Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22547 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 22547 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19617/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME con domicilio digitale in atti. -RICORRENTE- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale in atti. -CONTRORICORRENTE- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 293/2019, depositata il 27/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio NOME COGNOME chiedendo la divisione e l’assegnazione dell’intera porzione posta a valle di una strada privata denominata INDIRIZZO in Comune di Portovenere, in comunione tra le parti, strada che collegava la INDIRIZZO al INDIRIZZO e che era gravata da servitù di passaggio a favore di diversi caseggiati ubicati in zona. Il convenuto ha aderito alla domanda di
divisione, instando per l’assegnazione in natura di uno dei lotti, previo sorteggio.
Il Tribunale, con sentenza non definitiva n. 408/2014, ha dichiarato che il bene era divisibile e ha rimesso la causa in istruttoria per la formazione delle porzioni.
Con successiva sentenza definitiva n. 607/2017, respinte le contestazioni della società, ha dichiarato esecutivo il progetto divisionale.
La pronuncia non definitiva, impugnata dalla Portovenere, è stata riformata dalla Corte d’appello che, ritenuta la non comoda divisibilità dell’immobile, ha assegnato l’immobile all’appellante perché titolare della quota maggiore, rilevando che la società, proprietaria di un complesso immobiliare composto da sedici alloggi avente accesso dalla strada, aveva interesse ad ottenere l ‘assegnazione della porzione da dividere, essendosi obbligata a cederla al Comune con la convenzione urbanistica con la quale era stata autorizzata la realizzazione del complesso; ha liquidato il conguaglio in favore del ricorrente per un importo pari ad € 9.080,00.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso in otto motivi, cui ha resistito con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE
In prossimità dell’adunanza camerale le parti hanno illustrato le rispettive difense con memorie ex art. 380 bis 1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 336, comma secondo, c.p.c.. Sostiene il ricorrente che la Corte d’appello non poteva riformare la sentenza non definitiva che aveva accertato la comoda divisibilità del cespite, essendo passata in giudicato la sentenza definitiva che aveva dichiarato esecutivo il progetto divisionale ed assegnato le porzioni.
Il motivo è palesemente infondato.
La stabilità della sentenza definitiva che aveva disposto l’assegnazione dei lotti era dipendente dal giudizio di comoda divisibilità del bene contenuto nella sentenza non definitiva, impugnata in appello, dato che un eventuale giudizio di indivisibilità avrebbe escluso la possibilità di procedere alla divisione, comportando ai sensi dell’art. 720 c.c. l’assegnazione del complesso ad uno o più comproprietari o la vendita all’incanto dei beni stessi (Cass. 1293/1986).
Di conseguenza, il passaggio in giudicato della sentenza definitiva non impediva la riforma in appello della sentenza non definitiva, determinando anzi la caducazione della sentenza definitiva passata in giudicato che ne era dipendente, dati gli effetti espansivi esterni della decisione di secondo grado a norma dell’art. 336, comma secondo, c.p.c. (Cass. 34664/2024; Cass. 13914/2015).
Il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 718 e 1114 c.c., contestando alla Corte d’Appello di aver giudicato non comodamente divisibili i beni in comunione pur risultando l’immobile già diviso e censito in tre mappali.
Il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 720 c.c. .
Si lamenta, sotto latro profilo, l’erroneità del giudizio di indivisibilità dell’immobile, assumendo che la creazione di più porzioni non pregiudicava la funzionalità e la pregressa destinazione, assumendo inoltre che l’autonomo e libero godimento del bene non costituisce un requisito distinto dalla divisibilità, valendo come mero elemento indiziario della praticabilità della divisione, unitamente alla necessità che sia mantenuta la destinazione originaria del bene, che non si produca alcun deprezzamento e non sia necessario sostenere costi eccessivi o risolvere problemi tecnici complessi.
Il quarto motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo , ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c., per aver la sentenza trascurato che il bene era diviso in porzioni ben distinte sin dalla sua costruzione e
che era liberamente utilizzato da parte dei proprietari, circostanze che comprovavano la divisibilità in porzioni.
Il quinto motivo deduce la carenza assoluta di motivazione, lamentando che la Corte d’appello abbia del tutto omesso di giustificare il giudizio di indivisibilità del bene.
Il sesto motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 713 e 1111 c.c., assumendo che la Corte di merito abbia rilevato d’ufficio, in assenza di deduzioni di parte, la carenza di interesse del ricorrente ad ottenere l’assegnazione, trascurando che ciascun comproprietario ha diritto alla divisione in natura e ad ottenere una porzione di valore proporzionale alla quota di proprietà, non essendo richiesti ulteriori requisiti.
Il settimo motivo denuncia l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, sostenendo che la pronuncia abbia omesso di quantificare il conguaglio sulla base del valore dell’immobile accer tato dalla perizia svolta dall ‘A genzia del territorio, pari ad € 180,00/mq. .
C on l’ottavo motivo il ricorrente deduce l’omessa motivazione in ordine alla quantificazione del valore della quota e del conguaglio.
Deve esaminarsi con priorità il quinto motivo di ricorso, dal cui accoglimento consegue l’assorbimento delle altre censure.
A confutazione del giudizio formulato dal tribunale, espressosi per la divisibilità del bene, la Corte di merito si è limitata testualmente ad affermare che ‘ i beni in comunione non sono comodamente divisibili -intanto non è possibile attuare la divisione in natura – in tutti i casi in cui, pur risultando il loro frazionamento materialmente possibile sotto il profilo strutturale, non sono tuttavia realizzabili porzioni suscettibili di formare oggetto di autonomo e libero godimento ‘, passando poi a giustificare l’assegnazione dell’intero alla società poiché titolare della quota maggiore ed obbligata verso il Comune a trasferire l’area a titolo gratuito.
La motivazione della sentenza si esaurisce nell’ evocazione del criterio generale per la formulazione del giudizio di divisibilità,
senza calarlo nell’ipotesi concreta in relazione alla situazione dei luoghi, all’esigenza di preservare la destinazione e l’utilità pregresse, senza costi eccessivi o asservimenti.
Per contro il tribunale aveva ritenuto possibile la divisione con argomentazioni che la Corte di appello non si è premurata di confutare in alcun modo, divisibilità che competerà al giudice di rinvio rivalutare alla luce delle risultanze acquisite, anche tenendo conto dei limiti segnati dall’art. 1112 c.c. .
Sussiste il denunciato vizio di motivazione: anche a seguito della modifica dell’art. 360 n.5 c.p.c. e de i limiti del controllo sulla motivazione, è tuttora sindacabile non solo la mancanza dal punto di vista grafico dei motivi, ma anche le argomentazioni apparenti che non consentano di individuare le ragioni effettive delle decisione, ove ad es. le argomentazioni adottate non siano verificabili nel loro inter logico, siano disancorate dal quadro probatorio e siano suscettibili di essere applicate, per la loro genericità e l’assenza di riferimenti al caso concreto, ad un numero indefinibile di fattispecie.
In sostanza, la motivazione, benché graficamente esistente, non è tale da rendere percepibile il fondamento della decisione (Cass. SU 2767/2023; Cass. 22232/2016; Cass. SU 16599/2016).
È accolto il quinto motivo, è respinto il primo, restando assorbite le altre censure.
La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio dell a causa alla Corte d’app ello di Genova, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il quinto motivo di ricorso, respinge il primo e dichiara assorbite le restanti censure, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda