Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25587 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25587 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19159/2023 R.G. proposto da : BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 1019/2023 depositata il 27/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
– Banca Monte dei Paschi di Siena RAGIONE_SOCIALE.p.A. ricorre per cinque mezzi, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, contro la sentenza del 27 giugno 2023, con cui la corte d’appello di Ancona ha respinto gli appelli avverso sentenze del locale tribunale che avevano condannato la banca al risarcimento del danno, in favore dell’odierna controricorrente, per illegittima segnalazione alla centrale rischi, nella misura di 150.000 euro.
–RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
3. – Il ricorso contiene i seguenti motivi.
Primo motivo: violazione e/o falsa applicazione della circolare n. 139 del 11/02/1991 della Banca d’Italia, violazione e/o falsa applicazione della Delibera Cicr 29 marzo 1994, violazione e/o falsa applicazione del decreto d’urgenza del Ministro dell’economia e delle finanze -presidente del RAGIONE_SOCIALE dell’11 luglio 2012 n. 663, violazione e/o falsa applicazione del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 artt. 53, 51, 67, 108 ai sensi dell’art. 360 c.p.c. n. 3 e 5. nullità della sentenza o del procedimento per violazione art. 116 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c. n. 4 omessa o errata valutazione di un fatto decisivo ai fini del decidere -errata o illogica
valutazione delle risultanze istruttorie ai sensi dell’art. 360 c.p.c. n. 5.
Secondo motivo: violazione e/o falsa applicazione violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 e 2043 c.c. 61, 116 e 191 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c. n. 3 e 5, non avendo controparte dimostrato il danno patito né il nesso causale tra la segnalazione e l’asserito danno patito.
Terzo motivo: omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c. co.1 n. 5.
Quarto motivo: violazione e/o falsa applicazione artt. 1223, 1227 e 2043 c.c. mancanza del nesso causale ed illegittimità dei conteggi della perizia contabile -ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e 5.
Quinto motivo: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 244, 245, 246 c.p.c., art. 2697 e 2727 c.c. ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e 5.
RITENUTO CHE
4. – Il ricorso è inammissibile.
4.1. – Il primo, secondo, quarto e quinto mezzo sono tutti inammissibili trattandosi di motivi inestricabilmente combinati. Essi prospettano infatti genericamente e cumulativamente vizi di natura eterogenea (censure motivazionali ed errores in iudicando e in procedendo ), in contrasto con la tassatività dei motivi di impugnazione per cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure (cfr., ex plurimis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 16448 e 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878,
27505 e 4528 del 2023; Cass. nn. 35832 e 6866 del 2022; Cass. n. 33348 del 2018; Cass. nn. 19761, 19040, 13336 e 6690 del 2016; Cass. n. 5964 del 2015; Cass. nn. 26018 e 22404 del 2014). In altri termini, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (cfr. Cass. n. 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878 e 27505 del 2023; Cass. nn. 11222 e 2954 del 2018; Cass. nn. 27458, 23265, 16657, 15651, 8335, 8333, 4934 e 3554 del 2017; Cass. nn. 21016 e 19133 del 2016; Cass. n. 3248 del 2012; Cass. n. 19443 del 2011). Una tale impostazione, che assegna al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze della parte ricorrente al fine di decidere successivamente su di esse, finisce con il sovvertire i ruoli dei diversi soggetti del processo e rende il contraddittorio aperto a conclusioni imprevedibili, gravando l’altra parte del compito di farsi interprete congetturale delle ragioni che il giudice potrebbe discrezionalmente enucleare dal conglomerato dell’esposizione avversaria.
È sicuramente vero, peraltro, che, in tema di ricorso per cassazione, l’inammissibilità della censura per sovrapposizione di motivi di impugnazione eterogenei può essere superata se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne
l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (cfr. Cass. n. 39169 del 2021. In senso sostanzialmente conforme, si vedano anche Cass., SU, n. 9100 del 2015; Cass. n. 7009 del 2017; Cass. n. 26790 del 2018). Tanto, però, non rinviene nel motivo di ricorso in esame, il quale, per come concretamente argomentato, non consente di individuare, con chiarezza, le doglianze riconducibili agli invocati vizi, rispettivamente, ex art. 360, comma 1, n. 3, 4 e n. 5, c.p.c., in modo tale da consentirne un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare quella teoricamente proponibili, al fine di ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse.
4.2. – D’altro canto, il primo mezzo, laddove denuncia apparentemente anche violazioni di legge -ed indipendentemente da ogni considerazione se ciascuna delle fonti richiamate dalla ricorrente sia riconducibile al numero delle norme la cui violazione è denunciabile per cassazione non pone affatto in discussione il significato e la portata applicativa delle disposizioni richiamate, ma contesta la concreta applicazione fattane dal giudice di merito in ragione delle risultanze istruttorie, pur essendo ben noto che dalla violazione o falsa applicazione di norme di diritto va tenuta nettamente distinta la denuncia dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi -violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge
in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta -è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n.8315; Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313).
4.3. – Il primo e secondo mezzo, inoltre, denunciano violazione dell’articolo 116 c.p.c., sebbene sia noto che la doglianza circa la violazione di detta norma è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo « prudente apprezzamento », pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento: e, nel caso in esame, nulla di tutto ciò si rinviene nella censura, la quale altro non fa che rimettere in discussione il governo del materiale probatorio operato dal giudice di merito (per tutte Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867).
4.4. – Il secondo ed il quinto mezzo si incentrano altresì essenzialmente sulla denuncia di violazione dell’articolo 2697 c.c., in violazione del precetto secondo cui la violazione di detta norma si configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella
norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 5 settembre 2006, n. 19064; Cass. 14 febbraio 2000, n. 2155; Cass. 2 dicembre 1993, n. 11949): ribaltamento del riparto degli oneri probatori nel caso di specie nient’affatto denunciato.
4.5. – Il terzo mezzo denuncia omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 5, c.p.c.: e il fatto in questione consisterebbe in ciò, che « il danno non sia stato contenuto adeguatamente dalla data di emissione della sentenza che ha riconteggiato i saldi dare/avere tra le parti » (così a pagina 40 del ricorso).
Ma non ha bisogno di essere rammentato che il fatto cui si riferisce la norma in questione è un fatto storico, come chiarito da Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053, mentre la censura denuncia un errore di giudizio, in una prospettiva che con il dettato del numero 5 dell’articolo 360 non ha pertinenza.
4.6. – Per il quarto mezzo valgono le considerazioni già svolte al § 4.2.: la censura non pone in discussione il significato e la portata applicativa degli articoli 1223, 1227 e 2043 c.c., ma pretende di rimettere in discussione l’accertamento di fatto insindacabilmente operato dal giudice di merito.
4.7. – Quanto all’ultimo mezzo può aggiungersi che, per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., occorre
denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (per tutte Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867).
5. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso, in favore della parte controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 7.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater , che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis .
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2024.