Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23203 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23203 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. n. 7105/2019 R.G. r.g. proposto da:
NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dal l’ Avv. NOME COGNOME per procura in atti.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE P.I. P_IVA, in persona del curatore fallimentare Rag. NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’ Avv.to NOME COGNOME.
-controricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE P.I. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore dott. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’ Avv. NOME COGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1983/2018, emessa dalla Corte di Appello di Firenze il 22.05.2018, pubblicata il giorno 24.08.2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 luglio 2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze – decidendo sull’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 136/2011 del Tribunale di Siena resa in data 01.03.2011 – ha rigettato il gravame, confermando integralmente la sentenza resa in primo grado.
Con atto di citazione ritualmente notificato, la Curatela fallimentare della società RAGIONE_SOCIALE aveva infatti convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale, NOME COGNOME, assumendo: – che nei due anni antecedenti la dichiarazione di fallimento, avvenuta il 03. 03. 04, RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato da una terza concessionaria, RAGIONE_SOCIALE, una autovettura Toyota, pagandola a mezzo di tre assegni di € 10.000 ciascuno, regolarmente contabilizzati; – che la vettura era stata, poi, consegnata alla convenuta COGNOME, senza che però risultasse da costei effettuato alcun pagamento in favore della società fallita. Il RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto, pertanto, che fosse dichiarata l’ inefficacia, ai sensi dell’art. 64 l. fall., del negozio a titolo gratuito intercorso tra le parti in causa, consistente nella cessione alla convenuta, da parte della fallita, della predetta autovettura Toyota, con la conseguente condanna al pagamento della somma di € 31.000,00, pari al prezzo dell’auto, nel caso di mancata sua restituzione.
Il Tribunale, nella resistenza della NOME COGNOME e della terza chiamata in causa RAGIONE_SOCIALE aveva accolto la domanda, ritenendo
che, sulla base delle risultanze di causa, era da escludersi la prospettata (totale) gratuità dell’attribuzione del bene dalla fallita alla RAGIONE_SOCIALE, che veniva condannata pertanto unicamente alla restituzione di euro 4.610,80, pari alla differenza tra la provvista versata alla fallita dalla stessa RAGIONE_SOCIALE per euro 26.340.00 ed il prezzo invece pagato da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, pari ad Euro 31.000,00, con il conseguente accoglimento parziale della domanda della curatela attrice.
4. Proposto gravame da parte della RAGIONE_SOCIALE avverso la predetta sentenza di primo grado, la Corte di appello, sempre nella resistenza del Fallimento e della RAGIONE_SOCIALE, ha rigettato l’impugnativa, osservando e rilevando, per quanto qui ancora di interesse, che: (i) il primo motivo di appello – col quale si denunciava una pretesa mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sul rilievo dell’erroneo accoglimento parziale della domanda del fallimento – era da ritenersi inammissibile perché formulato senza il crisma della specificità dei motivi di gravame previsto dall’art. 342 c od. proc. civ., non avendo l’appellante adempiuto all’onere di indicare in maniera specifica le ragioni per le qua li l’iter logico -giuridico – sulla cui base era stata emessa la sentenza appellata – sarebbe stato erroneo; (ii) non sussisteva, peraltro, neanche la lamentata mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, atteso che non vi era stata alcuna domanda obiettivamente diversa da quella originaria, né risultava essere stato introdotto nel processo un “petitum” diverso e più ampio oppure una “causa petendi” fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima, e più in particolare su di un fatto costitutivo differente; (iii) anche il secondo motivo di appello – articolato sulla mancata valutazione del valore dell’autovettura conferita in permuta e sulla mancata acquisizione della documentazione prodotta – era infondato, in ragione più in particolare dell ‘ inammissibilità dell ‘ ulteriore documentazione prodotta in sede appello, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., e perché, peraltro, la stessa documentazione prodotta era priva di data certa e dunque non opponibile alla procedura fallimentare; (iv) occorreva comunque ribadire la totale assenza di prova in mer ito alla consegna in permuta dell’autovettura usata della RAGIONE_SOCIALE.
La sentenza, pubblicata il 24.08.2018, è stata impugnata da NOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso. Solo la società RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ., sul rilievo che la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto il primo motivo di appello aspecifico e dunque inammissibile.
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 183 e 189 cod. proc. civ., sul rilievo che erroneamente la Corte di appello avrebbe ritenuto insussistente la denunciata mutatio libelli intervenuta in corso di giudizio e grazie alla pronuncia del giudice di prime cure.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 345 cod. proc. civ.
3.1 I primi due motivi -che possono essere trattati unitariamente -sono fondati ed il loro accoglimento determina l’assorbimento delle censure articolate nel terzo motivo.
3.2 Già la prima doglianza, declinata in relazione all’impugnata statuizione di aspecificità dei motivi di gravame decretata dalla Corte di appello, è fondata. Sul punto, occorre ricordare che, anche in applicazione del previgente testo dell’art. 342 cod. proc. civ., era richiesto il requisito della ‘specificità’ del motivo di gravame (cfr. Cass. S.U. n. 23299-11). Tuttavia, sia l’attuale testo dell’art. 342 cod. proc. civ. sia il precedente devono essere intesi alla luce del criterio dettato da Cass. S.U. n. 27199-17, a tenore del quale l’appello deve recare ‘una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice’, tenuto conto della permanente natura di revisio
prioris instantiae del giudizio di appello, che mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.
Ciò posto e venendo all’esame della fattispecie qui in scrutinio, deve ritenersi che, per la compilazione della parte ‘ argomentativa ‘ del gravame , non occorra certo un ‘ progetto alternativo di sentenza ‘ (cfr. sempre Cass. S.U. n. 27199-17, cit. supra ), ove si tenga, peraltro, conto del tipo di censura prospettata dalla odierna ricorrente (con il primo motivo di appello si denunciava, infatti, la pretesa mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sul rilievo dell’erroneo accoglimento parziale della do manda del fallimento).
Orbene, l’odierna parte ricorrente ha riportato a pag. 17-18 del ricorso integralmente il motivo di gravame qui oggi in esame (v., anche, in tema di autosufficienza del ricorso: Cass. n. 3612-2022), dimostrando così di aver indicato, con sufficiente determinazione, sia le questioni contestate in ordine alle statuizioni contenute nella sentenza di primo grado appellata sia i profili argomentativi posti a confutazione delle ragioni addotte dal primo giudice. Ne consegue che risulta, ancora adesso, poco comprensibile la ragione per la quale la Corte fiorentina abbia potuto ritenere il gravame come ‘ aspecifico ‘ 3.2 Dopodiché la sentenza sbaglia, una seconda volta, nel non ravvisare il denunciato profilo della diversità della domanda. Sul punto, è sufficiente qui rammentare che, in realtà, era stata accolta dal Tribunale un’azione diversa, quale è innegabilmente la revocatoria fallimentare ex art. 67 l. fall., rispetto all’azione di inefficacia mera di cui al precedente art. 64, medesima legge fallimentare. Ed invero, neanche rileva a tal fine discorrere di ‘ riduzione ‘ pura e semplice del petitum , perché sono da considerarsi diverse proprio le azioni (e sono diverse anche le relative e conseguenziali statuizioni giudiziali): l’azione prevista e regolata dall’art. 64 l. fall. si correla infatti ad una domanda di mero accertamento (con funzione dichiarativa); la revocatoria ex art. 67 l. fall., diversamente, si correla ad un’azione costitutiva. In questa ultima ipotesi, la situazione giuridica vantata dalla massa (ed esercitata dal curatore fallimentare) non integra, in realtà, un diritto di credito (alla restituzione della somma o dei beni), esistente prima del fallimento indipendentemente dall’esercizio dell’azione giudiziale, rappresentando, per converso, un vero e
proprio diritto potestativo all’esercizio dell’azione revocatoria (v. anche Cass. S.U. n. 5443-96).
Sulla base delle considerazioni da ultimo rappresentate non può che concludersi nel senso dell’avvenuta sostanziale alterazione della causa petendi della domanda da parte del giudice di prime cure e della conseguenziale erroneità della motivazione espressa, sul punto, da parte della Corte di appello.
Si impone pertanto la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello per una nuova disamina dell’intera vicenda processuale alla luce dei principi sopra ricordati.
P.Q.M.
accoglie il primo e secondo motivo di ricorso; dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Firenze che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, in data 10 luglio 2025