Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14929 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14929 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23727/2022 R.G. proposto da
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ,
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1415/2022 de lla Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 5.4.2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.3.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La ricorrente, dirigente veterinaria alle dipendenze dell’RAGIONE_SOCIALE, convenne in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE per chiederne la condanna al risarcimento del danno a lei provocato con l’ asseritamente illegittima esclusione dall’attività aRAGIONE_SOCIALEle a pagamento svolta da altri colleghi presso un determinato macello avicolo.
Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, in funzione di giudice del RAGIONE_SOCIALE, rigettò la domanda con sentenza che venne impugnata dalla lavoratrice; ma l a Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE dichiarò inammissibile il gravame per una ritenuta mutatio libelli rispetto alla domanda svolta in primo grado.
Contro la sentenza della Corte d’Appello, la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
L’NOME si è difesa con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi de ll’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unic o motivo di ricorso si denunciano «violazione ed errata applicazione /interpretazione dell’art. 345 c.p.c. e dell’art. 414 c.p.c. inesistenza dei presupposti».
La Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile il gravame della lavoratrice sul ritenuto presupposto che la domanda proposta in primo grado avesse avuto ad oggetto il risarcimento del danno per una asserita illegittima esclusione dell’RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE , mentre con l’atto d’appello la lavoratrice avrebbe sostenuto che quella di cui si
discute non è un’attività libero professionale, bensì un’attività aRAGIONE_SOCIALEle di controllo da svolgere al di fuori del normale orario di RAGIONE_SOCIALE , ma soggetta a regole diverse rispetto all’attività libero professionale intra moenia .
La ricorrente nega di avere mutato l’oggetto della domanda e, in particolare, di avere proposto con l’atto d’appello una domanda nuova rispetto a quella avanzata davanti al Tribunale.
2. Il motivo è fondato.
2.1. La decisione della Corte territoriale è basata sull’assunzione che la ricorrente avesse indicato, nell’atto d’appello , «una causa petendi non dedotta in primo grado», chiedendo l’applicazione di «norme , evocate per la prima volta in questo grado» ( id est : in grado d’ appello).
La circostanza è smentita con precisione nel ricorso, ove si riporta il contenuto delle «note autorizzate» prodotte in primo grado, per replicare alla memoria di costituzione dell’ARAGIONE_SOCIALE convenuta. In sostanza, in risposta a ll’argomento secondo cui la mancata assegnazione di incarichi professionali sarebbe stata da imputare a una scelta della cliente (l’impresa titolare del macello avicolo), la lavoratrice ha osservato che non si tratta in questo caso della consueta attività libero professionale svolta in favore degli utenti paganti (che hanno diritto di scegliere il professionista di loro fiducia), bensì di un’attività che seppure richiesta dall’utente per sue esigenze di produzione -è comunque finalizzata al controllo sanitario delle sue attività, come richiesto dalla legge, sicché la scelta del professionista incaricato non può spettare allo stesso destinatario del controllo.
Nelle citate «note autorizzate», a sostegno della propria replica, la ricorrente aveva invocato alcune disposizioni del Regolamento aRAGIONE_SOCIALEle A.L.P.I. (artt. 3, 7 e 8) in materia di incompatibilità tra attività di controllo e cointeressenza con il soggetto controllato.
Ha quindi errato la Corte d’Appello a ritenere quella questione sollevata, e quelle norme regolamentari interne invocate, «per la prima volta in questo grado».
2.2. Ma altrettanto errata è, nella sentenza impugnata, l’affermazione secondo cui la rilevata «novità» (che comunque, come si è appena visto, non era tale in secondo grado, essendosene discusso anche davanti al Tribunale) avrebbe comportamento il mutamento «della prospettazione relativa ai fatti costitutivi della pretesa».
I fatti posti a fondamento della domanda sono rimasti quelli allegati con il ricorso introduttivo: l’omessa assegnazione di incarichi di controllo in quel macello, nonostante la dichiarata disponibilità in tal senso, e il conseguente danno economico subito. A fronte di una difesa dell’ARAGIONE_SOCIALE convenuta volta a negare che si trattasse di una omissione discriminatoria, e quindi illecita, la ricorrente replicò (in primo grado) indicando le ragioni di tipo giuridico per cui quella difesa era, a suo giudizio, priva di fondamento. Il che rappresenta il fisiologico sviluppo del contraddittorio tra le parti, senza alcun precluso mutamento dei fatti principali posti a fondamento della domanda.
2.3. In definitiva, quindi, la Corte di RAGIONE_SOCIALE non avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’appello , bensì esaminare nel merito la fondatezza o meno dell’impugnazione.
L ‘accoglimento del ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla medesima Corte d’Appello
di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, per decidere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, non sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 19.3.2024.