Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12329 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12329 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10889/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in RUVO DI PUGLIA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, LOVINO NOME, NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in BISCEGLIE, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– controricorrenti – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI BARI n. 1849/2022 depositata il 22/12/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., COGNOME Giuseppe, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME convenivano innanzi al Tribunale di Trani COGNOME Nicola, per sentire accertare l’esatto confine tra le rispettive proprietà, nonché la titolarità del diritto di proprietà del muro di pietra ivi insistente.
A sostegno delle loro ragioni, esponevano gli attori che la RAGIONE_SOCIALE era proprietaria di un fabbricato sito in Ruvo di Puglia confinante con uno stabilimento di proprietà della RAGIONE_SOCIALE e con un suolo edificatorio con sovrastante piccolo locale deposito e basculla per pesa autocarri, confinante -tra le altre – con la proprietà COGNOME; che lungo tutto il confine tra le proprietà delle società RAGIONE_SOCIALE e la proprietà COGNOME vi era un muro di pietra a secco di diversa forma, consistenza e dimensioni, in passato oggetto di controversia di natura possessoria tra le due società e COGNOME NOME conclusasi con sentenza della Corte di Appello di Bari che aveva accertato uno stato di compossesso del muro; che RAGIONE_SOCIALE aveva venduto parte della proprietà a COGNOME Giovanni, mentre la RAGIONE_SOCIALE aveva venduto a COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME.
Si costituiva COGNOME NOME dichiarandosi proprietario esclusivo del muro come emergeva dai titoli di proprietà ed instando per l’accertamento dell’esatto confine.
1.1. Disposta CTU, il Tribunale di Trani, con sentenza n. 1436/20 pubblicata in data 1.10.2020, dichiarava che la linea di confine tra i
fondi delle parti contendenti era quella evidenziata alle pp. 11, 12 e 13 della relazione peritale depositata il 20.05.2015 ed ai relativi allegati.
Aderendo alle conclusioni del CTU, argomentava il giudice di prime cure che il muro di confine, caratterizzato da due differenti tipologie di muratura, apparteneva originariamente a due proprietà.
Precisava che la prima tipologia di muratura in pietra a secco, indicata come A, era da ritenersi in comune non essendo stati allegati, nel corso del giudizio, elementi idonei a superare la presunzione di comproprietà del muro divisorio tra le parti in causa. La parte di muro divisorio sub B, invece, era di proprietà esclusiva degli attori.
La predetta pronuncia veniva impugnata da COGNOME Nicola innanzi alla Corte d’Appello di Bari che rigettava integralmente il gravame .
A sostegno della sua decisione, affermava la Corte – condividendo anch’essa come già il primo giudice le risultanze della C.T.U. , ottenute sulla scorta delle operazioni compiute, consistite in sopralluoghi, saggi tecnici nonché nell’esame dei titoli e della documentazione catastale che il muro di cui si discute determina la linea di confine tra la proprietà COGNOME e quelle delle parti attrici; che la porzione di muro individuato con lettera A è in comproprietà tra le parti; che la seconda parte del muro individuato con la lettera B è di proprietà esclusiva degli attori odierni appellati.
Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandolo a due motivi ed illustrandolo con memoria.
Resistono RAGIONE_SOCIALE, COGNOME Giuseppe, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME depositando controricorso illustrato da memoria.
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, il ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis, comma 2, cod. proc. civ.
E’ utile precisare che, a séguito della decisione di questa Corte resa a Sezioni Unite (Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione del Consigliere Delegato proponente, in qualità di componente del Collegio che definisce il presente giudizio, non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si deduce, ex art. 360, comma 1, cod. proc. civ., nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione nell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 880 cod. civ., ultimo comma, con riferimento al tratto di muro oggetto di causa denominato A-A. Omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha omesso l’esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti nel precedente grado di giudizio, e incontrovertibilmente accertato dal C.T.U., ossia che il muro di confine tra fondi posti ad altezze diseguali nel tratto denominato AA è stato realizzato per assolvere la funzione di sostegno e contenimento della consistenza del ricorrente, posta in posizione sopraelevata rispetto a quelle confinanti/sottostanti di proprietà dei resistenti. Tale tratto di muro deve, dunque, ritenersi di proprietà esclusiva del ricorrente per tutta l’altezza del dislivello tra i due fondi, così come previsto dall’art. 880 cod. civ.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Innanzitutto, si rileva l’inammissibilità del riferimento al n. 5) dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ.: anche nella versione attualmente vigente, il caso di specie rientra nell’ipotesi della c.d. «doppia conforme», per cui il ricorrente per cassazione, al fine di evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5 ) cod. proc. civ. per difetto di specificità, deve indicare le ragioni di fatto poste a
base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( ex plurimis : Cass. Sez. 6-2, n. 8320 del 2022-Rv. 664432 – 01; Cass., Sez. 3, 14.07.2022, n. 22244; Cass., Sez. L, 20.07.2022, n. 22782; Cass., Sez. 6-2, 15.03.2022, n. 8320; Cass., Sez. L, 06.08.2019, n. 20994).
Nella specie, il ricorrente non ha indicato le ragioni di diversità fra le due pronunce.
1.2. Anche con riguardo alla censura attinente alla violazione di legge, il mezzo è comunque inammissibile per difetto di specificità, posto che si fa riferimento ad una questione nuova (l’attribuzione della proprietà del muro a secco al ricorrente a cagione de ll’accertata differenza di quota tra i due terreni, che determinerebbe l’applicazione dell’art. 880, comma 1, cod. civ.), non affrontata nella pronuncia impugnata.
Il mezzo risulta, dunque, formulato in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., atteso che il ricorrente erroneamente censura la pronuncia con il n. 3) , anziché 4), dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., facendo un generico riferimento all’atto di citazione in appello limitandosi a meramente richiamarlo, senza invero debitamente – per la parte strettamente d’interesse in questa sede – riprodurlo nel ricorso (per tutte: Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 30723 del 2019, Rv. 656224 -02). Non sono, infatti, sufficienti affermazioni – come nel caso di specie – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (per tutte: Cass. Sez. L, Sentenza n. 7851 del 21/08/1997, Rv. 506967 – 01).
Con il secondo motivo si deduce, ex art. 360, comma 1, cod. proc. civ., nn. 3) e 5), violazione e/o falsa applicazione nell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 880 cod. civ., e all’ art. 938 cod. civ., con riferimento al tratto di muro oggetto di causa denominato B-B. –
Omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Secondo la ricostruzione della linea di confine tra le consistenze oggetto di causa eseguita dal C.T.U., il ricorrente ( rectius : i suoi danti causa ) avrebbero realizzato tale tratto di muro sconfinando nelle consistenze di proprietà degli odierni resistenti, così occupandone la complessiva superficie di appena 12 mq. Orbene, spiega il ricorrente, in tale ipotesi trova senz’altro applicazione il principio di cui all’art. 938 cod. civ. (c.d. accessione invertita): poiché la porzione del muro in argomento individua de facto il confine tra le particelle confinanti, ne consegue l’acquisizione al fondo del ricorrente ex art. 938 cod. civ. della modesta striscia delle particelle dei resistenti incolpevolmente occupata. Da quanto detto consegue, altresì, che anche per tale ulteriore tratto di muro trova applicazione il disposto del richiamato art. 880 cod. civ., applicabile nell’ipotesi, qual è quella nel caso di specie, di fondi posti ad altezza diseguale, attribuendo la proprietà del muro di confine al proprietario del fondo sovrastante per tutta l’altezza del dislivello.
2.1. Anche il secondo motivo è inammissibile, sia per l’errato riferimento al n. 5) dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., come sopra argomentato; sia perché anche la questione dell’applicazione dell’art. 938 cod. civ. è nuova, non risultando in motivazione nella sentenza resa dalla Corte d’Appello.
Per cui, per le medesime ragioni sopra ricordate, anche in secondo motivo è inammissibile per difetto di specificità, ex art. 366, n. 6, cod. proc. civ.
In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente
infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagame nto dell’ulteriore somma ex art. 96, comma 4 cod. proc. civ., come liquidata in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della Cassa delle Ammende: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore dei controricorrenti, che liquida in €. 3.500,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%;
condanna la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3 cod. proc. civ., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di €. 3.500,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art 96, comma 4 cod. proc. civ., al pagamento della somma di €. 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda