Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27458 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27458 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/10/2024
ORDINANZA
nel ricorso R.G. n. 32066/2020
promosso da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente contro
RAGIONE_SOCIALE Lazio , in persona del Presidente pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO (sede dell’RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE), presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale depositata unitamente alla comparsa di costituzione datata 13/03/2024;
contro
ricorrente nonché contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO (sede dell’RAGIONE_SOCIALE), che la rappresenta ex lege ;
contro
ricorrente
avverso la sentenza n. 2918/2020 della Corte di appello di Roma, pubblicata il 17/06/2020, non notificata.
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2024 dal Cons. NOME COGNOME; letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE, dopo avere agito in sede amministrativa, ottenendo una pronuncia di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, procedeva alla riassunzione del giudizio nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE Lazio davanti al Tribunale di Roma, chiedendo dichiararsi l’illegitt imità dei seguenti atti: 1) Provvedimento della RAGIONE_SOCIALE Lazio – RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Rieti prot. n. NUMERO_DOCUMENTO del 18/10/2010, comunicato con racc. a.r. n. NUMERO_DOCUMENTO alla RAGIONE_SOCIALE e da questa ricevuto il 22/10/2010, avente ad oggetto la notifica della Determinazione n. C2340 del 06/10/2010 e della revoca dell’atto di concessione n. 311 del 16/12/2003 prot. n. NUMERO_DOCUMENTO con provvedimento dell’Ada di Rieti del 18/10/2010 prot. n. NUMERO_DOCUMENTO e la richiesta di restituzione del contributo di € 162.180,53; 2) Determinazione n. C2340 del 06/10/2010 della RAGIONE_SOCIALE Lazio – RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE comunicata in data 22/10/2010 con il provvedimento di cui sopra avente ad oggetto la pronunzia di decadenza totale dall’aiuto della RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE titolare del progetto codice RAGIONE_SOCIALE n. P_IVA; 3) Provvedimento prot. n. NUMERO_DOCUMENTO di revoca dell’atto di concessione n. 311 del 16/12/2003 prot. n. NUMERO_DOCUMENTO emesso il 18/10/2010 dalla RAGIONE_SOCIALE Lazio –RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE decentrata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Rieti comunicato in data 22/10/2010 con il provvedimento di cui sopra (e di tutti gli atti precedenti e successivi, presupposti, connessi, cogniti e incogniti). Per l’effetto, chiede va l’annullamento e/o la disapplicazione di tali atti, con la dichiarazione che la ricorrente non era tenuta al restituire la somma di € 162.180,33 né quella maggiore o minore richiesta a seguito di revoca del finanziamento codice RAGIONE_SOCIALE n. P_IVA denominato ‘Miglioramento pascoli e ristrutturazione fabbricato per caseificio’ da realizzarsi presso l’unità locale di Longone Sabino.
Si costituivano la RAGIONE_SOCIALE Lazio e l’RAGIONE_SOCIALE , per contestare le domande avversarie. La RAGIONE_SOCIALE Lazio chiedeva in via riconvenzionale anche la restituzione delle somme versate per il finanziamento concesso.
Il Tribunale di Roma rigettava la domanda principale e accoglieva quella riconvenzionale, con decisione confermata dalla Corte d’appello.
Quest’ultima, in ordine al primo motivo di appello ( illegittimità e ingiustizia della decisione nella parte in cui ha ritenuto motivato il provvedimento di revoca del contributo), riteneva validamente motivata anche per relationem la revoca del beneficio, aggiungendo che spettava alla società dimostrare l’insussistenza degli inadempimenti posti a sostegno della revoca.
In ordine al secondo e al quarto motivo di appello, e con riferimento al mancato rilievo attribuito all’assoluzione della società ricorrente operata dal giudice contabile, evidenziava che l’assenza di un danno erariale per le condotte tenute non escludeva i presupposti per la
revoca del beneficio, poiché il giudizio di RAGIONE_SOCIALE amministrativa non è volto ad accertare la legittimità della percezione del contributo, ma il danno cagionato da tale illegittima percezione. Con riguardo, poi, all’ intervenuta assoluzione del legale rappresentante della società ricorrente d all’imputazione d ei reati di cui agli artt. 640 bis c.p. e 2 d.lgs. n. 74 del 2000, la Corte di merito rilevava che la pronuncia non era opponibile alla RAGIONE_SOCIALE che non aveva partecipato a quel giudizio.
In ordine al terzo motivo di appello, la menzionata Corte riteneva che correttamente il primo giudice aveva affermato che le contestazioni risultanti dal rapporto della Guardia di finanza del 2009 e dal verbale della Commissione allegato alla nota della RAGIONE_SOCIALE Lazio prot. 96313/2010 avevano superato le risultanze del l’ accertamento amministrativo effettuato nel 2006, senza che la società avesse dimostrato l’insussistenza dei riscontrati inadempimenti, richiamando e facendo propri gli argomenti del Tribunale in ordine a ciascuna delle quattro contestazioni poste a fondamento della revoca, per rimarcare l’infondatezza nel merito delle doglianze . La Corte territoriale aggiungeva comunque che, sotto altro autonomo profilo, le censure dell’appellante in relazione alle singole contestazioni poste a fondamento della revoca del contributo erano inammissibili perché si limitavano a riproporre gli argomenti del primo grado senza alcuna confutazione delle ragioni addotte dal primo giudice.
Avverso la statuizione della Corte di merito ha proposto ricorso per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE, affidato a tre motivi di impugnazione.
Le intimate si sono difese con controricorso.
La RAGIONE_SOCIALE Lazio ha depositato atto di costituzione di nuovo difensore in data 13/03/2024, in virtù di procura speciale allegata all’atto.
Parte ricorrente ha depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., con nullità della sentenza gravata e/o del procedimento, per avere la Corte d’appello omesso di effettuare un vero e proprio riesame della decisione di primo grado, aderendo acriticamente alla statuizione del Tribunale, in violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., tenuto conto dell’effetto devolutivo dell’appello, con conseguente vizio della decisione impugnata anche nella parte in cui ha ritenuto inammissibili le censure alla statuizione del primo giudice sulle singole contestazioni poste a base della revoca del beneficio.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4. c.p.c. e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., con nullità della sentenza gravata e del procedimento e violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. , in quanto la decisione della Corte d’appello : prima di tutto, non conteneva la concisa esposizione dei fatti di causa; con riferimento al primo motivo di appello, da una parte, aveva operato un mero rinvio alla decisione del Tribunale e, dall’altra, aveva rappresentato argomenti del tutto oscuri; con riferimento al secondo e al terzo motivo di appello, aveva reso una motivazione meramente apparente, senza rendere comprensibili le ragioni della decisione.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., con nullità della sentenza gravata e del procedimento, per mancata percezione delle prove e del loro contenuto oggettivo evidenziato dalla parte.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile con riferimento a tutti i profili proposti.
2.1. Prima di tutto deve rilevarsi che dalla stessa prospettazione del ricorrente (confermata dal tenore della sentenza impugnata) si evince che la Corte di merito ha statuito sui motivi di impugnazione ad essa proposti, sicché deve senza dubbio escludersi la ricorrenza della violazione dell’art. 112 c.p.c. , in relazione ai motivi di appello formulati.
Tale vizio ricorre, infatti, nelle ipotesi in cui il motivo di impugnazione non è affatto esaminato, mentre nella specie è criticato il contenuto della decisione, in ragione della ritenuta inadeguatezza e insufficienza degli argomenti spesi o comunque della non condivisione delle ragioni poste a fondamento della statuizione.
2.2. In ordine, poi, alla ritenuta violazione dell’art. 342 c.c., c ome evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, Sentenza n. 27199 del 16/11/2017; conf. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 36481 del 13/12/2022), gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, poiché il giudizio di appello ha mantenuto la natura di revisio prioris instantiae , che si connota diversamente dalle impugnazioni a critica vincolata, come è, ad esempio, il presente giudizio di legittimità.
Nel ricorso per cassazione, la società ha censurato la decisione impugnata lamentando la mancata considerazione dell’effetto devolutivo dell’appello, da una parte, criticando il tenore della decisione adottata e, dall’altra, deducendo l’errone ità della statuizione, ove la Corte territoriale ha comunque ritenuto inammissibile il motivo di
appello riguardante la sussistenza delle contestazioni poste a fondamento della disposta revoca del beneficio.
Come sopra evidenziato, è evidente che la prima critica, riferita al tenore della decisione, non integra una violazione dell’art. 112 c.p.c. in combinato disposto all’art. 342 c.p.c., essendo comunque stata assunta una espressa decisione sui motivi di appello formulati, con un giudizio censurato nei successivi motivi di ricorso per cassazione.
L ‘ulteriore critica, come sopra formulata, è riferita alla parte della decisione di appello che ha ritenuto inammissibili le censure dell’appellante alle singole valutazioni delle contestazioni operate dal primo giudice, attinge una seconda ratio della statuizione adottata, espressa in aggiunta alla decisione di infondatezza del corrispondente motivo di appello (p. 6 della sentenza impugnata: «Sotto altro autonomo profilo si osserva che le censure dell’appellante in relazione alle singole contestazioni sono inammissibili ex art. 342 c.p.c.» ), e la doglianza in questa sede è inammissibile per difetto di specificità poiché la ricorrente ha richiamato sinteticamente la parte volitiva del motivo di appello, riportando i denunciati vizi della decisione di primo grado senza illustrare la parte argomentativa dell’impugnazione, come sopra individuata, contenente cioè l’illustrazione delle ragioni del dissenso esposte al giudice dell’appello formulando una critica alla decisione impugnata che, in questa sede difetta di specificità in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.
Il secondo motivo di ricorso è infondato.
3.1. Com’è noto, in virtù della vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., introdotta con la novella del 2012, non è più consentita l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. «per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio» , ma soltanto «per omesso esame
circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» .
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la richiamata modifica normativa ha avuto l’effetto di limitare il vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In particolare, la riformulazione appena richiamata deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 prel., come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è divenuta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In altre parole, a seguito della riforma del 2012 è scomparso il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della stessa, ossia il controllo riferito a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (v. ancora Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass., Sez. 1, n. 13248 del 30/06/2020).
A tali principi si è uniformata negli anni successivi la giurisprudenza di legittimità, la quale ha più volte precisato che la violazione di legge, come sopra indicata, ove riconducibile alla violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., determina la nullità della sentenza
ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. (così Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass., Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
Questa Corte ha, in particolare, affermato che il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logicogiuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020).
Ricorre, dunque, il vizio in questione, quando la decisione, benché graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13248 del 30/06/2020).
Ovviamente il controllo della motivazione del giudice di merito, nei limiti sopra indicati, non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto tale giudice ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16526 del 05/08/2016).
3.2. Nel caso di specie, dalla lettura della sentenza si evince chiaramente l’insussistenza del vizio denunciato.
In primo luo go deve rilevarsi che l’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. , nel testo risultante dalle modifiche apportate dal l’art. 45, comma 17, l. n. 69 del 2009, applicabile ratione temporis , richiede che la decisione contenga la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, eliminando il previgente riferimento allo svolgimento del processo e ai fatti rilevanti della causa, che comunque, anche secondo la disciplina previgente, non era inteso quale elemento meramente formale, bensì un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione dell’intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 920 del 20/01/2015).
Nella specie la materia del contendere è stata chiaramente riportata dal giudice del gravame, che ha indicato l’oggetto del giudizio e la statuizione del giudice di primo grado, esaminando volta per volta i motivi di impugnazione su cui ha statuito (p. 2 e ss. della sentenza impugnata).
Come già ricordato, in ordine al primo motivo di appello (illegittimità e ingiustizia della decisione nella parte in cui ha ritenuto motivato il provvedimento di revoca del contributo), la Corte di merito ha ritenuto validamente motivato anche per relationem il provvedimento di revoca del beneficio, aggiungendo che spettava alla società dimostrare l’insussistenza degli inadempimenti posti a sostegno della revoca. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la Corte d’appello non ha motivato per relationem le ragioni della sussistenza della motivazione nel provvedimento di revoca del beneficio, ma ha ritenuto valido tale provvedimento anche se contenente una motivazione per relationem , aggiungendo, poi, a tale argomento un’ulteriore ragione della decisione.
A prescindere dalla condivisibilità o meno delle ragioni poste a fondamento della decisione, queste ultime sono state chiaramente
espresse e, ove non condivise, avrebbero dovuto essere oggetto di una diversa e specifica censura.
Allo stesso modo, in ordine al secondo e al quarto motivo di appello, e con riferimento al mancato rilievo attribuito all’assoluzione della società ricorrente operata dal giudice contabile, la Corte d’appello ha evidenziato che l’assenza di un danno erariale per le condotte tenute non escludeva i presupposti per la revoca del beneficio, poiché il giudizio di RAGIONE_SOCIALE amministrativa non è volto ad accertare la legittimità della percezione del contributo, ma il danno cagionato da tale illegittima percezione. Con riguardo, poi, all’intervenuta assoluzione del legale rappresentante della società ricorrente dall’imputazione dei reati di cui agli artt. 640 bis c.p. e 2 d.lgs. n. 74 del 2000, la Corte di merito ha rilevato che la pronuncia non era opponibile alla RAGIONE_SOCIALE che non aveva partecipato a quel giudizio.
In ordine al terzo motivo di appello, la menzionata Corte ha ritenuto che correttamente il primo giudice avesse affermato che le contestazioni risultanti dal rapporto della Guardia di finanza del 2009 e dal verbale della Commissione allegato alla nota della RAGIONE_SOCIALE Lazio prot. 96313/2010 avevano superato le risultanze dell’a ccertamento amministrativo effettuato nel 2006, senza che la società avesse dimostrato l’insussistenza dei riscontrati inadempimenti, richiamando e facendo propri gli argomenti del Tribunale in ordine a ciascuna delle quattro contestazioni poste a fondamento della revoca, per rimarcare l’infondatezza nel merito delle doglianze , aggiungendo che, sotto altro autonomo profilo, le censure dell’appellante in relazione alle singole contestazioni poste a fondamento della revoca del contributo erano, peraltro, inammissibili, perché si limitavano a riproporre gli argomenti del primo grado senza alcuna confutazione delle ragioni addotte dal primo giudice.
Anche in questo caso, il percorso logico-giuridico della Corte è stato da quest’ultima esternato e la società, in caso di non condivisione della statuizione, avrebbe dovuto formulare altre censure ai sensi dell’art. 360 c.p.c.
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Come affermato da questa Corte, una censura in sede di legittimità, relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo qualora si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6774 del 01/03/2022).
Nel caso di specie, la censura contiene critiche alla valutazione delle risultanze istruttorie, che implica un inammissibile riesame delle valutazioni in fatto del giudice di merito.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
In applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla controricorrente RAGIONE_SOCIALE Lazio , che liquida in € 5.500,00 per compenso, oltre € 200 ,00 per esborsi ed accessori di legge;
condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla controricorrente RAGIONE_SOCIALE , che liquida in € 5.500,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito;
dà atto, i n applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile