Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4037 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4037 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE , cessionaria dell’azienda RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE , rappresentati e difesi da ll’ AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’AVV_NOTAIO , in Roma, INDIRIZZO
-controricorrenti e ricorrenti incidentali – avverso la sentenza n. 5395/2017, della Corte di Appello di Milano, pubblicata il 21.12.2017, non notificata.
Oggetto: conto di finanziamento e di compravendita
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7.2.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
–NOME COGNOME, in proprio e in qualità di A.U. della società RAGIONE_SOCIALE, in data 18.10.2007, aveva contestualmente stipulato:
un contratto di compravendita con il concessionario RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per l’acquisto dell’autovettura SSANGYONG Rexton Top – Telaio 236527,
un contratto di finanziamento con RAGIONE_SOCIALE (in seguito solo RAGIONE_SOCIALE), avente ad oggetto l’erogazione di un mutuo, ai fini dell’acquisto del l’autoveicolo di cui sopra, per un importo totale di € 30.000, da rimborsare in 47 rate mensili, ciascuna delle quali di € 470,61, oltre ad una maxirata finale pari ad € 18.120,00, con scadenza al 31.10.2011.
Tali obblighi contrattuali assunti dalla RAGIONE_SOCIALE erano stati garantiti personalmente da NOME COGNOME in qualità di Amministratore Unico della predetta società.
A seguito dell’accettazione da parte della società finanziatrice RAGIONE_SOCIALE, la stessa aveva erogato il finanziamento, nel rispetto dei termini contrattuali e delle Condizioni Generali, direttamente alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Non avendo, tuttavia, ricevuto l’autovettura acquistata (pur avendo pagato 21 rate inerenti il rapporto di finanziamento), RAGIONE_SOCIALE, attraverso il proprio amministratore unico, aveva promosso un procedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c, davanti al Tribunale di Lecce, domandando l’accertamento e la dichiarazione di nullità del contratto di compravendita concluso tra essa e la RAGIONE_SOCIALE per sopravvenuta mancanza della causa e, conseguentemente, anche del mutuo di scopo da essa concluso con BMW e collegato al primo contratto. Il Tribunale aveva rigettato il ricorso.
-In seguito, dato che NOME COGNOME, sebbene avesse regolarmente pagato tutte le 47 rate del contratto di finanziamento, aveva omesso, alla data di scadenza del medesimo, il saldo del pagamento della maxi-rata finale di € 18.120, BMW aveva ottenuto il decreto ingiuntivo n. 36729/2012 con il quale il Tribunale di Milano aveva ingiunto, in via solidale, a NOME COGNOME stesso ed alla società RAGIONE_SOCIALE, il pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di € 18.120 come, già detto dovuta a titolo di maxi-rata finale del contratto di finanziamento. Con atto di citazione ritualmente notificato NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE avevano proposto opposizione al detto decreto, deducendo che il contratto di finanziamento per cui aveva agito BMW era collegato causalmente al contratto di compravendita stipulato con la concessionaria RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’acquisto di un veicolo che, però, non era mai stato consegnato; di conseguenza, COGNOME affermava che, stante la nullità del contratto di compravendita per mancanza funzionale della causa, e in virtù del collegamento negoziale tra il mutuo di scopo e la compravendita, dovesse ritenersi caducata la causa dell’intera operazione negoziale.
-Il Tribunale di Milano rigettava l’opposizione dopo aver accertato che i documenti contrattuali disconosciuti dall’opponente portavano le sue sottoscrizioni autentiche.
Gli attuali controricorrenti proponevano gravame dinanzi alla Corte di Appello di Milano che, con la sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito statuiva che:
nel contratto di mutuo in cui sia previsto lo scopo dell’impiego della somma mutuata per l’acquisto di un determinato bene, il collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e quello di vendita, in virtù del quale il mutuatario è obbligato all’utilizzazione della somma mutuata per il previsto acquisto, comporta che della
somma concessa in mutuo beneficia il venditore del bene, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita ed il conseguente venir meno dello scopo del contratto di mutuo, legittimano il mutuante a chiedere la restituzione dell’importo mutuato non al mutuatario ma direttamente ed esclusivamente al venditore cui l’importo è stato versato;
nell’ambito della funzione complessiva dei negozi collegati, essendo lo scopo del mutuo legato al negozio di compravendita (la somma concessa in mutuo è stata destinata al pagamento del prezzo), risolta (e quindi venuta meno) la compravendita a seguito della sentenza n. 522/2013 del Tribunale di Lecce con cui è stato per l’appunto, risolto quest’ultimo contratto stipulato tra NOME COGNOME e la concessionaria RAGIONE_SOCIALE, è venuto meno anche il contratto di mutuo che non ha più ragione d’essere, legittimando, così, il COGNOME all’opposizione al pagamento della maxi-rata finale di € 18.120;
tali considerazioni non risultavano inficiate dalle clausole nn. 6, 7, 8, contenute nel contratto di mutuo; queste, escludendo il collegamento negoziale, facevano gravare sul mutuatario il rischio della mancata consegna del bene; prevedevano, nello specifico, sia che il contratto di mutuo dovesse rimanere estraneo alle vicende che interessavano quello di vendita, sia che il mutuatario, qualora non avesse ricevuto il veicolo dal venditore, non potesse tuttavia opporre al mutuante l’eccezione di inadempimento per rifiutare di pagare le rate del mutuo;
le clausole dirette a interrompere il nesso teleologico tra i due vincoli contrattuali non possano esplicare alcuna efficacia, in quanto contrarie alla regola generale di correttezza e buona fede alla luce dell’inderogabile dovere di solidarietà ex art. 2 Cost.;
accoglieva la domanda riconvenzionale e condannava BMW a restituire all’appellante le 47 rate già versate di € 471,30 cadauna .
