Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14652 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14652 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30443-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COMUNE DI PALERMO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME
-controricorrente – nonchè contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO nello studio dell’avv. NOME COGNOME che òa rappresenta e difende unitamente a ll’avv. NOME
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1509/2022 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata in data 07/09/2022
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. COGNOME Giacomo evocava in giudizio il Comune di Palermo innanzi il Tribunale di Palermo, invocandone la condanna al rifacimento di un muro posto a confine tra i fondi dell’attore e dell’ente convenuto. L’attore assumeva, in particolare, che detto muro era in parte crollato perché danneggiato dalle radici degli alberi esistenti nel sottostante fondo dell’ente locale.
Si costituiva il Comune, resistendo alla domanda e chiamando in causa NOME, figlia ed avente causa dell’affittuario del fondo sul quale erano posti a dimora gli alberi responsabili del danno lamentato dal COGNOME, la quale in separato giudizio aveva rivendicato l’acquisto per usucapione della proprietà del terreno comunale.
Si costituiva anche la terza chiamata, negando ogni responsabilità ed assumendo che il muro era crollato per vetustà.
Con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, c.p.c., l’attore precisava la propria domanda, specificando che il muro aveva funzione di contenimento, essendo il fondo del Comune posto ad una quota più bassa rispetto a quello dell’attore, e chiedeva, in subordine, di ritenere applicabile l’art. 877 c.c. e condannare i convenuti a contribuire comunque alla spesa di ricostruzione del muro, nonché, in ulteriore
subordine, per il caso in cui il muro fosse ritenuto di confine, ed il suo crollo dovuto a caso fortuito, onerare i convenuti stessi, ciascuno per quanto di competenza, alla costruzione di un nuovo muro rispettoso della normativa antisismica applicabile e idoneo a contenere il terrapieno esistente tra i due fondi oggetto di causa.
Con sentenza n.4420/2016 il Tribunale rigettava la domanda principale, accertando che il crollo del muro era stato causato dalla sua vetustà, e riteneva assorbite le ulteriori domande spiegate dall’attore.
Con la sentenza impugnata, n. 1509/2022, la Corte di Appello di Palermo rigettava il gravame interposto dal COGNOME avverso la decisione di prime cure, confermandola. La Corte distrettuale riteneva, in particolare, che il Tribunale non fosse incorso in violazione dell’art. 112 c.p.c., poiché al rigetto della domanda principale proposta dal COGNOME aveva seguito la pronuncia di assorbimento delle altre domande, e visto che l’odierno ricorrente non aveva riproposto, in sede di precisazione delle conclusioni in prime cure, la domanda subordinata con la quale aveva invocato l’applicazione dell’art. 877 c.c.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione COGNOME GiacomoCOGNOME affidandosi quattro motivi.
Resistono con separati controricorsi il Comune di Palermo e Marchese NOME.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente e la controricorrente COGNOME hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 189, 190, 281 quinquies, 281 sexies, 113, 132 c.p.c. e 101 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che le domande subordinate formulate dal COGNOME con la memoria ex
art. 183, sesto comma, n. 1, c.p.c., non fossero state coltivate in sede di precisazione delle conclusioni.
La censura è fondata.
A pag. 17 del ricorso è riportato il verbale del 13.6.2016, dal quale emerge che l’odierno ricorrente aveva concluso ‘come da atto introduttivo 702 bis cpc e successive memorie’ , in tal modo richiamando anche le domande proposte, in via subordinata, con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, c.p.c. La circostanza è ulteriormente confermata alle pagg. 29 e s. del ricorso, ove sono riportate le domande che erano state formulate con la predetta memoria di precisazione, ed anche dal controricorso del Comune di Palermo, nel quale si dà atto che il COGNOME aveva proposto anche domande subordinate di applicazione dell’art. 877 c.c. e di condanna dei convenuti a contribuire alla spesa occorrente per la ricostruzione del muro oggetto di causa (cfr. pag. 2).
Non poteva, dunque, essere ravvisato alcun abbandono delle predette istanze, e quindi la sentenza è censurabile (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 183 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente configurato una mutatio libelli nella precisazione, formulata dall’attore con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, c.p.c., che il muro di cui è causa assolveva ad una funzione di contenimento, a fronte della natura dei fondi, non posti alla stessa quota.
Anche questa censura è fondata.
L’assunto della Corte di merito, secondo cui la domanda di applicazione dell’art. 877 c.c. integrerebbe una mutatio libelli non consentita, non è condivisibile, posto che l’oggetto della pretesa
spiegata dal COGNOME era comunque legata allo stesso fatto costitutivo (il crollo del muro) ed era finalizzata ad ottenere la condanna dei convenuti, pro quota o ciascuno per quanto di ragione, a provvedere alla sua ricostruzione, ovvero a contribuire alla relativa spesa. Sotto questo profilo, va data continuità al principio secondo cui ‘La modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12310 del 15/06/2015, Rv. 635536).
Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha ravvisato sic et simpliciter una inammissibile mutatio senza porsi il problema di verificare se la domanda subordinata fosse pur sempre connessa alla vicenda sostanziale dedotta e se integrasse una compromissione delle potenzialità difensive della parte convenuta. Così operando, la Corte territoriale si è discostata dal citato principio e pertanto la sentenza va cassata, rendendosi necessario nuovo esame.
L’accoglimento del primo e del secondo motivo implicano logicamente l’assorbimento degli altri, con i quali si lamenta, rispettivamente, la violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe omesso di pronunciarsi su tutti i profili della domanda proposta (terzo motivo); nonché la violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 134 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., perché la decisione della Corte di Appello sarebbe fondata su una motivazione meramente apparente (quarto motivo).
La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, in relazione alle censure accolte, e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Palermo, in differente composizione.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo e secondo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Palermo, in differente composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda