Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33845 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33845 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME, NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avv.ti
NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrenti-
Contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME , rappresentata e difesa da ll’ avv. NOME COGNOME
-controricorrente –
Avverso sentenza pubblicata il 2.12.2022 emessa dalla Corte di Appello di Palermo a definizione del procedimento R.G. n. 1443/2018.
Oggetto:
Contratto di mutuo usura anatocismo
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -In data 20.1.2010 i ricorrenti stipulavano, con gli allegati ‘A’ (Credito fondiario capitolato) ‘B’ (Contratto di mutuo fondiario documento di sintesi) ‘ C ‘ (Piano di ammortamento), un contratto di mutuo fondiario con garanzia ipotecaria con il quale la Banca Popolare Sant’Angelo concedeva un finanziamento di credito fondiario, ex art. 38 del Testo Unico d.lgs. n. 385/1993, assistito da garanzia ipotecaria sotto forma di mutuo fondiario sino all’importo di €. 190.000 da utilizzarsi a ristrutturazione finanziaria/consolidamento oneri passivi.
Il rapporto di mutuo sarebbe stato regolato alle seguenti condizioni: durata del finanziamento: quindici anni, tasso nominale 3,63%, periodo di invariabilità 3 mesi; periodicità della variazione: trimestrale; Euribor tre mesi; spread applicato al parametro di riferimento pari a 2,95 P.P., TAEG 4,19%, periodicità ammortamento mensile; tasso di mora 2,5 % da sommare al tasso vigente applicato al rapporto; commissione annua su importo finanziato 0,25%. Il saggio di interesse così determinato non avrebbe comunque mai potuto essere inferiore al tre per cento nominale annuo.
2. -Con lett. racc. ar. del 30.10.2012, la Banca ha comunicato ai debitori la decadenza del beneficio del pagamento in via di ammortamento, in virtù del mancato pagamento di rate scadute e non pagate. In data 14/17.11.2012 la stessa procedeva alla notifica di atto di precetto con cui intimava agli odierni attori il pagamento della somma di € 198.918,88, oltre compensi professionali e interessi convenzionali pattuiti successivi fino all’effettivo soddisfo.
L’a tto di precetto veniva successivamente rinotificato in data 23.1.2015, a seguito del mancato adempimento ad una proposta transattiva formulata dagli odierni attori.
3. -Con atto di citazione del 15.1.2015 gli attori convenivano in giudizio la Banca per sentir dichiarare la nullità del contratto di mutuo, il superamento del tasso soglia per effetto del tasso di mora; in via subordinata, ritenere e dichiarare che vi è stato superamento del tasso soglia di usura, e per l’effetto dichiarare la nullità parziale del contratto relativamente alla clausola interessi per violazione dell’art. 1815 comma secondo e/ o comunque ritenere interamente che nulla è dovuto a titolo di interessi, conseguentemente rideterminare l’importo dovuto dagli attori depurandolo dal tasso di interesse tempo per tempo; ritenere e dichiarare che il tasso di interesse applicato è indetermi nato per effetto dell’utilizzo del piano di ammortamento alla francese, anatocismo nascosto e capitalizzazione di interessi e per effetto di commissioni spese varie che producono un tasso effettivo maggiore rispetto a quello dichiarato dalla convenuta nel contratto; ritenere e dichiarare che la Banca ha violato gli obblighi di informazione e che gli odierni attori hanno diritto al risarcimento del danno procuratogli dalla banca mediante applicazione di clausole illegittime da determinarsi anche in equitativ a. Condannare l’azienda di credito convenuta a risarcire i danni subiti dall’attore patrimoniali e non patrimoniali; Ritenere e dichiarare, comunque, nulla la garanzia ipotecaria in quanto eccessiva rispetto alla concessione del mutuo. via di ulteriore subordine, accertare la mancata e/o valida pattuizione del tasso di interesse ultralegale, e, per l’effetto, ritenere e dichiarare che non sono dovuti tutti gli interessi addebitati in eccedenza rispetto al tasso legale, pro tempore, vigente ed accertare e dichiarare ed eventualmente quantificare se la parte attrice risulta debitrice della Banca procedendo ad una compensazione dei rispettivi rapporti tra dare ed avere.
4. ─ Il Tribunale di Agrigento con sentenza n. 678 del 17.5.2018 ha accolto parzialmente la domanda di accertamento della nullità del mutuo ipotecario e ha dichiarato nulla la clausola n. 16 del contratto
di mutuo, là dove, per il caso di decadenza del mutuatario inadempiente dal beneficio del termine, in violazione del principio di alternatività tra interessi corrispettivi e moratori, prevedeva che questi restasse obbligato al pagamento, in uno alle rate scadute e agli interessi moratori, « dell’intero importo delle rate a scadere, comprensivo di una quota capitale, di quota interessi, quale sarebbe stato alle rispettive scadenze» piuttosto che del solo capitale a scadere, e non dovuto in conseguenza l’impor to di € 4.777,85, corrisposto dal mutuatario «a titolo di interessi corrispettivi dal 14.11.2012 (atto di precetto) fino a/26.4.2013 conglobati nelle rate a scadere ».
Il Tribunale ha, invece, escluso: la nullità del contratto per difetto di causa o per sua illiceità; la ricorrenza di un’ipotesi di simulazione oggettiva; l’incompatibilità del criterio di ammortamento c.d. alla francese convenuto in contratto con il divieto di anatocismo posto dall’art. 1283 c.c.; l’usurarietà della convenzione negoziale in punto di interessi corrispettivi e moratori, questi ultimi destinati a non sommarsi con il saggio degli interessi corrispettivi e neppure rilevati nei decreti ministeriali; il fondamento della domanda di risarcimento dei danni derivanti dalla segnalazione de nominativo dei debitori alla Centrale di Rischi presso la Banca d’Italia.
5. ─ COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto appello dinanzi alla Corte di Appello di Palermo che con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha precisato che:
deve convenirsi con il primo giudice riguardo alla non riconducibilità della concreta vicenda negoziate al mutuo di scopo, poiché la precisazione che il mutuo è « finalizzato a ristrutturazione finanziaria/consolidamento di oneri passivi » non consente di ritenere che ricorra un’ipotesi di mutuo di scopo di fonte convenzionale, non ricorrendo elementi utili a tratteggiare il connotato identificativo della fattispecie, il cui inveramento richiede che il risultato perseguito
con l’operazione risponda a uno specifico e diretto interesse non del solo mutuatario, come della persona del mutuante;
b) non è possibile stabilire neppure se, e in caso positivo entro che misura, si è comunque in presenza di un mutuo, il quale esige pur sempre una traditio , ovvero un trasferimento patrimoniale che assegna le somme in proprietà al mutuatario (art. 1814 c.c.) il quale ne acquisisce così la disponibilità, o invece più semplicemente di un pactum de non petendo ad tempus , mera modificazione del termine per l’adempimento, ravvisabile quando l’accredito della somma su un conto corrente gravato di debito a carico del cliente viene propriamente a sostanziare un’operazione di natura contabile;
c) gli appellanti non solo non hanno chiarito se il debito al cui consolidamento il contratto oggetto di esame mirava fosse stato in precedenza accumulato con il medesimo istituto bancario e, in caso positivo, da quali rapporti discendesse, a quanto ammontasse, ma a ben vedere si esprimono al riguardo in termini puramente ipotetici; non è pertanto possibile neppure ipotizzare un’invalidità riflessa del contratto di mutuo discendente dalla nullità di neppure precisati pregressi rapporti tra le parti;
l’ammortamento c.d. « alla francese » o « a rate costanti » prevede un rimborso del finanziamento a rate posticipate, ciascuna delle quali è comprensiva di una quota capitale e di una quota di interessi, questi ultimi sul capitale residuo non ancora restituito. E’ strutturato sul susseguirsi di rate di ammontare costante, composte da una quota di interessi che è più alta nel primo periodo e decresce nel corso dell’ammortamento, e da una quota di capitale che, all’inverso, è più bassa all’inizio e si accresce progressivamente. In tale sistema contabile non vi è alcuna modifica del criterio di imputazione, atteso che con il pagamento rateale si adempie innanzitutto l’obbligazione accessoria e poi quella principale;
il contratto rientra nella categoria di operazioni “mutuo” per la quale il D.M. 24.12.2009 rileva il TEG nel 2,92%, così che il tasso
soglia resta fissato nel 4,38%. Questo il parametro di riferimento, è agevole rilevare che né gli interessi corrispettivi (3,632%), né l’indicatore del costo effettivo globale (T.A.E.G.) che determina nel 4,19% annuo il carico economico complessivo dell’operazione di mutuo (ed è bene puntualizzare che le conclusioni non mutano anche ove assunto a parametro il TAEG ricalcolato dal consulente di parte appellante in 4,32 punti percentuali), risultano fissati in misura eccedente il limite dell’usura;
f) la commissione di estinzione anticipata essa rappresenta il corrispettivo versato una tantum dal finanziato per l’esercizio del jus poenitendi e svolge una funzione di indennizzo in favore della banca per la riduzione del margine di guadagno atteso dalla restituzione rateale e posticipata del debito. A motivo della sottolineata perentorietà della disciplina di settore deve negarsi che tale voce di costo possa essere sottratta alla verifica di usurarietà, poiché rientra tra le «remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito, di cui all’art. 644 c.p.»; la base di calcolo della commissione è il solo capitale a scadere;
g) si è in presenza di un onere teoricamente idoneo a determinare usura genetica alla sola condizione che il recesso anticipato del mutuatario con la restituzione delle somme ricevute avvenga immediatamente dopo la stipula del contratto di mutuo, poiché solo in tal caso il sovvenuto sarebbe chiamato a restituire il capitale maggiorato di una percentuale 2%, che in quanto in via di fatto ragguagliata a un ridottissimo margine di tempo si pone in termini assoluti come elevato. Tuttavia, nel concreto, a tenore della la clausola n. 8 del Capitolato prevede che, la facoltà di estinguere anticipatamente il debito restitutorio può essere esercitata dal mutuatario solo decorso un intervallo di tempo minimo dalla conclusione del contratto di 18 mesi e un giorno, così che deve certamente escludersi l’usurarietà in sé considerata della
commissione di estinzione anticipata che, sulle somme eventualmente restituite in anticipo nel primo giorno utile previsto dal contratto, esprimerebbe un saggio degli interessi rapportato su base annua pari 1,3 periodico;
gli approdi ermeneuti cui è pervenuta Cass., Sez. U., n. 19597/2020 consentono di superare la censura degli appellanti sugli interessi moratori. L’art. 4 del d.m. 19.9.2007 che ha rilevato il t.e.gm. delle diverse operazioni di credito in relazione al IV trimestre dell’anno 2007 dà atto invero dell’esito dell’indagine conoscitiva condotta dalla Banca d’Italia, indicando in 2,1 punti percentuale la maggiorazione pretesa interessi moratori. Sommando tale dato (2,1) al t.e.g.m. (2,92) e aumentando il risultato ottenuto (5,02) della metà, la soglia oltre la quale gli interessi moratori possono dirsi usurari ascende a 7,53 punti, percentuale ben maggiore del saggio convenuto tra le parti, dovendo pertanto concludersi per la piena legittimità, anche sotto tale profilo, del regolamento contrattuale;
l’erronea indicazione dell’ISC/TAEG non implica incertezza sul contenuto effettivo del contratto stipulato e sul tasso di interesse pattuito poiché l’ISC non concorre alla determinazione delle pretese pecuniarie della banca, costituendo piuttosto un dato di sintesi ricavato dalle pattuizioni negoziati. La mancata condivisione di simile strumento di carattere informativo non equivale, pertanto, ad assenza di un requisito tassativo ed indefettibile del regolamento negoziate, quale invece è la pattuizione convenzionale degli interessi;
─ COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno presentato ricorso per cassazione con cinque motivi.
Banca popolare di Sant’Angelo RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorrenti deducono:
7. ─ Con il primo motivo: Violazione delle norme di diritto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.c. e art. 1325 c.c., n. 2, per avere la Corte territoriale omesso di considerare che le clausole del contratto di mutuo esplicitavano la finalità dell’operazione al ripianamento di pregresse passività del mutuatario, con l’effetto che, poiché le parti si erano accordate per dare al finanziamento una diversa finalità, il contratto doveva essere ritenuto nullo per difetto originario di causa.
7.1 -La censura è inammissibile.
Nell’escludere che si versasse in ipotesi di mutuo di scopo il giudice di merito si è anzitutto conformato al ribadito indirizzo di questa Corte secondo cui: « Il mutuo di scopo convenzionale, che rappresenta una deviazione rispetto al tipo contrattuale dell’art. 1813 c.c., può essere così definito solo allorché contenga una clausola con cui il mutuatario abbia assunto un obbligo specifico nei confronti del mutuante, in ragione dell’interesse di quest’ultimo -diretto o indiretto -ad una specifica modalità di utilizzazione delle somme per un determinato scopo, rivelandosi insufficiente a tal fine la mera indicazione dei motivi per i quali il finanziamento viene erogato » (Cass., n. 15695/2024). Dopodiché la corte d’appello ha escluso che ricorressero « elementi utili a tratteggiare il connotato identificativo della fattispecie ».
Orbene, la censura prescinde da detta ratio decidendi , e cioè non si avvede che la natura di scopo del mutuo non è stata riconosciuta non già per una errata ricostruzione della fattispecie, bensì semplicemente perché non provata.
Ciò detto, la ravvisata mancata aderenza dei motivi di ricorso al decisum destina gli stessi alla statuizione di inammissibilità (Cass., n. 13735/2020; Cass., n. 20910/2017).
-Con il secondo motivo: Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale errato nel ritenere che il mutuatario avesse ricevuto l’effettiva disponibilità della somma erogata a titolo di mutuo.
8.1 -La censura, con cui si deduce la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, è inammissibile.
Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto (cfr. Cass., n. 1798/2024; Cass., n. 24667/2021; Cass., n. 2151/2021; Cass., n. 841/2014; Cass., n. 772/2011). Tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (cfr. Cass. n. 1863/2024; Cass. n. 1798/2024; Cass. n. 2151/2021; Cass. n. 24953/2020).
La denuncia della dedotta violazione dell’articolo 112 c.p.c. non è dunque pertinente, e cioè prescinde dal reale contenuto del provvedimento impugnato, dal momento che la corte territoriale ha evidentemente respinto l’appello , in parte qua , della odierna parte ricorrente, e dunque ha deciso in pieno sulla sua domanda.
Occorre aggiungere che, nello svolgimento del motivo, i ricorrenti sostengono anche che la corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che il mutuatario avesse ricevuto la somma oggetto della pattuizione: ma in ciò, nuovamente, il motivo non coglie la ratio decidendi , dal momento che la sentenza impugnata, lungi dall’aver compiuto un accertamento al riguardo, ha affermato ben altra cosa, e cioè che gli allora appellanti non avessero allegato quale fosse l’entità del debito nei confronti della banca che il f inanziamento
avrebbe dovuto ripianare, elemento necessario a stabilire se ricorresse un’ipotesi di mutuo solutorio . Il difetto di percezione della ratio decidendi determina anch’esso l’inammissibilità della censura.
-Con il terzo motivo: Violazione art. 360 c.p.c. co. I n. 3 violazione e falsa applicazione artt. 1815 c.c. co. 2 1346 c.c., 1284 co. 3 c.c. e art. 117 T.U.B. la Corte di Appello di Palermo ha adottato l’impugnato provvedimento nell’errata valutazione della legittimità del piano di ammortamento pattuito c.d. ‘alla francese’ e della validità degli interessi applicati.
9.1 ─ La censura è infondata.
La pronuncia del giudice di merito è conforme all’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte secondo cui: « In tema di mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento “alla francese” di tipo standardizzato tradizionale, la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione composto degli interessi debitori non è causa di nullità parziale del contratto, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto, né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti » (Cass., Sez. un., n. 15130/2024).
Né il ricorso contiene una qualche specifica allegazione in forza della quale, in ragione del concreto conformarsi del rapporto, il principio sopra richiamato non sarebbe applicabile.
10 . ─ Con il quarto motivo: Violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – Omessa valutazione di un fatto discusso tra le parti ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sia il Tribunale del primo
grado che la Corte Territoriale hanno omesso il confronto con le censure di parte senza giustificare la propria preferenza, limitandosi ad un’acritica adesione ad essa.
10.1 ─ La censura è inammissibile.
La censura lamenta la violazione dell’art. 360, comma 1, n.5 c.p.c. perché la Corte non avrebbe esaminato una serie di critiche presentate alle conclusioni del CTU dai consulenti di parte e non avrebbe fornito alcuna spiegazione su tale ‘omissione’. La cen sura non considera che la sentenza della Corte qui impugnata è conforme alla sentenza di primo grado (pur dichiarandolo esplicitamente), sicché trova applicazione l’art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c. (qui applicabile ratione temporis -pur essendo stato ab rogato dall’art. 3, comma 26, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 -ai sensi dell’art. 35, commi 1 e 4, d.lgs. cit., trattandosi di ricorso per cassazione proposto in data anteriore al 28 febbraio 2023), a mente del quale in caso di ‘doppia conforme’ non è amme sso il ricorso per cassazione per il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 .c.p.c. Sarebbe stato, dunque, onere -non assolto -della ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5528/2014 e successive conformi). A tale onere dimostrativo, invece, la ricorrente si è completamente sottratta.
─ Con il quinto motivo: Violazione delle norme di diritto in relazione all’art. 360 c.p.c. comma I n. 3 – Violazione delle norme di diritto degli artt. 91 e 92 c.p.c.
11.1 ─ Il motivo è manifestamente infondato essendo la pronuncia del giudice di merito del tutto conforme al principio della soccombenza.
─ Per quanto esposto, il ricorso va rigettato con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 7.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione