Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22935 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22935 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8178-2024 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
ISPETTORATO RAGIONE_SOCIALE COSENZA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 869/2023 del TRIBUNALE di CATANZARO, depositata il 02/11/2023 R.G.N. 794/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
Opposizione a cartella di pagamento
R.G.N. 8178/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 29/04/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale di Catanzaro rigettava l’opposizione proposta da NOME NOME NOME alla cartella esattoriale 03020220004653000000, emessa dall’Agenzia delle Entrate -Riscossione, intimante il pagamento di somme iscritte a ruolo dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Cosenza.
Per quanto qui interessa, il Tribunale premetteva che il ricorrente aveva eccepito l’omessa motivazione nella cartella opposta della causale posta a fondamento della pretesa creditoria, la mancata indicazione delle modalità di calcolo degli accessori, l ‘omessa indicazione del responsabile del procedimento, la mancata allegazione degli atti presupposti, nonché l’illegittima iscrizione a ruolo nei confronti dell’opponente delle somme sottese alla cartella di pagamento impugnata.
Tanto, tra l’altro, premesso, il Tribunale considerava: a) che il vizio di carenza di motivazione non era riscontrabile, atteso che la cartella in questione risultava redatta in conformità alle disposizioni di cui all’art. 25, co. 2, d.P.R. 602/1973, secondo il modello approvato con D.M. n. 321/1999, specificando, quindi, la causale di pagamento riportata; b) che l’ordinanza ingiunzione da cui traeva origine il credito di cui all’impugnata cartella era stata impugnata dal soggetto responsabile in solido al pagamento della relativa sanzione, ovvero dalla RAGIONE_SOCIALE di cui il ricorrente era all’epoca dei fatti legale rappresentante e che il relativo giudizio era stato definito con sentenza di rigetto n. 136/2018, emessa dal Tribunale di Castrovillari, pubblicata il 14.2.2018; c) che a tal fine non rilevava che, al momento di emissione della suddetta
sentenza, il ricorrente più non rivestisse la qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE in quanto ciò che unicamente contava era che la sanzione fosse stata inflitta per un fatto illecito che egli aveva commesso allorquando svolgeva le funzioni di amministratore di detta società; d) che, al contrario di quanto dedotto dall’opponente, il responsabile del procedimento era espressamente indicato a pag.3 della cartella; e) che era, infine, infondata l’eccezione di mancata specificazione nel titolo del criterio di calcolo degli accessori.
Avverso tale decisione NOME Davide ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
Resiste con controricorso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Cosenza, mentre l’Agenzia delle Entrate -Riscossione è rimasta mera intimata, non avendo svolto difese in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 212/2000; art. 3 della legge 241/90, art. 1, 2 e 6 del DM 321/99; art. 24 Cost. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.’. Deduce che il Tribunale, sulla base delle censure da lui proposte in sede di opposizione alla cartella, avrebbe dovuto accogliere il suo ricorso, poiché la cartella difettava di adeguata motivazione, non potendo la motivazione, che è requisito genetico dell’atto, essere integrata nel corso del giudizio, come aveva illegittimamente fatto l’amministrazione resistente. Invece, il Tribunale, con la sentenza impugnata, aveva reputato legittima la motivazione impressa nella impugnata cartella, non sulla base di quanto in essa ivi indicato, bensì in forza delle integrazioni e
della documentazione esibita ex post in giudizio dall’ente impositore.
2. Il motivo è infondato.
Condivisibilmente il Tribunale ha ritenuto che la cartella di pagamento in questione sotto il profilo motivazionale fosse conforme alla disciplina applicabile.
Invero, dalla copia della cartella di pagamento in questione che lo stesso ricorrente ha prodotto risulta che essa si compone di n. 15 pagine (compresi i moduli allegati ai fini del pagamento), delle quali, tuttavia, il ricorrente ha riprodotto fotostaticamente in ricorso (alla pag. 16) solo la pag. 5.
Ebbene, il ricorrente non considera che nella sezione ‘Comunicazioni per il contribuente’, alla pag. 7 della cartella, sotto la dicitura ‘Ispettorato Territoriale del Lavoro di Cosenza’, si legge: ‘SENTENZA DEL TRIBUNALE DI CASTROVILLARI N, 136/2018 DEL 14-22018 FAVOREVOLE ALL’I.T.L. DI COSENZA’.
3.1. Ergo , la dedotta incompletezza delle indicazioni fornite in proposito alla precedente pag. 5 della stessa cartella (‘SENTENZA TRIBUNALE N. 136/2018 DEL 14/02/2018 NOTIFICATO IL 14/02/2018’) in realtà non ricorreva assolutamente, perché l’atto, letto nella sua interezza, conteneva una chiara specificazione dell’organo giudicante, vale a dire, il Tr ibunale di Castrovillari, che aveva emanato l’indicata sentenza ‘favorevole all’I.T.L di Cosenza’, che costituiva il titolo esecutivo di formazione giudiziale, relativo al complessivo credito iscritto a ruolo da detto Ispettorato.
Legittimamente, perciò, il Tribunale, a fronte delle contestazioni dell’opponente, il quale, come riferito in narrativa, si doleva, non solo di vizi formali della cartella, ma anche dell’ ‘illegittima iscrizione a ruolo’ nei suoi confronti delle somme sottese alla cartella stessa, ha preso in considerazione quanto statuito nella sentenza n. 136/2018 del Tribunale di Castrovillari, vale a dire, in provvedimento giurisdizionale, pubblicato il 14.2.2018, e notificato in pari data (come specificato anche in cartella), che era stato appunto indicato nella stessa cartella opposta.
4.1. Il Tribunale, peraltro, aveva precisato che la ridetta sentenza era stata prodotta nel fascicolo dell’ITL (cfr. pag. 3 della sua sentenza).
Lo stesso Tribunale, perciò, ha tra l’altro osservato che l’Ispettorato Territoriale del Lavoro aveva ‘precisato in giudizio -senza che il ricorrente abbia sollevato contestazioni -che il credito di cui all’impugnata cartella traeva origine dall’ordin anza ingiunzione n. 243/2015, emessa in data 21.09.2015, per la complessiva somma di euro 7.993,00, a carico dell’odierno opponente quale responsabile persona fisica, ai sensi dell’art. 6 L. 689/81, ritualmente notificata al medesimo in data 23.09.2015’, ritenendo ‘inoppugnabile che il ricorrente avesse piena consapevolezza dell’atto presupposto della cartella esattoriale contestata nel presente giudizio’ (v. sempre pag. 3 della sentenza).
Erroneamente, tuttavia, il ricorrente per cassazione assume che: ‘La cartella impugnata avrebbe dovuto indicare, dunque, l’atto presupposto, vale a dire l’ordinanza ingiunzione e non un atto diverso, quale è la sentenza n. 136/2018. La cartella deve nec essariamente essere correlata all’atto
presupposto e non può riferirsi ad un atto diverso’ (così a pag. 11).
6.1. Come, infatti, ha constatato il Tribunale detta ordinanza ingiunzione era stata impugnata in giudizio, appunto dinanzi al Tribunale di Castrovillari, che aveva quindi pronunciato la ridetta sentenza di rigetto dell’opposizione n. 136/2018.
Pertanto, soltanto con l’emanazione di tale sentenza le sanzioni amministrative pecuniarie indicate in dettaglio a pag. 5 della cartella, oggetto di quella ordinanza-ingiunzione, insieme alle relative maggiorazioni e spese di procedura, acquisirono stabili tà tale da fondare l’iscrizione a ruolo.
Il ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto. Nulla dev’essere disposto quanto alle spese tra le parti qui costituite e l’Agenzia delle Entrate -Riscossione, rimasta mera intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 1.800,00 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 29.4.2025.