Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7879 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7879 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16954 R.G. anno 2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
, rappresentata e difesa dagli avvocati controricorrente e ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 296/2021 depositata il 29 gennaio 2021 della Corte di appello di Milano.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 gennaio 2023 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. RAGIONE_SOCIALE ha agito in giudizio chiedendo la condanna di RAGIONE_SOCIALE all’esatto adempimento di due contratti, uno di sponsorizzazione tecnica e l’altro di merchandising , sottoscritti l’11 giugno 2014, nonché al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, sofferti in ragione degli inadempimenti denunciati.
Nella resistenza della convenuta, il Tribunale di Milano, cui la stessa causa è stata rimessa per competenza, a seguito di declinatoria del Tribunale di Como, ha respinto le domande attrici.
2. – In sede di gravame la Corte di appello di Milano ha riformato la pronuncia di primo grado con riguardo all’accertamento del contratto di merchandising . Ha riconosciuto, in particolare, che la società convenuta in primo grado, poi appellata, avrebbe dovuto informare la società RAGIONE_SOCIALE, con cui aveva concluso un contratto di sponsorizzazione tecnica, del diritto di esclusiva da essa riservata ad RAGIONE_SOCIALE per la produzione e la vendita di tutti i prodotti recanti il marchio RAGIONE_SOCIALE e quindi trasferire l’accordo di esclusiva di vendita al nuovo partner commerciale, il quale avrebbe dovuto a sua volta impegnarsi a garantire alla licenziataria la commercializzazione in esclusiva degli articoli prodotti.
Il Giudice del gravame ha invece respinto l’appello con riguardo alla domanda risarcitoria, osservando: che le istanze istruttorie formulate dall’appellante non erano state riproposte in sede di precisazione delle conclusioni avanti al Giudice di primo grado, onde le stesse dovevano reputarsi rinunciate; che la domanda era carente di allegazione e di prova quanto all’esistenza del danno; che il prospetto prodotto tardivamente con la seconda memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c., il quale recava «una proiezione dichiaratamente ipotetica del fatturato ottenibile mediante un’efficace allocazione degli investimenti pubblicitari», risultava essere generico, poco chiaro e comunque privo di valore e che «i numeri e le ‘proiezioni’ indicate
rimasti privi di qualsivoglia riscontro documentale».
3. Avverso la sentenza di appello, pronunciata il 29 gennaio 2021, ricorre per cassazione, con un motivo di impugnazione, RAGIONE_SOCIALE. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, la quale ha svolto un ricorso incidentale condizionato basato su di un unico mezzo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Col motivo del ricorso principale la sentenza impugnata è censurata «per violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nonché per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio». La doglianza investe la decisione relativa al contratto di sponsorizzazione: la società istante lamenta che la Corte di merito non avrebbe «interpretato adeguatamente» il detto negozio e osserva che una volontà delle parti nel senso da essa indicato emergerebbe dall’art. 1 della convenzione, oltre che da uno scambio di mail; deduce, altresì, che la Corte di merito nulla avrebbe rilevato «con riferimento agli altri benefici previsti espressamente dal contratto di sponsorizzazione tecnica», avendo specifico riguardo alla mancata nomina di un referente unico per i rapporti tra RAGIONE_SOCIALE ed essa ricorrente e al mancato inserimento del logo «RAGIONE_SOCIALE» nelle pubblicità istituzionali su quotidiani, riviste e piattaforme digitali, così come previsto pattiziamente. Con riguardo al contratto di merchandising la società ricorrente rileva che il danno, di problematica quantificazione, avrebbe dovuto liquidarsi in via equitativa e che una stima minima del pregiudizio consistente nel mancato guadagno della società istante avrebbe potuto dedursi dall’art. 7 del contratto stipulato tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso incidentale condizionato denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 183, comma 6, 345 c.p.c. e 2697 c.c.. Assume la ricorrente che la produzione dei documenti su cui si fondava la riforma della pronuncia di primo grado risulterebbe essere tardiva,
posto che gli scritti in questione avrebbero potuto essere acquisiti nel corso del primo grado del giudizio; inoltre, la prova ricavata da tali scritti sarebbe comunque irrilevante ai fini della decisione.
2. Il motivo di ricorso principale è inammissibile, e così l’ impugnazione basata su di esso.
Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso; il singolo motivo, infatti, assume una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticità dal legislatore: la tassatività e la specificità del motivo di censura esigono, quindi, una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito (Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; in senso sostanzialmente conforme: Cass. 14 maggio 2018, n. 11603; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 29 maggio 2012, n. 8585).
Ora, la ricorrente nemmeno indica quali siano le norme oggetto di violazione o di falsa applicazione. Ebbene, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, oltre che di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. Sez. U. 28 ottobre 2020, n. 23745; Cass. 6 luglio 2021, n. 18998).
Irrituale deve altresì ritenersi la deduzione del vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., visto che è finanche mancata una chiara esplicitazione,
da parte della ricorrente, del fatto che la Corte avrebbe omesso considerare. Va ricordato che chi intenda proporre la censura in discorso, deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività» (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415).
Il motivo è da ultimo inammissibile pure in quanto cumula due censure – quelle di cui, rispettivamente, all’ art. 360, n. 3 e n. 5 senza trattarle partitamente. L’articolazione di un singolo motivo in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, costituisce ragione d’inammissibilità dell’impugnazione quando la sua formulazione non consente o rende difficoltosa l’individuazione delle questioni prospettate (Cass. 17 marzo 2017, n. 7009); in particolare, l’articolazione in un singolo motivo di più profili di doglianza costituisce ragione d’inammissibilità quando non è possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (Cass. 23 ottobre 2018, n. 26790).
3 . – Il ricorso incidentale condizionato resta assorbito.
4 . – Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso principale e assorbito il ricorso incidentale; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della
parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione