Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5548 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5548 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16498/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende; -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 5157/2019, depositata il 24/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
Nel 2006 il Tribunale di Milano, su richiesta di RAGIONE_SOCIALE, emetteva un decreto con il quale ingiungeva a NOME COGNOME di corrispondere euro 57.232,45 a saldo di tre fatture, emesse dalla società a seguito di fornitura di merce e di prestazioni erogate sulla base del contratto intercorso tra le parti. COGNOME ha proposto opposizione avverso il decreto, nella quale deduceva di nulla dovere, stante l’adempimento parziale e, in ogni caso, la fornitura di beni e servizi per un valore compreso nell’importo di euro 25.000, versato a titolo di acconto e regolarmente incassato dalla società nel marzo 2005. Il Tribunale di Milano confermava il decreto opposto, rigettando l’opposizione.
COGNOME proponeva appello avverso la sentenza di primo grado, chiedendone l’integrale riforma; precisamente chiedeva in via principale di accertare che nulla era dovuto alla società, avendo il Tribunale erroneamente ritenuto provata la fornitura di merce e prestazioni, e in via subordinata chiedeva che l’importo già corrisposto fosse detratto dalla somma erroneamente ingiunta. La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n. 4121/2014, rigettava il gravame. COGNOME ricorreva allora per cassazione, articolando due motivi, censurando con il primo la sentenza d’appello per avere violato l’art. 112 c.p.c., avendo omesso di pronunciare sulla domanda di decurtazione proposta in via subordinata, e con il secondo per avere violato l’art. 2697 c.c., avendo ritenuto provata la fornitura di merce e la prestazione di servizi. Questa Corte, con l’ordinanza n. 17028/2018, ha accolto il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo.
Il processo è stato riassunto da COGNOME e la Corte d’appello di Milano ha anzitutto ritenuto che oggetto del giudizio di rinvio ‘sia esclusivamente l’esame e la decisione della domanda di decurtazione, omesso dai giudici della Corte d’appello con la sentenza cassata’, e ha poi respinto tale domanda.
Avverso la sentenza n. 5157/2019 della Corte d’appello ricorre per cassazione NOME, quale erede di NOME COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, anzitutto eccependo il difetto di autosufficienza del ricorso in relazione all’esposizione dei fatti. L’eccezione non può essere accolta, contenendo il ricorso una concisa rappresentazione della vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche affrontate (sui requisiti di contenuto -forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c. cfr ., per tutte, la pronuncia delle sezioni unite n. 37552/2021).
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in due motivi.
Il primo motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia sui motivi di appello ritenuti assorbiti dalla Suprema Corte di cassazione e riproposti in sede di rinvio’: la Corte d’appello ha illegittimamente delimitato e ristretto l’oggetto del giudizio di rinvio, in quanto le questioni oggetto dei motivi di ricorso per cassazione espressamente dichiarati assorbiti devono ritenersi non decisi e possono essere riproposte all’esame del giudice di rinvio.
Il secondo motivo contesta ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e/o n. 4 e/o n. 5 c.p.c., nonché degli artt. 111, comma 6 Cost., 132, comma 2, n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e/o n. 4 c.p.c.’ per avere la Corte d’appello ritenuto infondata la domanda di decurtazione dell’acconto.
I motivi sono fondati. Questa Corte, con l’ordinanza 17028/2018, ha accolto il primo motivo di ricorso, che denunciava l’omessa pronuncia della domanda di decurtazione dell’acconto, e
ha assorbito il secondo, che lamentava la violazione delle regole in materia di onere della prova per avere ritenuto provata la fornitura di merce e la prestazione di servizi. Come sostiene la ricorrente, il motivo dichiarato assorbito non è stato deciso dalla Corte, in quanto la prova della fornitura delle merci e della prestazione dei servizi era questione impregiudicata rispetto al pagamento dell’acconto di euro 25.000.
Il giudice di rinvio è quindi incorso nel vizio di omessa pronuncia, non avendo deciso sulla questione che è stata espressamente dichiarata assorbita dalla sentenza di cassazione e che è stata ritualmente sottoposta al suo esame (cfr. Cass. n. 19015/2010 e Cass. n. 37270/2022).
L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo, anche perché la Corte d’appello ha basato il rigetto della domanda di decurtazione sul ritenuto – erroneo – convincimento del passaggio in giudicato delle statuizioni dei precedenti giudici di merito, statuizioni contestate e che dovranno essere riesaminate dal giudice di rinvio.
II. La sentenza impugnata va pertanto cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Milano, che provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione