Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25647 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 25647 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 22104-2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 944/2018 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA, depositata il 25/01/2019 R.G.N. 171/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/07/2024 dal AVV_NOTAIO Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
R.G.N. 22104/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/07/2024
CC
RILEVATO CHE
Con la sentenza n. 944 del 2018, la Corte di appello di Bologna, ha respinto l’appello contro la sentenza del Tribunale di Modena n. 199 del 2016 che, per quanto qui rileva, pronunciando sulle domande di NOME COGNOME, dirigente della società intimata, dimessasi il 12.4. 2012, aveva:
rigettato la domanda volta ad accertare che ‘ il rapporto di lavoro era cessato per le dimissioni rassegnate il 12/4/12 ex art. 16 del contratto collettivo nazionale dei dirigenti industriali del 2009 e, per l’effetto, fosse condannata RAGIONE_SOCIALE a pagarle la somma di €. 878.829,20, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali, dal 3/7/12 al saldo, quale indennità sostitutiva del preavviso prevista dalla norma ‘(in termini, dalla sentenza di primo grado);
accolto parzialmente, per l’importo di euro 16.259,25, oltre accessori e spese di lite, la domanda con la quale la ricorrente aveva chiesto che ‘ le fosse pagata quella parte della retribuzione variabile legata all’utile pre-tax pari all’1,5% di tale utile relativa al 2012, e cioè dall’1/1/12 al 3/7/12, giorno in cui è cessato il rapporto di lavoro ‘ (così nella sentenza di primo grado), quantificandola in euro 135.000,00, rispetto al risultato raggiunto dalla divisione che dirigeva, di euro 18 milioni, per il 2012, commisurato al semestre lavorato dalla ricorrente.
La Corte distrettuale, sul gravame presentato dalla ricorrente, esaminata la norma invocata ( l’art. 16 del CCNL Dirigenti Industriali 2009 che prevede che ‘il dirigente che a seguito di mutamento della propria attività sostanzialmente incidente sulla sua posizione, risolva, entro 60 giomi, il rapporto di lavoro, avrà diritto, oltre al trattamento di fine rapporto, anche ad un trattamento pari all’indennità sostitutiva del preavviso spettante in caso di licenziamento ) ha confermato la decisione del primo giudice, escludendo il diritto alla indennità sostitutiva del preavviso, sulla base dei seguenti rilievi:
la comunicazione di NOME COGNOME del 6 gennaio 2012, con cui il Presidente del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha estromesso la AVV_NOTAIOssa
COGNOME dall’autonomia decisionale nella predisposizione del budget per l’esercizio 2012, risale al 6 gennaio 2012, quindi ricade al di fuori del termine di 60 giorni considerato dall’art. 16 cit.;
del pari, la sottrazione della facoltà di nominare autonomamente consulenti stilistici esterni, comunicata il 10 febbraio 2012, è avvenuta 62 giorni prima delle dimissioni;
la riorganizzazione che ha fatto capo alla RAGIONE_SOCIALE, articolazione della azienda che ‘riferiva’ alla RAGIONE_SOCIALE fino al 29 febbraio 2012 e successivamente era stata ‘indirizzata’ direttamente al AVV_NOTAIO, nemmeno può configurare un mutamento sostanziale dell’attività lavorativa della AVV_NOTAIOssa COGNOME, ai fini dell’applicazione della norma contrattuale in discorso, come pure l’annullamento del viaggio in Cina di una collaboratrice della COGNOME, in quanto non sarebbe stato dimostrato che queste modifiche avessero un’incidenza significativa sul contenuto dell’attività lavorativa della ricorrente;
il mancato concerto preventivo per l’inserimento di un ufficio campionario nella RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” durante la riunione del 19 marzo 2012 nemmeno rilevava ai fini della applicazione della norma contrattuale, poiché non avrebbe inciso negativamente sulla posizione della RAGIONE_SOCIALE, in quanto riguardante la RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” e non la RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” di cui la ricorrente era Direttrice Generale.
In ogni caso, la nomina di un coordinatore delle due linee senza preventivo concerto con la RAGIONE_SOCIALE, non avrebbe configurato un cambiamento sostanziale della sua attività lavorativa, dato che essa aveva comunque partecipato alla riunione decisionale.
Avverso la decisione di secondo grado NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Le parti hanno depositato memorie.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La ricorrente, NOME COGNOME, contesta che la Corte d’Appello abbia confermato la sentenza di primo grado, che ha accolto parzialmente, per l’importo di euro 16.259,25, oltre accessori e spese di lite, la domanda con la quale aveva chiesto che le fosse pagata quella parte della retribuzione variabile legata all’utile pre-tax pari all’1,5% di tale utile relativa al 2012, e cioè dall’1/1/12 al 3/7/12, giorno in cui è cessato il rapporto di lavoro, quantificandola in euro 135.000,00, rispetto al risultato raggiunto dalla divisione che dirigeva di euro 18 milioni.
La RAGIONE_SOCIALE ritiene che la minor somma riconosciuta dal primo giudice sia stata frutto di un errore, poichè la componente variabile della retribuzione, pacificamente svincolata da obiettivi specifici, era fissata in ragione dell’utile pre-tax del fatturato della sola RAGIONE_SOCIALE, ed era sempre stata liquidata secondo tale criterio.
Avrebbe errato, in particolare la Corte, nel confermare la statuizione di primo grado, poiché dalla prova orale raccolta era stata confermata la dedotta modalità di calcolo (segnatamente dalla deposizione del teste COGNOME che aveva dichiarato come ‘ fin dall’anno 2003, la parte variabile dello stipendio della ricorrente è stato determinato nella misura dell’1,5% dell’utile annuale pre tax della divisione informale’, mentre irrilevante sarebbe stata la deposizione del teste COGNOME che, invece, aveva affermato ‘che l’utile pre tax conseguito sull’esercizio è stato 2.0167,00’ poiché tale teste si riferiva al bilancio consolidato di entrambe le divisioni, che non rilevava ai fini della liquidazione in esame).
Avrebbe errato, ancora la corte, non considerando, per accedere alla prospettiva dedotta dalla ricorrente circa il calcolo della retribuzione variabile in discorso, il documento NUMERO_DOCUMENTO, da cui si poteva evincere l’importo annuale corrisposto alla ricorrente quale retribuzione
variabile. Tale documento, considerato anche unitamente ad un ulteriore documento (il conto economico gestionale del 2012) avrebbe dimostrato che il calcolo dell”importo concretamente erogato e preventivato, era avvenuto sul riferimento della sola divisione informale, giacchè l’andamento gestionale pre tax della stessa era ampiamente positivo mentre quello dell’altra divisione era negativo.
Avrebbe pure errato, la corte di merito, nel ritenere rilevante l’omessa produzione in appello del NUMERO_DOCUMENTO, poiché da tale documento citato ma non prodotto si sarebbe potuto evincere l’accordo, sia pure informale, sulle concrete modalità di calcolo della retribuzione variabile, poiché la ‘questione poteva essere risolva positivamente’ per la ricorrente, sulla base della prova testimoniale, e con l’esame della corretta documentazione relativa alle retribuzioni della ricorrente. In particolare avrebbe errato la corte affermando (sulla base del raffronto tra le buste paga e le richieste sviluppate dalla ricorrente), che tali richieste non trovavano riscontro nella retribuzione ricevuta, poiché avrebbe basato il proprio esame su buste paga incomplete, mentre a diverse conclusioni sarebbe giunta se avesse esaminato una busta paga corretta, come quella inserita nel ricorso per cassazione, relativa a marzo 2012.
In ogni caso, infine, la corte di appello, nel confermare la sentenza di primo grado relativamente a tale aspetto, avrebbe comunque omesso di fornire la motivazione volta a spiegare le modalità oste alla base dell’accertamento della somma riconosciuta.
Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 2381 3° co. c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.
3.1. La ricorrente lamenta che la Corte d’Appello, nel valutare i fatti dedotti come ‘mutamento sostanziale’ dell’attività lavorativa della ricorrente, ai fini dell’applicazione della norma invocata, non avrebbe considerato adeguatamente l’impatto delle modifiche organizzative decise dalla RAGIONE_SOCIALE sulla sua posizione lavorativa, ritenendo erroneamente che tali modifiche non configurassero tale mutamento sostanziale. In particolare, la Corte avrebbe errato nell’individuare il momento perfezionativo del depauperamento
definitivo delle funzioni della ricorrente nelle citate comunicazioni via email e nelle decisioni del RAGIONE_SOCIALE, poiché solo la successiva delibera formale del RAGIONE_SOCIALE poteva essere considerata idonea a tal fine, poiché aveva reso definitive le decisioni adottate
3.2. La corte, escludendo che vi fosse stata una sottrazione sostanziale dei poteri di COGNOME in relazione alla gestione della RAGIONE_SOCIALE, si sarebbe limitata a seguire supinamente la sentenza di primo grado, omettendo di considerare molti aspetti rilevanti
In particolare, la società distributrice controllata dalla RAGIONE_SOCIALE, era nel controllo gestionale, operativo e finanziario della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE diretta dalla RAGIONE_SOCIALE, e l’aver nominato General Manager di tale società altro dirigente (tale NOME COGNOME), l’aver trasferito i sistemi informativi nel dominio della società di Milano EMAIL), l’aver, come confermato dai testi, reso autonoma la struttura cinese, senza coordinamento con Modena, avrebbe spezzato i fili di comunicazione diretta tra RAGIONE_SOCIALE e la società cinese, compromettendo sostanzialmente la sua posizione di Direttore Generale.
Entrambi i motivi sono inammissibili, sotto diversi profili.
4.1 Con riguardo al primo motivo, poiché si configura una ipotesi di cd. doppia conforme -avendo la Corte di Appello rigettato il gravame proposto dalla odierna ricorrente per le stesse ragioni già indicate dal giudice di primo grado, inerenti ai medesimi fatti posti a base della della decisione impugnata- è preclusa, ai sensi dell’art. 360 comma 4, c.p.c., come riformato, la possibilità di proporre, in sede di legittimità, la censura di omesso esame di fatti decisivi (nel testo introdotto d L. 29 dicembre 2022, n. 197, modificativa dell’art. 35, commi 1 e 5 del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149).
La ricorrente, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. avrebbe dovuto indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di
rigetto dell’appello, dimostrando che esse fossero tra loro diverse (v., ex multis, Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 20944 del 2019; Cass. n. 268 del 2021; Cass. n. 29002 del 2021; Cass. n. 25027 del 2021)
4.2. A ben vedere, la ricorrente, senza confrontarsi con la motivazione della Corte di appello, che evidenzia la mancanza, tra gli atti, di documenti rilevanti ai fini della domanda (segnatamente il doc. 69 contenente la comunicazione, sia pure informale, relativa al calcolo della retribuzione variabile cit.), propone una diversa valutazione dei fatti e delle prove (le risultanze documentali, la prova testimoniale) finanche giungendo a produrre nuovi documenti mai esibiti né prodotti nelle precedenti fasi di merito, nella sostanza, invocando un improprio riesame di merito degli apprezzamenti istruttori, che è precluso al Giudice di legittimità.
La corte territoriale, con motivazione logica e coerente, ha ritenuto, valutando il materiale istruttorio sottopostole dalle parti, che il documento 69 (v. pag. 7 appello): che ‘asseritamente’ avrebbe dovuto provare la modalità di retribuzione, mancava nella documentazione prodotta; che la retribuzione del 2011, basata sulle emergenze documentali prodotte dalle parti, non era minimamente comparabile alle richieste per il 2012. Inoltre, quanto alla prova testimoniale, correttamente applicando i principi sviluppati da questa corte, ha escluso la prevalenza di una delle deposizioni (contraddittorie tra loro) sull’altra, confermando le ragioni della decisione adottate dal primo giudice, e il conteggio della retribuzione, parametrato, in percentuale, sull’utile della intera società, come calcolato dal Tribunale (2.167,900,00 utile pre tax, per 1.5, diviso 2, euro 16.259,25).
4.2. Anche il secondo motivo, con il quale la ricorrente deduce il vizio ex art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per violazione dell’art. 2381 terzo comma c.c., appare inammissibile dal momento che, pur menzionando la norma violata (non dedotta precedentemente) in concreto si traduce ancora una volta nella proposta di una diversa valutazione dei fatti rispetto a quella ragionatamente ricostruita dai giudici di merito (ossia la individuazione del momento di perfezionamento del ‘mutamento di attività’ della dirigente, nella mancata approvazione del ‘budget’ in
data 6 gennaio e 31 gennaio, salva mera ratifica del 29 febbraio), e propone censure inammissibili per genericità ( la diversa valutazione della perdita di controllo della società cinese).
Come affermato ripetutamente da questa corte, il vizio ex art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., va dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla RAGIONE_SOCIALE di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. n. 287 del 2016; Cass. n. 635 del 2015; Cass. n. 25419 del 2014; Cass. n. 16038 del 2013; Cass. n. 3010 del 2012); in realtà il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione (che può concernere soltanto una questione di fatto e mai di diritto) posta dal giudice a fondamento della decisione, per l’esclusivo rilievo che, in relazione al fatto accertato, la norma, della cui esatta interpretazione non si controverte (in caso positivo vertendosi in controversia sulla ‘lettura’ della norma stessa), non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata ‘male’ applicata, e cioè applicata a fattispecie non esattamente comprensibile nella norma (Cass. n. 26307 del 2014; Cass. n. 22348 del 2007); sicché il processo di sussunzione, nell’ambito del sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto, presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata; nella specie, invece, la sequela della gran parte degli errores in iudicando addebitati alla Corte territoriale, oltre a mancare di un sufficiente grado di specificità nei sensi innanzi richiamati, transita attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, a partire dalla diversa riscotruzione delle vicende dedotte
(come è conclamato dagli ampi riferimenti svolti in ricorso alle risultanze istruttorie documentali e testimoniali)
Nella fattispecie, i giudici di seconde cure hanno accertato, con una indagine di merito non sindacabile in questa sede che i diversi fatti concretanti la presunta modifica delle mansioni della ricorrente si collocavano temporalmente in un periodo superiore ai 60 giorni dalle dimissioni o non si traducevano in un mutamento sostanziale
Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 10.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge
Ai sensi dell’art.13, co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico di entrambe le parti ricorrenti, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per i ricorsi ex art.13,co. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 10 luglio 2024