Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27288 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 27288 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/10/2025
1. La Corte di Appello di Catanzaro ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME (dirigente dell’Amministrazione regionale in quiescenza dal 1.2.2013) avverso la sentenza del Tribunale RAGIONE_SOCIALE stessa città che aveva dichiarato la nullità del provvedimento con cui era stato conferito a NOME COGNOME (dirigente di altra amministrazione) l’incarico di Dirigente Generale del Dipartimento RAGIONE_SOCIALE, di cui all’avviso di selezion e del 13.5.2013; il Tribunale aveva invece respinto le domande del NOME volte ad ottenere la sua nomina a tale incarico dirigenziale, il risarcimento del danno e l’accertamento dell’illegittimità dell’incarico di reggenza conferito a NOME COGNOME.
Il COGNOME, che aveva impugnato la nomina del COGNOME innanzi al giudice amministrativo, a seguito dell’accoglimento dell’istanza cautelare era stato incluso dalla Regione nella selezione per il conferimento dell’incarico; tuttavia , con deliberazione n. 79 del 28.2.2014, all’esito RAGIONE_SOCIALE selezione , era stato confermato l’incarico al COGNOME.
Il giudice amministrativo, nuovamente adito dal COGNOME, dopo avere disposto la sospensione cautelare di detto provvedimento, aveva declinato la propria giurisdizione.
A seguito dell’ordinanza di sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici emessa a carico di NOME COGNOME da parte del GIP di Vibo Valentia, la Regione Calabria con deliberazione n. 215 del 27.5.2014 aveva conferito a NOME COGNOME (Dirigente di Settore del Dipartimento ‘RAGIONE_SOCIALE‘) l’incarico di Dirigente generale reggente del medesimo Dipartimento; il COGNOME aveva impugnato
anche detto provvedimento innanzi al giudice amministrativo, che aveva declinato la propria giurisdizione, ed aveva pertanto riassunto il giudizio innanzi al tribunale di Catanzaro.
La Corte territoriale ha rilevato che con la delibera n. 99 del 29.3.2013 la Regione Calabria si era adeguata ai principi enunciati dall’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001, anche ‘con le finalità di garantire una efficiente gestione dei procedimenti di conferimento, mutamento e revo ca, ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 165/2001’.
Il giudice di appello ha ritenuto che, quand’anche non dovesse essere considerato direttamente applicabile alle amministrazioni locali l’art. 19 del d.lgs. n. 165/2001, in ragione degli atti regolamentari e RAGIONE_SOCIALE disciplina negoziale la Regione Calabria era vincolata ai criteri stabiliti da detta disposizione nel testo applicabile ratione temporis nelle procedure di affidamento e revoca degli incarichi dirigenziali.
Ha inoltre richiamato i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui nel pubblico impiego privatizzato l’Amministrazione statale o locale nella veste di datrice di lavoro deve esercitare i poteri nell’osservanza delle regole di corret tezza e buona fede anche nell’attività di diritto privato, alla stregua dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost., e secondo cui le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 165/2001, anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede, obbligano la RAGIONE_SOCIALE a valutazioni anche comparative, all’adozione di adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali e ad esternare le ragioni giustificatrici delle scelte, essendo configurabile un inadempimento contrattual e laddove l’amministrazione no n fornisca alcun elemento circa i criteri e le motivazioni nella scelta dei dirigenti.
Stante i l carattere discrezionale dell’attività di valutazione comparativa dei candidati, e non potendo il COGNOME conseguire giudizialmente la reclamata nomina, il giudice di appello ha ritenuto irrilevante stabilire se il vizio che aveva inficiato il provvediment o di nomina del COGNOME fosse la nullità o l’illegittimità per mancata specificazione dei criteri.
Ha ritenuto generiche le allegazioni relative alla domanda risarcitoria; riguardo al danno da perdita di chance , ha condiviso le statuizioni del Tribunale,
secondo cui il COGNOME non aveva offerto in giudizio elementi di valutazione idonei a dimostrare la possibilità di ottenere l’incarico in luogo del COGNOME ed erano stati documentalmente smentiti gli assunti del COGNOME in forza dei quali i candidati valutabili nel corso RAGIONE_SOCIALE procedura erano esclusivamente lui ed il COGNOME.
Ha condiviso la sentenza di primo grado anche nella parte in cui aveva escluso che la decisione RAGIONE_SOCIALE Regione di riesaminare, a seguito RAGIONE_SOCIALE sospensione cautelare dell’originario atto di nomina, la posizione dei soli candidati COGNOME e COGNOME fosse idonea a dimostrare che il COGNOME avesse titoli preferenziali rispetto a tutti gli altri partecipanti alla selezione.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi, illustrati da memoria.
La Regione Calabria ha resistito con controricorso.
NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza e/o del procedimento, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ., per non avere la Corte territoriale consentito l’integrazione del contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME, parte nei cui confronti la notifica non si era perfezionata avendo il medesimo cambiato indirizzo.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione d ell’art. 19, commi 1 e 1 bis d.lgs. n. 165/2001 e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. , per avere la sentenza impugnata erroneamente escluso che fosse precluso ogni controllo giurisdizionale qualora non sia possibile comminare la nullità degli avvisi.
Deduce che i commi 1 e 1 bis dell’art. 19 d.lgs. n. 165/2001 non sono applicabili alle Amministrazioni regionali, evidenziando che per gli enti diversi dalle Amministrazioni statali i criteri contenuti in tali disposizioni costituiscono norme di principio prive del carattere RAGIONE_SOCIALE precettività, la cui violazione non può comportare la nullità degli atti adottati; sostiene che il giudice del lavoro può
censurare il mancato rispetto delle norme del T.U.P.I. e sindacare le nomine dei dirigenti generali.
Con il terzo motivo il ricorso denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto la nullità RAGIONE_SOCIALE deliberazione RAGIONE_SOCIALE giunta regionale n. 99/2013, dell’avviso pubblico di selezione e RAGIONE_SOCIALE deliberazione RAGIONE_SOCIALE Giunta regionale n. 220/2013 per mancata predeterminazione dei criteri di selezione.
Sostiene che tali atti sono illegittimi e non già nulli; evidenzia che l’art. 19 del d.lgs. n. 165/2001 non pretende dall’Amministrazione una definizione analitica e puntuale dei criteri selettivi, ma le impone esclusivamente di individuare in via preventiva le linee guida generali, sulla cui base deve svolgersi la valutazione.
Deduce che la deliberazione n. 99/2013 ha sufficientemente enucleato i criteri di scelta dei dirigenti generali, ai quali l’Amministrazione avrebbe dovuto conformarsi.
Aggiunge che i canoni selettivi erano stati sufficientemente espressi, non solo con la riproposizione di quelli esemplificativamente indicati nel d.lgs. n. 165/2001, come affermato dal Tribunale, ma anche attraverso una disciplina generale, le cui lacune avrebbero potuto essere colmate in sede di applicazione.
Critica la sentenza impugnata per avere ritenuto (al punto 16) che il COGNOME aveva rivendicato la spettanza dell’incarico di reggenza in stretta connessione con la spettanza dell’incarico dirigenziale; p recisa che il COGNOME non aveva contestato l’attribuzione dell’incarico di reggenza, ma aveva lamentato che la Regione, anziché conferire detto incarico, avrebbe dovuto procedere alla nomina dell’effettivo Direttore Generale.
Con il quarto motivo il ricorso denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
Evidenzia che prima di declinare la propria giurisdizione i giudici amministrativi hanno sancito l’illegittimità dell’esclusione del COGNOME dalla
procedura selettiva per raggiunti limiti di età, nonché l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE successiva riedizione del potere amministrativo, a fronte RAGIONE_SOCIALE conferma del COGNOME senza idonea motivazione.
Deduce che l’art. 26 RAGIONE_SOCIALE legge regionale Calabria n. 7/1996 preclude la prosecuzione del rapporto oltre il 70° anno di età, ma nulla dispone in ordine all’insorgenza del rapporto oltre il 70° anno di età.
