Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7915 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7915 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/03/2024
ORDINANZA
Oggetto
LOCAZIONE ABITATIVA
Intimazione di sfratto per finita locazione Opposizione dell’intimato -Mancata conversione del rito e convalida dello sfratto – Appello verso tale decisione – Rilievo della nullità del provvedimento ma contestuale decisione nel merito – Ritualità
sul ricorso 29486-2020 proposto da:
R.G.N. 29486/2020
COGNOME NOMENOME domiciliat a presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO NOME COGNOME; Cron. Rep.
Ud. 04/10/2023
– COGNOMEnte –
contro
Adunanza camerale
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore delegato e legale rappresentante ‘ pro tempore ‘, domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO;
– controCOGNOMEnte –
Avverso la sentenza n. 1511/2020 d ella Corte d’appello di Roma, depositata il 22/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 04/10/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME COGNOMECOGNOME COGNOME base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 1511/20, del 22 aprile 2020, della Corte d ‘a ppello di Roma, che -pronunciandosi sul suo gravame avverso l’ ordinanza depositata il 26 maggio 2014, con cui il Tribunale di Roma, pur in presenza di un’opposizione della stessa COGNOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME sfratto per finita locazione intimatole dalla società RAGIONE_SOCIALE -ha ritenuto la nullità della convalida ma, decidendo nel merito, ha dichiarato l’intervenu ta cessazione, a far data dal 1° aprile 2003, del contratto di locazione immobiliare corrente tra le parti.
Il solo motivo di ricorso denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -nullità della sentenza e violazione e/o mancata e/o erronea applicazione degli artt. 667 e 426 cod. proc. civ., per mancata emanazione dell’ordinanza di mutamento del rito e mancata concessione di termini per note integrative, con conseguente violazione e/o mancata e/o erronea applicazione degli artt. 24 e 113 Cost.
Rileva la COGNOMEnte che, sebbene la sentenza faccia riferimento ad un’ordinanza di mutamento del rito, la stessa non venne mai adottata, sicché, non essendo stato neppure concesso il termine per il deposito delle memorie integrative, ella -anche in ragi one dell’abnorme svolgimento del primo grado di giudizio assume di non essersi potuta difendere in nessuno dei due gradi di merito, essendo stata privata, in particolare, della possibilità di dedurre nuove eccezioni e di proporre domande riconvenzionali.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, la società RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
La COGNOMEnte ha depositato memoria.
Non consta, invece, la presentazione di conclusioni da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile, per più ragioni.
7.1. In primo luogo, perché il suo solo motivo prospetta, in realtà, un errore revAVV_NOTAIOrio su un fatto processuale, vale a dire COGNOME concessione dei termini ex art. 426 cod. proc. civ.
Esso, pertanto, andava denunciato, in ipotesi, a norma dell’art. 395, comma 1, n. 4), cod. proc. civ.
Peraltro, essendo stato l’appello proposto con ricors o (ancorché, inspiegabilmente, in sentenza si affermi che esso fu introdotto con citazione: pag. 5), non si comprende quale cambiamento di rito dovesse disporsi, sicché la Corte capitolina, nel farvi riferimento, è verosimilmente incorsa in un mero ‘ lapsus calami ‘ .
In secondo luogo, anche a seguire l’impostazione della COGNOMEnte, deve rilevarsi come essa non abbia dimostrato di essersi lamentata della mancata concessione del termine entro e non oltre il momento della discussione innanzi al giudice d’appello . Anzi, dal verbale dell’udienza del 23 gennaio 2020, risulta che il
difensore della stessa (unitamente a quello di controparte) chiese rinvio della causa per discussione.
Sul punto, d eve, invero, ribadirsi che l’eccezione deducibile dalla parte -o rilevabile d’ufficio dal giudice -per tutta la durata del grado in cui si verifica, non soggiace, per tale arco temporale, alla regola dell’art. 157, comma 3, del medesimo codice (che preclude il rilievo della nullità ad opera sia della parte che vi ha dato causa, che di quella che vi ha rinunciato anche tacitamente), norma, quest’ultima, che ‘confina il suo àmbito alle sole nullità determinate dal comportamento di una parte che siano a rilievo non officioso’ (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 30 agosto 2018, n. 21381, Rv. 650325-01; in senso conforme, tra le più recenti, si vedano Cass. Sez. 3, sent. 27 luglio 2021, n. 21529, Rv. 662196-01, nonché, sempre in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 4 novembre 2020, n. 24483; Cass. Sez. Un., sent. 31 gennaio 2019, n. 2841). Difatti, essendo l’esclusione della preclusione suddetta ‘ancorata all’esistenza del potere officioso del giudice’, risulta ‘logicamente sostenibile che essa si giustifichi temporalmente solo fino a quando il potere officioso del giudice sussista e sia esercitabile come quello della parte’, giacché, viceversa, allorquando tale potere officioso cessi, non può che venire meno ‘quell’esigenza logica, per così dire di par condicio fra parte e giudice, che giustifica che i poteri di rilevazione si conservino per entrambi ancorché la nullità sia stata determinata originariamente dalla parte’; verificatasi, pertanto, tale evenienza ‘la regola dell’art. 157, comma 3, cod. proc. civ. può e deve riespandersi’ (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 21381 del 2018, cit .).
In terzo luogo, sebbene la COGNOMEnte assuma l’esistenza di un ‘ vulnus ‘ al proprio diritto di difesa, assumendo di essere stata privata della possibilità di dedurre nuove eccezioni e di proporre
domande riconvenzionali, non ha, però, specificato quali fossero le domande o eccezioni ‘ de quibus ‘ .
Sul punto, pertanto, deve rammentarsi il principio secondo cui la ‘censura concernente la violazione dei «principi regolatori del giusto processo» e cioè delle regole processuali ex art. 360, n. 4), cod. proc. civ., deve avere carattere decisivo, cioè incidente sul contenuto della decisione e, dunque, arrecante un effettivo pregiudizio a chi la denuncia’ (Cass. Sez. 3, sent. 26 settembre 2017, n. 22341, Rv. 646020-03; in senso conforme Cass. Sez. 6Lav., ord. 15 ottobre 2019, n. 26087, Rv. 655459-01).
Infatti, si è osservato che l’art. 111 Cost. ‘assegna rilievo costituzionale al principio della ragionevole durata del processo, al pari del diritto alla difesa’, sicché ‘il principio di ragionevole durata del processo porta ad escludere interpretazioni che prevedano la regressione del processo per il mero rilievo della mancata realizzazione di determinate formalità dove, in concreto, la omissione delle stesse non abbia comportato alcuna limitazione delle garanzie difensive’ (così, in motivazione, Cass. Sez . Lav., sent. 7 giugno 2017, n. 14186, Rv. 644540-01). Su tali basi, pertanto, si è concluso che, in caso di mancato mutamento di rito ex art. 426 cod. proc. civ., la ‘parte ha dunque l’onere di specificare quali ulteriori istanze istruttorie’ e, dunque, a maggior ragione quali eccezioni o domande -‘sarebbero state proposte e non hanno trovato ingresso nel processo in conseguenza della mancata assegnazione del termine per la integrazione degli atti’ (cfr. sempre Cass. Sez. Lav., sent. n. 14168 del 2017, cit .).
Da quanto precede, dunque, emerge che -fermo l’errore commesso da primo giudice -quello d’ appello, rilevata la natura di sentenza del provvedimento di convalida e, dunque, l’ammissibilità de l proposto gravame, altro non poteva fare se non (come ha fatto) decidere la controversia nel merito, secondo il
normale effetto devolutivo dell’appello, non COGNOMEndo certo un’ipotesi di rimessione al primo giudice ex art. 354 cod. proc. civ.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico della COGNOMEnte e liquidate come da dispositivo.
A carico della COGNOMEnte, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere, alla società RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 2.5 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della COGNOMEnte dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della