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Natura giuridica IPAB: la forma del contratto

Un Comune, successore di un’IPAB estinta, ricorre in Cassazione contro la condanna al pagamento di un professionista. La questione centrale è la natura giuridica IPAB: se pubblica, i contratti richiedono la forma scritta, se privata no. La Corte d’Appello aveva ritenuto l’ente privato. La Cassazione, data l’importanza della questione e l’assenza di precedenti, ha rinviato la causa a pubblica udienza per una decisione approfondita.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Natura giuridica IPAB: la forma scritta del contratto è sempre necessaria?

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, ha rimesso a una pubblica udienza una questione di fondamentale importanza: la natura giuridica IPAB (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza) e le sue implicazioni sulla forma dei contratti stipulati con privati. La decisione evidenzia la mancanza di precedenti specifici e la necessità di un’analisi approfondita su un tema che tocca numerosi enti caritatevoli in Italia. Il caso nasce dalla richiesta di pagamento di un professionista nei confronti di un’IPAB, poi estinta e succeduta da un Comune.

I fatti di causa: dalla richiesta di pagamento all’appello

La vicenda ha origine quando un geometra ottiene un decreto ingiuntivo per oltre 55.000 euro contro un’IPAB, a titolo di compenso per attività professionali svolte. L’ente si oppone, sostenendo la nullità del rapporto contrattuale per difetto di forma scritta, ritenuta necessaria ad substantiam in quanto ente pubblico. La Corte d’Appello, tuttavia, ribalta la decisione di primo grado. I giudici di secondo grado qualificano l’IPAB come ente di natura privata, basandosi sui criteri stabiliti da un D.P.C.M. del 1990: carattere associativo, amministrazione privata e ispirazione religiosa. Di conseguenza, la Corte d’Appello conclude che la forma scritta non era necessaria, condannando l’ente al pagamento. Il Comune, subentrato all’IPAB estinta, decide di portare la questione davanti alla Corte di Cassazione.

Il dibattito sulla natura giuridica IPAB in Cassazione

Il ricorso del Comune si basa su diversi motivi, tutti incentrati sulla corretta qualificazione giuridica dell’ente al momento del conferimento degli incarichi professionali (tra il 1997 e il 2002). I punti chiave sollevati sono:

* Violazione delle leggi storiche: Il ricorrente sostiene che, all’epoca dei fatti, erano ancora in vigore normative (come la Legge Crispi del 1890 e i regolamenti attuativi) che imponevano la forma scritta per i contratti conclusi dalle IPAB.
* Necessità di autorizzazione: Per contratti di importo superiore a una certa soglia (all’epoca 500 Lire), era richiesto il consenso preventivo della Giunta amministrativa dell’ente.
* Permanenza dei requisiti di privatizzazione: La natura privata di un’IPAB non sarebbe automatica, ma subordinata a un accertamento continuo della permanenza dei requisiti, come il carattere associativo e l’amministrazione privata.

Il Comune ha inoltre richiamato una storica sentenza della Corte Costituzionale (n. 396/1988) che aveva dichiarato incostituzionali alcune parti della Legge Crispi, proprio per tutelare l’autonomia delle istituzioni private.

Le motivazioni dell’ordinanza interlocutoria

La Corte di Cassazione non ha deciso nel merito della controversia, ma ha emesso un’ordinanza interlocutoria. I giudici hanno riconosciuto che le questioni sollevate dal ricorso sono di “particolare importanza”. Il cuore del problema, infatti, non riguarda solo il singolo caso, ma investe la natura stessa degli enti di beneficenza e, di conseguenza, le regole formali che devono seguire nei loro rapporti con i privati. La Corte ha sottolineato come non esistano precedenti specifici sull’argomento, rendendo necessaria una riflessione più ampia e approfondita. Per questo motivo, invece di decidere in camera di consiglio, ha disposto il rinvio della causa alla pubblica udienza, dove il dibattito potrà essere più completo e la decisione finale avrà un peso maggiore.

Le conclusioni: un rinvio cruciale per il futuro delle IPAB

In conclusione, l’ordinanza della Cassazione sospende il giudizio per aprire un capitolo fondamentale sulla disciplina delle IPAB. La futura sentenza, che verrà emessa dopo la pubblica udienza, farà chiarezza su un punto nevralgico: quando un’istituzione di assistenza e beneficenza deve essere considerata un ente pubblico, con tutti gli oneri formali che ne derivano (come la forma scritta per i contratti), e quando può agire come un soggetto privato. Questa decisione avrà implicazioni pratiche significative per innumerevoli enti in tutta Italia, definendo le regole per la validità dei loro rapporti contrattuali e la gestione delle loro attività.

Qual è la questione giuridica principale affrontata dalla Cassazione in questa ordinanza?
La questione principale è se un’IPAB (Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza) debba essere considerata un ente pubblico o privato e, di conseguenza, se i contratti che stipula con terzi, come i professionisti, richiedano la forma scritta per essere validi (requisito ad substantiam).

Perché la Corte d’Appello aveva dato ragione al professionista?
La Corte d’Appello aveva stabilito che l’IPAB in questione avesse natura privata, sulla base dei criteri previsti dal D.P.C.M. 16/02/1990 (carattere associativo, amministrazione privata, ispirazione religiosa). Essendo un ente privato, non era soggetta all’obbligo della forma scritta per i contratti, rendendo valido l’incarico conferito al professionista e dovuto il suo compenso.

Qual è stata la decisione della Corte di Cassazione e perché?
La Corte di Cassazione non ha emesso una decisione definitiva sul caso. Ha emesso un’ordinanza interlocutoria con cui ha rinviato la causa alla pubblica udienza. Ha preso questa decisione perché ha ritenuto la questione della natura giuridica delle IPAB e della forma dei loro atti di “particolare importanza” e ha constatato l’assenza di precedenti specifici, rendendo necessario un esame più approfondito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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