Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26192 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26192 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28139/2021 r.g., proposto da
COGNOME elett. dom.to presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to presso la Cancelleria di questa Corte , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 337/2021 pubblicata in data 04/05/2021, n.r.g. 848/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 03/07/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.- NOME COGNOME aveva chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Lecco decreto ingiuntivo nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per il pagamento delle provvigioni relative ai mesi di gennaio e febbraio 2009 relative al rapporto di agenzia risolto mediante il recesso dell’agente per giusta causa.
OGGETTO:
ricorso monitorio – allegazioni causa petendi -necessità -memoria difensiva nel successivo giudizio di opposizione – mutatio libelli -interpretazione della domanda
2.L’opposizione della società era stata accolta dal Tribunale, il quale aveva revocato il decreto ingiuntivo, ritenendo non provata la conclusione di affari idonea a giustificare il credito provvigionale vantato, ma aveva altresì dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale dell’opponente, volta alla condanna dell’ex agente al pagamento dell’indennità sost itutiva del preavviso.
3.La Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 544/2019, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla società ed in riforma della sentenza di primo grado, aveva dichiarato la competenza territoriale del Tribunale di Tivoli.
4.- Con ordinanza n. 15818/2020 questa Corte di legittimità, pronunziando sul regolamento di competenza proposto da NOME COGNOME aveva cassato la sentenza d’appello, ritenendo che l’eccezione di incompetenza, per il suo carattere pregiudiziale, non potesse essere sollevata soltanto in via gradata rispetto alla richiesta di accoglimento o di rigetto delle domande di merito. Questa Corte aveva dunque dichiarato competente la Corte d’Appello di Milano per la decisione dell’appello avverso la sentenza del T ribunale di Lecco.
5.- Riassunto il giudizio dal COGNOME, con la sentenza indicata in epigrafe i Giudici del rinvio , dato atto dell’intervenuta rinunzia da parte di RAGIONE_SOCIALE alla domanda di pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso, confermavano le restanti statuizioni di merito del Tribunale.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
nel procedimento monitorio l’opposto è attore in senso sostanziale, sicché non può avanzare domanda riconvenzionale, né domande diverse da quelle proposte con il ricorso monitorio;
nel caso in esame il COGNOME nel ricorso monitorio, aveva proposto domanda di condanna per saldo provvigioni per l’attività di agente di commercio, ossia per la promozione di ordini per la commercializzazione di prodotti Vismara;
dunque esattamente il Tribunale ha evidenziato che il COGNOME non aveva allegato né provato quali fossero gli affari conclusi per i quali aveva maturato il diritto alle provvigioni;
detta carenza assertiva e probatoria non può essere sanata né dall’esame dei successivi atti processuali, né dalla rivalutazione delle risultanze istruttorie;
il COGNOME solo nella sua memoria difensiva nel giudizio di opposizione ha introdotto in modo inammissibile perché tardivo la diversa causa petendi a fondamento del proprio diritto, assumendo che quella somma di euro 21.600,00 gli sarebbe dovuta non come compenso per l’attività promozionale svolta, ma per remunerare in modo fisso la sua attività ulteriore e collaterale di responsabile e coordinatore di zona;
nella stessa prospettazione del COGNOME si tratterebbe di un diritto di credito nascente non dal contratto di agenzia, che infatti non ne contiene alcuna menzione, bensì da un accordo verbale accessorio, di cui non vi è cenno nel ricorso monitorio;
inoltre si tratterebbe di un importo fisso mensile e non provvigionale ossia non a percentuale, come invece dedotto nel ricorso monitorio;
si è dunque al cospetto di una inammissibile mutatio libelli , correttamente non esaminata dal Tribunale, che ha limitato la sua indagine alla sussistenza del diritto alle provvigioni azionato con il ricorso monitorio;
in tale prospettiva è del tutto irrilevante che il COGNOME si sia offerto di provare lo svolgimento dell’incarico accessorio di coordinamento;
questa è la ragione più liquida, che comporta la conferma della sentenza di primo grado.
6.- Avverso tale sentenza COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
7.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
8.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.
9.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta violazione degli artt. 183, 414, 416 e 426 c.p.c. per avere la Corte territoriale errato nell’interpretare il ricorso monitorio e lo stesso atto di opposizione della società, omettendo di rilevare che nel contratto di agenzia il compenso, pur definito ‘provvigionale’, era stato pattuito in misura fissa
(euro 9.000,00 lordi mensili) e non in percentuale sugli affari conclusi.
Il motivo è inammissibile, perché non è denunziato alcun vizio di interpretazione dell’atto processuale, da far valere secondo i criteri legali di ermeneutica contrattuale (art. 1362 ss. c.c.), né del contratto di agenzia. In più occasioni, anche in sede nomofilattica, questa Corte ha già affermato che mentre in tema di interpretazione dei provvedimenti giurisdizionali deve farsi applicazione, in via analogica, dei canoni ermeneutici di cui all’art. 12 ss. disp.prel.c.c., in ragione dell’assimilabilità di tali provvedimenti, per natura ed effetti, agli atti normativi, nell’interpretazione degli atti processuali delle parti occorre fare riferimento ai criteri di ermeneutica di cui all’art. 1362 ss. c.c., che valorizzano l’intenzione delle parti e che, pur essendo dettati in materia di contratti, hanno portata generale (Cass. ord. n. 25826/2022; Cass. n. 4205/2014; Cass. sez. un. n. 11501/2008).
Il ricorrente non ha censurato la sentenza in relazione ad alcuno dei criteri ermeneutici, limitandosi a lamentare una violazione di norme processuali del tutto inconferenti ai fini dell’esatta individuazione della domanda e della portata negoziale della clausola contrattuale.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere la Corte territoriale erroneamente e senza alcuna motivazione compensato le spese processuali relative al regolamento di competenza dinanzi alla Corte di Cassazione, pur avendo la società resistito insistendo per la competenza territoriale del Tribunale di Tivoli e quindi pur essendo essa risultata soccombente.
Il motivo è a tratti infondato, a tratti inammissibile.
È infondato laddove, contrariamente all’assunto del ricorrente, la Corte territoriale ha espressamente motivato la compensazione non solo delle spese del primo appello, ma pure di quelle del regolamento di competenza ‘ in ragione della natura esclusivamente processuale delle decisioni ivi assunte ‘.
E’ poi inammissibile laddove la censura non si confronta con la ratio decidendi della compensazione, incentrata non sull’esito del regolamento di competenza, bensì sulla natura processuale della decisione, sicché in tale prospettiva resta del tutto irrilevante il comportamento processuale assunto dalla società in quella sede.
Infine il motivo è infondato, poiché non rispettoso del principio secondo cui ai fini del regolamento delle spese processuali rileva l’esito finale e complessivo del giudizio di merito, sicché resta irrilevante l’esito di singoli gradi o fasi del processo (Cass. ord. n. 33412/2024; Cass. ord. n. 14916/2020; Cass. n. 1775/2017; Cass. n. 23226/2013).
3.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data 03/07/2025.
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME