Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19347 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 19347 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 20568/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME c.f. LNZNNA46A61C469D, COGNOME NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME
contro
RAGIONE_SOCIALE c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME controricorrente
avverso la sentenza n.905/2020 della Corte d’Appello di Bologna, depositata il 4-3-2020, udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3-72025 dal consigliere NOME COGNOME
udito il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso,
OGGETTO:
mutuo
RG. 20568/2020
P.U. 3-7-2025
uditi l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per i ricorrenti e l’avv. NOME COGNOME per la controricorrente
FATTI DI CAUSA
1.Con atto di citazione notificato il 10-10-2013 NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto avanti il Tribunale di Ferrara opposizione al decreto ingiuntivo che aveva condannato NOME COGNOME come debitrice principale e NOME COGNOME come garante a pagare alla Cassa di Risparmio di Cento s.p.a. tramite la procuratrice speciale Guber s.p.a. l’importo di Euro 50.742,86 oltre interessi e spese, quale saldo negativo del conto corrente accesso presso la Cassa di Risparmio di Cento e garantito da ipoteca.
Gli opponenti hanno dedotto di avere stipulato con la banca nel corso del tempo cinque contratti di mutuo, uno nel 1990, uno nel 1995, due nel 1998 e l’ultimo nel 2000 , quale mutuo ipotecario per £.900.000.000 con contestuale apertura di credito su conto corrente, sulla base del quale Guber s.p.a. aveva proposto il ricorso per decreto ingiuntivo. Hanno denunciato l’illegittimità del comportamento della banca, consistito nel l’ avere concesso mutui sempre regolati su conti correnti ipotecari che servivano a pagare il debito maturato per capitale e interessi, in quanto la banca aveva solo apparentemente erogato le somme, posto che le somme non erano mai uscite dalle casse dell’asserita mutuante ma erano state utilizzate quale pagamento dei mutui e delle aperture di credito precedenti. Hanno lamentato altresì la violazione dell’art. 1283 cod. civ., il superamento del tasso soglia per l’usura e hanno sostenuto di essere creditori della Banca.
Si è costituita RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto dell’opposizione e alla causa è stata riunita la causa promossa da RAGIONE_SOCIALE a seguito dell’opposizione ex art. 615 co. 2 cod. proc. civ. proposta da COGNOME e COGNOME a cui aveva fatto seguito il provvedimento del giudice
dell’esecuzione del Tribunale di Ferrara che aveva sospeso la procedura di espropriazione fondata sul contratto di mutuo concluso il 29-112000; in tale causa le parti avevano riproposto le deduzioni svolte nella causa di opposizione al decreto ingiuntivo.
Il Tribunale di Ferrara con sentenza n. 195/2016 depositata il I-32016 ha revocato il decreto ingiuntivo opposto, ha condannato in solido NOME COGNOME e NOME COGNOME a pagare a Guber s.p.a. Euro 35.262,69 oltre interessi dalla notifica del decreto ingiuntivo; in parziale accoglimento dell’opposizione all’esecuzione, ha limitato l’efficacia del titolo esecutivo azionato all’importo di Euro 518.811,53, regolando altresì le spese di causa e di c.t.u.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto appello, che la Corte d’appello di Bologna ha integralmente rigettato con sentenza n. 905/2020, pubblicata il 4-3-2020, condannando gli appellanti alla rifusione delle spese del grado.
Per quanto rileva in relazione ai motivi di ricorso proposti, la sentenza:
-ha ritenuto infondate le deduzioni sulla nullità del contratto di mutuo per mancata erogazione della somma; posto che l’accredito sul conto corrente equivaleva alla consegna prevista dall’art. 1813 cod. civ., ha dichiarato che la documentazione prodotta, mai contestata sotto tale profilo, dimostrava che le somme di denaro erano state accreditate sul conto corrente; il fatto che la somma mutuata fosse stata poi utilizzata dalla Banca per estinguere il mutuo precedente non escludeva l’avvenuta co nsegna e dim ostrava l’esistenza di una causa concreta del negozio, che era servito al debitore a ripianare le passività pregresse;
-ha confermato l’irrilevanza della querela di falso riproposta in appello perché l’utilizzazione delle somme mutuate per estinguere altri debiti non escludeva la consegna delle stesse somme;
-ha dichiarato che le prove orali riproposte erano superflue, in quanto i capitoli avevano a oggetto la circostanza che la somma mutuata era stata immediatamente riaccreditata nella disponibilità della Banca per pagare i precedenti debiti e per dimostrare le altre circostanze oggettive risultanti dagli atti e documenti di causa, mentre l’affermazione sulla legittimità o meno di tale condotta atteneva agli argomenti difensivi e non era un fatto da provare; per le stesse ragioni non era rilevante il giuramento decisorio, peraltro proposto con formulazione inammissibile;
-era infondata anche la questione della nullità del mutuo per vizio della causa in concreto, in quanto il fatto che l’importo erogato fosse stato utilizzato per estinguere i precedenti debiti ipotecari era legittimo e non privava il mutuo della sua causa in concreto; il mutuo fondiario non era mutuo di scopo perché nessuna disposizione imponeva una specifica destinazione del finanziamento e i precedenti debiti estinti avevano la medesima garanzia ipotecaria, per cui non ricorreva neppure l’ipotesi di frode ai creditori e di revocabilità dell’atto; quindi, non rilevava il precedente di Cass. 20896/2019 richiamato dagli appellanti, perché le fattispecie erano diverse, non potendosi equiparare la scelta di COGNOME e COGNOME di impiegare le somme mutuate per estinguere i loro debiti precedenti, al fine di mantenere il rapporto con la Banca, all’accordo intervenuto tra un debitore insolvente e la Banca volto a frodare i creditori privi di cause di prelazione;
-in ordine alla quantificazione del dovuto, non poteva essere accolta la tesi degli appellanti di considerare tutti i rapporti come un’unica operazione e la Banca aveva tempestivamente sollevato eccezione di prescrizione con riferimento ai contratti chiusi prima del 2000;
-il c.t.u. aveva verificato, quanto al rapporto di conto corrente con garanzia ipotecaria, la mancanza di superamento del tasso soglia; con riguardo ai mutui, aveva riscontrato per quello del 1990 e del 1995 superamenti, per alcune rate, del TAEG, mentre nessun superamento del TAEG aveva riscontrato al momento della conclusione del contratto di mutuo ipotecario del 2000, con superamento in corso di rapporto per alcune rate pagate e mai per il tasso di mora;
-erano irrilevanti le censure, estremamente generiche, di omessa pronuncia su una serie di questioni, tutte funzionali alla tesi degli appellanti, in radice riconosciuta infondata, quale l’omessa pronuncia sull’accertamento dell’usura in concreto, con declaratoria di nullità di tutti i mutui (senza valutare la prescrizione già decorsa);
-erano da condividere le affermazioni della Banca appellata sul fatto che il superamento del tasso soglia in alcuni periodi, non essendo stato ab origine il tasso usurario, era irrilevante, non essendo configurabile l’usura sopravvenuta, ma la Banca aveva insistito solo nel rigetto dei motivi di appello.
3.Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di nove motivi.
3.1.Con il primo motivo, intitolato ‘ nella prima parte, nullità del procedimento e conseguentemente della sentenza ex artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.; nella seconda parte, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1813 c.c., 117 T.U.B. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ , i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per avere dichiarato che la decisione di impiegare le somme mutuate per estinguere i debiti precedenti era stata una libera scelta al fine di mantenere il rapporto con la Banca, in quanto essi avevano sempre dedotto che mancava la prova degli atti di disposizione del denaro solo apparentemente erogato; pertanto la Corte d’appello avrebbe dovuto spiegare da dove avesse ricavato che
le operazioni erano state volute e autorizzate dai ricorrenti. Quindi i ricorrenti hanno sostenuto che la sentenza abbia erroneamente escluso la rilevanza del precedente di Cass. 20896/2019, perché anche in questo caso non è avvenuto alcun trasferimento di proprietà ma una semplice operazione contabile, definita tecnicamente dalla Banca ‘operazione di giro’ , con la quale la Banca ha utilizzato le somme per estinguere i finanziamenti pregressi dei correntisti, in assenza di alcuna istruzione in tal senso; hanno sostenuto che il mero accredito sul conto corrente, a cui consegua l’immediata riappropriazione autonoma delle somme da parte della Banca mutuante, impediva di fare ritenere acquisita la disponibilità delle somme in capo al mutuatario, in quanto nel caso di specie l’operazione non risultava autorizzata dai ricorrenti.
3.2.Con il secondo motivo, intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2730 e dell’art. 1852 c.c. in relazione all’art. 1813 c.c. e degli artt. 112 e 342 c.p.c. -nullità del procedimento e/o della sentenza -art. 360 n. 4’ , i ricorrenti hanno evidenziato che l’estratto conto del 31-122000 qualificava come ‘operazione di giro’ quell a che la Corte d’appello aveva erroneamente ritenuto mutuo; hanno sostenuto che, essendo stata da loro posta la questione, la Corte d’appello avrebbe dovuto prendere posizione sul problema della valenza dell’affermazione contenuta nel documento e, ritenendola come ammissione di un fatto a sé sfavorevole, cioè come ammissione di non avere mai messo a effettiva disposizione di NOME COGNOME le somme oggetto del mutuo inesistente, avrebbe dovuto accogliere l’impugnazione.
3.3.Con il terzo motivo i ricorrenti hanno dedotto ‘ nullità del procedimento e della sentenza per omessa pronuncia o quanto meno per pronuncia apparente su motivo di impugnazione, con conseguente violazione degli artt. 112 o 132 c.p.c. in entrambi i casi in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. da cui è deriva ta la violazione e/o falsa
applicazione della L. 7 marzo 1996′. Hanno evidenziat o che nell’atto di citazione in appello avevano censurato la sentenza di primo grado per non avere considerato che il quinto mutuo stipulato nel 2000 aveva un tasso di mora superiore al tasso soglia già al momento della stipula, in quanto il tasso di mora era delll’11,20000%, all’epoca il tasso medio per le operazioni similari era del 6,63%, con conseguente superamento del tasso soglia pari a 9,95% (6,63×1,5). Hanno rilevato che la Corte d’appello non ha considerato la censura, per il fatto che il consulente d’ufficio aveva maggiorato la soglia del 2,1% come stabilito dalla Banca d’Italia, dichiarando che il tasso soglia di mora era del 13,10, creando un tasso soglia ad hoc per gli interessi di mora, in termini illegittimi secondo la pronuncia di Cass. 27442/2018.
3.4.Con il quarto motivo i ricorrenti hanno dedotto ‘ nullità del procedimento e della sentenza per omessa pronuncia o quanto meno per pronuncia apparente su motivo di impugnazione, con conseguente violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. in entrambi i casi in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., da cui è derivata la violazione e/o falsa applicazione della L. 7 marzo 1996 n. 108 e dell’art. 644 c.p. e degli artt. 1815 e 2909 c.c.’. Hanno rilevato che la sentenza impugnata, sulla base della c.t.u., ha riscontrato nel corso del rapporto di cui al quinto mutuo concluso nel 2000 il superamento del tasso soglia e hanno evidenziato che nell’atto di appello gli appellanti avevano sostenuto che tale superamento avrebbe dovuto comportare l’applicazione dell’art. 1815 co. 2 cod. civ. con esclusione della debenza degli interessi per tutto il rapporto e non solo per i due trimestri individuati dal consulente d’ufficio; aggiungen do che RAGIONE_SOCIALE non aveva proposto appello incidentale avverso la pronuncia di primo grado, hanno lamentato che la sentenza impugnata abbia trascurato le loro deduzioni, in quanto sull’accertamento dell’avvenuto superamento del tasso soglia era sceso il giudicato; hanno sostenuto che ciò
comportava che il mutuo doveva definitivamente essere considerato usurario e hanno lamentato che la Corte d’appello a bbia omesso di statuire sul motivo di appello con il quale si chiedeva l’azzeramento di tutti gli interessi applicati al rapporto contrattuale.
3.5.Con il quinto motivo i ricorrenti hanno dedotto ‘ violazione dell’art. 112 e degli artt. 342 e 343 c.p.c., dell’art. 2934 e dell’art. 2947, comma 3 c.c. e dell’art. 644, commi nn. 1 e 3 e dell’art. 644 ter c.p. -nullità della sentenza -art. 360 n . 3 e 4’. Hanno rilevato che avevano chiesto di accertare l’usura in concreto, e cioè l’istituto previsto dall’art. 644 co.3 cod. pen.; esponendo il contenuto degli atti nei quali avevano proposto la questione, hanno lamentato che la sentenza abbia dichiarato irrilevanti le loro deduzioni, incorrendo anche nella violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. ; hanno dichiarato che le deduzioni avrebbero dovuto essere esaminate nel merito, non essendo rilevante la questione della prescrizione, sia perché essi non avevano proposto domanda di restituzione ma si erano limitati a eccepire l’esistenza di rapporto usurario, sia perché l’eccezione di prescrizione era stata formulata dalla controparte con riguardo ai contratti conclusi prima del 2000 e perciò non con riguardo all’ultimo mutuo, sia perché il reato di usura non era prescritto, dovendosi fare riferimento al giorno dell’ultima riscossione di interessi e capital e e al termine di prescrizione del reato di quindici anni, sia perché l’eccezione di prescrizione era stata rigettata dal giudice di primo grado con pronuncia non oggetto di impugnazione della controparte.
3.6.Con il sesto motivo i ricorrenti hanno dedotto ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 342 c.p.c. Art. 360, n. 4 c.p.c., con conseguente nullità del procedimento e della sentenza’; hanno evidenziato di avere chiesto la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui non aveva considerato la circostanza che la Banca aveva calcolato gli interessi anche sulla somma di £.2.900.000 che la
Banca aveva trattenuto a titolo di spese e non aveva perciò certamente erogato; hanno lamentat o l’omessa pronuncia sulla questione che, nonostante la modestia, avrebbe dovuto essere oggetto di vaglio.
3.7.Con il settimo motivo i ricorrenti hanno dedotto ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 233 c.p.c. e degli artt. 1418, 1421, 1813 e 2736 c.c. Art. 360, n. 3 e n. 4 c.p.c. con conseguente nullità del procedimento e della sentenza’; hanno lamentato che non sia stato ammesso il giuramento decisorio, da loro ritualmente deferito alla controparte, in quanto la formula del giuramento era conforme a quella ritenuta corretta da Cass. 26027/2014 e i capitoli avrebbero dovuto essere ammessi in quanto idonei a definire la controversia.
3.8. Con l’ottavo motivo i ricorrenti hanno dedotto ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 221 c.p.c. e dell’art. 2700 c.c. Art. 360 n. 4 c.p.c. con conseguente nullità del procedimento e della sentenza’ ; hanno lamentato che non sia stata ammessa la querela di falso avente a oggetto il contenuto dell’atto notarile ‘contratto di mutuo fond i ario’ del 29-112000 da loro prodotto con l’atto di opposizione al decreto ingiuntivo e prodotto da Guber s.p.a. quale titolo fondante la procedura esecutiva. Hanno evidenziato che la sentenza impugnata, al fine di ritenere la consegna delle somme, ha fatto riferimento alla documentazione bancaria e alla quietanza sottoscritta davanti al notaio, contro i quali la querela di falso era diretta.
3.9.Con il nono motivo i ricorrenti hanno dedotto ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. Art. 360 n. 3 c.p.c.’ e hanno evidenziato che la sentenza di primo grado, avendo accertato il superamento del tasso soglia rilevante ai fini dell’integrazione del reato di usura per alcuni periodi, aveva disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica, per gli accertamenti che avesse ritenuto di svolgere in ordine alla configurabilità del reato di usura; hanno rilevato che nell’atto di appello avevano chiesto di correggere la sentenza di
primo grado, laddove non aveva fatto conseguire da tale dato il risarcimento del danno derivante dal reato di usura; hanno lamentato che la sentenza impugnata, esprimendo condivisione alle deduzioni della Banca appellata, non abbia considerato che sulla questione dell’usura sussisteva giudicato, in mancanza di impugnazione della Banca.
4.RAGIONE_SOCIALE, già denominata RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice speciale di Cassa di Risparmio di Cento s.p.a., ha resistito con controricorso.
5.Il ricorso è stato avviato alla trattazione per la pubblica udienza del 4-72024 e, all’esito di quell’udienza, con ordinanza interlocutoria n. 18903/2024 depositata il 10-7-2024 il Collegio ha rimesso gli atti alla Prima Presidente per l’eventuale asseg nazione della causa alle Sezioni Unite al fine della decisione delle questioni relative al cosiddetto ‘ mutuo solutorio ‘ .
6.Con sentenza n. 5841/2025 depositata il 5-3-2025 le Sezioni Unite di questa Corte hanno posto i seguenti principi di diritto: il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si v erifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale. Anche ove si verifichi tale destinazione, il contratto di mutuo (c.d. mutuo solutorio), in presenza dei requisiti previsti dall’art. 474 cod. proc. civ., costituisce valido titolo esecutivo.
Sulla base dei principi di diritto enunciati, le Sezioni Unite hanno rigettato il primo, il secondo, il settimo e l’ottavo motivo di ricorso, rimettendo la causa alla Seconda Sezione Civile per la decisione degli altri motivi.
7.In prossimità della pubblica udienza del 3-7-2025 per la quale la causa è stata fissata, il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni e hanno depositato memoria illustrativa entrambe le parti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.A seguito della sentenza delle Sezioni Unite, si deve procedere in questa sede alla disamina del terzo, quarto, quinto, sesto e nono motivo di ricorso.
2.Il terzo motivo è fondato, per non avere la sentenza impugnata esaminato la questione del superamento, da parte del tasso di mora pattuito nel contratto di mutuo concluso nel 2000, al momento della conclusione del contratto, del la soglia prevista per integrare l’usura .
La sentenza impugnata non ha esaminato la questione sulla base del presupposto che il c.t.u. non avesse rilevato alcun superamento, ma n on risulta che l’operazione fosse stata eseguita dal c.t.u. in conformità ai principi enunciati da Cass. Sez. U 18-9-2020 n. 19597 (Rv. 658833-01), che perciò dovranno essere applicati dal giudice del rinvio. Le Sezioni Unite hanno statuito che la mancata ricomprensione degli interessi moratori nell’ambito del Tasso effettivo globale medio -T.e.g.m.non preclude l’applicaz ione dei decreti ministeriali di cui all’art. 2 co.1 legge 7 -3-1996 n.108, ove questi contengano la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali; hanno dichiarato che, in tale ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m. incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal
quarto comma dell’art. 2 medesimo; invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l’indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà eseguita tra il Tasso effettivo globale T.e.g.- del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il T.e.g.m. così come rilevato nei suddetti decreti (nello stesso senso, Cass. Sez. 3 13-6-2024 n. 16526 Rv. 671298-02). Inoltre, secondo quanto enunciato dalle Sezioni Unite, dall’eventuale accertamento dell’usurarietà discende l’applicazione dell’art. 1815 co. 2 cod. civ., di modo che gli interessi moratori non sono dovuti nella misura usuraria pattuita, bensì in quella degli interessi corrispettivi lecitamente convenuti in applicazione dell’art. 1224 co. 1 cod. civ.
3.Il quarto motivo è infondato, in quanto è erronea in diritto la tesi dei ricorrenti secondo la quale l’accertamento da parte del giudice di primo grado del superamento da parte del tasso di interessi concordato del tasso soglia in alcuni periodi avrebbe comportato il definitivo accertamento del carattere usurario del quinto contratto di mutuo e di conseguenza la non debenza degli interessi ex art. 1815 co. 2 cod. civ. per intera durata del rapporto.
L ‘accertamento del superamento del tasso -soglia da parte del consulente d’ufficio è stato limitato ad alcuni periodi nel corso del rapporto e rimane ferma, in mancanza di impugnazione da parte della controparte interessata; però, tale dato non poteva comportare in sé che il mutuo fosse usurario, a fronte del principio secondo il quale la circostanza che il tasso di interessi concordato superi la soglia dell’usura come determinata ex lege 108/1996 nel corso del rapporto non comporta nullità o inefficacia della clausola di determinazione del tasso di interessi (Cass. Sez. U 19-10-2017 n. 24675 Rv. 645811-01, Cass. Sez. 3 17-8-2023 n. 24743 Rv. 668651-01).
4.Il quinto motivo è fondato, in quanto in primo luogo sussiste la dedotta violazione dell’art. 342 cod. proc. civ., per essersi la sentenza
limitata a dichiarare che erano irrilevanti ed estremamente generiche le censure degli appellanti sull’omessa pronuncia in ordine a ll’accertamento dell a c.d. usura in concreto. Dal contenuto del motivo di appello sul punto di cui al par. 18 dell’atto di citazione d’appello , che i ricorrenti riportano nel ricorso e che la Corte ha l’obbligo di verificare direttamente in ragione della natura processuale della censura, risulta che i ricorrenti avevano lamentato l’omessa pronuncia del giudice di primo grado sulla c.d. usura in concreto e avevano svolto ragioni finalizzate a sostenere l’esistenza dell’usura in concreto, per cui la Corte d’appello non poteva esimersi dall’esaminare le deduzioni nel merito adducendo a giustificazione la genericità delle deduzioni medesime. Né può ritenersi che giustificasse la mancata disamina nel merito il rilievo che le deduzioni erano svolte ‘senza valutare la prescrizione già decorsa’, in quanto la motivazione sul decorso della prescrizione risulta meramente apparente; ciò per il dato -in via assorbente tra tutte le argomentazioni svolte dai ricorrenti- che la sentenza non dimostra di avere avuto riguardo né al termine di prescrizione né al momento di decorrenza valevole per il reato di usura, ai quali faceva riferimento la relativa domanda dei mutuatari. Di conseguenza il giudice del rinvio procederà alla disamina del motivo di appello, facendo applicazione del principio già enunciato da Cass. Sez. 3 12-9-2014 n. 19282 (Rv. 632998-01), secondo il quale nel contratto di mutuo, quando non sia superato il tasso soglia, la nullità ex art. 1815 co. 2 cod. civ. della clausola di previsione degli interessi richiede la prova del loro carattere usurario ai sensi dell’art. 644 co. 3, secondo periodo, cod. pen., ossia la dimostrazione della sproporzione degli interessi convenuti -con uno squilibro contrattuale, per i vantaggi conseguiti da una delle parti, che alteri il sinallagma negoziale e per il cui apprezzamento il parametro di riferimento è dato dal superamento del tasso medio praticato per operazioni similarinonché della
condizione di difficoltà economica di colui che promette gli interessi desumibile non dai soli debiti pregressi, ma dalla impossibilità di ottenere, pur fuori dallo stato di bisogno, condizioni migliori per la prestazione di denaro che richiede-; la prova di entrambi i presupposti grava su colui che afferma la natura usuraria degli interessi, senza che, accertato lo stato di difficoltà economica, la sproporzione possa ritenersi in re ipsa, dovendo comunque dimostrarsi il vantaggio unilaterale conseguito dalla banca.
5.Il sesto motivo è infondato.
Seppure effettivamente la sentenza impugnata non abbia espressamente esaminato nel merito quanto dedotto dagli appellanti nel paragrafo n. 19 dell’atto di appello, laddove avevano lamentato che fossero stati conteggiati gli interessi a carico della parte mutuataria anche sull’importo di Lire 2.900.000 , relativo alle spese trattenute dalla Banca, risulta che la doglianza era stata implicitamente rigettata. Infatti gli appellanti, deducendo che, a fronte del mutuo di Lire 900.000.000, fosse stata accreditata la somma previa detrazione dell’importo delle spese di Lire 2.900.000, riconoscono che tale importo relativo alle spese era a carico dei mutuatari e non fosse stato da loro pagato, per cui la Banca creditrice lo aveva trattenuto dall’importo erogato a mutuo; quindi, anche per quella somma aveva operato il meccanismo del mutuo solutorio, con la conseguenza che gli interessi legittimamente spettavano sull’intera somma data a mutuo, in quanto anche l’importo di Lire 2.900.000 era entrato nella disponibilità giuridica dei mutuatari ed era stato utilizzato per il pagamento delle spese del mutuo.
6.Il nono motivo non può ritenersi assorbito in ragione dell’accoglimento del quinto motivo, perché con il nono motivo i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello non abbia tratto le conseguenze in termini di accoglimento della loro domanda di
risarcimento del danno e della loro eccezione di compensazione in ragione del superamento del tasso soglia in alcuni periodi, come accertato dal giudice di primo grado, con pronuncia che non era stata oggetto di impugnazione della controparte interessata. Il motivo in primo luogo presenta profili di inammissibilità per le modalità con le quali è formulato, in quanto i ricorrenti non deducono di avere proposto in primo grado domanda di risarcimento del danno conseguente all’usura o comunque eccezione di comp ensazione, necessarie affinché il giudice di primo grado potesse pronunciare sul punto; quindi, la circostanza che la questione sia stata dedotta con l’atto d’appello non è sufficiente a ritenere che la Corte d’appello la dovesse esaminare.
Il motivo è comunque infondato, in quanto la circostanza che il giudice di primo grado avesse accertato il superamento del tasso soglia per alcuni periodi del rapporto e avesse anche disposto la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero non comporta che fosse passato in giudicato l’accertamento sul carattere usurario del rapporto, che potesse costituire titolo per il risarcimento del danno o per l’eccezione di compensazione. Quella pronuncia comportava soltanto che fosse passata in giudicato la statuizione di non debenza degli interessi per il periodo di superamento del tasso soglia, a fronte della mancata impugnazione della relativa pronuncia da parte della Banca interessata.
7.In conclusione, sono accolti il terzo e il quinto motivo e la sentenza impugnata è cassata limitatamente ai motivi accolti; il giudice del rinvio deciderà facendo applicazione dei principi enunciati e attenendosi a quanto sopra esposto, statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e il quinto motivo di ricorso, rigetta il quarto, il sesto e il nono motivo; cassa la sentenza impugnata limitatamente ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna in
diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione