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Negoziate assistita avvocato: quando è obbligatoria?

Un avvocato ha citato in giudizio una società per il mancato pagamento di compensi professionali. I tribunali di merito e la Corte di Cassazione hanno dichiarato la domanda improcedibile per il mancato esperimento della procedura di negoziazione assistita avvocato. La Suprema Corte ha confermato che tale procedura è obbligatoria per le richieste di pagamento inferiori a 50.000 euro, anche nel caso in cui il legale si difenda personalmente in giudizio.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Negoziazione Assistita e Compensi Avvocato: La Cassazione Fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è intervenuta su un tema di grande rilevanza pratica per i professionisti legali: l’obbligatorietà della negoziazione assistita avvocato per il recupero dei propri compensi. La decisione chiarisce un dubbio interpretativo fondamentale, stabilendo che tale procedura è necessaria anche quando l’avvocato agisce in giudizio difendendosi personalmente. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa: La Richiesta di Compenso e lo Stop del Tribunale

Un avvocato citava in giudizio una società sua cliente per ottenere il pagamento di un compenso professionale di circa 37.000 euro, relativo a un’attività di difesa svolta in ambito amministrativo. Il Tribunale, tuttavia, rilevava che non era stato esperito il tentativo obbligatorio di negoziazione assistita, previsto dalla legge per le domande di pagamento di somme inferiori a 50.000 euro.

Di conseguenza, il giudice assegnava all’avvocato un termine di 15 giorni per avviare la procedura e rinviava la causa. Alla successiva udienza, constatato che l’invito alla negoziazione non era stato comunicato alla controparte, il Tribunale dichiarava la domanda improcedibile.

L’Appello e la Conferma dell’Improcedibilità

L’avvocato proponeva appello, ma la Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado. I giudici di secondo grado rigettavano le argomentazioni del legale, specificando che il rito speciale per la liquidazione dei compensi degli avvocati si applica solo alle attività svolte in ambito civile, e non a quelle amministrative. Pertanto, la causa era stata correttamente trattata con il rito sommario ordinario, che non escludeva l’obbligo di negoziazione assistita. Anche in appello, veniva ribadita l’improcedibilità per il mancato avvio della procedura alternativa al giudizio.

L’Obbligo di Negoziazione Assistita per l’Avvocato: l’Analisi della Cassazione

Giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, il legale sollevava diverse questioni, tutte incentrate sull’inapplicabilità, a suo dire, dell’obbligo di negoziazione. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, fornendo chiarimenti decisivi su tre punti principali.

Valore della Causa e Obbligatorietà

In primo luogo, è stato confermato che il valore della controversia, ai fini della soglia dei 50.000 euro, deve essere calcolato unicamente sulla base del capitale richiesto nell’atto introduttivo. Interessi, spese e altri oneri accessori maturati successivamente non concorrono a determinare il superamento della soglia. Nel caso di specie, il credito era di 37.355,32 euro, quindi pienamente rientrante nell’ambito di applicazione della negoziazione obbligatoria.

La Difesa Personale dell’Avvocato non Esclude la Negoziazione

Il punto più interessante della sentenza riguarda l’argomento secondo cui l’avvocato, difendendosi da solo (c.d. difesa in proprio, ex art. 86 c.p.c.), rientrerebbe nei casi in cui “la parte può stare in giudizio personalmente”, per i quali la negoziazione non è obbligatoria.

La Cassazione ha smontato questa tesi, operando una distinzione cruciale. L’esenzione dall’obbligo di negoziazione si applica solo ai casi previsti dall’art. 82 c.p.c. (ad esempio, cause di basso valore davanti al Giudice di Pace), dove il cittadino può agire senza un avvocato. La difesa in proprio dell’avvocato è una situazione diversa: la parte non è priva di assistenza tecnica, ma coincide con il suo stesso difensore.

Escludere l’obbligo in questo caso, secondo la Corte, sarebbe contrario alla finalità stessa della legge, che è quella di deflazionare il contenzioso attraverso il dialogo tra professionisti. L’avvocato che si difende da sé possiede tutte le competenze per avviare un dialogo negoziale e non può essere sottratto a questo dovere solo perché sceglie di non farsi assistere da un collega.

La Natura del Termine per Avviare la Procedura

Infine, la Corte ha affrontato la questione del termine di 15 giorni assegnato dal giudice. Sebbene tale termine sia da considerarsi ordinatorio e non perentorio, la sua inosservanza non è priva di conseguenze. La condizione di procedibilità, infatti, deve essere soddisfatta prima che il processo possa proseguire. Nel caso specifico, l’avvocato non ha compiuto alcuna attività per avviare la negoziazione entro l’udienza di rinvio, rendendo inevitabile la declaratoria di improcedibilità.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano sulla ratio legis della negoziazione assistita. L’istituto è stato introdotto per favorire la risoluzione stragiudiziale delle controversie, affidando agli avvocati un ruolo centrale di mediatori e negoziatori. Permettere a un avvocato di sottrarsi a questo obbligo solo perché è parte in causa e sceglie di difendersi da sé creerebbe una disparità di trattamento ingiustificata e indebolirebbe l’efficacia dello strumento deflattivo. La Corte ha sottolineato che l’avvocato che agisce in proprio è “contemporaneamente parte e difensore” e, in quanto tale, ha pieni poteri e competenze per gestire anche la fase stragiudiziale della negoziazione, diversamente dalla parte che sta in giudizio senza alcuna assistenza tecnica.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio importante: l’obbligo di esperire la negoziazione assistita per le domande di pagamento fino a 50.000 euro è una regola generale che non ammette eccezioni basate sulla scelta della parte-avvocato di difendersi in proprio. Questa pronuncia serve da monito per tutti i professionisti legali: il rispetto delle condizioni di procedibilità è un requisito fondamentale per la tutela dei propri diritti, anche quando si agisce per il recupero dei propri onorari. La mancata attivazione della procedura stragiudiziale comporta la grave sanzione dell’improcedibilità, con conseguente spreco di tempo e risorse.

Un avvocato che agisce per recuperare i propri compensi professionali deve sempre esperire la negoziazione assistita?
Sì, se la domanda di pagamento è inferiore a 50.000 euro e la materia non rientra tra quelle escluse per legge. La natura dell’attività professionale svolta (civile, penale o amministrativa) non influisce sull’obbligo di avviare la procedura.

L’obbligo di negoziazione assistita vale anche se l’avvocato si difende da solo in giudizio?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la facoltà di un avvocato di difendersi personalmente (art. 86 c.p.c.) non costituisce un’ipotesi di esenzione. L’esenzione è prevista solo per i casi in cui la legge consente alla parte di stare in giudizio senza alcun difensore (art. 82 c.p.c.), situazione diversa da quella del legale che difende sé stesso.

Cosa succede se il giudice assegna un termine per avviare la negoziazione e questo non viene rispettato?
La domanda giudiziale viene dichiarata improcedibile. Secondo la sentenza, anche se il termine assegnato dal giudice è ordinatorio, la condizione di procedibilità deve essere comunque soddisfatta prima dell’udienza di rinvio. La totale inerzia della parte nel promuovere la negoziazione comporta l’improcedibilità dell’azione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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