Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25339 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25339 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/09/2024
Oggetto: noleggio di autoveicolo a sua volta ricevuto in leasing dal noleggiante -scioglimento del contratto di leasing -conseguenze sul contratto di noleggio.
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 11864/23 proposto da:
-) COGNOME NOME , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
-) RAGIONE_SOCIALE ;
– intimata – avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova 23 marzo 2023 n. 313; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’ 11 luglio 2024 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE il 10.10.2011 noleggiò un autoveicolo alla società RAGIONE_SOCIALE per la durata di cinque anni. Dopo la stipula del contratto la RAGIONE_SOCIALE cedette il ramo d’azienda avente ad oggetto il noleggio a lungo termine di autoveicoli alla RAGIONE_SOCIALE, che in seguito muterà ragione sociale in RAGIONE_SOCIALE, la quale pertanto succedette nel suddetto contratto di noleggio.
Scaduto il contratto (il 19.10.2016), ed assumendo che la RAGIONE_SOCIALE si era resa morosa nel pagamento di parte dei canoni, la RAGIONE_SOCIALE nel 2017 chiese ed ottenne dal Tribunale di Genova un decreto ingiuntivo nei confronti
di NOME COGNOME, quale accomandatario responsabile dei debiti della RAGIONE_SOCIALE, nel frattempo disciolta.
NOME COGNOME propose opposizione al decreto formulando eccezioni così riassumibili:
-) il noleggiante (RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE) non era proprietario del veicolo noleggiato; ne era solo l’utilizzatore, per averl o ricevuto in leasing dal proprietario, la società RAGIONE_SOCIALE;
-) il contratto di leasing stipulato tra la RAGIONE_SOCIALE (concedente) e la RAGIONE_SOCIALE (utilizzatore e, in tal veste, noleggiante del mezzo alla COGNOME) aveva durata quadriennale ed era scaduto il 12.10.2015;
-) pertanto a partire dalla data di scadenza del contratto di leasing , col venir meno della disponibilità del mezzo in capo al noleggiante (RAGIONE_SOCIALE), era venuto meno ipso facto il contratto di noleggio;
-) la RAGIONE_SOCIALE pertanto non solo non era tenuta a pagare i canoni maturati nel periodo compreso tra la scadenza del contratto di leasing (12.10.2015) e quella del contratto di noleggio (19.10.2016), ma aveva anche versato canoni superiori al dovuto, dal momento che il costo del noleggio si sarebbe dovuto parametrare ad una durata di quattro anni, e non di cinque.
Chiese pertanto la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna della RAGIONE_SOCIALE alla restituzione dell’eccedenza.
Con sentenza 15.7.2020 n. 1138 il Tribunale di Genova rigettò l’opposizione.
La sentenza fu appellata dal soccombente.
Con sentenza 23.3.2023 n. 313 la Corte d’appello di Genova rigettò il gravame. La Corte ritenne che la scadenza del contratto di leasing ‘a monte’ del noleggio non potesse riverberare alcun effetto su quest’ultimo, e che pertanto la RAGIONE_SOCIALE era tenuta al pagamento del canone fino alla naturale scadenza del noleggio.
5 . La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su un motivo ed illustrato da memoria. La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Con atto del 31.1.2024 2024 il AVV_NOTAIO delegato ha formulato una proposta di definizione accelerata ex art. 380bis c.p.c., chiedendo che il ricorso fosse dichiarato inammissibile, nei seguenti termini:
‘ l’unico motivo di ricorso è inammissibile;
lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, delle fattispecie astratte recate dalle norme di legge richiamate allega, infatti, un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Cass. n. 26770 del 23/10/2018; n. 26110 del 30/12/2015; n. 7394 del 26/03/2010), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica del ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso ‘.
Il ricorrente ha chiesto che il ricorso sia deciso. Ha anche depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo NOME COGNOME denuncia la violazione degli artt. 1595 c.c., 91 e 94 cod. strad..
Nella illustrazione del motivo il ricorrente:
-) premette che, contrariamente a quanto ritenuto en passant dalla sentenza impugnata, il veicolo non fu trattenuto dopo la scadenza del contratto; anzi fu restituito prima della scadenza, e proprio a causa di questo recesso anticipato -rifiutato dal noleggiante – sorse il contrasto tra le parti;
-) nel merito, deduce che il contratto di noleggio era derivato da quello di leasing , e che la scadenza del secondo obbligava l’utilizzatore a restituire il bene al concedente;
-) di conseguenza, dopo la scadenza del contratto di leasing ‘a monte’ la RAGIONE_SOCIALE non poteva più continuare ad utilizzare un veicolo concessole in uso da chi, a sua volta, era obbligato a restituirlo al proprio dante causa.
1.1. Il motivo, sebbene non possa dirsi inammissibile, è comunque infondato.
Il ricorrente, in definitiva, invoca un principio di diritto che potrebbe così riassumersi: un diritto personale di godimento si estingue ipso facto se chi lo concesse, avendo a sua volta sul bene solo un diritto personale di godimento, l’abbia perduto.
Questa tesi tuttavia non è condivisibile.
Un diritto personale di godimento su un determinato bene (per effetto di locazione, noleggio, affitto, leasing ) può essere concesso anche da chi non vanti diritti reali su quello. La locazione di cosa altrui infatti non è vietata dalla legge, né l’art. 1571 c.c. include, tra i requisiti di validità del contratto, la proprietà o la disponibilità dell’oggetto da parte del locatore ( ex multis, da ultimo, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15292 del 05/06/2019).
Naturalmente anche nel caso di locazione di cosa altrui il concedente è tenuto a garantire l’utili zzatore dalle pretese di chi vanti diritti sulla cosa (arg. ex art. 1575, n. 3, e 1585 c.c.).
Ne consegue che la rivendica del bene da parte del terzo proprietario nei confronti del conduttore costituisce di per sé inadempimento delle proprie obbligazioni da parte del concedente. Il conduttore, di conseguenza, è tutelato dall’azione di inadempimento (art. 1218 c.c.) o da quella di risoluzione (art. 1453 c.c.) da promuoversi nei confronti del concedente, salvo nell’uno e nell’altro caso il risarcimento del danno.
Se però il terzo proprietario non avanzi pretese di sorta nei confronti del conduttore, il contratto di locazione (o affine) da quest’ultimo stipulato a non domino resta valido ed efficace inter partes . In teoria, infatti, l’obbligo del locatore di garantire il conduttore dalle pretese di terzi potrebbe essere assolto non solo ‘a valle’, attraverso il risarcimento del danno; ma anche ‘a monte’, ad esempio tacitando il terzo proprietario affinché rinunci ad azioni di rivendica nei confronti del conduttore.
Ciò dimostra che alla materia in esame non s’applica i l principio resoluto iure dantis, resolvitur et ius accipientis . Pertanto il contratto di locazione stipulato a non domino non si scioglie automaticamente in caso di estinzione del diritto in capo al concedente.
Gli effetti obbligatori prodotti da quel contratto (rispettivamente, obbligo di pagamento del canone e garanzia di pacifico godimento) permangono immutati : dunque l’utilizzatore non potrà invocare la risoluzione del contratto (per inadempimento), se nessuna molestia riceva dal terzo proprietario o se, ricevendola, venga garantito dal concedente.
Non è luogo a provvedere sulle spese, dal momento che la parte intimata non ha svolto attività difensiva.
La difformità del contenuto della presente decisione rispetto alla proposta ex art. 380bis c.p.c. esclude l’obbligo di provvedere ai sensi dell’art. 96, comm a quarto, c.p.c.
P.q.m.
(-) rigetta il ricorso;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della