Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5713 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5713 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7244/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e per essa, quale mandataria
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME , rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
Oggetto:
Contratti
bancari –
Fideiussione –
Mutuo
–
Garanzia
Ipotecaria
–
Credito
peschereccio
–
Titolo
esecutivo
R.G.N. 7244/2021
Ud. 14 febbraio 2025
CC
contro
COGNOME , elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME e COGNOME
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO BARI n. 2247/2020 depositata il 23/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2247/2020, pubblicata in data 23 dicembre 2020 , la Corte d’appello di Bari, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE e con l’intervento della RAGIONE_SOCIALE ha accolto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Bari n. 4681/2014 depositata il 21 ottobre 2014 e, per l’effetto, in totale riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato la nullità del precetto notificato al medesimo NOME BRESCIA, per difetto del titolo esecutivo.
Nell’opporre il precetto notificato ad istanza di RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME aveva riferito in fatto che il precetto stesso era stato intimato sulla base di un contratto di credito peschereccio con garanzia ipotecaria ai sensi dell’art. 43, D. Lgs. 385/1993, per la realizzazione di un impianto di acquacoltura, concesso in favore di una società cooperativa e garantito da fideiussione prestata dallo stesso opponente.
Aveva, quindi, in primo luogo contestato la qualità di titolo esecutivo dell’atto, non essendo basato su un credito certo, liquido ed esigibile, chiedendo di accertare e dichiarare la nullità dell’atto di precetto; la violazione, da parte della banca opposta, degli obblighi di buona fede e correttezza, con conseguente condanna della medesima opposta risarcimento dei danni, formulando in via subordinata ulteriori domande di annullamento del contratto di mutuo, ex artt. 1427 e 1439 c.c., per violazione della buona fede nella conclusione ed esecuzione del contratto e di declaratoria di nullità della clausola relativa agli interessi.
Costituitasi regolarmente RAGIONE_SOCIALE , il Tribunale di Bari aveva respinto l’opposizione.
Proposto appello da parte di NOME COGNOME ed intervenuta nel giudizio ex art. 111 c.p.c. RAGIONE_SOCIALE – e per essa, quale mandataria, RAGIONE_SOCIALEquale cessionaria del credito della RAGIONE_SOCIALE AZIONI , la Corte d’appello ha esaminato preliminarmente l’eccezione di nullità della garanzia fideiussoria per violazione dell’art. 2, comma 2, lett. a), Legge n. 287/1990.
La Corte territoriale, tuttavia, considerato che la tardiva proposizione dell ‘ eccezione non aveva consentito il contraddittorio sulla medesima e che il suo esame avrebbe quindi reso necessario ‘dar corso ad una nuova fase di trattazione, onde consentire all’appellata di interloquire e prendere posizione’ , ha ritenuto di dare applicazione al principio della ragione più liquida, optando per la delibazione del primo motivo d’appello, peraltro ritenuto fondato.
La Corte d’appello, infatti, ha ritenuto fondata la contestazione in ordine alla sussistenza di un valido titolo esecutivo, avendo l’appellante dedotto che il contratto di mutuo peschereccio azionato dalla Banca
appellata, consistendo in un mutuo condizionato privo di attestazione di contestuale erogazione della somma mutuata, era conseguentemente privo di certezza ed esigibilità del credito.
La Corte d’appello, infatti, ha rilevato che, pur potendosi ritenere che integrasse traditio delle somme mutuate anche la trasmissione della disponibilità giuridica delle medesime, in modo da determinare la loro uscita dal patrimonio del mutuante e la loro acquisizione al patrimonio del mutuatario, nello specifico, tuttavia, le clausole del contratto di mutuo non prevedevano l’immediata erogazione della somma mutuata, bensì il suo impiego in più soluzioni, subordinato alla presentazione dello stato di avanzamento lavori certificati da perizia eseguiti da tecnici di fiducia della Banca.
La Corte d’appello ha pertanto concluso che nella specie non si era integrata alcuna traditio della somma mutuata, essendo rimasta quest’ultima nella titolarità della Banca ed essendo l’erogazione subordinata, quale condizione sospensiva, ad una serie di adempimenti a carico della mutuataria, da ciò derivando che il contratto di mutuo peschereccio all’origine del contenzioso non costituiva idoneo titolo per promuovere un’azione esecutiva, per la carenza dei requisiti di cui all’art. 474 c.p.c.
La Corte territoriale, infine, ha escluso che potesse assumere rilevanza un atto di erogazione e quietanza che il giudice di prime cure aveva riferito di aver rinvenuto allegato agli atti e che avrebbe dato conto dell’incasso della somma mutuata.
Ciò, in quanto tale atto, da un lato, comunque non era stato allegato al contratto di mutuo, in modo da integrare il titolo esecutivo, ma era stato depositato solo in corso di causa dalla Banca e, dall’altro lato, non risultava comunque reperibile in atti, non avendo la stessa Banca provveduto al deposito del proprio fascicolo di parte.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Bari ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso e ricorso incidentale NOME COGNOME
È rimasta intimata RAGIONE_SOCIALE PER AZIONI.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso principale è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c. omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione ai punti nn. 3 e 5 dell’art 360 c.p.c.’
La ricorrente richiama l’affermazione, contenuta nella stessa decisione impugnata, per cui l’atto di successiva erogazione del mutuo era stato prodotto nel corso del giudizio di primo grado.
Evidenzia che tale circostanza -così come la circostanza della materiale erogazione del mutuo -non era stata contestata all’odierno ricorrente incidentale nel proprio atto di appello, avendo quest’ultimo dedotto unicamente che l’erogazione della somma avrebbe dovuto essere contestuale all’atto di mutuo e non avrebbe potuto invece essere contemplata nel successivo atto di erogazione e quietanza.
Deduce, quindi, che la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare il motivo di appello dando per incontestate e definitivamente acquisite agli atti le circostanze della erogazione del mutuo e della produzione della quietanza ed anzi dando atto dell’intervenuto giudicato sul punto,
limitandosi ad esaminare il solo profilo della necessaria contestualità della erogazione con la stipula del contratto di mutuo.
Argomenta, quindi, la sussistenza della violazione sia dell’art. 112 c.p.c., avendo la Corte accolto un ‘ eccezione mai sollevata dall’odierno ricorrente incidentale, sia del l’art. 115 c.p.c., per non avere la Corte d’appello considerato pacifica e non contestata l ‘ erogazione del capitale mutuato.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce: ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 615 e 617 c.p.c. e 41 T.U.B. – omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione ai punti nn. 3 e 5 dell’art 360 c.p.c .’ .
Si censura la decisione impugnata, in quanto la stessa avrebbe rilevato che l’atto di erogazione e quietanza non era stato notificato ai debitori ad integrare il titolo esecutivo.
Deduce la ricorrente che la Corte di Appello non avrebbe considerato che l’eccezione di omessa notifica del titolo esecutivo costituisce motivo non già di opposizione all’esecuzione bensì di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., laddove tale ultima opposizione non solo non sarebbe stata mai proposta ma sarebbe stata anche preclusa alla data di notifica dell’atto di citazione in opposizione, essendo decorso il termine di venti giorni di cui all’art. 617 c.p.c.
Deduce, ulteriormente, la ricorrente che la decisione impugnata viene a violare l’art. 41, D. Lgs. n. 385/1993, il quale, nel caso del credito fondiario – cui è equiparato il credito peschereccio -esonera il creditore dall’obbligo di notifica del titolo esecutivo.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce: ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 347 c.p.c. e 123bis disp att. c.p.c.’ .
Si censura l’affermazione contenuta nella decisione impugnata per cui la Corte di Appello non avrebbe potuto prendere visione dell’atto
di erogazione e quietanza perché contenuto nel fascicolo di primo grado che l ‘odierna ricorrente avrebbe omesso di ridepositare in grado di appello.
Deduce la ricorrente principale che il fascicolo di parte del giudizio di primo grado non era stato mai ritirato dalla medesima ricorrente successivamente al deposito della decisione di primo grado e che anzi lo stesso sarebbe stato ritirato solo in occasione del ricorso per cassazione.
Allega, quindi, la violazione dell’art. 347, terzo comma, c.p.c. ed argomenta che la mancata acquisizione del fascicolo di primo grado non avrebbe consentito alla Corte territoriale di prendere visione dell’atto di erogazione e quietanza, e cioè di un elemento decisivo ai fini della decisione.
Il ricorso incidentale è affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce: ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 112. 115 c.p.c. e dell’art. 1418 c.c. – omesso esame dl un fatto decisivo per il giudizio in relazione ai punti nn. 3 e 5 dell’art 360 c.p.c.: riforma della sentenza m secondo grado sulla mancata pronuncia relativa alla nullità della garanzia fideiussoria ex art. 2 co. 2 lett. A della legge antitrust n. 287 del 1990’
Il ricorrente incidentale censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha ritenuto di non pronunciarsi sul l’eccezione di nullità della garanzia fideiussoria per violazione dell’art. 2, comma 2, lett. a), Legge n. 287/1990.
Deduce, in primo luogo, che l’ eccezione era stata sollevata in sede di costituzione in giudizio di appello e solo ripresa in sede di conclusionali e di repliche, venendo peraltro contestata dalla controparte, la quale, quindi, avrebbe esercitato il proprio diritto di difesa sul tema , ferma la rilevabilità d’ufficio della dedotta nullità.
Argomenta, quindi, che la decisione impugnata, omettendo di considerare un elemento decisivo del giudizio, avrebbe privato lo stesso ricorrente incidentale di una legittima tutela in quanto lo stesso risulterebbe obbligato per una garanzia nulla.
2.2. Con il secondo motivo deduce: ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. carenza ed illogicità della motivazione relativamente alla compensazione delle spese dl lite ai sensi dell’art. 360 co. 5 c.p.c. ‘ .
Il ricorrente incidentale censura la statuizione di integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio adottata dalla pronuncia impugnata, deducendo l’assenza dei presupposti per disporre tale integrale compensazione, essendovi stata integrale soccombenza delle appellate RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile.
2.1. Ai fini della valutazione dei motivi del ricorso principale è opportuno operare una premessa che concerne l’individuazione della ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale risulta prodromica al vaglio della pertinenza degli stessi motivi di ricorso.
Questa Corte, infatti, deve osservare che la ratio decisiva adottata dalla Corte territoriale deve essere individuata non nelle considerazioni che riguardano l’assenza di disponibilità del documento che avrebbe dovuto attestare la successiva erogazione delle somme mutuate, bensì nell’affermazione che, per qualificare un contratto di mutuo come titolo esecutivo riconducibile al perimetro dei titoli indicati nell’art. 474 c.p.c., è essenziale considerare se la somma oggetto del finanziamento sia stata resa immediatamente disponibile a favore della parte mutuataria, costituendo tale circostanza il presupposto in base al quale sorge l’obbligo di restituzione della somma mutuata.
In ordine a tale ratio è giocoforza osservare che la stessa scaturisce da una lettura non pienamente focalizzata di precedenti di questa Corte e giunge ad un esito finale – la negazione della qualità di titolo esecutivo de l mutuo non accompagnato dall’immediata erogazione della somma mutuata -di dubbia compatibilità proprio con i precedenti di questa Corte sia richiamati nella decisione impugnata, sia scaturiti da altre decisioni di questa Corte ( exempli gratia Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 52 del 03/01/2023).
Tuttavia, tale essendo la ratio della decisione impugnata, il suo vaglio diretto da parte di questa Corte presupponeva la formulazione da parte della ricorrente di censure indirizzate esattamente verso questa affermazione di principio della Corte territoriale e non verso il diverso -ma secondario -profilo della presenza o meno in atti del documento attestante la successiva erogazione, non costituendo tale profilo ratio della decisione impugnata.
2.2. Operata questa premessa, si deve invece osservare che le censure formulate dalla ricorrente, nel loro complesso, si concentrano invece proprio sul profilo che, come appena visto, risulta secondario e non decisivo, e cioè la presenza in atti del successivo atto di erogazione delle somme mutuate.
In relazione a tali censure, allora, si deve ribadire che non rileva il fatto che l’odierno controricorrente non avesse contestato l’erogazione successiva delle somme (primo motivo) né che tale contestazione fosse preclusa dal decorso del termine per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi (secondo motivo) né che si dovesse procedere all’acquisizione del fascicolo di parte del giudizio di prime cure (terzo motivo), perché a rilevare è unicamente l’affermazione contenuta nella decisione impugnata -per cui il
contratto di mutuo non poteva costituire titolo esecutivo, non essendovi stata l’immediata erogazione delle somme mutuate.
Affermazione che non è stata adeguatamente censurata e che vale a sorreggere la motivazione della sentenza della Corte barese, da ciò derivando l’inammissibilità dei motivi di ricorso.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso principale comporta l’inefficacia ex art. 334 c.p.c. del ricorso incidentale tardivo, notificato in data 13 aprile 2021 a fronte di una notifica della sentenza impugnata avvenuta in data 14 gennaio 2021.
In conclusione, mentre il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile, il ricorso incidentale deve essere dichiarato inefficace.
L’esito del giudizio comporta la condanna della ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo, con distrazione in favore dei procuratori, dichiaratisi antistatari.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
L’attestazione concerne il solo ricorso principale e non quello incidentale, avendo questa Corte chiarito che la condanna al pagamento del doppio del contributo unificato non può essere pronunciata nei confronti del ricorrente incidentale tardivo il cui
gravame abbia perso efficacia ex art. 334, secondo comma, c.p.c., trattandosi di una sanzione conseguente alle sole declaratorie di infondatezza nel merito ovvero di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione ex art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 1343 del 18/01/2019; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 18348 del 25/07/2017).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso principale; dichiara inefficace il ricorso incidentale;
condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 8.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima