Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19719 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19719 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22204/2021 R.G. proposto da :
COGNOME IvanCOGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME congiuntamente e disgiuntamente all ‘Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale legale
-ricorrente-
contro
Ministero dell ‘ istruzione e del merito, Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore -intimati- avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 150/2021 depositata il 03/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Salerno ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME, dipendente del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, avverso la sentenza di primo grado, che aveva pure respinto la domanda avanzata per l’accertamento del diritto ad ottenere «ex art. 30, 33 dl.gs. 165/2001 e art. 4 comma 3 bis del Dl 31.08.2013 n. 101, l’avvio della procedura di mobilità obbligatoria e/o la sentenza costitutiva di cessione del
rapporto di lavoro ex art. 1406 c.c., ex art. 4 DL 101/2013, e art. 33 comma 7 e 30 D.lgs 165/2001» con inquadramento nel profilo di collaboratore scolastico.
La Corte territoriale, in sintesi, ha ritenuto assorbente rispetto ad ogni altra considerazione l’inapplicabilità del d .lgs. n. 165 del 2001 in ragione della natura di ente pubblico economico del Consorzio in questione, natura desunta dalle previsioni statutarie, con particolare riferimento alla possibilità di compiere operazioni immobiliari, industriali e commerciali, senza richiamare le disposizioni di legge gli enti locali.
Il ricorso domanda la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi.
Il Ministero dell’istruzione e del merito è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto e in particolare degli artt. 1362, 1363 e 1364 c.c., dell’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 2 , comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000, dell’ art. 1, commi 47, 95, 97 e 101, nonché degli artt. 10, 11 e 12 delle disposizioni sulla legge in generale, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3. c.p.c.
1.1. La censura, nei termini prospettati, si rivela inammissibile.
Premesso che, nella specie, il ricorrente invoca il diritto alla mobilità ex art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, il motivo intende sostenere che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, il Consorzio è ente pubblico non economico perché partecipato unicamente da enti locali, aggiungendo che le disposizioni statutarie sono tutte nel senso della gestione con carattere privo delle caratteristiche proprie dell’imprenditorialità. In questo senso, si assume che la Corte territoriale avrebbe errato nella interpretazione dello Statuto e nel valorizzare il mancato richiamo al testo unico degli enti locali, applicabile a prescindere dalle previsioni statutarie, svolgendo ulteriori argomentazioni a sostegno, nel merito, della domanda.
Le censure così proposte in relazione all’accertamento svolto dai giudici d’appello in ordine alla natura del Consorzio sono inammissibili, come già ritenuto da questa Corte (Cass. Sez. L, 13/02/2024, n. 3944). In particolare, nel citato precedente è stata richiamata la giurisprudenza già consolidata di questa Corte, a mente della quale la struttura degli enti consortili è suscettibile di atteggiarsi diversamente a seconda dell’attività espletata con riferimento agli scopi statutari dell’Ente -potendo quest’ultimo rientrare, a certe condizioni , anche fra le amministrazioni pubbliche previste dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 ed è stato chiarito che l’indagine rivolta a stabilire se un ente pubblico sia o meno economico deve essere compiuta tenendo presente la disciplina legale e statutaria che ne regola l’attività con riferimento agli scopi dell’ente medesimo. La riconducibilità della qualificazione della natura del consorzio alla disciplina legale o, alternativamente, alla disciplina statutaria comporta tuttavia una significativa differenza, avendo questa Corte (Cass. Sez. L, 09/12/2020, n. 28060 ) già chiarito che, se, da un lato, l’attività ricostruttiva della natura giuridica di un ente è compito del giudice di legittimità che vi provvede, anche d ‘ ufficio, in ossequio al principio iura novit curia , laddove tale natura fondi la propria essenza in disposizioni di legge (operazione, questa, che non trova limite, pertanto, in differenti prospettazioni o posizioni delle parti), dall’altro lato, quando la natura dell’ente abbia le r adici in atti dell’autonomia delle persone, il compito del giudice di legittimità risulta circoscritto a quanto ritualmente allegato in causa, nel rispetto degli oneri di cui all ‘ art. 366 c.p.c. Ciò in quanto le disposizioni dei regolamenti interni e degli statuti degli enti pubblici non hanno valore normativo con la duplice conseguenza che ad essi non risulta applicabile il principio iura novit curia (Cass. Sez. 3, 20/12/2019, n. 34158) e che, conseguentemente, in sede di legittimità risulta denunciabile ai sensi dell ‘ art. 360, n. 3), c.p.c. soltanto la violazione o falsa applicazione dei criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c. (Cass. Sez. L, 20/11/2017, n. 27456).
Nella specie, la natura di ente pubblico economico è stata ravvisata dalla Corte d’appello in base alle disposizioni statutarie e le censure, pur
denunciando formalmente la violazione dei canoni di ermeneutica con riferimento allo statuto, nella sostanza si limitano a prospettare un’interpretazione alternativa , senza indicare le ragioni per le quali la sentenza impugnata si sarebbe discostata da quei canoni (fra molte, Cass. Sez. 3, 28/11/2017, n. 28319).
Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., denunciando l’apparenza della motivazione addotta in ordine alla ritenuta natura di ente pubblico economico in base alle disposizioni statutarie.
2.1. Il motivo, nei termini formulati, è inammissibile, in quanto, in seguito alla riformulazione dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall ‘ art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall ‘ art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (fra molte, Cass. Sez. 1, 03/03/2022, n. 7090).
Nella specie la motivazione non è apparente né mancante e la censura è sviluppata in base al testo dello Statuto del Consorzio.
3 . Con il terzo mezzo si deduce l’ omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., con riferimento al mancato esame delle clausole statutarie dalle quali emergerebbe la natura di ente pubblico non economico del Consorzio.
3.1. La censura è inammissibile solo che si consideri – in disparte i rilievi già svolti in ordine ai precedenti motivi -che l’omesso esame non attiene ad un fatto storico bensì ad una valutazione resa dal giudice di merito in ordine alle risultanze processuali (v. Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892).
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, in assenza di attività difensiva da parte del Ministero.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 04/06/2025.