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Mutatio libelli in appello: quando la domanda è nuova

Una dipendente pubblica ha citato in giudizio il datore di lavoro e l’ente proprietario dell’immobile per i danni subiti a seguito di una caduta. Inizialmente, la causa della caduta era stata identificata in una “sconnessione non segnalata”. In appello, la lavoratrice ha modificato la causa, indicando la mancanza di parapetti sulla rampa. La Cassazione ha confermato l’inammissibilità della domanda per mutatio libelli in appello, poiché l’introduzione di nuovi fatti costitutivi viola il diritto di difesa e le preclusioni processuali.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mutatio Libelli in Appello: No a Nuovi Fatti a Sostegno della Domanda

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un principio cardine del processo civile: il divieto di mutatio libelli in appello. Questo termine tecnico si riferisce all’inammissibilità di modificare i fatti costitutivi della propria pretesa quando si passa dal primo al secondo grado di giudizio. La vicenda riguarda la richiesta di risarcimento danni di una dipendente pubblica a seguito di una caduta all’uscita dal luogo di lavoro. La Suprema Corte, confermando le decisioni dei giudici di merito, ha rigettato il ricorso, ribadendo che il processo non può trasformarsi in una continua ricerca di nuove basi fattuali per la stessa domanda.

I Fatti di Causa

Una dipendente di un’agenzia governativa conveniva in giudizio il proprio datore di lavoro e l’ente proprietario dell’immobile per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa di una caduta avvenuta mentre lasciava l’ufficio.

Nel ricorso di primo grado, la lavoratrice aveva specificamente indicato la causa dell’incidente in una “sconnessione non segnalata” presente sulla rampa di accesso all’edificio. Sia il Tribunale che, successivamente, la Corte d’Appello hanno respinto la domanda, non avendo trovato prove di tale sconnessione.

L’analisi della Corte: la Mutatio Libelli in Appello

Di fronte alla mancanza di prove sul fatto originariamente allegato, in sede di appello la lavoratrice ha modificato la propria tesi. La causa della caduta non era più la sconnessione, ma il fatto che la rampa fosse priva di adeguate protezioni come parapetti e corrimano, in violazione delle norme sulla sicurezza.

La Corte di Cassazione ha qualificato questo cambiamento come una inammissibile mutatio libelli in appello. I giudici hanno chiarito che si ha una “domanda nuova”, vietata in appello, quando si modificano i fatti costitutivi del diritto che si intende far valere. Il processo si fonda sul principio del contraddittorio, che richiede che la controparte sia messa in condizione di difendersi su fatti specifici e allegati fin dall’inizio, entro termini precisi (le cosiddette preclusioni assertorie).

La Differenza tra le Due Prospettazioni

La Corte ha evidenziato come le due versioni dei fatti fossero completamente diverse:
1. Prima tesi (primo grado): si lamentava un’anomalia fisica della pavimentazione (la sconnessione) e un’omessa segnalazione. Il tema di indagine era l’esistenza di un difetto specifico e improvviso.
2. Seconda tesi (appello): si contestava un difetto strutturale e permanente del manufatto (la rampa), ovvero la sua non conformità alle norme di sicurezza per l’assenza di corrimano.

Questo mutamento non rappresenta una semplice diversa qualificazione giuridica dello stesso fatto, ma l’introduzione di un fatto giuridico completamente nuovo, su cui la controparte non aveva avuto modo di difendersi nel primo grado di giudizio.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la propria decisione rigettando tutti i motivi di ricorso presentati dalla lavoratrice. Il primo motivo, relativo alla presunta errata applicazione del divieto di domanda nuova, è stato ritenuto infondato. La Corte territoriale aveva correttamente ravvisato una mutatio libelli inammissibile. Di conseguenza, anche gli altri motivi di ricorso, che si basavano sulla violazione delle norme di sicurezza relative alla mancanza di parapetti e sull’inversione dell’onere della prova, sono stati dichiarati inammissibili. Essi, infatti, riguardavano questioni attinenti alla nuova domanda, che era già stata correttamente esclusa dal giudizio di appello. La Corte ha sottolineato che non si può decidere una causa attribuendo rilievo alla negligenza della vittima o meno, quando manca la prova del fatto stesso posto a fondamento dell’azione originaria (la sconnessione).

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura civile: la stabilità del tema del decidere. Le parti devono definire chiaramente i fatti a sostegno delle loro pretese all’inizio del processo e non possono modificarli a piacimento nelle fasi successive, pena l’inammissibilità della domanda. Questo garantisce il corretto svolgimento del contraddittorio e il diritto di difesa. Per i lavoratori che subiscono un infortunio, questa decisione sottolinea l’importanza di allegare fin da subito, in modo preciso e completo, tutte le circostanze fattuali che hanno causato il danno, poiché non sarà possibile introdurne di nuove in un secondo momento per “correggere il tiro” di fronte a difficoltà probatorie.

È possibile modificare i fatti su cui si basa una richiesta di risarcimento nel corso del processo d’appello?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che introdurre in appello fatti nuovi e diversi da quelli esposti in primo grado costituisce una “mutatio libelli” (modifica della domanda), che è inammissibile. La domanda deve basarsi sugli stessi fatti costitutivi in entrambi i gradi di giudizio.

Per chiedere un risarcimento al datore di lavoro per un infortunio, è sufficiente affermare che l’incidente è avvenuto sul posto di lavoro?
No, non è sufficiente. È necessario descrivere il fatto in modo specifico, allegando circostanze precise che possano configurare un inadempimento del datore di lavoro agli obblighi di sicurezza o una violazione di norme specifiche, così da poter stabilire un nesso di causalità tra tale inadempimento e il danno subito.

Cosa si intende per “mutatio libelli” e perché è inammissibile in appello?
Per “mutatio libelli” si intende la modifica dei fatti costitutivi del diritto richiesto in giudizio. È inammissibile in appello perché viola il principio del contraddittorio e il diritto di difesa della controparte, la quale si troverebbe a doversi difendere da fatti nuovi, mai introdotti nel primo grado di giudizio e oltre i termini previsti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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