Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25548 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25548 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4252/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE SEQUESTRATI CONFISCATI ALLA CRIMINALITA ORGANIZZATA, domiciliata in ROMA INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 2473/2022 depositata il 29/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.NOME COGNOME ricorre con due motivi, illustrati con memoria, per la cassazione della sentenza in epigrafe.
Con questa sentenza la Corte di Appello di Catania ha respinto il ricorso ex art.395, primo comma, n.1 e n.4, c.p.c., per la revocazione della sentenza n.1663/2019 con cui, per quanto interessa, era stato respinto l’appello di esso COGNOME contro la sentenza del Tribunale di Catania n.1922/2011 di accoglimento dell’opposizione ex art.404 c.p.c., proposta dRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza n.13/2005 del medesimo Tribunale, a sua volta dichiarativa del perfezionamento dell’acquisto per usucapione, a favore del COGNOME, di un immobile sito in PedaraINDIRIZZO INDIRIZZO, oggetto di provvedimenti, trascritti tempestivamente, di sequestro e di confisca in danno di NOME COGNOME.
La Corte di Appello, in particolare, ha ritenuto insussistenti i presupposti del n.1 dell’art. 395 c.p.c. per assenza di qualsiasi riscontro del dolo della RAGIONE_SOCIALE. Ha evidenziato che l’RAGIONE_SOCIALE aveva trascritto i provvedimenti di sequestro e di confisca emessi dall’autorità giudiziaria, in data 19.11.1985 e in data 17.11.1991, non era stata messa in grado di partecipare al giudizio per usucapione instaurato nel 2000, non aveva potuto far valere
l’acquisto del bene a favore dello Stato, aveva quindi agito del tutto legittimamente per far dichiarare l’inefficacia della sentenza n.13/2005. Sempre in riferimento al n.1 dell’art. 395 c.p.c. la Corte di Appello ha aggiunto che la buona fede del COGNOME non costituiva elemento rilevante.
La Corte di Appello ha ritenuto insussistenti i presupposti del n.4 dell’art. 395 c.p.c. evidenziando che i giudici della sentenza oggetto della revocazione si erano basati su documenti, non avevano commesso alcuna svista o errore e che la questione dell’opponibilità dell’acquisto per usucapione allo Stato, avuto riguardo ai provvedimenti e alle pronunce intervenute e RAGIONE_SOCIALE loro successione, era stato oggetto di discussione tra le parti. La Corte di Appello ha, infine, in applicazione del principio di soccombenza, condannato il COGNOME alle spese;
l’RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso;
NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE sono rimasti intimati;
la causa perviene al RAGIONE_SOCIALE a seguito di istanza di decisione presentata dal ricorrente dopo che il consigliere delegato aveva formulato proposta ex art.380 bis c.p.c. per inammissibilità o manifesta infondatezza dei due motivi di ricorso;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso viene denunciata la violazione o falsa applicazione degli artt. 111 Cost., 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. per mancanza o contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata;
il motivo è infondato.
Va richiamata la statuizione delle Sezioni Unite, sentenza n.8053 del 07/04/2014 per cui’ La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, RAGIONE_SOCIALE luce dei canoni ermeneutici dettati
dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”. Nel caso di specie la motivazione non solo esiste dal punto di vista materiale o grafico ma, al contrario di quanto viene denunciato col motivo in esame, non è contradditoria essendo invece perfettamente lineare. La Corte di Appello ha ben rappresentato le ragioni per cui ha ritenuto non ravvisabile il dolo dell’RAGIONE_SOCIALE. Ha ricordato infatti che l’RAGIONE_SOCIALE aveva, fino dal 17.11.1991, trascritto il provvedimento di confisca emesso dall’autorità giudiziaria nel procedimento di prevenzione patrimoniale a carico di NOME COGNOME, non era stata messa in grado di partecipare al giudizio per usucapione instaurato dall’attuale ricorrente nel 2000 ed aveva legittimamente proposto ricorso ex art. 404 c.p.c. contro la sentenza n.13/2005. La Corte di Appello ha, del pari, ben rappresentato le ragioni per cui ha ritenuto non ravvisabile l’errore di fatto revocatorio evidenziando che la sentenza non conteneva alcun errore su fatto decisivo essendo peraltro anche state oggetto di questioni su cui il giudice della opposizione di terzo ebbe a pronunciare sia la pretesa ‘buona fede’ dell’attuale ricorrente sia l’opponibilità della sentenza n.13/2005 all’RAGIONE_SOCIALE in quanto portatrice di trascrizione a favore.
Va poi evidenziato che nel corpo del motivo si manifesta il tentativo di veicolare argomenti finalizzati a rimettere in discussione
l’accertamento della Corte di Appello sulla assenza di dolo dell’RAGIONE_SOCIALE e sulla assenza di errori revocatori. Detto tentativo è inammissibile involgendo aspetti di fatto il cui accertamento è riservato RAGIONE_SOCIALE Corte di Appello che l’ha svolto;
3. con il secondo motivo di ricorso viene denunciata la violazione degli artt. 111 Cost. e 91 c.p.c. per avere la Corte di Appello posto a carico del ricorrente le spese del giudizio di revocazione. Sostiene il ricorrente che le spese avrebbero dovuto essere almeno compensate in ragione della ‘indubbia sussistenza di elementi sintomatici, emersi nel corso del giudizio, dell’illegittimità della condotta posta in essere’ dRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE o della ‘particolare delicatezza della vicenda’ o dell’ ‘evidente disparità di posizione tra ricorrente e resistente’.
il motivo è infondato. La Corte di Appello ha liquidato le spese in applicazione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c. La doglianza di mancato esercizio del potere di compensazione si scontra con il rilievo per cui il giudice ha, appunto, il potere ossia la facoltà di disporne la compensazione in presenza dei presupposti di cui all’art. 92 c.p.c. con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass. 11329/2019).
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese;
poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod.
proc. civ. a seguito di proposta di inammissibilità o comunque infondatezza del ricorso, e poiché la Corte ha deciso in conformità RAGIONE_SOCIALE proposta, va fatta applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma;
8. sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in € 8.500,00 oltre spese prenotate a debito;
condanna la parte ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 8 .500,00 in favore della controricorrente nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 3 .000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12 settembre 2024.