Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15156 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15156 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
sul ricorso 17863/2020 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO d L’AQUILA n. 479/2020 depositata il 24/03/2020i;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/03/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di L’Aquila -adita in riassunzione, a seguito della cassazione di una sua pregressa pronuncia, dalla Banca Popolare di Bari che era rimasta soccombente nel giudizio promosso dal COGNOME per far dichiarare la nullità di talune clausole presenti nei contratti regolanti i loro rapporti -ha dichiarato inammissibile la domanda di nullità di dette clausole per essere frutto di abuso di una posizione dominante e di intese anticoncorrenziali introdotta da COGNOME nella comparsa conclusionale di primo grado, senza, tuttavia, che fosse chiarito il collegamento tra l’esistenza del cartello ed i danni da lui lamentati. A giudizio del decidente ci si troverebbe in presenza di una causa petendi nuova rispetto a quella posta a fondamento dell’iniziale domanda risarcitoria, con l’effetto che l’inammissibilità che da ciò discende non sarebbe emendabile neppure mediante l’esercizio dei poteri di rilievo ufficiosi, sia per via dei nuovi accertamenti di fatto che la cognizione di detta domanda renderebbe necessari, sia per via del mutamento della tipologia del danno risarcibile, stante la natura eterodeterminata della pretesa esercitata.
Il mezzo azionato ora dal COGNOME si vale di quattro motivi, illustrati con memoria, ai quali resiste con controricorso la banca intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Il primo motivo di ricorso racchiude la denuncia dell’errore in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata nell’aver ritenuto preclusa la
cognizione della domanda di cui in narrativa, posto che, da un lato, contrariamente a quanto affermato dal decidente, la domanda era stata formalizzata nella memoria depositata avanti al giudice di primo grado a mente dell’art. 183, comma 5, cod. proc. civ., sì che essa non sarebbe tardiva, e dall’altro, la sua scrutinabilità andrebbe favorevolmente vagliata alla luce dei principi enunciati dalle SS.UU. 12310/2015, afferendo anche la questione della nullità delle clausole negoziali richiamate per contrasto con la normativa antitrust alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio.
Il motivo non ha pregio.
È indubbiamente corretto, come affermato dalla sentenza impugnata, che la domanda articolata dal ricorrente con riferimento alla disciplina antitrust integri «una causa petendi nuova» rispetto a quella inizialmente formulata, di talché doverosa ne è stata l’espunzione dal giudizio dichiarandosene l’inammissibilità, giacché, anche a prescindere dalla circostanza se essa sia stata introdotta nel giudizio di primo grado con la memoria di cui all’art. 183, comma 5, cod. proc. civ. in allora vigente ovvero con la memoria conclusione, in ogni caso essa sfocerebbe in una -almeno in principio -non consentita mutatio libelli .
È vero però -e su questo il ricorrente segnatamente insiste -che se la domanda fosse stata formulata nella memoria di cui all’art. 183, comma 5, cod. proc. civ. si imporrebbe di rivedere il giudizio di inammissibilità osteso dal decidente in ossequio agli enunciati fissati da SS.UU. 12310/2015 nel senso che «la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (“petitum” e “causa petendi”), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle
potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali».
Tuttavia anche supponendo che ci si trovi in presenza di una domanda diversa e che essa, per quanto insegnano le SS.UU. nel ricordato precedente, non incorra perciò nella preclusione fatta valere dal decidente e sia dunque scrutinabile, nondimeno la tesi ricorrente si renderebbe per questo maggiormente apprezzabile.
Sfugge, invero, al ricorrente che allorché la Corte d’Appello ha giudicato insindacabile la vista questione per l’inosservanza delle preclusioni, ha pure fatto seguire la considerazione che il COGNOME aveva sviluppato tale tematica nell’appello incidentale «peraltro senza chiarire il collegamento tra l’esistenza del cartello e i danni subiti, tenuto anche conto che, come rilevato dallo stesso COGNOME, l’intesa fra le banche è stata considerata anticoncorrenziale dalla Commissione Europea solo con riferimento alle commissioni di massimo scoperto e alla disciplina delle valute».
Questa considerazione è rimasta completamente negletta nella prospettazione difensiva di parte ricorrente, sicché, dovendosi riconoscere in essa l’enunciazione di un’autonoma ratio decidendi idonea come tale a sorreggere da sé la decisione -come a dire, sintetizzando, che la Corte d’Appello abbia si ricusato di conoscere della questione, ma quand’anche ne avesse conosciuto il giudizio sulla stessa non sarebbe stato diverso -ne viene per naturale corollario logico che il ricorrente non ha interesse a dolersi della statuizione qui impugnata, perché quand’anche, superate tutte le obiezioni viste, venisse meno la preclusione rilevata in prima battuta, questo secondo argomento la renderebbe comunque inoppugnabile.
L’inattaccabilità, dunque, della sentenza qui impugnata sotto questa angolazione solleva dall’esame degli altri motivi di ricorso
intesi, il secondo, a censurare il deliberato d’appello nella parte in cui avrebbe negato che, permanendo la preclusione opposta in prima battuta, l’esame della questione non sarebbe stato possibile neppure esercitando i poteri ufficiosi di rilevabilità della nullità, il terzo ed il quarto a rappresentare la fondatezza nel merito della tesi accennata.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in euro 15200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 20.3.2024.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME