Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13294 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso N. 3647/2024 R.G. proposto da:
, rappresentato e dife so dall’avv.
NOME come da procura allegata al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), tutte in persona del procuratore speciale NOME COGNOME rappresentate e difese dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME Giuliano come da procure allegate al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 277/2023 del la Corte d’appello di Caltanissetta, depositata il 4.7.2023;
H.N.
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 10.3.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 22.12.2015, convenne dinanzi al Tribunale di Gela, unitamente ai propri stretti congiunti (i genitori NOME
Z.L.
e
, nonché i tre fratelli
,
e
ARAGIONE_SOCIALET.
P.H.
F.E.
) le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni da malformazione (ipo-agenesia trasversa arto superiore sx) da esso in tesi patiti a causa delle gravi malformazioni congenite da cui era affetto (i congiunti, per danni da lesione del rapporto parentale), e ciò quale conseguenza della immissioni ambientali di sostanze nocive nell’ambito delle lavorazioni inerenti alla raffineria di Gela. Le convenute resistettero in giudizio, contestando le domande attoree. Acquisita la consulenza tecnica preventiva a norma dell’ art. 696bis c.p.c. del 10.7.2015 [resa sul seguente quesito: ‘ accerti il collegio dei consulenti tecnici, alla stregua della documentazione agli atti, eseguite le necessarie indagini specialistiche e diagnostiche, tenuto conto di quant’altro utile ai fini dell’espletamento dell’incarico e tenuto conto delle eventuali osservazioni di cui agli artt. 194 comma secondo c.p.c. e 90 dis. att. c.p.c, visitata la parte lesa, sentiti i di lui genitori per l’anamnesi, se le malformazioni congenite di cui è affetto il ricorrente, siano ascrivibili sotto il profilo causale, agli inquinanti ambientali -di origine industriale -derivanti dalla presenza ed operatività degli impianti industriali, attivi e dismessi della RAGIONE_SOCIALE Gela (Ra.Ge.) e RAGIONE_SOCIALE -già RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE nonché RAGIONE_SOCIALE, precisando se tali inquinanti industriali abbiano o abbiano avuto effetti avversi sulla riproduzione, agendo con un’azione mutagena preconcezionale (per esposizione materna o paterna) o un’azione postconcezionale, ovvero se tali inquinanti abbiano svolto e/o svolgono azione di teratogeni, ovvero di sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione e penetrazione cutanea, possano produrre malformazioni congenite non ereditarie o aumentarne la frequenza, con riferimento soprattutto al caso di specie. Accerti se sussiste il nesso di causalità -secondo i criteri cronologico, qualitativo, modale e topografico -tra l’evento dannoso e le lesioni fisiopsichiche derivatene. Accertati: 1) le conseguenze dannose causalmente riconducib ili all’esposizione; 2) gli eventi antecedenti morbosi del soggetto; 3) la concorrenza o coesistenza dei precedenti stati morbosi; 4) dica in che percentuali i postumi abbiano ridotto in modo permanente la complessiva integrità psicofisica del soggetto (cioè l’idoneità a svolgere le attività essenziali comuni alla generalità delle persone) distinguendoli dalle naturali limitazioni biologiche connesse all’età, al sesso, alla conformazione somatica e agli altri eventuali aspetti dello status personale del per iziato e determini l’invalidità temporanea assoluta e relativa. Dica se gli eventuali postumi a carattere permanente siano in grado di incidere e in che percentuale sulla capacità lavorativa specifica. Precisi come sia pervenuto alle superiori determinazioni e sulla base di quale letteratura scientifica di riferimento; determini se le spese di cura occorse, ove documentate, siano congrue, necessarie e se vi sia necessità di spese future -da quantificare, se del caso, nel loro ammontare ‘ ] ed esaurita l’istruttoria, con sentenza n. 336/2018 dell’1.6.2018, il Tribunale di Gela rigettò le domande attoree , compensando le
spese di lite, stante il ritenuto mancato raggiungimento della prova della riconducibilità causale delle malformazioni di alle emissioni degli stabilimenti industriali delle RAGIONE_SOCIALE
Propose appello il solo , cui resistettero le società, pure riproponendo in via incidentale l’eccezione di difetto di legittimazione di Eni s.p.a. e chiedendo, infine, sempre in via incidentale, la riforma della statuizione di compensazione delle spese di lite contenuta nella sentenza appellata. La Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza del 4.7.2023, rigettò l’appello principale, confermando la prima decisione circa l’infondatezza delle domande del e, accoglie ndo parzialmente l’appello incidentale, condannò gli originari attori alla rifusione delle spese di primo grado, pure condannando il solo alla rifusione di quelle del giudizio d’appello. Osservò in particolare la Corte nissena , quanto al primo motivo d’appello, che – difettando sul tema una legge universale che consentisse di imputare con certezza scientifica la patologia sofferta dall’appellante alle sostanze nocive emesse dagli stabilimenti gelesi, soltanto essendo ‘possibile’ collegare i due elementi in parola, come pure ritenuto dalla CTU -tanto non consentiva di accertare il nesso di causalità secondo la regola della ‘preponderanza dell’evidenza’ (o del ‘più probabile che non’), mediante l’esclusione di spiegazioni causali alternative: i consulenti, infatti, non avevano potuto escludere un significativo fattore causale alternativo nella specie, ossia l’utilizzo di pesticidi nella zona di residenza dell’attore, né dall’esame dei dati scientifici disponibili era possibile ritenere sussistente, nella stessa zona di Gela, un aumento delle ipo-agenesie rispetto ad altre zone d’Italia o d’Europa. Conseguentemente, la Corte territoriale riten ne H.N. H.N. H.N.
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inammissibili , anche ai sensi dell’art. 342 c.p.c., le doglianze circa a) il preteso mancato esame delle valutazioni dell’impatto ambientale e b) l’analisi di rischio sanitarioambientale, giacché l’appellante non aveva adeguatamente spiegato in che modo la pretesa omessa valutazione avrebbe potuto incidere sull’accertamento concernente il descritto nesso di causalità . Infatti, dalla relazione di CTU poteva solo evincersi che l ‘attività del Petrolchimico di Gela era certamente fonte di inquinamento ambientale, senza che -in assenza di studi scientifici definitivi in materia -potesse ritenersi sussistente la rilevante probabilità che dette immissioni nocive fossero pure state la causa specifica delle malformazioni patite dal , venendo in rilievo almeno un’altra fonte di pericolo (pesticidi), unitamente al fumo attivo praticato dalla madre dell’appellante durante la fase iniziale della gestazion e. Quanto poi alla pur denunciata (col primo motivo di gravame) c) erronea valutazione del Tribunale circa la possibile relazione tra gli agenti chimici presenti nell’area di Gela e la patologia del , a causa -secondo l’appellante della cattiva interpretazione dei dati analizzati nella CTU, nonché dell’errore in cui sarebbero incorsi gli stessi consulenti d’ufficio nel valutare alcuni dati (con riguardo alla frequenza delle ipo-agenesie rilevabili nel territorio gelese rispetto a quella rilevabile dal registro ISMAC o ad altri registri, da cui emergerebbe una frequenza media della patologia ben superiore che altrove, nel periodo 19912002), la Corte nissena del pari disattese le doglianze, evidenziando: quanto alla prima, c’) che dalla relazione di CTU emergeva che, tra le individuate cause di insorgenza della ipo-agenesia agli arti (inquinamento da diffusione di sostanze chimiche del tipo dell’SO2, oppure uso di pesticidi), in base alla letteratura H.N. H.N.
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scientifica, non era possibile stilare una graduatoria di rilevanza, solo essendo configurabile una correlazione ‘possibile’ , non anche una correlazione ‘certa’, tra ciascuna delle cause stesse e la patologia in parola; c”) quanto alla seconda, che essa si fondava su un errore di fondo riguardo alla lettura dei dati operata dai consulenti, basati su uno studio pubblicato nel 2006, ma ritenuto di scarsa pregnanza, perché basato su una casistica inattendibile; pertanto, era da ritenere corretta l’affermazione del Tribunale gelese secondo cui, sulla base dei dati esaminati, ‘ la frequenza di ipo-agenesie degli arti a Gela non è più elevata che altrove ‘ . Ancora – proseguì la Corte nissena -le doglianze di cui al secondo motivo d’a ppello erano da considerare inammissibili, in quanto consistenti d) in una lunga ed astratta dissertazione sul quadro normativo relativo alla tutela dell’ambiente, ma del tutto irrilevante ai fini della controversia ed inconferente rispetto alle ragioni della decisione di primo grado, giacché anche a considerare sussistenti le violazioni della normativa richiamata da parte delle società appellate, mancava comunque la dimostrazione del loro collegamento col nesso di causalità rispetto all’evento dedotto da l . H.N.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE
, sulla scorta di quattro motivi, cui resistono con unico controricorso RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE). Le parti hanno depositato memoria. Ai sensi dell’art. 380 -bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si lamenta ‘ EX ART. 360 N. 3 c.p.c. – violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c.: l’erronea valutazione e il travisamento della prova ottenuta nell’istruzione del procedimento, con particolare riferimento alle ‘Conclusioni’ della consulenza tecnica d’ufficio (inerente l’accertamento tecnico preventivo a scopo conciliativo proc. R.G. n. 620/2012 del Tribunale di Gela, acquisito agli atti) e all’erronea valutazione della c.d. ‘ Analisi della possibile relazione tra agenti chimici presenti nell’area di Gela e la patologia presentata da hanno fuorviato il giudizio in merito alla sussistenza del nesso causale tra le sostanze inquinanti, prodotte dalle resistenti, e la malformazione genetica ingenerata in danno al ricorrente ‘. Invocando giurisprudenza di legittimità sui poteri del giudice di merito riguardo alla c.d. consulenza percipiente (Cass. n. 28043/2021), il ricorrente evidenzia che le conclusioni della CTU erano chiare nello stabilire che ‘ la possibilità che la malformazione di possa essere stata favorita dalla presenza sinergica di molteplici sostanze chimiche nell’ambiente in generale, e in particolare per il padre nell’ambiente di lavoro, non può essere esclusa ‘ (così la relazione, p. 202) , restando così dimostrata la sussistenza del nesso di causalità ex artt. 40 e 41 c.p. La Corte nissena -prosegue il ricorrente -rigettando la domanda attorea, ha adottato una decisione criptica e sostanzialmente avalutativa del complesso delle circostanze emergenti dalla relazione di CTU, specificamente elencate alle pp. 9-10 del ricorso, che contestualmente considerate portavano a concludere nel senso che la frequenza di ipo-agenesie nel territorio di Gela, nel periodo 1991-2002, era da ritenere statisticamente superiore che altrove. Pertanto, il H.N. H.N.
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giudice d’appello avrebbe travisato i fatti indicati dai consulenti d’ufficio, interpretando le relative conclusioni in maniera fuorviante.
1.2 -Con il secondo motivo si denuncia ‘ EX ART. 360 n. 5 c.p.c. -omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La corte non ha esaminato le nuove risultanze epidemiologiche allegate sub I) rapporto 2017 REGIONE SICILIA-Assessorato Regionale della Salute Dipartimento Attività Sanitarie ed Osservatorio Epidemiologico su ‘ Stato di Salute della popolazione residente nei Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche (SIN) della Sicilia ‘ ; sub II) locandina Workshop 12.6.2018 intitolato ‘ Un sistema permanente di sorveglianza epidemiologica nei siti contaminati: implementazione dello studio epidemiologico Sentieri ‘ organizzato da Istituto Superiore Sanità e Ministero della Salute. Sub III) ‘ Quinto Rapporto Studio Sentieri ‘ prodotto in giudizio ex art. 345 c.p.c., in allegato alle note di trattazione scritta del 30.3.23, attraverso cui avrebbe potuto altresì rilevare l’esistenza degli studi epidemiologici volti a suffragare la ‘ probabilità qualificata ‘ che la patologia del ricorrente sia stata causata/con causata dall’esposizione alle sostanze inquinanti prodotte dalle resistenti ‘. Il ricorrente evidenzia che, nell’atto d’appello , aveva dedotto che il rapporto SENTIERI (elaborato dall’Istituto Superiore di Sanità -Dip. Ambiente e Salute; l’acronimo deriva da ‘ Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio inquinamento ‘) a seguito di sorveglianza epidemiologica sui SIN (Siti di interesse nazionale per le bonifiche), aggiornato agli studi epidemiologici del 2018 e prodotto con le note di trattazione scritta del 30.3.2023 (c.d. quinto rapporto SENTIERI), nel paragrafo dedicato a ‘ Le malformazioni congenite ‘, riporta che
diversi studi avevano appurato ‘ una frequenza particolarmente elevata di malformazioni congenite specialmente nelle aree di Gela … per l’apparato muscolo-scheletrico ‘ . In particolare, vi si legge che ‘ Nel sito di Gela i nati residenti nel periodo 2010-2015 sono stati 4.606 e sono stati osservati complessivamente 200 casi con malformazione congenita (MC), con una prevalenza pari a 434,2 per 10.000 nati. I casi totali di MC risultano superiori al numero di casi attesi definito su base regionale (O/A: 149; IC90% 132-167). Si osservano eccessi di MC della parete addominale, dei genitali, dell’apparato urinario e degli arti …. ‘ ; e ancora: ‘ …Gli indicatori aggiornati qui presentati evidenziano inoltre un eccesso di MC degli arti non emerso nella precedente analisi. ‘. Ritiene il ricorrente che da tali evidenze emerga la copertura del gap riscontrato nelle conclusioni della CTU, ove si evidenziava l’inesistenza di studi per stabilire con certezza il nesso causale tra le sostanze chimiche prevalenti nel comune di Gela e le ipo-agenesie degli arti. Tuttavia -prosegue il ricorrente – la Corte d’appello non ha per nulla preso in considerazione l’aggiornamento epidemiologico SENTIERI, nonché quanto dedotto da esso , dati che dimostravano l’aumento delle malformazioni congenite oggetto di causa, ignorando totalmente e apoditticamente i documenti prodotti in grado d’appello ai sensi dell’ art. 345 c.p.c., benché si trattasse di prove indispensabili ai fini del decidere; per di più, tali dati risultano confermati dal rapporto SENTIERI 2023 (ossia, il c.d. sesto rapporto SENTIERI, divenuto noto dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, da cui emergerebbe un tasso di anomalie congenite, nel territorio di Gela, del 71% maggiore rispetto alla media regionale), risultando così smentita per tabulas la motivazione della sentenza impugnata, laddove si H.N.
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evidenzia la ” assenza di studi scientifici in materia ‘, ovvero di leggi di copertura nemmeno ‘ percentualistica-statistica ‘, per giungere alla conclusione per cui ‘ la frequenza di ipo-agenesie degli arti a Gela non è più elevata che altrove ‘ .
1.3 -Con il terzo motivo si denuncia ‘ EX ART. 360 N. 3 c.p.c. – violazione e falsa applicazione della norma di diritto ex art 41-40 c.p.: la violazione delle norme in materia di valutazione prove e il mancato esame delle risultanze del Quinto Rapporto Sentieri (decisive ai fini del decidere) hanno condotto altresì alla falsa applicazione del principio del ‘ più probabile che non ‘ di cui all’art. 41 -40 c.p. in relazione alla determinazione del nesso causale tra la patologia del ricorrente (=agenesia arto superiore sx, di tipo trasverso) oggetto di causa, e l’emissione di sostanze nocive da parte del petrolchimico delle resistenti ( ovvero l’omissione di adeguate misure di contenimento degli inquinanti): la sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta ha infatti ingiustamente concluso per l’assenza della ‘ concausa determinante ‘, costituita dall’esposizione -tra l’altro -all’anidri de solforosa SO2 prodotta dalle resistenti, così da impedire l’accertamento delle responsabilità ex art. 2050, 2051, ovvero 2043 cod. civ. in capo alle società inquinanti ‘. Il ricorrente si sofferma sulla valutazione espressa dalla Corte nissena circa l’accertamento del nesso di causalità – dalla stessa escluso per la sussistenza di almeno una causa alternativa (uso di pesticidi in zona) di rango equivalente alle pacifiche immissioni nocive di SO2 nell’ambiente gelese e se ne assume l’erroneità perché è documentato sin dallo studio del 2006, utilizzato dai consulenti d’ufficio, che anche dai successivi studi epidemiologici versati in atti nel giudizio d’appello (e anche in questa sede di legittimità), che nell’area di Gela vi è una maggiore incidenza statistica di
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malformazioni congenite agli arti, e perché gli studi sui pesticidi non sono concordanti nel confermare in modo univoco che dal loro uso possa derivare la malformazione agli arti superiori; si sottolinea, ancora, che nella specie non è stata neppure indagata l’esposizione residenziale a pesticidi dei genitori del ; non può quindi trovare applicazione la regola dettata dall’art. 41 cpv. c.p., sulla causa sopravvenuta. Inoltre, poiché dalla relazione di CTU emerge la ‘possibilità logica’ del nesso di causalità riguardo alle malformazioni di esso , la Corte nissena avrebbe del tutto travisato le conclusioni dei consulenti, ritenendo non configurabile il nesso di causalità sulla base del principio del ‘più probabile che non’ , perché i fattori alternativi presi in considerazione (esposizione a SO2 e uso di pesticidi) non sono stati posti sullo stesso piano nella CTU, sicché non possono essere considerati come possibili concause equivalenti, tanto più che i consulenti non hanno effettuato alcuna analisi degli specifici impatti ambientali inerenti all’utilizzo di pesticidi o erbicidi nell’attività agricola nell’area di Gela ; le valutazioni sui pesticidi, quindi, riguarderebbero un ipotetico utilizzo degli stessi nell’area gelese . Avrebbe dunque errato la Corte del merito, violando le norme in rubrica, senza attentamente valutare la diversa incidenza probabilistica tra i fattori alternativi suddetti, tenuto anche conto della funzione sociale della responsabilità civile da illecito. Né del resto le società resistenti hanno dimostrato di aver adottato tutte le misure necessarie per evitare il danno secondo quanto previsto dagli artt. 2050 e 2051 c.c. H.N. H.N.
1.4 -Con il quarto motivo, infine, si denuncia ‘ EX ART. 360 N. 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 9192 c.p.c. che ha condotto all’errata
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condanna alle spese di lite, di entrambi i gradi del giudizio ‘. Sostiene il ricorrente che la complessità della questione, che costituisce un unicum nel panorama giurisprudenziale, e la non univocità degli orientamenti tecnico-scientifici relativi alla causalità, rendono quantomeno equivoche o ambigue le conclusioni del collegio peritale, sicché tanto avrebbe comunque giustificato , nell’ipotesi del rigetto delle domande attoree, l’integrale compensazione delle spese di lite.
2.1 -Occorre preliminarmente rilevare che – salvo quanto si dirà infra -il ricorso in esame (almeno, quanto ai primi tre motivi, sotto diversi ma concorrenti profili) attiene esclusivamente al capo della sentenza impugnata con cui la Corte d’appello di Caltanissetta ha rigettato in parte qua il primo motivo di gravame del , concernente la pretesa erronea valutazione del Tribunale circa la possibile relazione tra gli agenti chimici presenti nell’area di Gela e la patologia del stesso, dunque inerente il nesso di causalità. Pertanto, non risultano essere state impugnate le statuizioni di inammissibilità ex art. 342 c.p.c. circa il preteso mancato esame delle valutazioni dell’impatto ambientale e dell’analisi di rischio sanitario -ambientale, nonché quella sulla pretesa violazione di plurime disposizioni relative alla tutela dell’ambiente. H.N. H.N.
Di conseguenza, ogni riferimento alle suddette questioni eventualmente effettuato nel corpo dei primi tre motivi di ricorso è da ritenere inammissibile, perché non è stata corrispondentemente impugnata la declaratoria di inammissibilità per difetto di specificità dei relativi motivi d’appello , come valutato dalla Corte nissena, sicché deve considerarsi sussistere il giudicato interno sul punto.
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2.2 -Ciò posto, è appena il caso di precisare che il giudizio di cassazione è un giudizio impugnatorio a critica vincolata, in cui il ricorrente deve rivolgersi alla Corte individuando uno o più specifici vizi di legittimità -che, in tesi, affliggono la decisione impugnata -scegliendoli dal novero di quelli elencati dall ‘ art. 360, comma 1, e nel rispetto, tra l ‘ altro, dei requisiti di contenuto-forma di cui agli artt. 365 e 366 c.p.c.
Già questa minimale considerazione consente di escludere ogni possibile rilevanza, nel caso in esame, del c.d. sesto rapporto SENTIERI, di cui specialmente al secondo motivo di ricorso, inammissibilmente evocato in questa sede di legittimità (mediante riproduzione del link del sito internet ove esso sarebbe rinvenibile), giacché per detto documento, per definizione, non può che escludersi la stessa ipotizzabilità di un qualsivoglia errore da parte della Corte d’appello, com’è intuitivo , trattandosi di atto divenuto disponibile dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, di cui la Corte siciliana non avrebbe dunque giammai potuto tener conto.
2.3.1 -Ciò ulteriormente chiarito, il primo e il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente perché connessi, sono inammissibili per plurime ragioni.
Anzitutto, essi difettano di specificità, in violazione del vigente art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., a mente del quale il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, ‘ la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano ‘.
In proposito, valga qui richiamare la giurisprudenza formatasi sul previgente testo della citata disposizione processuale (prima della novella apportatavi dal d.lgs. n. 149/2022) , senz’altro tuttora valevole (posto che la novella costituisce
una ancor più stringente esplicazione del principio di specificità); si è infatti condivisibilmente affermato che ‘ In tema di ricorso per cassazione, il principio di specificità di cui all ‘ art. 366, comma 1, n. 4 c.p.c. richiede per ogni motivo l ‘ indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonché l ‘ illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l ‘ analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della pronunzia ‘ ( così, ex multis , Cass. n. 17224/2020; ma v. anche, da ultimo, Cass. n. 20870/2024). E ancora, con specifico riferimento al preteso vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, non può che richiamarsi il principio, affermato da Cass., Sez. Un., n. 23745/2020, secondo cui ‘ In tema di ricorso per cassazione, l ‘ onere di specificità dei motivi, sancito dall ‘ art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all ‘ art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d ‘ inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa ‘. Ed infine (per quanto qui interessa), va ribadito l ‘ulteriore principio secondo cui ‘ Le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all ‘ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e
l ‘ interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente all’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell ‘ attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell ‘ assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell ‘ ambito applicativo dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, l ‘ allegazione di un ‘ erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all ‘ esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità ‘ (Cass. n. 640/2019).
2.3.2 -Orbene, dalla lettura delle censure articolate dal ricorrente con il primo e con il terzo motivo, risulta di tutta evidenza come le stesse non si conformino affatto ai superiori dettami, perché non contengono adeguato sviluppo argomentativo circa il contenuto dei precetti normativi che si assumono violati, né il conseguente raffronto con le pertinenti decisioni adottate dal giudice del merito, che restano sullo sfondo dell’esposizione, senza essere attinte da congruenti e conferenti critiche a dimostrazione dei pur denunciati e pretesi errores in iudicando (anche de iure procedendo , con riguardo al primo motivo).
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Insomma, anziché evidenziare in cosa le statuizioni adottate dal giudice del merito si discostino dai precetti normativi (nei termini poc’anzi evidenziati) che pure si assumono violati, col ricorso in esame il ricorrente esprime essenzialmente considerazioni generiche e assolutamente aspecifiche, omettendo di confrontarsi, con la necessaria analiticità, con gli snodi motivazionali su cui poggia la decisione qui impugnata.
I motivi in esame , in definitiva, postulano una rivisitazione dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie effettuato dalla Corte nissena, attività che com’è noto è riservata al giudice del merito (v., ex plurimis , Cass. n. 20553/2021) ed è censurabile in questa sede di legittimità (salvo quanto seguirà immediatamente infra ) solo sotto il profilo motivazionale -nei limiti in cui tanto è ancora possibile fare, rinviandosi sul punto alla nota Cass., Sez. Un., n. 8053/2014 -vizio tuttavia non proposto dal . H.N.
2.3.3 -Scendendo più in dettaglio, i profili di doglianza specificamente agitati col primo mezzo attengono certamente al libero apprezzamento delle risultanze istruttorie , attività riservata, come s’è detto, al giudice del merito ; ciononostante, la violazione degli artt. 115 e/o 116 c.p.c. può pure essere denunciata in questa sede di legittimità, nei ristretti limiti segnati, tuttavia, da Cass., Sez. Un., n. 20867/2020 e successiva giurisprudenza conforme, cui si rinvia per brevità. Risulta però evidente che il primo mezzo non rispetta detti confini, perché la ritenuta non configurabilità del nesso di causalità, nel caso di specie -anche con riguardo al tema del travisamento della prova – altro non è che il frutto della ponderazione e della valutazione operata dalla Corte d’appello
circa la maggiore attendibilità e congruenza di uno o più elementi di prova rispetto ad altri, invece invocati dal ricorrente.
D’altra parte, è ben noto che ‘ Il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto ‘ ( ex plurimis , Cass. n. 29730/2020). E che questa sia la corretta chiave di lettura resta plasticamente dimostrato, proprio in relazione a quanto dedotto col primo motivo, dal fatto che -contrariamente all’assunto de l ricorrente , secondo cui la Corte d’appello avrebbe totalmente obliterato le risultanze della relazione della CTU circa la frequenza delle ipoagenesie nell’area di Gela, nel periodo 1991 -2002 -la stessa Corte siciliana ha invece preso in considerazione dette risultanze (p. 12 della sentenza impugnata), seppur per escludere che i dati ivi esposti, basati su uno studio pubblicato nel 2006 e rapportati a quelli evincibili dal registro ISMAC e da altri registri italiani, denotassero una significativa maggior frequenza di ipo-agenesie nell’area gelese, rispetto al restante territorio siciliano, perché le risultanze dei citati registri erano imputabili ad ‘ una sotto registrazione dei dati ‘ , ed erano ben inferiori a quelli evincibili da analoghi registri redatti in Europa, negli USA o in
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Australia; ciò fermo restando che i risultati dello studio del 2006 apparivano ‘ di scarsa pregnanza ‘, a dire degli stessi consulenti, in relazione alla casistica relativamente modesta su cui erano basati.
Le doglianze in esame, quindi, sono palesemente inammissibili.
2.3.4 -Né -con riferimento sia al primo che al terzo motivo – può discutersi, in senso proprio, di travisamento della prova, nei termini cristallizzati dalla recente Cass., Sez. Un., n. 5792/2024, pure invocata dal ricorrente in memoria, perché il preteso travisamento non attiene al contenuto oggettivo della CTU, ossia ad una svista concernente il fatto probatorio in sé (nel qual caso, peraltro, ove la questione non sia stata oggetto di discussione tra le parti, occorrerebbe eventualmente impugnare la sentenza per revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c.), ma proprio alla verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio; ed è indiscutibile che la Corte d’appello, dopo aver esaminato le conclusioni dei consulenti (che univocamente chiosavano nel senso che il nesso di causalità, nella specie, non poteva escludersi, ossia -traslando tale conclusione in positivo -che esso fosse meramente ‘possibile’ , non anche ‘probabile’) , ha negato, con valutazione di merito di regola non censurabile in questa sede, né comunque adeguatamente censurata, che la mera possibilità che le immissioni nocive di SO2 nell’ambiente gelese avessero causato le malformazioni congenite patite dal consentisse di ritenere assolto l’onere probatorio gravante su quest’ultimo , quanto al profilo eziologico. H.N.
2.3.5 -Per quanto specificamente concerne, infine, il terzo motivo, le doglianze sono parimenti inammissibili, anzitutto, perché fondate -come da incipit -su una pretesa violazione delle norme in materia di valutazione delle prove e sul
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travisamento degli esiti e delle conclusioni della CTU (vizi che, ove mai esistenti, non sono stati adeguatamente denunciati, come s’è appena visto), nonché sul preteso omesso esame delle risultanze di nuovi documenti prodotti in appello ex art. 345 c.p.c. (di cui si dirà infra , nell’esame del secondo motivo, che può anticiparsi sin d’ora, per comodità espositiva, è infondato).
Del resto, come più volte già evidenziato, la valutazione sulla causa alternativa nel determinismo eziologico (uso di pesticidi), rispetto alle immissioni di SO2 nell’ambiente gelese , è stata effettuata dal giudice d’appello, che ha concluso, con valutazione fattuale incensurabile, ut supra , che in base alle risultanze della CTU può solo affermarsi che entrambi i fenomeni, rispetto alle malformazioni patite dal ricorrente, sono solo la ‘ possibile causa ‘ , non anche la ‘ probabile causa ‘.
Il che, trattandosi nella specie di patologia ad eziologia multifattoriale, implica che ‘ il nesso di causalità …. non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione che può essere data anche in termini di probabilità sulla base della particolarità della fattispecie, essendo impossibile nella maggior parte dei casi ottenere la certezza dell’eziologia; è, tuttavia, necessario acquisire il dato della ‘ probabilità qualificata ‘ , da verificarsi attraverso ulteriori elementi, come ad esempio i dati epidemiologici, idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale ‘ ( ex multis , Cass. n. 13814/2017), ciò che, in definitiva, la Corte nissena ha puntualmente effettuato (sia pure per escludere la sussistenza del nesso di causalità, nella specie), con valutazione -lo si ripete per chiarezza -tipicamente fattuale e ad essa riservata.
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Né risulta specificamente censurata l’affermazione della Corte territoriale per cui risultava irrilevante che il collegio peritale non avesse approfondito il tema della diffusione dei pesticidi negli ambienti in cui vivevano i genitori del (v. sentenza, p. 11), sicché risulta fine a sé stessa la considerazione del ricorrente per cui l’elemento in questione sarebbe stato valutato in relazione ad un utilizzo dei pesticidi meramente ipotetico (v. ricorso, p. 24). H.N.
Deve infine solo precisarsi, quanto alla pur lamentata ‘ totale mancanza di prova delle società appellate di aver adottato tutte le misure necessarie per evitare il danno secondo la cifra dettata ex art. 2050 e 2051 c.c. ‘, che l’ onus probandi a carico delle odierne controricorrenti avrebbe potuto venire in rilievo solo una volta assolto, da parte del , l’onere probatorio a suo carico, comprensivo anche della dimostrazione del nesso di causalità, il che -come ritenuto dalla Corte territoriale -non è avvenuto. H.N.
3.1 -Venendo al secondo motivo, esso non può dirsi inammissibile ai sensi del vigente art. 360, comma 4, c.p.c. (introdotto dal d.lgs. n. 149/2022), per c.d. doppia conforme in facto , come pure eccepito dalle controricorrenti, ma non già per le ragioni esplicitate dal ricorrente in memoria (che invoca l’e ccezione dettata, dalla citata disposizione, in relazione alle cause proponibili dal P.M. ai sensi dell’art. 70, comma 1, c.p.c., norma non pertinente rispetto al caso di specie).
Infatti, il mezzo è basato sul preteso omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, emergenti da documenti prodotti solo in grado d’appello, ex art. 345 c.p.c. ; pertanto -prescindendo, per un momento, dalla questione della ammissibilità della produzione documentale – i fatti in questione, per definizione, non
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avrebbero giammai potuto essere valutati in modo conforme dal giudice di primo e di secondo grado (il che costituisce il presupposto della disposizione che commina l’inammissibilità del motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per c.d. doppia conforme in facto ), perché solo quest’ultimo avrebbe potuto conoscerne, non anche il primo, com’è anche qui intuitivo.
3.2 -Ciò posto, il motivo in esame è infondato.
Esso è strutturato in questi termini: 1) il fatto il cui esame sarebbe stato omesso consiste nella circostanza per cui la frequenza statistica di malformazioni muscolo-scheletriche, come quelle patite dal , è stata dimostrata da studi epidemiologici successivi allo studio pubblicato nel 2006, su cui è fondata la CTU; 2) tanto emergerebbe a) dal doc. I allegato all’appello ex art. 345 c.p.c.: rapporto 2017 REGIONE SICILIA-Assessorato Regionale della Salute Dipartimento Attività Sanitarie ed Osservatorio Epidemiologico su ‘ Stato di Salute della popolazione residente nei Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche (SIN) della Sicilia ‘ ; b) dal doc. II allegato all’appello ex art. 345 c.p.c.: locandina Workshop 12.6.2018 intitolato ‘ Un sistema permanente di sorveglianza epidemiologica nei siti contaminati: implementazione dello studio epidemiologico Sentieri ‘ organizzato da Istituto Superiore Sanità e Ministero della Salute ; c) dal doc. III quinto rapporto SENTIERI, allegato alle note di trattazione scritta del 30.3.2023. H.N.
Secondo la prospettazione del ricorrente, da detti documenti emergerebbe quella ricognizione statistica in grado di superare il gap informativo riscontrato, sul
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punto, dal collegio peritale , nell’analisi dello studio pubblicato nel 2006, su cui la relazione di CTU si fonda.
3.3 -Ritiene la Corte che la tesi non abbia fondamento, per almeno due ragioni. Pur vero essendo che la Corte nissena non ha preso in considerazione detti documenti , neppure al fine di vagliarne l’ammissibilità della produzione (tanto, in effetti, non potendo evincersi dalla lettura della sentenza impugnata), in buona sostanza il fatto che si pretende omesso emergerebbe, principalmente, dal c.d. quinto rapporto SENTIERI (dati epidemiologici aggiornati al 2018), la cui produzione è stata solo preannunciata dal con la proposizione dell’appello, perché esso non era stato al tempo ancora pubblicato, benché ne fosse stato anticipato il contenuto nell’ambito di un workshop tenutosi il 12.6.2018 (di cui venne tempestivamente prodotta la locandina, sub doc. II). Senonché, a fronte di un giudizio d’appello avviato nel 2018, detta documentazione venne prodotta solo con le note di trattazione scritta del 30.3.2023, ossia all’udienza di precisazione delle conclusioni (tenutasi in forma cartolarizzata, ex art. 127ter c.p.c.), dunque tardivamente, indiscutibile essendo che detto rapporto venne pubblicato certamente in epoca ben precedente. Pertanto – pur a prescindere dalla valutazione della astratta ammissibilità della produzione di detto documento ai sensi dell’art. 3 45, comma 3, c.p.c., perché successivo alla pubblicazione della sentenza di primo grado -, essa è da considerare certamente tardiva, perché avrebbe dovuto essere effettuata alla prima occasione utile successiva alla pubblicazione del rapporto, non certo nella fase immediatamente precedente quella decisoria, tanto non consentendo la proficua esplicazione, al riguardo, del diritto di difesa delle H.N.
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contro
parti, tutelat o, tra l’altro, dagli artt. 24 e 101, comma 2, Cost. Il fatto il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice d’appello, dunque, è principalmente rinvenibile in un documento la cui produzione è da considerare inammissibile, perché tardiva.
In ogni caso, il fatto in parola (ossia, la maggior frequenza statistica di malformazioni agli arti nell’area gelese ) non è adeguatamente documentato, almeno al fine della valutazione circa la sua decisività rispetto ai fatti di causa, come richiesto dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Infatti, non risulta dimostrato -perché, a ben vedere, neppure adeguatamente esplicato – in che modo detti documenti (il che vale sia per il doc. I allegato all’appello, che anche per il c.d. quinto rapporto SENTIERI) consentano di ritenere superato il gap informativo di cui s’è detto, posto che difettano in ricorso , tra l’altro, specifiche ed analitiche indicazioni statistiche sia sul periodo riferibile al concepimento dell’odierno ricorrente (nato nel 1992), sia alla ipo-agenesia da cui questi è purtroppo affetto, sempre che i relativi dati siano eventualmente evincibili dai citati documenti.
4.1 -Infine, il quarto motivo, proposto in subordine, è fondato.
Deve anzitutto osservarsi che -essendo stato il presente giudizio introdotto, in primo grado, nel 2015 -trova applicazione ratione temporis il testo dell’art. 92 c.p.c., come modificato dall’art. 13, comma 2, del d.l. n. 132/2014, convertito in legge n. 162/2014, ‘integrato’ dalla sentenza additiva della Corte costituzionale n. 77/2018. La compensazione delle spese -oltre che per soccombenza reciproca -è, dunque, prevista solo ‘ nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni
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dirimenti ‘, ovvero in presenza (a seguito, appunto, della citata sentenza additiva) di analoghe gravi ed eccezionali ragioni.
In proposito, come già affermato da questa Corte, tali ulteriori gravi ed eccezionali ragioni sono da ravvisare ‘ nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni ‘ (cioè, quelle trattate in giudizio) ‘ di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92, comma 2, cod. proc. civ. ‘ (v. Cass. n. 4696/2019; in senso conforme Cass. n. 3977/2020; Cass. n. 6424/2024).
Ora, riformando la prima decisione sul punto (che aveva disposto l’integrale compensazione delle spese), la Corte nissena ha ritenuto di dover regolare le spese di entrambi i gradi di merito secondo soccombenza, non condividendo le valutazioni operate dal Tribunale circa la oggettiva opinabilità delle risultanze della CTU, in quanto soggetta a valutazione discrezionale del giudice, e circa la natura ondivaga delle decisioni di merito rese in applicazione dei principi giurisprudenziali sul punto: si è infatti osservato che detti principi erano oramai consolidati e che la indicata natura ondivaga delle decisioni di merito, al riguardo, neppure era stata esplicata.
Senonché, ritiene la Corte che il giudice d’appello non abbia adeguatamente considerato che la assoluta novità della questione trattata, che può giustificare la compensazione delle spese di lite, non necessariamente deve investire la valutazione giuridica (come nella sostanza ritenuto dalla Corte nissena), ma può anche riguardare la dimensione fattuale. Se tanto avesse considerato, la Corte d’appello ben avrebbe potuto valutare che, nel panorama giurisprudenziale, da quanto è dato conoscere, non risulta alcun precedente concernente la specifica
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questione qui sub iudice , se non altro in riferimento alla dimensione territoriale e industriale coinvolte nel presente giudizio. D’altra parte, è intuitivo che l’esito della presente causa, negativo per il , dipende principalmente (al netto della inammissibilità e/o infondatezza dei primi tre motivi di ricorso) dal deficit probatorio sul nesso di causalità, questione che è legata, ovviamente, al progresso scientifico sulle questioni epidemiologiche esaminate: la decisione, inevitabilmente, viene adottata in base a quanto è noto in un dato momento storico (ed in ossequio alle scansioni temporali che governano il processo civile di cognizione, come pure s’è visto supra ) , sicché una lettura della ‘novità’ della questione limitata al solo piano giuridico, come ritenuto dalla Corte territoriale, non fa giustizia delle ragioni, al fondo, equitative, che consentono di derogare alla regola generale della soccombenza, ex art. 91 c.p.c. H.N.
La decisione sul punto si rivela dunque errata e non conforme al disposto dell’art. 92 c.p.c., come integrato dalla citata pronuncia additiva del giudice delle leggi.
5.1 -In definitiva, il primo e il terzo motivo sono inammissibili, il secondo è infondato, mentre il quarto è accolto. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384, comma 2, c.p.c., con l’integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito (ferme restando le statuizioni coperte dal giudicato, quanto agli originari attori non appellanti).
Le medesime ragioni già viste nello scrutinio del quarto motivo giustificano l’integrale compensazione anche delle spese del giudizio di legittimità, nonostante la prevalente soccombenza del ricorrente.
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Infine, per la natura della causa petendi , va di ufficio disposta l’omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, delle generalità e degli altri dati identificativi del ricorrente e degli originari attori , ai sensi dell’art. 52 d.lgs. 196 del 2003.
P. Q. M.
la Corte accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta nel resto. Cassa la sentenza impugnata in relazione e, decidendo nel merito, compensa integralmente le spese del giudizio di primo e di secondo grado tra il ricorrente e le controricorrenti. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Dispone che, ai sensi dell’art. 52 d.lgs. 196 del 2003, in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi generalità ed altri dati identificativi del ricorrente e degli originari attori.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della