Richiama le ordinanze n. 5052/2013 e 638/2015 del Consiglio di Stato, nonché il provvedimento di sospensione RAGIONE_SOCIALE delibera n. 79/2014, emesso nell’ambito del proc. n. 1105/2013, emesso in quanto l’individuazione del COGNOME era avvenuta senza un’adeguata specificazione delle ragioni per le quali il suo curriculum era stato ritenuto preferibile; rimarca che era stata accolta anche l’istanza di sospensione RAGIONE_SOCIALE nomina di reggenza.
Sostiene che sulla base RAGIONE_SOCIALE statuizione del Consiglio di Stato la Regione era tenuta a riesaminare i soli concorrenti rimasti COGNOME e COGNOME, che in ragione RAGIONE_SOCIALE sospensione disposta dal GIP di Vibo Valentia il riesame avrebbe dovuto comportare la nomina del COGNOME, unico concorrente rimasto e che la scelta RAGIONE_SOCIALE Regione non può essere sindacata dal giudice del lavoro.
Torna ad evidenziare la mancata specificazione dei criteri di scelta e l’assenza di una valutazione comparativa tra i candidati, non apprezzate dal giudice di primo grado.
Con il quinto motivo il ricorso denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. , per avere la Corte territoriale erroneamente escluso la fondatezza RAGIONE_SOCIALE domanda di risarcimento danno da perdita di chance.
Torna a sostenere che il COGNOME era l’unico concorrente rimasto e che in assenza di altri candidati aveva la certezza di ottenere la nomina.
Con il sesto motivo il ricorso denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
Lamenta l’erroneità RAGIONE_SOCIALE statuizione secondo cui l’accertamento RAGIONE_SOCIALE nullità del conferimento dell’incarico determina l’assorbimento delle questioni relative
alla legittimità RAGIONE_SOCIALE procedura svolta e il mancato accoglimento delle ulteriori domande avanzate.
Richiama le delibere RAGIONE_SOCIALE Giunta Regionale nn. 317 e 319 del 28.7.2014, nonché l’ordinanza del Consiglio di Stato n. 3875/2014 Reg. Provv. Cau.; lamenta che nonostante il rigetto dell’appello proposto dalla Regione e la conferma dell’ordinanza che aveva d ichiarato illegittima la nomina del COGNOME, l’Amministrazione non aveva proceduto all’ineludibile nomina del COGNOME.
Invoca l’applicazione dei principi secondo cui in caso di mancata predeterminazione dei criteri di selezione da parte dell’ente pubblico datore di lavoro, al dipendente non promosso va riconosciuto il risarcimento del danno da perdita di chance, e secondo cui nel caso di nullità o annullamento di un concorso per il mancato rispetto dei principi di correttezza e buona fede da parte del datore di lavoro, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno da perdita di chance.
Ribadisce che la chance del COGNOME di ottenere la nomina era incontrovertibile, in quanto era l’unico concorrente rimasto.
Con il settimo motivo (rubricato come sesto) il ricorso denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale omesso la disamina dei pregiudizi subiti dal COGNOME e la loro quantificazione.
Deduce che il danno risarcibile è costituito dalla perdita RAGIONE_SOCIALE possibilità di conseguimento del risultato, e che la sussistenza di tale possibilità va indagata secondo il canone probatorio del ‘più probabile che non’ ; sostiene che nel presente giudizio tale condizione si è inverata.
Lamenta la violazione degli artt. 3, 4 e 97 Cost. e richiama la perizia allegata al ricorso in riassunzione, evidenziando che il COGNOME aveva subito gravi danni economici, oltre a quelli morali e di immagine, derivanti da perdita di chance.
Evidenzia che la sussistenza di tali danni era stata riconosciuta dalla delibera n. 317 del 28.7.2014 e che le parti non avevano specificamente contestato gli importi richiesti dal COGNOME.
Il secondo ed il terzo motivo, che per ragioni logiche vanno trattati congiuntamente per primi, sono inammissibili in quanto non colgono il decisum .
La Corte territoriale non ha escluso che fosse precluso ogni controllo giurisdizionale sulla procedura relativa alla nomina dei dirigenti generali; ha infatti ritenuto che le Amministrazioni locali siano tenute a determinare in via preventiva, secondo le procedure definite dalla contrattazione collettiva, i criteri generali per l’affidamento e la revoca degli incarichi dirigenziali rispettando i principi stabiliti dall’art. 19 d.lgs. n. 165/2001 , ed ha pertanto affermato che il giudice deve verificare se l’operato dell’amministrazione in ordine al conferimento degli incarichi dirigenziali trovi fondamento nei criteri generali delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati.
La sentenza impugnata non ha ritenuto la nullità RAGIONE_SOCIALE deliberazione RAGIONE_SOCIALE giunta regionale n. 99/2013, dell’avviso pubblico di selezione e RAGIONE_SOCIALE deliberazione RAGIONE_SOCIALE Giunta regionale n. 220/2013, ma ha affermato che al COGNOME non giovasse stabilire che il vizio di tale provvedimento fosse l’illegittimità per mancata specificazione dei criteri, (comunque sufficientemente predeterminati nell’avviso di selezione ) che avevano guidato la scelta del dirigente maggiormente idoneo tra tutti i partecipanti alla selezione, in quanto la nomina dirigenziale, essendo rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro, sia pure nel rispetto dei criteri su cui la selezione deve fondarsi, avviene all’esito di una valutazione comparativa che ha carattere discrezionale e non è conseguibile giudizialmente.
Nè la sentenza impugnata ha ritenuto che il COGNOME avesse rivendicato la spettanza dell’incarico di reggenza in stretta connessione con la spettanza dell’incarico dirigenziale; il punto 16 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata riguarda il governo delle spese.
La sentenza impugnata è dunque conforme ai principi espressi da questa Corte, secondo cui le Amministrazioni locali sono tenute al rispetto delle disposizioni contenute nell’art. 19 del d.lgs. n. 165/2001 (Cass. n. 10567/2019) e secondo cui la disciplina dettata dalla contrattazione collettiva dell’area RAGIONE_SOCIALE dirigenza degli enti locali relativa all’affidamento degli incarichi dirigenziali, tanto
nella formulazione del CCNL del 1996, quanto in quella dei CCNL del 1999 e del 2006 ha imposto alle Amministrazioni locali di determinare ‘in via preventiva’ i ‘criteri generali’ per l’affidamento e la revoca degli incarichi dirigenziali, rispettando ‘…i principi stabiliti nell’art. 19 del decreto legislativo n. 29/1993 (ora art. 19 d.lgs. n. 165/2001) ‘.
Il quarto, il quinto ed il sesto motivo sono inammissibili.
Nel prospettare che il COGNOME era l’unica scelta che residuava in capo all’Amministrazione e che tale scelta non può essere sindacata in sede giudiziale, le censure, e che la chance di conseguire la nomina era incontrovertibile, non si confrontano con il decisum .
La Corte territoriale ha ritenuto che qualora, come nel caso di specie, la motivazione non esprima validamente i criteri su cui la P.A. ha fondato la scelta, il giudice deve apprezzare ex novo in via comparativa i curricula dei partecipanti alla selezione, ed ha rilevato che il COGNOME non aveva offerto in giudizio gli elementi di valutazione RAGIONE_SOCIALE probabilità di ottenere l’incarico in luogo del COGNOME.
Ha condiviso la decisione del Tribunale, secondo cui erano stati documentalmente smentiti gli assunti del COGNOME in forza dei quali i candidati valutabili nel corso RAGIONE_SOCIALE procedura erano esclusivamente lui ed il COGNOME e secondo cui nell’ambito RAGIONE_SOCIALE procedura il COGNOME era l’unico che avrebbe avuto il diritto di ricoprire il posto dirigenziale; ha condiviso la sentenza di primo grado anche nella parte in cui aveva escluso che la decisione RAGIONE_SOCIALE regione di riesaminare, a seguito RAGIONE_SOCIALE sospensione caute lare dell’originario atto di nomina, la posizione dei soli candidati COGNOME e COGNOME dimostrasse che il NOME avesse titoli preferenziali rispetto a tutti gli altri partecipanti alla selezione.
