LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Nomina dirigenti pubblici: i criteri di selezione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27288/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un dirigente pubblico che contestava la nomina di un altro candidato a una posizione di vertice in un’amministrazione regionale. La Corte ha ribadito che la nomina di dirigenti pubblici deve seguire criteri predeterminati di trasparenza e buona fede, anche negli enti locali. Tuttavia, ha sottolineato che per ottenere un risarcimento per perdita di chance, il candidato escluso deve fornire prova rigorosa della sua elevata probabilità di successo rispetto a tutti gli altri concorrenti, non essendo sufficiente dimostrare l’illegittimità della procedura.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Nomina Dirigenti Pubblici: Regole, Criteri e Risarcimento del Danno

La nomina dirigenti pubblici è un processo delicato che deve bilanciare la discrezionalità dell’amministrazione con i principi di trasparenza, imparzialità e buona fede. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 27288 del 2025, torna su questo tema cruciale, chiarendo i limiti del controllo giudiziario e le condizioni per ottenere un risarcimento per perdita di chance. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti del Caso: Una Selezione Contestata

Un dirigente regionale in pensione ha impugnato il conferimento di un incarico di Dirigente Generale a un altro candidato, proveniente da un’amministrazione diversa. Il ricorrente lamentava la nullità del provvedimento di nomina per la mancata predeterminazione di criteri selettivi adeguati.

Il percorso giudiziario è stato complesso: il Tribunale di primo grado aveva dichiarato nulla la nomina, ma respinto le richieste del dirigente di essere nominato al suo posto e di ottenere un risarcimento. La Corte di Appello ha poi rigettato il gravame del dirigente, confermando la decisione del Tribunale. La questione è così giunta all’attenzione della Corte di Cassazione, che ha dovuto esaminare diversi motivi di ricorso, sia di natura sostanziale che processuale.

La Nomina dei Dirigenti Pubblici e la Discrezionalità della P.A.

Il cuore della controversia riguarda l’obbligo per le Amministrazioni, anche quelle locali, di seguire i principi stabiliti dall’art. 19 del D.Lgs. 165/2001. Questa norma impone di definire preventivamente i criteri generali per il conferimento degli incarichi dirigenziali.

La Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato: anche se alcune norme non fossero direttamente applicabili agli enti locali, questi sono comunque vincolati al rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede, nonché di imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 97 della Costituzione. Ciò significa che la Pubblica Amministrazione, pur agendo come datore di lavoro privato, deve:
– Predeterminare criteri e procedure trasparenti.
– Adottare forme adeguate di partecipazione.
– Motivare in modo chiaro le ragioni della scelta.

L’assenza di questi elementi configura un inadempimento contrattuale, ma non garantisce automaticamente la vittoria a chi si oppone.

La Prova della Perdita di Chance

Uno degli aspetti più interessanti della decisione riguarda la domanda di risarcimento per perdita di chance. Il ricorrente sosteneva che, una volta esclusa la legittimità della nomina del vincitore, egli fosse l’unico candidato rimasto e avesse quindi diritto quasi automatico all’incarico o, in subordine, al risarcimento.

La Corte ha respinto questa visione. I giudici hanno chiarito che, quando la motivazione della scelta della P.A. è viziata, il giudice non può sostituirsi ad essa. Invece, deve valutare ex novo i curricula di tutti i partecipanti per stabilire se il ricorrente avesse una probabilità concreta e non ipotetica di ottenere l’incarico. Nel caso di specie, il dirigente non aveva fornito elementi sufficienti a dimostrare questa elevata probabilità, limitandosi a sostenere la propria superiorità rispetto al solo candidato prescelto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per diverse ragioni. In primo luogo, molti motivi di ricorso non si confrontavano adeguatamente con la decisione della Corte d’Appello (il cosiddetto decisum), ma criticavano la sentenza di primo grado o si basavano su documenti non menzionati nel provvedimento impugnato.

Sul merito, la Corte ha affermato che la valutazione comparativa dei candidati ha natura discrezionale e non è conseguibile giudizialmente. Anche se la procedura fosse viziata per mancata specificazione dei criteri, ciò non renderebbe automaticamente fondata la pretesa del candidato escluso. Il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare, attraverso una valutazione comparativa con tutti gli altri candidati, di possedere titoli e requisiti tali da renderne altamente probabile la nomina. Questa prova non è stata fornita.

Infine, anche il motivo procedurale relativo alla mancata integrazione del contraddittorio verso una delle parti è stato respinto in applicazione del principio della “ragione più liquida”, secondo cui, essendo il ricorso comunque destinato al rigetto, non sarebbe stato utile per l’economia processuale annullare la sentenza per un vizio che non aveva arrecato un pregiudizio concreto al ricorrente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione per chi opera nel pubblico impiego:
1. Trasparenza Obbligatoria: Le Amministrazioni Pubbliche, a tutti i livelli, devono sempre predeterminare criteri chiari e motivare le proprie scelte nella nomina dei dirigenti, pena l’illegittimità dei provvedimenti.
2. Onere della Prova Rigoroso: Un candidato che si ritiene ingiustamente escluso non può limitarsi a contestare la legittimità della procedura. Per ottenere un risarcimento per perdita di chance, deve dimostrare in modo concreto e documentato di avere una probabilità seria e consistente di essere scelto, in una comparazione estesa a tutti i partecipanti.
3. Discrezionalità non è Arbitrio: La discrezionalità della P.A. nella scelta dei dirigenti non è illimitata. Essa deve essere esercitata nel rispetto delle regole di correttezza e buona fede, ma il sindacato del giudice si ferma alla verifica del rispetto di tali regole, senza potersi sostituire all’amministrazione nella scelta di merito.

Una Pubblica Amministrazione locale è obbligata a seguire le stesse rigide norme dello Stato per la nomina dei dirigenti?
Sì, la Corte conferma che le amministrazioni locali, agendo come datori di lavoro, sono tenute a rispettare i principi di correttezza, buona fede, imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.), che impongono la predeterminazione di criteri di selezione e l’obbligo di motivazione, in linea con i principi dell’art. 19 del D.Lgs. 165/2001.

Se la procedura di selezione di un dirigente è illegittima, il candidato escluso ha automaticamente diritto al posto o al risarcimento del danno?
No. La sentenza chiarisce che l’illegittimità della nomina non conferisce un diritto automatico all’incarico per il candidato escluso. Per ottenere un risarcimento per ‘perdita di chance’, è necessario dimostrare in giudizio, con prove concrete, di avere avuto un’elevata probabilità di essere preferito a tutti gli altri concorrenti.

Cosa succede se un giudice ritiene che la motivazione di una nomina dirigenziale sia insufficiente o viziata?
In tal caso, il giudice deve idealmente procedere a una nuova valutazione comparativa dei curricula di tutti i partecipanti alla selezione per determinare la probabilità di successo del ricorrente. Non può semplicemente sostituire la propria valutazione a quella dell’amministrazione o limitare il confronto al solo candidato prescelto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati