Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10026 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10026 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21855/2023 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in forza di procura speciale rilasciata in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso il suo Studio e ex lege come da pec: EMAIL
– ricorrente –
Oggetto: Mandato
–
COGNOME
mala
gestio
–
PDA
–
Opposizione – Accoglimento.
CC 18.12.2024
Ric. n. 21855/2023
Pres L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME domiciliato e ex lege come da pec: EMAIL;
-controricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio della terza e domiciliato ex lege come da pec: EMAIL, EMAIL, EMAIL;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2938/2023, della CORTE D’APPELLO di ROMA pubblicata in data 26 aprile 2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 dicembre 2024 dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME
Ritenuto che
1. RAGIONE_SOCIALE Confederazione Italiana della Piccola e Media Industria Privata – conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma, NOME COGNOME per sentirne accertare la responsabilità e la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali da questi cagionatile in conseguenza degli atti di mala ge stio commessi quale Presidente della Confederazione dal 12.12.2006 fino al 26.07.2012 e da NOME COGNOME quale Direttore Generale della CONFAPI fino al 15.7.2013 (sul cui operato il Presidente COGNOME aveva il dovere di vigilare),
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Pres L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
nell’ambito di diverse Convenzioni stipulate con RAGIONE_SOCIALE per lo svolgimento di attività propedeutiche e di consulenze generiche;
costituendosi in giudizio NOME COGNOME in via preliminare, aveva chiesto l’autorizzazione a chiamare in causa NOME COGNOME e nel merito, il rigetto della domanda ex adverso proposta; si era costituito il chiamato, NOME COGNOME che aveva concluso per il rigetto della domande formulate dal convenuto nei suoi confronti;
il Tribunale di Roma con sentenza n. 1456/2018 rigettava la domanda della CONFAPI, con condanna al pagamento delle spese di lite del grado in favore del convenuto e del chiamato;
avverso la sentenza del Tribunale, RAGIONE_SOCIALE ha proposto gravame e, nel contraddittorio con entrambi gli appellati, la Corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello , nonché la domanda di risarcimento del danno per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. avanzata da COGNOME NOMECOGNOME con condanna di RAGIONE_SOCIALE alle spese di lite del grado nei confronti di entrambi gli appellati;
avverso la sentenza d ella Corte d’ appello, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi d’impugnazione. Hanno resistito NOME COGNOME ed NOME COGNOME con rispettivi e distinti atti di controricorso;
il ricorso è stato assegnato alla Terza Sezione Civile di questa Corte e la nominata Consigliera Relatrice, dr.ssa NOME COGNOME in data 2.05.2024 ha formulato una sintetica proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., nel testo novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, ravvisando l’inammissibilità del ricorso e di essa veniva data comunicazione alle parti in data 3 maggio 2024;
4.1. parte ricorrente ha formulato istanza di richiesta di decisione depositata in data 7 giugno 2024, corredata di nuova procura;
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Pres L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.;
la parte ricorrente e il controricorrente COGNOME hanno depositato distinte e rispettive memorie.
Considerato che
1. con il primo motivo, la Confederazione ricorrente denuncia la ‘ Nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.: la Corte d’Appello di Roma non ha espresso alcuna reale motivazione sul rigetto del secondo motivo di gravame proposto da CONFAPI. ‘ ; in primo luogo contesta che il giudice di prime cure abbia rigettato le domande di CONFAPI applicando il principio processuale della c.d. ‘ragione più liquida’, in quanto affermava che «a prescindere da ogni altro profilo pure rilevante nella fattispecie in esame, la domanda, di natura risarcitoria, non può trovare accoglimento in quanto dalla documentazione in atti, non sono emersi elementi idonei a dimostrare che la condotta dei convenuti, anche qualora integrante gli estremi di atti di mala gestio , abbia cagionato a RAGIONE_SOCIALE un danno ingiusto risarcibile»; lamenta che la Corte distrettuale sebbene RAGIONE_SOCIALE avesse proposto motivo d’appello in proposito, lamentando che il Tribunale, dopo aver riassunto le contestazioni formulate dalla Confederazione alla gestione del dr. COGNOME invece di procedere ad una loro considerazione unitaria e complessiva aveva ritenuto di procedere ad una valutazione a ‘compartimenti stagni’, per effetto della quale aveva respinto tutte le domande (in ricorso pag. 14 e 15); evidenzia pertanto che la Corte distrettuale non si sia realmente pronunciata su tale motivo e lo abbia respinto, non esprimendo al riguardo alcuna reale motivazione limitandosi ad affermare: « l’attrice/appellante avrebbe dovuto dimostrare non solo il pregiudizio effettivo e reale incidente nella sua sfera patrimoniale ma anche la concreta entità di esso. In altri termini, gravava sulla
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CONFAPI l’onere di fornire in modo rigoroso, non solo la prova dell’esistenza del danno, ma anche della sua entità in relazione alle singole condotte addebitate ai convenuti/appellati e del nesso causale tra le stesse ed il pregiudizio subito. In particolare, l’appellante avrebbe dovuto chiarire in concreto quale sarebbe stato lo specifico danno subito dal suo patrimonio direttamente conseguente ad ognuna delle singole condotte addebitate ai convenuti/appellati sopra indicate. Al contrario, l’appellante si è limitata ad affermare genericamente di avere contestato, senza indicare neppure in modo approssimativo la misura del pregiudizio subito in relazione ad ogni singolo atto»; parte ricorrente richiama gli orientamenti consolidati di legittimità in merito alla motivazione apparente (Cass., 20/08/2021, n.23260); sostiene che dalla lettura della motivazione della pronuncia d’appello, infatti, ‘l’apparente ‘motivazione’ resa dalla Corte d’Appello di Roma è, allora, a dir poco insufficiente a spiegare le ragioni del rigetto del motivo, non essendo possibile cogliere il percorso logico che ha portato i tre giudici di merito a ritenere corretta la statuizione appellata’ ( in ricorso, pag. 18);
2. con il secondo motivo, la Confederazione ricorrente lamenta la ‘ Nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.: la Corte d’Appello non ha espresso alcuna motivazione con riguardo al terzo ed al quarto motivo di gravame proposti da Confapi ‘; nello specifico, contesta la sentenza impugnata che ha rigettato i due motivi di impugnazione, limitandosi a osservare «il terzo e il quarto motivo di appello, con i quali la CONFAPI lamenta di avere subito un danno in relazione alle c.d. attività propedeutiche, alle attività compiute in conflitto di interessi ed agli affidamenti senza l’ adozione di procedure di scelta compet itive, vanno rigettati per le medesime argomentazioni sopra espresse»; in proposito assume che la sentenza ‘non presenta motivazione
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ed è quindi nulla ai sensi dell’art. 132, n. 4 c.p.c. perché l’assertivo richiamo alle ‘medesime argomentazioni sopra espresse’ non costituisce una reale motivazione’ ( in ricorso, pag. 27);
con il terzo motivo, lamenta la ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 2729 c.c. 1226 e 2056 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ ; in particolare, evidenzia che ‘l’esistenza di un danno non poteva negarsi, se i suoi connotati così come dedotti fossero stati compresi, e quanto alla sua quantificazione era perfettamente possibile, visto che un danno c’era stato, ricorrere quanto meno alla valutazione equitativa. Quanto meno per due voci di pregiudizio, di natura patrimoniale, infatti il danno non era nel concreto negabile’ ; nello specifico, lamenta che ‘la sentenza impugnata, come quella di primo grado, dà per scontato che i dipendenti CONFAPI abbiano svolto le attività formalmente commissionate a terzi dal dr. COGNOME ma -come visto senza una reale motivazione- nega che questo possa aver provocato un concreto danno’ ; la sentenza impugnata si pone in contrasto e con gli artt. 1218 e 1223 c.c., avendo escluso che quanto denunciato potesse integrare il danno previsto da dette norme, e con l’art. 2729 c.c.: se si considera che dagli specifici fatti elencati negli atti di parte si desumeva quel danno che nel doppio grado si è preteso di escludere ‘ (in ricorso, pag. 33); ‘Essendo a dir poco “ragionevolmente probabile” secondo le comuni regole di esperienza che il danno si fosse verificato, potendo poi benissimo i giudici di merito ricorrere per la quantificazione al giudizio equitativo consentito dagli artt. 1226 e 2056 c.c.’ ( in ricorso, pag. 35);
i motivi, che possono essere congiuntamente esaminarsi perché logicamente connessi, sono fondati e vanno accolti alla luce delle seguenti considerazioni;
5.1. in tema di motivazione, questa Corte ha da tempo affermato che essa si rivela apparente quando il decisum si fondi
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esclusivamente sul mero rinvio a precedenti o a massime giurisprudenziali richiamati in modo acritico e non ricollegati esplicitamente alla fattispecie controversa, di tal che venga impedito un controllo sul procedimento logico seguito dal giudice proprio per l’impossibilità di individuare la ratio decidendi (Sez. L, n. 662 del 17.1.2004; Sez. 5, n. 20648 del 14.10.2015);
5.2. effettivamente, nel caso di specie, dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata non si evincono le ragioni del convincimento espresso dalla Corte d’appello capitolina;
nello specifico, quanto al secondo motivo di gravame proposto dall’allora appellante Confederazione (con cui si censurava la motivazione del Tribunale che, dopo aver riassunto le contestazioni formulate dalla Confederazione in merito alla gestione del dr. COGNOME invece di procedere ad una loro considerazione unitaria e complessiva aveva ritenuto di procedere ad una valutazione a ‘compartimenti stagni’, per effetto della quale aveva respinto tutte le domande), la Corte d’appello si è limitata a trascrivere la motivazione resa dal Tribunale in proposito e a riportare la massima di due arresti di legittimità in tema di onere della prova incombente sul danneggiato nella responsabilità sia contrattuale che extracontrattuale, limitandosi poi ad affermare: «Deriva da quanto precede che l’attrice/appellante avrebbe dovuto dimostrare non solo il pregiudizio effettivo e reale incidente nella sua sfera patrimoniale ma anche la concreta entità di esso. In altri termini, gravava sul la CONFAPI l’onere di fornire in modo rigoroso, non solo la prova dell’esistenza del danno, ma anche della sua entità in relazione alle singole condotte addebitate ai convenuti/appellati e del nesso causale tra le stesse ed il pregiudizi o subito. In particolare, l’appellante avrebbe dovuto chiarire in concreto quale sarebbe stato lo specifico danno subito dal suo patrimonio direttamente conseguente ad ognuna delle singole condotte addebitate ai convenuti/appellati sopra indicate.
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Al contrario, l’appellante si è limitata ad affermare genericamente di avere contestato, senza indicare neppure in modo approssimativo la misura del pregiudizio subito in relazione ad ogni singolo atto» (pag. 17-18 della sentenza impugnata);
quindi, condivisibilmente con quanto osservato dalla difesa della Confederazione, odierna ricorrente, di fronte ad un motivo che lamentava la mancata considerazione della condotta complessiva, deducendo un danno derivato dalla stessa e che non consentiva di ‘distinguere artificiosamente per tipologie’ e per ‘danni diversamente strutturati’, con la decisione impugnata, la Corte d’appello ha risposto in modo meramente apodittico, senza spiegare perché l’indicazione delle singole condotte sarebbe corretto e perchè viceversa, l’allegazione e la valutazione della condotta complessiva e del danno da essa complessivamente derivato, di contro, non lo sarebbe (in memoria pag. 5);
va osservato inoltre che anche in merito al rigetto del terzo e del quarto motivo di gravame (con cui Confapi aveva riproposto in appello la questione dei danni derivanti dalla gestione delle attività ‘propedeutiche’ , oggetto delle convenzioni stipulate dalla stessa Confederazione con il FAPI e alle attività dedotte come in conflitto di interessi ed alla mancata adozione delle procedure competitive di scelta dei contraenti), la Corte di appello capitolina, non soltanto si è limitata ad un mero ‘rinvio adesivo’ alla decisione di prime cure, ma ha anche rinviato per relationem alle «medesime argomentazioni sopra espresse» a proposito del secondo motivo di appello (pag. 18 della sentenza impugnata) con cui, come veduto, si era limitata a rendere una motivazione meramente tautologica;
in proposito, la Corte territoriale non si è peritata in modo comprensibile e coerente, neppure mediante le evidenze documentali presenti in atti e il possibile utilizzo delle presunzioni, di dare conto del percorso logico compiuto al fine di rigettare la
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domanda proposta, dovendosi ritenere anche su tale punto viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva riferita solo genericamente e complessivamente al lamentato danno conseguente alle c.d. attività propedeutiche.
il ricorso va accolto per quanto di ragione nei sensi di cui in motivazione;
la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti , con rinvio alla Corte d’ Appello di Roma, che in diversa