Inoltre la quarta e la sesta censura fanno leva su documenti che non risultano dalla sentenza impugnata (la nota prot. n. 41857 del 7.2.2014, la nota prot. n. 203857 del 17.6.2013, le delibere nn. 317 e 319 del 28.7.2014), senza indicare gli atti dei gradi di merito in cui sarebbero state menzionate.
Tali censure criticano la sentenza di primo grado, e non quella di appello (trascrivono statuizioni non contenuta nella sentenza impugnata, le localizzano
nei paragrafi 15. 3 e 15.3.2 e fanno leva sulle statuizioni contenute nel punto 15.1; tali paragrafi non si rinvengono nella sentenza impugnata).
Anche il settimo motivo è inammissibile, in quanto sollecita un giudizio di merito, facendo leva su documenti non menzionati dalla sentenza impugnata (la perizia allegata al ricorso in riassunzione e la delibera n. 317 del 28.7.2014) e sul principio di non contestazione.
Deve in proposito rammentarsi che ‘ spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte ‘ (Cass. n. 3680/2019 e negli stessi termini Cass. n. 27490/2019).
11. Il primo motivo è inammissibile.
La censura, nel sostenere che la Corte territoriale non aveva provveduto sull’istanza del COGNOME, che aveva chiesto di integrare il contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME, nei cui confronti non si era perfezionata la notifica del ricorso, difetta di specificità, in quanto non indica gli estremi di tale richiesta (non specifica se è stata effettuata per iscritto o verbalmente, né indica l’udienza in cui sarebbe stata proposta).
Trovano comunque applicazione i principi enunciati dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 24172/2025, secondo cui ‘qualora il giudice di primo grado abbia deciso la controversia nel merito, omettendo di pronunciare espressamente su un vizio processuale rilev abile d’ufficio (in base alla norma del processo o desumibile dallo scopo di interesse pubblico, indisponibile dalle parti, sotteso alla norma processuale che stabilisce un requisito formale, prescrive un termine di decadenza o prevede il compimento di una determinata attività), la parte che abbia interesse a far valere detto vizio è onerata di proporre, nel grado successivo, impugnazione sul punto, la cui omissione determina la formazione del giudicato interno sulla questione processuale in applicazione del principio di conversione del vizio in motivo di gravame ex art. 161, comma primo, c.p.c., rimanendo precluso tanto al giudice del gravame, quanto alla Corte di cassazione, il potere di rilevare, per la prima volta, tale vizio ex officio .
A tale regola si sottraggono, così da consentire al giudice dei gradi successivi di esercitare il potere di rilievo officioso, i vizi processuali rilevabili, in base ad
espressa previsione legale, ‘in ogni stato e grado’ e i vizi relativi a questioni ‘fondanti’, la cui omessa rilevazione si risolverebbe in una sentenza inutiliter data, ovvero le ipotesi in cui il giudice abbia esternato la propria decisione come fondata su una ragione più liquida, che impedisce di ravvisare una decisione implicita sulla questione processuale implicata’.
Orbene, dagli atti risulta che NOME COGNOME aveva partecipato al giudizio di primo grado, mentre nel giudizio di appello che il litisconsorzio non è stato integrato; la Corte d’Appello avrebbe pertanto dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio prima di decidere nel merito.
Tuttavia, considerato che il ricorso va disatteso e che la mancata integrazione del contraddittorio in appello non ha in alcun modo pregiudicato i diritti del COGNOME, sulla base del criterio RAGIONE_SOCIALE ragione più liquida (che la recente pronuncia delle Sezioni Unite ha ritenuto applicabile anche alle questioni processuali) non si giustifica la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, in quanto si risolverebbe unicamente in una lesione del principio RAGIONE_SOCIALE ragionevole durata del processo in fattispecie nella quale nessun pregiudizio ha subito la parte che il vizio fa valere, e che peraltro vi ha dato causa.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente.
Nessuna statuizione va emessa sulle spese rispetto a NOME COGNOME e a NOME COGNOME, che non hanno svolto attività difensiva.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna parte ricorrent e al pagamento, nei confronti RAGIONE_SOCIALE controricorrente, le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 3.000,00 per competenze
professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione Lavoro RAGIONE_SOCIALE Corte Suprema di Cassazione, il 24 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME