminazione dalle scritture contabili dell’ente creditore; per i crediti superiori a euro 2.000,00, interessati invece dalle dette procedure o pendenze, rimasti in carico all’ agente della riscossione, l’ obbligo di quest’ultimo di inserirli in un elenco, da trasmettere su supporto magnetico o comunque in via telematica all’ente creditore, entro due mesi dalla conclusione delle attività, con conseguente automatico discarico anche di dette quote ed eliminazione dalle scritture contabili dell’ente creditore; 3) per
tutti i crediti, indipendentemente dal valore, la non applicabilità degli artt. 19 e 20 del d.lgs. 112/1999 (art. 1, comma 529, legge cit.).
7.3. Per quanto rileva ai fini del giudizio, con le citate pronunce di questa Corte, in relazione ai ruoli ante 1999, si è affermato:
a) alla Cassa, ente privatizzato ex art. 1 D.Lgs. 509/1994, ma deputato allo svolgimento di una funzione pubblica quale quella previdenziale, è concesso ex lege di provvedere alla riscossione mediante ruolo e pertanto, si applica a essa la procedura, prevista dall’art. 1, commi 527 – 529, della legge n. 228 del 2012 di annullamento del ruolo per i crediti più risalenti (antecedenti al 1999), introdotta ai fini della razionalizzazione dei bilanci degli enti creditori, pubblici o privati, che provvedono alla riscossione mediante ruolo; le norme in esame sono pertanto applicabili anche ai crediti della Cassa, la quale, nonostante la privatizzazione, rimane un ente deputato allo svolgimento di una funzione pubblica, cui lo Stato ha eccezionalmente concesso di procedere alla riscossione dei propri crediti a mezzo del ruolo, cioè attraverso un sistema normalmente riservato agli enti pubblici, con la conseguenza che lo stesso legislatore può legittimamente disciplinare le modalità della riscossione, imporre limiti alla stessa, o, come avvenuto nella specie, non consentire più la riscossione con tale sistema per i crediti più risalenti (v. Cass. 925/2004, cit.);
b) la richiamata disciplina riguarda indistintamente tutti i crediti iscritti in ruoli esecutivi sino al 31.12.1999 e la «rottamazione» del sistema di riscossione a mezzo ruolo relativamente ai ruoli più risalenti presenta un duplice profilo di ragionevolezza, tenuto conto che, per i crediti inferiori a euro 2.000,00, scongiura la antieconomicità della riscossione in ragione del presumibile rapporto negativo tra costi dell’esazione e benefici dell’eventuale riscossione e che, per quelli superiori a euro 2.000,00, non incide sui diritti di credito degli enti ma solo sulla procedura di riscossione, atteso che l’annullamento del ruolo non coincide con l’annullamento del credito sottostante, che ben potrà essere successivamente azionato dall’ente secondo l’ordin aria procedura;
c) i l disposto annullamento del ruolo (e cioè dell’elenco formato dall’ente dei propri crediti e dei propri debitori, reso esecutivo dalla ex Intendenza di
Finanza; artt. 10 e 11 d.p.r. 602/1973) non coincide con l’annullamento del credito sottostante, poiché l’esclusione della possibilità di procedere alla riscossione a mezzo ruolo comporta unicamente il venir meno del titolo esecutivo e non anche l’estinzione del credito , deponendo in tal senso le finalità perseguite dal legislatore non di ablazione in danno di enti cui lo Stato non contribuisce, neppure in via indiretta, ma come intervento di riorganizzazione del servizio di riscossione a mezzo ruoli;
d) l’espressa previsione dell’eliminazione dei predetti crediti dalle scritture contabili dell’ente, la quale, oltre a costituire un effetto già altre volte contemplato in caso di discarico dal ruolo, riveste una valenza esclusivamente contabile, in funzione dell’esigenza, correlata al sistema contabile europeo, di fornire una realistica esposizione dello stato patrimoniale ed economico dell ‘ ente, evitando che crediti persistentemente insoluti possano venire ad alterarne i bilanci di esercizio, quali poste soltanto virtuali iscritte all’attivo, in contrasto con il criterio di veridicità dei bilanci (v. Cass. 925/2024; 26531/2020; 11972/2019 citt.);
e) sono stati superati i dubbi di incostituzionalità della l.228/2012; e ciò sia sotto il profilo della irragionevolezza, in quanto nel compiuto riassetto della disciplina generale del sistema di riscossione delle risorse del settore pubblico, mediante l’abrogazione del principio del «non riscosso per riscosso» e la «rottamazione dei ruoli inattivi», sono ricompresi gli enti previdenziali (come nella specie, la Cassa forense), senza differenziazioni, anche a seguito della loro trasformazione in enti privatizzati, in senso conforme al principio sancito dall’art. 3 Cost.; sia in relazione alla lesione dell’art. 6 CEDU, quale norma interposta per violazione dell’art. 117 Cost., in quanto il riassetto normativo non ha introdotto una imprevedibile e indebita ingerenza nella gestione del contenzioso, anche alla luce dell’interpretazione offerta in materia dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 51 del 2019 (Cass. 925/2024; 26531/2020; Cass. 4555/2022 citt.); in particolare, sotto il profilo dell’irragionevol e incidenza delle disposizioni in esame sulla posizione di parità delle parti nei giudizi in corso, le stesse non si configurano come un intervento isolato e inaspettato rispetto ad un quadro normativo idoneo ad ingenerare nelle parti
un ragionevole affidamento in ordine alla sua immutabilità, ma come uno stadio ulteriore di un percorso normativo avviato fin dal 1999 con la riforma del sistema di riscossione a mezzo ruolo, e proseguito con la sostituzione dell’organizzazione di carattere pubblicistico degli agenti della riscossione ai rapporti di concessione precedentemente intrattenuti dagli enti creditori con società private;
f) non ricorre una forma larvata di espropriazione patrimoniale neppure per i crediti inferiori a euro 2.000,00, come precisato con le ordinanze n. 11972/2020 e n. 26531/2020 della III Sezione, in ciò innovando rispetto alla pronuncia capostipite n. 12229 del 2019, che non aveva specificamente affrontato il tema; «l’annullamento dei crediti e la eliminazione dalle scritture contabili» dei crediti inferiori a euro 2.000,00 non integra un provvedimento ablatorio senza indennizzo nei confronti di enti cui lo Stato non contribuisce neppure in via indiretta, poiché la suddetta formula lessicale deve essere posta in relazione agli scopi di efficienza e trasparenza perseguiti con il generale intervento riorganizzativo del servizio di riscossione a mezzo ruoli, mediante eliminazione dell’ingente arretrato del carico dei ruoli determinatosi nel corso degli anni, sicché va interpretata in senso conforme al principio costituzionale di ragionevolezza (art. 3 Cost.); pertanto le formule lessicali adottate nel testo legislativo («annullamento»; «eliminazione»), debbano essere riferite esclusivamente al «titolo esecutivo» (e cioè al ruolo) e non anche al «diritto di credito»; in tale ottica, la prescrizione normativa della eliminazione del credito dalle scritture patrimoniali assume quindi valenza esclusivamente contabile in funzione della esigenza, richiesta dal sistema contabile Europeo, di fornire una realistica esposizione dello stato patrimoniale ed economico dell’ente, escludendo l’appostazione dei crediti relativi ai ruoli annullati in bilancio nello stato patrimoniale come riserve o immobilizzazioni, sì da integrare l’attivo patrimoniale;
g ) l’obbligo di rendicontazione, non previsto dal d.P.R. n. 43 del 1988, è stato introdotto, per i ruoli resi esecutivi prima del 30.9.1999, dalla disciplina transitoria del D.lgs. n. 112 del 1999, che non prevedeva però la perdita del diritto al discarico per inesigibilità (Cass. 4555/2022; Cass. 21031/2022);
h ) i termini per l’invio della dichiarazione di inesigibilità sono stati ininterrottamente prorogati fino alla legge di stabilità per l’anno 2013, che li ha ulteriormente prorogati -comma 530 art.1 – (cfr. Cass. 925/2024; 33496/2023; 25136/2023; 24948/2023; 106/2023);
pertanto l’annullamento dei crediti iscritti nei ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999 costituisce, indipendentemente dall’importo degli stessi, un effetto legale, che non presuppone la dimostrazione dell’avvenuta trasmissione del relativo elenco all’ente creditore, e neppure dell’esaurimento delle attività di competenza, non sussistendo alcuna disposizione che preveda espressamente tale adempimento come condizione necessaria per il discarico dell’agente della riscossione, ma rilevando lo stesso esclusivamente ad altri effetti (v., Cass. 24948/2023; Cass. 1107/2024); in tal senso depongono chiaramente non solo l’esclusione dell’applicabilità degli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 112 del 1999 e della possibilità di procedere a giudizio di responsabilità amministrativa e contabile, che risulterebbe priva di senso ove il discarico dell’agente continuasse ad essere subordinato alla dimostrazione del diligente espletamento dell’attività esecutiva e informativa posta a suo carico, ma anche la disciplina attuativa dettata dall ‘ art. 2, comma secondo, del d.m. 15 giugno 2015, che anche per i crediti di importo superiore ad euro 2.000,00 prevede il «discarico automatico» delle relative quote e l’eliminazione dalle scritture contabili dell’ente creditore (analogamente a quanto previsto dall’art. 1, comma secondo, per i crediti di importo inferiore), senza subordinare tale effetto alla trasmissione dell’elenco.
7.4. Rispetto a un tale consolidato assetto della giurisprudenza della Corte la ricorrente non ha offerto elementi per mutare l’indicato orientamento . Né valgono a tal fine il fatto che la legge impone la corresponsione all’agente per la riscossione dell e spese sostenute per l’esazione infruttuosa dei crediti, né le difficoltà di fatto che la Cassa possa incontrare nell’esazione dei suoi crediti .
Infatti, le prime si giustificano, comunque, in funzione di una attività posta in essere nell’interesse dell’ente , mentre le seconde confermano, semmai, la validità del fine perseguito dalla legge di riforma, volta a escludere la riscossione a mezzo ruolo per crediti da considerarsi esistenti soltanto in
apparenza e la loro indicazione contabile potrebbe falsare i risultati di bilancio dell’ente creditore, che per anni ha trascurato di attivarsi per richiedere informazioni e sollecitare gli adempimenti finalizzati alla riscossione, nonostante l’inottemperanza del concessionario o dell’agente agli obblighi di trasmissione dei risultati delle attività di esazione (v. Cass. 925/2024; 25136/2023; 25303/2023; 23651/2020; 11972/2020). Risultano così irrilevanti le considerazioni svolte dalla ricorrente a proposit o dell’ingiustificato beneficio dell’interpretazione resa dalla Corte a favore del concessionario della riscossione di non dover rispondere del suo operato, a prescindere da ogni riscontro di colpevolezza.
Con il settimo motivo è denunciat a, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, commi 528 e 529, l. 228/2012, 2 e 3 del D.M. del Ministero dell’Economia e delle Finanze 15.6.2015, 19 e 20 del D.Lgs. n. 119 del 1999, e dell’art. 2697, comma secondo, cod. civ.
La ricorrente lamenta che la Corte d’appello abbia rigettato la domanda della Cassa, basata sui ruoli emessi nel 1996, 1998 e nel 1999, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 1, commi 528 e 529, della l. 228/2012, che aveva disposto l’annullamen to di tutti i ruoli senza attribuire rilevanza al fatto che la normativa per i ruoli di importo superiore a euro 2.000 differisce l’effetto al completamento delle procedure esecutive.
La corte territoriale non ha applicato correttamente detta normativa, unitamente a quella attuativa di cui agli artt. 2 e 3 del D.M. 15.6.2015, che, per i ruoli le cui procedure di riscossione fossero ancora in corso, posponeva l’annullamento di essi e l’estinzione delle responsabilità dell’agente della riscossione, all’esaurimento delle procedure e all’infruttuosità delle stesse, certificate da apposito elenco, mentre tali circostanze non erano state provate dalla società di riscossione, onerata della prova ex art. 2697, comma secondo, cod. civ.
Con l’ottavo motivo si denuncia , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la n ullità della sentenza per violazione dell’art. 345, comma terzo, cod. proc. civ.
La Corte d’appello erroneamente non ha dichiarato l’inammissibilità dell’elenco prodotto dal concessionario con l’atto di gravame, contenente l’indicazione dei ruoli che sarebbero stati annullati per effetto della l. 228/2012. L’onere di trasmissione di detto elenco, infatti, era già previsto dai commi 527 e 528 dell’art. 1 della L. n. 228 del 2012 e, pertanto, questo lo si sarebbe dovuto produrre con le memorie istruttorie nel corso del giudizio di primo grado, con cui il concessionario aveva, per la prima volta, invocato l’annullamento dei ruoli oggetto di controversia, come rilevato anche dal Tribunale. L’accertamento dell’inammissibilità dell’elenco prodotto dalla Società di riscossione avrebbe condotto a escludere il discarico dei ruoli oggetto di controversia.
I due motivi, in quanto afferenti al tema della prova da parte del concessionari degli obblighi di comunicazione in ordine all’esito delle procedure di riscossione già avviate, possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.
10.1. Come correttamente rilevato dal P.M., la Corte d’appello non ‘ ha dichiarato l’annullamento di tutti i ruoli per i quali aveva agito la Cassa Forense’, ma ha respinto la domanda di condanna svolta da quest’ultima nei confronti del concessionario per il pagamento delle somme indicate nei ruoli sulla base delle disposizioni contenute nella l. 228/2012.
Va ribadito che per i ruoli relativi ai crediti di importo inferiore a euro 2.000, di cui si fa menzione nell’articolazione del settimo motivo mediante il richiamo alla comparsa di costituzione in appello, vale il rilievo che l’annullamento del ruolo non comporta l’annullamento del credito , che ben potrà essere successivamente azionato dalla Cassa con gli strumenti di tutela ordinaria per l’attuazione in via coattiva valevoli per i soggetti priva ti (v. Cass. 12229/2019).
Ad ogni modo, come è stato ripetutamente affermato da questa Corte, l’annullamento dei crediti iscritti nei ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999 costituisce, indipendentemente dall’importo degli stessi, un effetto legale, che non presuppone la dimostrazione dell’avvenuta trasmissione del relativo elenco all’ente creditore, e neppure dell’esaurimento delle attività di
competenza, non sussistendo alcuna disposizione che lo preveda espressamente come condizione necessaria per il discarico dell’agente della riscossione, ma rilevando lo stesso esclusivamente ad altri effetti (v. Cass. 37514/2022; Cass. 24948/2023; Cass. 1107/2024).
In tal senso depongono chiaramente non solo l’esclusione dell’applicabilità degli artt. 19 e 20 del D.Lgs. 112/1999 e della possibilità di procedere a giudizio di responsabilità amministrativa e contabile, che risulterebbe priva di senso qualora il discarico dell’agente continuasse ad essere subordinato alla dimostrazione del diligente espletamento dell’attività esecutiva e informativa posta a suo carico, ma anche la disciplina attuativa dettata dallo art. 2, comma secondo, del D.M. 15 giugno 2015, che anche per i crediti di importo superiore a euro 2.000,00 prevede il «discarico automatico» delle relative quote e l’eliminazione dalle scritture contabili dell’ente creditore (analogamente a quanto previsto dall’art. 1, comma secondo, per i crediti di importo inferiore), senza subordinare tale effetto alla trasmissione dell’elenco.
Il ricorso, pertanto, deve essere accolto quanto al primo motivo, dichiarati inammissibili il secondo, il terzo, il quarto, il quinto e il sesto, nonché rigettati il settimo e l’ottavo . La sentenza impugnata deve essere cassata, rinviando alla Corte d’appello di Roma, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarati inammissibili i motivi dal secondo al sesto e disattesi il settimo e l’ottavo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte di Cassazione in data 17 giugno 2025.
Il Presidente
Dott. NOME COGNOME