Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29119 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29119 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11251/2021 R.G. proposto da : COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di SPOLETO n. 3020/2021 depositato il 16/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
AVV_NOTAIO ha proposto istanza di insinuazione al passivo del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per l’importo complessivo di € 49.909,02 a titolo di compenso professionale per lo svolgimento di un incarico di assistenza tecnica della fallita,
costituita in RAGIONE_SOCIALE unitamente alla RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO COGNOME, in un gara d’appalto indetta dal Comune RAGIONE_SOCIALE Corato.
Il G.D. non ha ammesso il credito sul rilievo che non era stata prodotta documentazione che attestasse il conferimento dell’incarico.
Il Tribunale di Spoleto, con decreto n. 3020/2021 del 16.3.2021, adito in sede opposizione ex art. 98 L.F., in parziale accoglimento del gravame, ha ammesso NOME COGNOME al passivo della predetta procedura, in via privilegiata ex art. 2751 bis c.c., per l’importo di € 12.552,53.
Per quanto ancora rileva, il giudice di merito ha ritenuto, conformemente alle conclusioni del CTU, che il corrispettivo congruo da riconoscere al professionista per l’opera svolta ammontasse ad € 22.552,53, avendo il CTU correttamente preso in considerazione le tariffe riguardanti l’elaborazione del progetto esecutivo e non quello definitivo, come, del resto, risultante dal documento sottoscritto dallo stesso AVV_NOTAIO. COGNOME (dichiarazione del progettista) in cui era evidenziato che si trattava di progetto esecutivo.
Ciò posto, il Tribunale di Spoleto ha ammesso il COGNOME al passivo della procedura per l’importo sopra indicato, avendo detratto la somma di € 10.000,00, ritenuta già percepita dal professionista dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘come da circostanza allegata dal resistente e non contestata dal ricorrente, ex art. 115 c.p.c. ‘ (pag. 6 del decreto impugnato).
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandolo a quattro motivi.
IL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 115 c.p.c. e del combinato disposto di cui agli artt. 2721 e 2726 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1° nn. 3 e 5 c.p.c., nella parte in cui il Tribunale ha omesso di esaminare la puntuale contestazione sollevata dall’AVV_NOTAIO COGNOME a seguito della deduzione del RAGIONE_SOCIALE COGNOME secondo cui il medesimo COGNOME aveva pattuito e, poi incassato, la somma di € 10.000 con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a titolo di compenso.
Espone il ricorrente che il decreto impugnato ha ritenuto provata, in quanto non contestata, la circostanza che lo stesso avesse ricevuto il pagamento della somma di € 10.000,00, non considerando la decisiva circostanza che, già con le note d’udienza del 14.5.2020, aveva tempestivamente contestato le circostanze allegate dal RAGIONE_SOCIALE dell’accordo sul compenso e dell’avvenuta corresponsione della somma di € 10.000.
Si duole il ricorrente che il Tribunale di Spoleto non avrebbe dovuto considerare una circostanza fermamente dallo stesso contestata.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 2697 c.c. nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto provata la corresponsione della somma di € 10.000,00 ‘sulla base di una mera deduzione, ancorché contestata dall’AVV_NOTAIO‘.
Lamenta il ricorrente che il Tribunale ha violato il principio dell’onere probatorio ritenendo provata una circostanza in realtà inesistente processualmente, peraltro neanche oggetto di prova.
3. Il primo motivo è fondato.
Va preliminarmente osservato, prima di esaminare il merito, che l’indicazione da parte del ricorrente delle norme che si assumono violate non è pienamente coerente con i vizi effettivamente denunciati: benché sia stata formalmente lamentata soltanto la violazione degli artt. 115 c.p.c., 2721 e 2727 c.c., tuttavia, nell’illustrazione del motivo, il ricorrente ha censurato anche il vizio di motivazione (vedi pag. 5 del ricorso) che integra la violazione
dell’art. 132 comma 2° n. 4 cod. proc. civ. ed è quindi riconducibile alla violazione dell’art. 360 comma 1° n. 4 cod. proc. civ.. L’erronea o carente nell’indicazione formale delle norme che si assumono violate non è comunque, in virtù del principio jura novit curia, d’ostacolo alla individuazione d’ufficio, da parte della Corte, delle norme effettivamente applicabili, a condizione che il ricorrente abbia esposto con chiarezza i vizi di cui si duole (cfr. Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013; recentemente sez. 3 n. 9952/2017).
Ciò premesso, il ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza e specificità del ricorso, ha riportato nel ricorso integralmente l’estratto delle note d’udienza depositate in data 14.5.2020 del giudizio di primo grado in cui lo stesso aveva dichiarato -a differenza di quanto affermato dal decreto impugnato -di contestare fermamente le circostanze allegate dalla controparte, ovvero che sarebbe intervenuto un accordo tra il ricorrente e la RAGIONE_SOCIALE (parte della costituenda ATI con la RAGIONE_SOCIALE) in forza del quale quest’ultima si sarebbe obbligata alla corresponsione della somma di € 10.000 in favore del ricorrente quale compenso e che pertanto il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non era obbligato al pagamento di tale somma.
Orbene, sul punto, il decreto impugnato, senza esaminare la portata di tale contestazione, si è limitato ad affermare che il ricorrente aveva percepito dalla RAGIONE_SOCIALE la somma di € 10.000,00 in quanto ‘circostanza allegata dal resistente e non contestata dal ricorrente’ (pag.6 del decreto impugnato), ma senza precisare minimamente sulla base di quali elementi fosse pervenuto a tale conclusione.
Se è pur vero che questa Corte (cfr Cass. n. 27490/2019; v. anche Cass. n. 3680/2019; vedi recentemente Cass. 25368/2025 non mass.; Cass. n. 22971/2025 non mass.), ha già enunciato il
principio di diritto secondo cui ‘l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, tuttavia, tale accertamento è sindacabile in cassazione per vizio di motivazione, che è proprio il vizio in cui è incorso il decreto impugnato, che ha apoditticamente affermato la sussistenza della non contestazione senza aver avuto cura di indicare le parti degli atti difensivi del ricorrente da cui aveva tratto tale valutazione.
Il secondo motivo è assorbito.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 93 punto 4 e 5 d.lgs. n. 163/06 nonché la violazione dell’art. 116 c.p.c. nella parte in cui il Tribunale ha definito l’attività professionale svolta dall’AVV_NOTAIO COGNOME come progetto esecutivo, e non già definitivo, ed ha omesso di valutare l’attività concretamente svolta dal medesimo AVV_NOTAIO COGNOME, travisandone la natura.
Espone il ricorrente che il Tribunale non ha considerato che i suoi elaborati si configurano come ‘progetto definitivo’ che contiene integrazioni, varianti, elementi decorativi e di dettaglio, migliorie tecniche e tecnologiche, etc, e non possono essere considerati come progetto esecutivo perché tale non era la loro funzione né la loro finalità.
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente ha con l’apparente deduzione della violazione di legge e dell’omesso esame di fatto decisivo, censurato una valutazione di fatto che è riservata al giudice di merito, attribuendo all’attività professionale dallo stesso svolta un’interpretazione alternativa e diversa da quella fatta propria dal decreto impugnato.
Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dei criteri di cui alla tabella allegata al D.M. 4.4.2001, artt. 1 e 5, integrativo
della L. n. 143/1949, nella parte in cui il Tribunale ha ridotto il compenso dell’AVV_NOTAIO COGNOME nella misura del 50%.
Lamenta il ricorrente che il decreto impugnato gli ha ridotto il compenso di circa il 50% nonostante la tariffa professionale preveda compensi sostanzialmente simili per il progetto definitivo e per il progetto esecutivo, essendo il primo previsto nella misura del 23% dell’importo dell’intero compenso spettante per progettazione e direzione lavori, ed il secondo nella misura del 22% dello stesso importo.
Inoltre, il ricorrente si duole che il decreto impugnato ha operato la riduzione del 50% sul presupposto erroneo che trattasi di progetto esecutivo incompleto, e ciò in violazione delle norme richiamate in rubrica, non essendo, invece, ravvisabile alcuna incompletezza, dato che il progetto presentato non doveva contenere le precisazioni e le indicazioni esecutive indicate dall’art. 93 comma 5° d.lgs. 163/06.
8. Il motivo è inammissibile.
Il decreto impugnato ha giustificato la riduzione del compenso nella misura del 50% con una motivazione assai articolata in cui ha evidenziato che gli elaborati redatti dall’AVV_NOTAIO risultano mancanti di elementi essenziali e, segnatamente ‘ la parte strutturale in quanto non comprendente, ai sensi delle
Norme Tecniche sulle Costruzioni 2008, una relazione di calcolo, una verifica sulla vulnerabilità, una relazione sui materiali, una tabella diagrammi, verifiche dei solai, illustrazione sintetica degli interventi, tabella manutenzioni. La mancanza di tali elaborati non consente di comprendere se il progetto strutturale sia o meno verificato sismicamente pur valutando che gli elaborati riportano armature e modalità di consolidamento esecutivo’.
Il ricorrente ha censurato inammissibilmente la valutazione svolta dal Tribunale, contestando l’incompletezza dei propri elaborati,
senza neppure aver cura di confrontarsi con i precisi rilievi del decreto impugnato.
Il decreto impugnato deve essere quindi cassato nei termini di cui sopra con rinvio al Tribunale di Spoleto, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie, il primo motivo, assorbito il secondo, inammissibili i residui, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Spoleto, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 30.9.2025
Il Presidente NOME COGNOME