Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16676 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16676 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12974-2024 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1325/2023 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 07/12/2023 R.G.N. 909/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N.12974/2024
COGNOME
Rep.
Ud.10/04/2025
CC
RILEVATO CHE
NOME COGNOME impugna la sentenza n. 1325/2023 della Corte d’appello di Catania che ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede che aveva rigettato l’opposizione ad avviso di addebito relativo al recupero di contributi per il periodo 2/2018 -6/2018.
Propone due motivi di censura, illustrati da memoria.
Resiste INPS con controricorso.
A seguito di richiesta di decisione nei confronti della proposta di definizione accelerata del presente giudizio, è stata fissata l’odierna adunanza camerale, nella quale il Collegio ha riservato il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Il ricorrente censura la sentenza per due motivi, così rubricati.
‘1) Nullità della sentenza gravata e del procedimento per violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4 c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c., L. n. 296/2006 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c.’.
Il primo motivo, con il quale il ricorrente lamenta che la Corte non avrebbe spiegato le ragioni per cui ha ritenuto sussistente l’inadempimento contributivo, è da respingersi.
In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83/2012, conv., con modif., dalla l. n. 134/2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. n. 7090/2022 ex multis ).
Nella specie, il vizio lamentato non sussiste poiché la motivazione è chiara, non è contraddittoria né apparente, avendo la Corte esplicitato in modo inequivocabile le ragioni della decisione.
La sentenza ha delimitato il tema del decidere, precisando che ‘l’avviso di addebito riguarda i contributi per il periodo 2/18 -6/18 di cui alle note di rettifica indicate nell’avviso’ stesso.
Ha, quindi, evidenziato che dette note determinavano un diverso imponibile contributivo, che l’Istituto aveva contestato al ricorrente.
Ha sottolineato l’assenza di deduzioni in merito a ciò, poiché l’unica censura, peraltro generica, ineriva alla omessa comunicazione delle note de quibus , che, viceversa, la Corte ha affermato essere state ritualmente comunicate con Pec del 14 novembre 2018, Pec che l’appellante, sia in primo che in secondo grado, non ha lamentato di non aver ricevuto, non avendo neppure contestato che ‘la stampa del messa ggio di
avvenuta consegna costituisca rappresentazione grafica del file corrispondente’.
Da ciò la Corte ha inferito l’irrilevanza delle considerazioni relative ad un altro avviso di addebito (concernente diversi contributi, IVS, dal 1/18 al 3/18) nonché alle irregolarità riferite a premi INAIL.
Tale motivazione rispetta il cd minimo costituzionale, spiegando in modo adeguato il percorso argomentativo e la ratio decidendi .
Il secondo motivo, con cui il ricorrente si duole che la Corte non avrebbe valutato il valore di prova legale, con valenza confessoria, di un documento INPS contenente la ricostruzione dei pagamenti, da cui sarebbe emersa l’insussistenza di debiti contributivi, è inammissibile.
Il motivo non coglie la ratio decidendi , per come sopra riportata, con cui non si confronta, mirando, dietro lo schermo di plurime violazioni di legge, a ridiscutere l’apprezzamento delle risultanze probatorie fatto dalla Corte (e dal Tribunale prima).
A ciò si aggiunga che non è pertinente il richiamo agli artt. 2697 cod. civ. e 116 cod. proc. civ., perché la Corte non ha alterato le regole sull’onere probatorio e sul valore delle diverse acquisizioni probatorie.
La violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è configurabile solo allorché il giudice apprezzi liberamente una prova legale, oppure si ritenga vincolato da una prova liberamente apprezzabile (Cass. n. 27301/2024, SU n. 11892/2016), situazioni queste non sussistenti nel caso in esame.
Quanto alla violazione dell’art. 2697 cod. civ., può essere utilmente denunciata in sede di legittimità nella sola ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte
diversa da quella che ne è gravata in applicazione di detta norma, il che non si riscontra nella specie.
Conclusivamente il ricorso va rigettato, con condanna alle spese secondo soccombenza, come liquidate in dispositivo.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. deve applicarsi l’art.96, commi 3 e 4, cod. proc. civ., contenendo l’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di una ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 27195/2023 e n. 27433/2023, Cass. n.27947/2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in € 800,00 in favore del resistente e di una ulteriore somma di € 800,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in € 1800,00 per
compensi, €200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge;
condanna parte ricorrente a pagare al resistente l’ulteriore somma di € 800,00;
condanna parte ricorrente a pagare € 800,00 in favore della Cassa delle Ammende;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 10 aprile 2025.