4. –RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con un motivo ed anche memoria.
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME hanno presentato controricorso e ricorso incidentale condizionato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorrenti deducono:
5. -Con il primo motivo: Violazione o falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., della seguente norma, art. 12, comma 1, delle disposizioni sulla legge in generale in relazione agli artt. 1321, 1322, 1325 e 1372, comma 1, c.c., e quindi in relazione agli artt. 1362 e 1363 c.c. rispetto agli artt. 1175, 1375 e 1366 c.c. ed all’art. 2 della Cost. La Corte ha statuito un erroneo riconoscimento della esistenza di un collegamento negoziale, sostanziale ed effettivo, tra un contratto di finanziamento ed un contratto di compravendita di un’autovettura, in parte acquistata con la somma finanziata, e alla erroneamente dichiarata invalidità, alla luce dei principi di buona fede e correttezza, delle clausole delle Condizioni Generali del primo contratto prescriventi l’inopponibilità, alla Finanziaria, della mancata consegna della vettura da parte del Venditore al Finanziato, e l’impossibilità per costui di interrompere il pagamento delle rate del finanziamento. La censura è, dunque, rivolta alla errata qualificazione, operata dalla Corte d’Appello di Milano, dell’operazione negoziale – di cui nel prosieguo – alla stregua di un mutuo di scopo collegato ad un contratto di vendita, avente ad oggetto l’acquisto del bene da parte del mutuatario, con conseguente impossibilità di ricorrere ai canoni interpretativi, “correttivi”, di buona fede e di correttezza per valutare i contenuti delle clausole del finanziamento.
5.1 -La censura sostiene la inesistenza del collegamento negoziale sulla base della esistenza delle citate clausole contrattuali che definivano l’assoluta autonomia del contratto di finanziamento
rispetto a quello di compravendita e si attarda sulla riconosciuta sottoscrizione autentica delle stesse, riportando una serie di sentenze di Tribunali di merito che hanno ritenuto legittime tali clausole e quindi hanno escluso l’esistenza del collegamento funzionale. La censura, così, non aggredisce e nulla dice sulla ratio decidendi della sentenza impugnata che dopo aver accertato l’esistenza delle clausole e la loro autentica sottoscrizione , statuisce: « che le clausole dirette a interrompere il nesso teleologico tra i due vincoli contrattuali non possano esplicare alcuna efficacia, in quanto contrarie alla regola generale di correttezza e buona fede alla luce dell’inderogabile dovere di solidarietà ex art. 2 Cost. L’aggravio recato al debitore, infatti, non trova alcun contro-bilanciamento meritevole di riscontro giuridico in capo al mutuante: il cd. balancing test tra gli opposti interessi delle parti contrattuali, attraverso il quale devono essere interpretate le clausole contrattuali de quibus , deve operarsi alla luce del principio di buona fede quale canone generale e criterio di interpretazione costituzionalmente tutelato e riconosciuto dalla più recente giurisprudenza di legittimità ».
Questa Corte ha difatti più volte statuito che: « In tema di mutuo di scopo collegato ad un contratto di vendita avente ad oggetto l’acquisto di un bene da parte del mutuatario, la validità (sotto il profilo della meritevolezza degli interessi tutelati) della clausola, la quale preveda l’obbligo del mutuatario di effettuare i singoli pagamenti a favore del mutuante nei modi e nei termini convenuti, anche nel caso di inadempimento di qualsiasi genere da parte del venditore, ivi compresa la mancata consegna del bene richiesto, deve essere valutata alla luce dei principi di buona fede e di correttezza, tenendo presente, da un lato, l’interesse del mutuante, che avrebbe la possibilità di ripetere la somma dal venditore al quale l’aveva direttamente consegnata e, dall’altro, la condizione del mutuatario che, anche di fronte alla mancata consegna del bene, dovrebbe continuare a restituire somme, mai percepite, ma entrate direttamente nella sfera di disponibilità del venditore favorito dalla
diretta consegna, da parte del mutuante, della somma, pur senza avere adempiuto all’obbligazione di consegna » (Cass., n.12454/2012; Cass., n. 3392/2011; Cass., n. 20106/2009).
La censura è dunque in definitiva inammissibile.
-Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile e, pertanto, il ricorso incidentale è inefficace con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, inefficace il ricorso incidentale condizionato e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità a favore di ciascun controricorrente che liquida in € 4.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione