Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8745 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 8745 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8919/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore ex art. 16sexies del d.l. n. 179 del 2012 conv. con modif. dalla legge n. 221 del 2012 AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO.
-ricorrente-
contro
NOME, in persona del Sindaco pro tempore , elettivamente domiciliat a presso gli uffici dell’Avvocatura Capitolina in NOME INDIRIZZO
DEL TEMPIO DI GIOVE, n. 21, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO.
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NOME n. 3802/2022 depositata il 14/10/2022, R.G. 1157/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli Avvocati NOME COGNOME E NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 3802 del 2022, ha rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME , nei confronti di Roma Capitale, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Roma, in relazione alla statuizione di rigetto dell’impugnazione del licenziamento disciplinare intimatogli con determina dirigenziale n. 1553 del 2020.
2 . La Corte d’Appello ha ritenuto l’autonomia della contestazione posta a fondamento del licenziamento, rispetto a quelle oggetto di precedenti sanzioni disciplinari conservative, disattendendo l’eccezione di ne bis in idem sostanziale.
Ha affermato che la contestazione era tempestiva, tenuto conto del momento del l’effettiva conoscenza da parte dell’RAGIONE_SOCIALE dei fatti di rilevanza disciplinare.
Nel merito, ha statuito che ricorrevano le violazioni contestate.
L’COGNOME aveva tenuto un comportamento che era idoneo a gettare discredito sull’RAGIONE_SOCIALE di appartenenza, dando l’immagine di un dipendente che utilizza informazioni e conoscenze acquisite nell’esercizio delle sue funzioni di pubblico dipendente a
vantaggio dei soggetti privati aventi interessi contrapposti rispetto a quelli dell’RAGIONE_SOCIALE.
Non poteva dubitarsi che fosse definitivamente venuto meno il rapporto fiduciario con l’RAGIONE_SOCIALE, non potendo ipotizzarsi che il Comune potesse ancora confidare nella lealtà di chi aveva dimostrato di avere a cuore più che il buon andamento e l’immagine di imparzialità dell’RAGIONE_SOCIALE, gli interessi privati da sé stesso assistiti.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il lavoratore prospettando due motivi di ricorso, assistiti da memoria.
5 . Resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., art. 59 del CCNL RAGIONE_SOCIALE Locali, nonché artt. 1175 e 1375, cod. civ. Sulla nullità e/o illegittimità del licenziamento intimato nei confronti dell’ingCOGNOME per violazione del divieto di ne bis in idem sostanziale fra procedimenti disciplinari avviati per le medesime condotte.
È censurata la statuizione con la quale la Corte d’Appello ha affermato che la contestazione elevata al lavoratore, posta a base del licenziamento era diversa da quelle oggetto delle sanzioni disciplinari conservative precedenti.
Ricorda che, s econdo la Corte d’Appello , la natura degli addebiti era identica, ma i fatti contestati erano diversi, in quanto erano diverse le singole pratiche di condono che, secondo l’RAGIONE_SOCIALE, l’COGNOME avrebbe illegittimamente curato per conto di privati; si trattava di azioni non collegate e accertate con autonomi procedimenti.
Assume, invece, il ricorrente che, ai fini della valutazione della violazione del principio del ne bis in idem tra procedimenti
disciplinari, rileva la condotta materiale attuata dal lavoratore, che nel caso di specie era connotata da unità e identità, ovvero lo svolgimento dell’attività libero professionale di ingegnere da parte del richiedente, previa dell’autorizzazione dell’RAGIONE_SOCIALE datrice di lavoro.
Alla base dei diversi provvedimenti disciplinari vi era la presunta incompatibilità delle condotte poste in essere dall’AVV_NOTAIOCOGNOME nell’esercizio della prestazione libero professionale , precedentemente autorizzata da Roma Capitale, e posta in essere in seguito alla trasformazione del rapporto di lavoro indeterminato da tempo pieno a tempo parziale.
L’RAGIONE_SOCIALE aveva frazionato le singole condotte che invece facevano parte di un’unica fattispecie complessa e unitaria.
Tutte le pratiche oggetto di contestazione erano già istruite e presenti all’interno di un presunto faldone personale in possesso dell’RAGIONE_SOCIALE capitolina, osteso successivamente solo in seguito ad accesso agli atti, e riguardavano corrispondenza tra il 2012 e il 2015, e dunque conoscibili almeno cinque anni prima della comminazione della prima sanzione disciplinare.
Vi era stata quindi un’unica fattispecie complessa caratterizzata da una pluralità di azioni, per cui doveva attivarsi un unico procedimento disciplinare ex art. 59, comma 2, del CCNL 20162018, RAGIONE_SOCIALE, con l’irrogazione della sanzione più grave che era la sospensione dal servizio fino a un massimo di 6 mesi, ex art. 59, comma 8, lett. e ) del CCNL.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto, ex art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ.: art. 55bis , comma 4, del d.lgs. n.165/2001, artt. 1175 e 1375, cod. civ. Difetto di tempestività dell’azione disciplinare sub specie di conoscenza e conoscibilità dei fatti di rilevanza disciplinare.
Il ricorrente espone come non sarebbe comprensibile che lo stesso corredo probatorio documentale, già conosciuto da Roma Capitale nei precedenti procedimenti disciplinari, avesse potuto fungere nuovamente da presupposto per l’attivazione di un terzo ed ulteriore procedimento disciplinare, in totale difformità dal requisito della tempestività. La presunta riapertura di una verifica documentale relativa ad un faldone personale del lavoratore, tenuto presso l’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE edilizio, atteneva a circostanze già conosciute, secondo il parametro dell’ordinaria diligenza del datore di lavoro, sin dalla prima contestazione disciplinare, risalente al periodo del giugno 2018. Pertanto, il licenziamento intimato era nullo.
I suddetti motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati.
3.1. Va premesso che in materia di rapporto di lavoro costituisce principio del tutto consolidato quello per cui il potere disciplinare non consenta di essere reiterato, per il medesimo fatto, una volta già esercitato mediante applicazione di una sanzione (Cass. 23 ottobre 2018, n. 26815) e ciò anche se la prima sanzione sia minore a quella poi risultata applicabile sulla base di ulteriori circostanze, anche se sopravvenute (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27657, con riferimento proprio al sopravvenire di condanna penale), con la sola eccezione dell’annullamento della prima sanzione per ragioni procedurali o formali (Cass. 30 luglio 2019, n. 20519; Cass. 19 marzo 2013, n. 6773) e sempre che non siano maturate altre decadenze a carico della parte datoriale.
Ciò, in quanto non è consentito (in linea con quanto affermato dalla Corte EDU, sentenza 4 marzo 2014, COGNOME ed altri contro Italia, che ha affermato la portata generale, estesa a tutti i rami del diritto, del principio del divieto di ” ne bis in idem “), per il
principio di consunzione del potere disciplinare, che una identica condotta sia sanzionata più volte a seguito di una diversa valutazione o configurazione giuridica.
Ai fini del ne bis in idem occorre, dunque, avere riguardo al criterio della identità sostanziale dei fatti oggetto dei diversi procedimenti instaurati, indipendentemente cioè dalla diversa qualificazione attribuita ai fatti stessi dall’organo giudiziario che li ha valutati (cfr., Cass. n. 27657 del 2018).
Va anche ricordato che, come affermato da Cass., n. 429 del 2019 (che richiama Cass., n. 3622 del 2018) l’applicazione della regola generale – secondo la quale dipendenti con rapporto part-time entro il 50% dell’orario ordinario possono svolgere un’altra attività lavorativa, sia come dipendenti (ma non con una RAGIONE_SOCIALE pubblica), sia come lavoratori autonomi o professionisti (salvo il particolare regime vigente per gli avvocati), presuppone che: a) tali attività non comportino un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio del dipendente, pregiudicando l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente; b) l’interessato comunichi tempestivamente all’RAGIONE_SOCIALE di appartenenza il tipo di attività privata che intende svolgere (il che agevola il controllo in merito al conflitto di interessi).
3.2. Nella lettera di licenziamento irrogato al lavoratore, riportata dalla Corte d’Appello , si indica, tra l’altro che ‘a seguito di una verifica documentale svolta presso l’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, è stato rinvenuto un faldone appositamente dedicato alla S.V., contenente una copiosa documentazione in ordine a molteplici aspetti del rapporto lavorativo prestato dalla S.V. presso il RAGIONE_SOCIALE. ln particolare, sono state rinvenute diverse lettere a firma della S.V., che in ragione dell’incarico ricoperto si era occupata per lungo tempo delle istanze di condono del RAGIONE_SOCIALE,
oggetto di un annoso contenzioso per interventi abusivi realizzati all’interno della Riserva statale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE X Municipio, per le quali nei mesi scorsi la S.V. ha assunto l’incarico di tecnico di parte, sollecitandone la loro lavorazione ‘ .
3.3. La Corte d’Appello ha affermato che la contestazione elevata a carico del ricorrente e posta a base del licenziamento era diversa da quelle oggetto delle due sanzioni disciplinari conservative, che pure richiama in sentenza.
La natura degli addebiti era indubbiamente identica, ma i fatti contestati erano diversi, vale a dire erano diverse le singole pratiche di condono che, secondo l’RAGIONE_SOCIALE, il lavoratore avrebbe illegittimamente curato per conto di privati, mentre era responsabile del relativo RAGIONE_SOCIALE.
La medesimezza del tipo di addebito (l’aver indebitamente curato pratiche di condono) non valeva a far venir meno l’autonomia di ciascuna delle condotte contestate.
In sostanza, al lavoratore è stato addebitato di aver posto in essere più volte comportamenti contrari ai suoi doveri di ufficio e per ciascuna delle condotte contestate, diverse l’una dall’altra, ancorché di analoga natura, è stato sanzionato.
Né poteva trovare applicazione l’art. 59, comma 2 , del CCNL 2016/2018 RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Locali, atteso che la disposizione si riferisce a più illeciti commessi con un’unica azione o omissione ovvero a più azioni o omissioni collegate e accertate con un unico procedimento, mentre nella specie si tratta di più azioni nient’affatto collegate (perché ogni pratica di condono è attivata da un distinto soggetto richiedente e ha a oggetto una distinta unità immobiliare) e accertate con più autonomi procedimenti.
3.4. Sulla scorta delle premesse che hanno escluso l’identità della condotta oggetto delle diverse sanzioni disciplinari, deve ritenersi l’infondatezza del la censura di violazione del principio del
ne bis in idem sostanziale, atteso che la valutazione operata dai giudici di appello sul contenuto delle tre sanzioni disciplinari, richiamate nella sentenza di appello, e sulla loro diversità sostanziale appare un corretto ed esaustivo accertamento che, avuto riguardo alle ragioni addotte si sottrae alle censure sollevate con il motivo di ricorso.
Né può dolersi il ricorrente dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta. Questa Corte, ancora recentemente (cfr., ex aliis , Cass. n. 5490 del 2022), ha chiarito che non integra il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta, in funzione delle risultanze di causa, attività rientrante tipicamente nella valutazione del giudice del merito e, in quanto tale, estranea all’ambito interpretativo e applicativo della norma di legge.
3.5. Un riesame del merito non può esperirsi neanche attraverso la censura della violazione degli artt. 115 e 116, cod. proc. civ.
La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che, in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione dei citati articoli non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (si v., Cass. n. 1229 del 2019; Cass. n. 27000 del 2016) situazioni, queste ora indicate, non ravvisabili nella specie.
Quanto all’ immediatezza della contestazione e alla tempestività della irrogazione della sanzione disciplinare, è evidente
che essi devono essere intesi in senso relativo, nel senso che la tempestività può essere compatibile con un intervallo di tempo necessario, in relazione al caso concreto e alla complessità dell’organizzazione del datore di lavoro, ad una adeguata valutazione della gravità dell’addebito mosso al dipendente ed alla validità o meno delle giustificazioni da lui fornite; e l’accertamento al riguardo compiuto dal giudice di merito è insindacabile in cassazione, ove adeguatamente motivato (Cass., n. 16841 del 2018).
Si è precisato con riguardo all’impiego pubblico che ai fini della decorrenza del termine perentorio previsto per la contestazione dell’addebito dall’art. 55bis , comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001, assume rilievo esclusivamente il momento in cui l’ufficio competente abbia acquisito una “notizia di infrazione” di contenuto tale da consentire allo stesso di dare, in modo corretto, l’avvio al procedimento mediante la contestazione.
È necessaria, quindi, una notizia “circostanziata” dell’illecito, ovvero una conoscenza certa, da parte dei titolari dell’azione disciplinare, di tutti gli elementi costitutivi dello stesso (si v., Cass., n. 16706 del 2018, n. 9313 del 2021), che la Corte d’Appello ha accertato essersi verificata nella specie allorché il Direttore della struttura aveva rinvenuto un faldone dedicato al ricorrente e aveva inviato la segnalazione.
Di talché la censura dell’accertamento dell’effettiva conoscenza da parte dell’RAGIONE_SOCIALE delle condotte contestate si sostanzia nella richiesta di un riesame nel merito, inammissibile in sede di legittimità in ragione dei principi sopra richiamati.
Il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, spese generali in misura del 15%, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 09/1/2024.