Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5411 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5411 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9704/2021 R.G. proposto da : COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in SALERNO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -controricorrente- nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- sul ricorso iscritto al n. 10006/2021 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in Ascoli Piceno INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOMECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- sul ricorso iscritto al n. 10298/2021 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in Ascoli Piceno INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOMECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- tutti proposti avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 1005/2020 depositata il 05/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, unitamente a NOME, ebbe a stipulare in data 12 novembre 1980 un contratto condizionato di mutuo ipotecario a tasso agevolato in area montana, il cui tasso di interesse -come risulta dalla sentenza impugnata -prevedeva la soglia del 4,25% a termini dell’art. 10 l.r. Marche n. 21/1977. Il concorso in quota interessi della regione Marche era previsto a fronte di un tasso globale del 14,80%. Il contratto definitivo, di durata ventennale, fu stipulato in data 20 ottobre 1982 con l’Istituto Federale di Credito Agrario per l’Italia centrale, con tasso globale al
20,85% e tasso a carico dei beneficiari pari al 7,25% nella misura indicata dal D.P.C.M. del 2 aprile 1982.
Estinto il contratto di mutuo nel 2002, i mutuatari hanno convenuto in giudizio nel 2008 il cessionario del mutuante, per sentir dichiarare l’illegittimità dell’applicazione del tasso di interesse pari al 7,25% risultante dall’applicazione del D.P.C.M. del 2 aprile 1982 , in luogo del tasso di interesse del 4,25%, con ripetizione dell’indebito oggettivo pari agli importi corrisposti per maggiori interessi.
Il Tribunale di Ascoli Piceno, per quanto qui rileva, ha rigettato la domanda, con sentenza confermata dalla Corte di Appello di Ancona, qui impugnata. Il giudice di appello -richiamandosi alla giurisprudenza di questa Corte (Cass., n. 2072/2013), ha ritenuto che il D.P.C.M. del 2 aprile 1982, che fissa tassi minimi inderogabili relativi alle operazioni di credito agrario, non preclude la pattuizione di clausole che prevedano un tasso di interesse maggiore di quello indicato e che nel contratto inter partes non vi fossero espressioni negoziali tali da ritenere che vi fosse stata una restrizione alla libertà contrattuale delle parti.
Propone ricorso per cassazione il solo COGNOME NOMECOGNOME affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso l’avente causa del mutuante. Il medesimo ricorso è stato nuovamente iscritto a ruolo nei due successivi giudizi indicati in epigrafe, procedimenti nei quali l’intimato non si è costituito.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Deve disporsi preliminarmente -per il principio dell’unicità dell’impugnazione – la riunione al ricorso n. 9704/2021 dei ricorsi nn. 10006/2021 R.G. e 10298/2021 R.G., aventi ad oggetto la medesima sentenza impugnata, ricorsi del tutto sovrapponibili.
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione ed erronea applicazione del
D.P.C.M. 2 aprile 1982, nonché violazione ed erronea applicazione del d.m. 7 aprile 1976 « n. 316321/58-G-3 » in relazione alla l. n. 1208/1951 e alla l. n. 493/1975, del d.m. 30 ottobre 1979 « n. 72492» e della l.r. Marche n. 21/1977 (all’epoca in vigore) , nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che il D.P.C.M. del 2 aprile 1982 non precludesse la pattuizione di maggiori tassi di interesse rispetto a quelli indicati. Osserva il ricorrente che la disciplina in oggetto esclude espressamente che l’a umento dei tassi agevolati sopravvenuti potesse applicarsi ai contratti di mutuo condizionati stipulati anteriormente, come avvenuto nel caso di specie. Osserva, inoltre, che la disciplina pubblicistica di tali contratti di mutuo esclude che l’autonomia negoziale possa regolare diversamente il tasso di interesse.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. nonché violazione ed erronea applicazione delle disposizioni indicate al superiore motivo, nonché carenza di motivazione.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., erronea interpretazione del contratto di mutuo e della volontà delle parti in violazione degli art. 1419 e 1421 cod. civ., con conseguente « erronea interpretazione del carattere vincolante delle disposizione di legge richiamate nel contratto », nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che non fosse nulla la clausola determinativa degli interessi in misura diversa da quanto indicato dalle disposizioni normative inderogabili. Osserva parte ricorrente che nel contratto di mutuo non vi sarebbe alcun richiamo al tasso debitore a carico dei mutuatari, salvo a essere lo stesso richiamato nel piano di ammortamento nella misura del tasso del 7,25% previsto dal D.P.C.M. del 2 aprile 1982, disciplina inapplicabile al caso di specie trattandosi di contratto condizionato
stipulato in epoca anteriore all’entrata in vigore della suddetta disposizione. Osserva parte ricorrente che -in disparte l’inderogabilità della disciplina pubblicistica in tema di contratti di mutuo agrari -la nullità di tali indicazioni negoziali avrebbe dovuto comportare la nullità parziale delle suddette pattuizioni, con applicazione del minor tasso precedentemente in vigore, nullità peraltro -rilevabile di ufficio dal giudice.
Deve preliminarmente rilevarsi che l’odierno ricorso non è stato notificato all’altro originario appellante NOMECOGNOME di cui il ricorrente allega l’avvenuto decesso . Va richiamato il principio di ragionevole durata del processo, secondo cui può essere omessa l’integrazione del contraddittorio nei confronti della parte che non avrebbe alcun nocumento dalla pronuncia di legittimità (Cass., Sez. U., 26373/2008), principio esteso dalla giurisprudenza di questa Corte, in generale, a tutte le ipotesi di inammissibilità del ricorso (Cass., Sez. U., n. 6826/2010; Cass., n. 15106/2013; Cass., n. 11287/2018; Cass., n. 16141/2019; Cass., n. 12515/2018), dalla quale l’altr o appellante non può ricevere nocumento per non avere proposto impugnazione avverso la sentenza di appello (Cass., n. 33915/2024), passata pertanto in cosa giudicata quanto alla posizione del suddetto.
Va accolta l’ eccezione di inammissibilità del ricorso articolata dal ricorrente in relazione al terzo motivo quanto alla censura ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. in relazione a ll’art. 348 -ter cod. proc. civ. per « doppia conforme» , non potendo essere più censurata in sede di legittimità l’interpretazione delle clausole contrattuali.
Il primo e il terzo motivo (quanto alla residua censura per violazione di legge), i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. Il D.P.C.M. 2 aprile 1982, composto
da un unico articolo, ha dato attuazione all’art. 109, terzo comma, d.P.R. n. 616/1977, che prevedeva, in tema di agevolazioni creditizie, che « la determinazione dei tassi minimi di interesse agevolati a carico dei beneficiari è operata ai sensi dell’art. 3 della legge 22 luglio 1975, n. 382» (norma poi abrogata). Il D.P.C.M. dispone, conseguentemente, che «i tassi minimi agevolati annui a carico dei beneficiari, da praticare nelle operazioni di credito agrario assistite dal concorso pubblico sugli interessi (…) » vengono fissati al punto 2 del comma primo (operazioni di credito agrario di credito agrario di miglioramento con mutui sino a 20 anni per le zone montane assistiti dal concorso pubblico negli interessi) nella misura del 7,25%.
Vero è che il secondo comma della stessa norma prevede che « l’aumento dei tassi agevolati, per le operazioni di credito agrario di miglioramento di cui al punto 2), non si applica ai mutui per i quali, anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, siano stati emessi decreti di impegno o stipulati contratti condizionati (…) ; a tali mutui si applicano i tassi di interesse previsti nei provvedimenti ed atti anzidetti » e che il sesto comma aggiunge che « alle operazioni di credito agrario di miglioramento assistite dal contributo pubblico negli interessi si applicano ai sensi dell ‘art. 109 , secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, i tassi di riferimento stabiliti dagli organi dello Stato, vigenti rispettivamente al momento della stipula del contratto condizionato per il periodo di preammortamento e di quello definitivo per il periodo dell’ammortamento ».
Tuttavia l’applicazione , nel caso di specie, della disciplina del D.P.C.M. del 1982 deve ritenersi frutto della autonomia negoziale delle parti. La sentenza impugnata ha, difatti, fondato la propria decisione relativa alla applicabilità del D.P.C.M. 2 aprile 1982 al
contratto di mutuo, ritenendo che la disciplina attuativa del trasferimento alle Regioni delle funzioni in tema di credito agevolato ha lo scopo « di fissare tassi minimi inderogabili (…) sulle operazioni di credito agrario assistite dal concorso pubblico sugli interessi » (Cass., n. 2072/2013), nonché indica un limite massimo al concorso regionale nel pagamento degli interessi, richiamando «per la soglia minima annua inderogabile la normativa, dettata ai sensi del D.P.R. n. 616 del 1977, art. 109, di cui al citato D.P.C.M. 2 aprile 1982 » (Cass., n. 2072/2013).
10. La disciplina pubblicistica ha, pertanto, avuto lo scopo di trasferire alle Regioni , in attuazione dell’art. 109, terzo comma d.P.R. n. 616/1977 cit., le funzioni amministrative in materia di credito agevolato e, quindi, « anche l’accesso ai finanziamenti e la disciplina dei rapporti con gli istituti di credito, riservando allo Stato la determinazione dei tassi minimi di interesse agevolato» (Cass., n. 5805/1994), limitandosi a prevedere tassi minimi di interesse agevolato, senza peraltro sancire la nullità di eventuali tassi ultralegali, ove in concreto pattuiti dalle parti. La stessa disciplina regionale invocata (la l.r. Marche n. 21/1977 oggi abrogata e promulgata in epoca precedente la disciplina statuale di riordino della disciplina creditizia agevolata), si limita a prevedere il mero concorso della Regione Marche sugli interessi corrisposti nei mutui di miglioramento fondiario.
11. Ne consegue che, in assenza di una normativa che vincolasse gli istituti di credito a imporre un tetto massimo al concorso del privato al pagamento degli interessi in materia di credito agevolato, ma solo un concorso pubblico in misura minima in quota interessi in relazione allo stesso finanziamento, le parti potevano legittimamente determinare il tasso di interesse in misura superiore al minimo imposto per legge, determinandola per relationem anche in misura
pari alla successiva disciplina di cui al citato D.P.C.M. 2 aprile 1982. La disciplina del D.P.C.M. e del relativo tasso di interesse è, pertanto, stata richiamata dalle parti al fine di indicare la misura del tasso voluta dalle parti secondo la loro autonomia contrattuale, non essendovi un tetto massimo al concorso del privato nel pagamento degli interessi. La sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che « nessuna restrizione pertanto è posta alla libertà contrattuale delle parti, di stabilire tassi maggiori» , ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
Il secondo motivo è inammissibile, non essendo più deducibile il vizio di motivazione, salvo che la motivazione sia inidonea a lasciar comprendere il percorso logico-giuridico che ha condotto il giudice alla decisione (Cass., Sez. U., n. 8053/2014), percorso motivazionale -nel caso di specie – comprensibile e compiuto, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto, sia pure succintamente, che la disciplina di settore non preclude la pattuizione di clausole che prevedano un tasso di interesse riferibile a quanto indicato nel D.P.C.M. 2 aprile 1982.
I ricorsi riuniti vanno, pertanto, rigettati, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate per il primo ricorso come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato; nulla per le spese negli altri due giudizi riuniti.
P.Q.M.
La Corte dispone la riunione al ricorso n. 9704/2021 dei ricorsi nn. 10006/2021 R.G. e 10298/2021 R.G. e li rigetta; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 3.200,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% per rimborso forfetario e accessori di legge; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio
2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26/02/2025.