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Muro di confine: quando si può sopraelevare?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19606/2025, interviene su una lite tra vicini relativa alla proprietà e sopraelevazione di un muro di confine. La Corte ha cassato la decisione d’appello, stabilendo che il diritto di sopraelevare un muro comune è la regola, a meno che non si provi la sua funzione di contenimento di un terrapieno artificiale. Ha inoltre ribadito che anche un gazebo stabile è una ‘costruzione’ soggetta alle distanze legali e che le autocertificazioni non hanno valore di prova nelle cause tra privati.

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Muro di confine: quando si può sopraelevare? La Cassazione fa chiarezza

La gestione dei confini tra proprietà è una fonte frequente di contenzioso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 19606 del 2025, offre importanti chiarimenti su questioni cruciali come la sopraelevazione di un muro di confine, la definizione di ‘costruzione’ ai fini delle distanze legali e il valore probatorio delle autocertificazioni. Analizziamo questa decisione per capire le sue implicazioni pratiche per i proprietari di immobili.

I fatti: la controversia sul muro e le costruzioni vicine

La vicenda nasce da una disputa tra proprietari confinanti. I primi citavano in giudizio il vicino lamentando la costruzione di alcuni manufatti a ridosso del muro divisorio, che essi ritenevano di loro esclusiva proprietà, e chiedendone l’arretramento. Il vicino, a sua volta, non solo rivendicava la proprietà esclusiva del muro, ma chiedeva la demolizione di una sopraelevazione realizzata dagli attori e la rimozione di terreno accumulato contro il muro stesso.

Il Tribunale di primo grado dava piena ragione agli attori. La Corte d’Appello, invece, ribaltava parzialmente la decisione, dichiarando il muro come bene comune a entrambe le proprietà e condannando gli attori a rimuovere la sopraelevazione e il terreno, ritenendo che il muro avesse una funzione di contenimento.

Le motivazioni della Cassazione: i punti chiave sul muro di confine

Contro la sentenza d’appello, i proprietari originari proponevano ricorso in Cassazione, che ha accolto le loro ragioni su quattro punti fondamentali, annullando la decisione precedente e rinviando il caso a un nuovo esame.

La natura del muro: è divisorio, non di contenimento

Il primo e più importante motivo di accoglimento riguarda la natura del muro. La Corte d’Appello aveva negato il diritto di sopraelevare il muro di confine comune (previsto dall’art. 885 del Codice Civile) sulla base del presupposto, non provato, che si trattasse di un muro di contenimento di un terrapieno artificiale. La Cassazione ha censurato questa conclusione, affermando che la Corte territoriale ha dato per scontata la presenza del terrapieno senza alcun accertamento. In assenza di prove che ne dimostrino la specifica funzione di contenimento, il muro deve essere considerato un semplice muro divisorio, e quindi si applica la regola generale che consente a ciascun comproprietario di innalzarlo.

La nozione di ‘costruzione’: anche un gazebo stabile rientra nelle regole sulle distanze

Un altro punto chiave riguarda un gazebo ligneo edificato dal vicino a ridosso del confine. La Corte d’Appello lo aveva escluso dalla nozione di ‘costruzione’, non ritenendolo soggetto alle norme sulle distanze legali. La Cassazione ha smentito questa interpretazione, evidenziando come la perizia tecnica (CTU) avesse accertato la stabilità e l’immobilizzazione al suolo del manufatto. Qualsiasi opera che crei una volumetria stabile e non sia facilmente amovibile è una ‘costruzione’ a tutti gli effetti e deve rispettare le distanze previste dall’art. 873 del Codice Civile. Il giudice di merito non può ignorare le conclusioni del perito senza una valida motivazione.

Il valore probatorio dell’autocertificazione: nullo tra privati

La Corte ha anche affrontato la questione della data di costruzione di un altro manufatto. Il vicino aveva provato la sua anteriorità rispetto alle norme sulle distanze tramite una dichiarazione sostitutiva di atto notorio. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: questo tipo di autocertificazione ha valore probatorio solo nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. In una causa tra privati, essa è priva di qualsiasi efficacia, non potendo essere considerata né una confessione (perché è a favore di chi la rende) né un indizio. La prova deve essere fornita con mezzi ordinari.

I limiti del giudice: non può decidere oltre le domande

Infine, la sentenza ha accolto anche il motivo relativo al vizio di extra petizione. La Corte d’Appello, nel decidere sul gazebo, aveva ordinato la rimozione della sua copertura in coppi, una modifica specifica che non era mai stata richiesta da nessuna delle parti. In questo modo, il giudice aveva oltrepassato i limiti della domanda, pronunciandosi su una questione non sollevata.

Le conclusioni: cosa insegna questa sentenza

La decisione della Cassazione riafferma principi cardine del diritto immobiliare e processuale. In primo luogo, il diritto di sopraelevare un muro di confine comune è la norma, e qualsiasi eccezione basata su una presunta funzione di contenimento deve essere rigorosamente provata. In secondo luogo, la nozione di ‘costruzione’ è ampia e include qualsiasi manufatto stabile, indipendentemente dal materiale, che deve quindi rispettare le distanze legali. Infine, la sentenza serve da monito sul valore delle prove: le autocertificazioni non possono sostituire le prove tradizionali nelle controversie civili. Per i proprietari, questa sentenza sottolinea l’importanza di basare le proprie pretese su prove concrete e di definire chiaramente l’oggetto delle proprie domande in giudizio.

È sempre possibile sopraelevare un muro di confine comune?
Sì, secondo l’art. 885 c.c., è un diritto del comproprietario, a meno che non venga provato che il muro svolga la specifica funzione di contenimento di un terrapieno artificiale, nel qual caso tale diritto può essere escluso.

Un gazebo in legno è considerato una ‘costruzione’ ai fini delle distanze legali?
Sì, se il manufatto presenta caratteri di stabilità, consistenza e immobilizzazione al suolo, realizzando una determinata volumetria, è considerato a tutti gli effetti una ‘costruzione’ e deve rispettare le normative sulle distanze dai confini.

Un’autocertificazione (atto notorio) ha valore di prova in una causa tra privati?
No, la sentenza chiarisce che la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ha efficacia probatoria solo nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e non in una causa tra privati, in quanto è un atto precostituito a favore di chi lo dichiara.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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