Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17285 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 17285 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29655/2021 R.G. proposto da :
COGNOME COGNOME e COGNOME NOME COGNOME rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME COGNOME
-ricorrenti principali- contro
COGNOME e COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n.1287/2021 depositata l’ 8.9.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17.6.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 2000 COGNOME NOME conveniva innanzi al Tribunale di Salerno, sezione distaccata di Eboli, Poppiti NOME.
Premetteva l’attore di esercitare, al pari dei fratelli COGNOME NOME, NOME ed NOME, in virtù dell’atto di donazione del padre a rogito del notaio NOME COGNOME dell’1.3.1977, l’accesso sulla particella 320 del foglio 18 del Comune di Roccadaspide di proprietà del fratello COGNOME NOME, ad un pozzo di acqua sorgiva, accesso che secondo l’atto costitutivo doveva avvenire lungo il vallone (un canale di scolo esterno alla particella 320) per il tratto più breve tra il vallone ed il pozzo, ed aggiungeva che aveva per anni esercitato l’accesso al pozzo in modo pacifico ed ininterrotto, fino a che COGNOME NOME non aveva ceduto la particella 320 a Poppiti NOME, che aveva recintato il terreno ed apposto un cancello all’ingresso su INDIRIZZO rendendogli gravoso l’esercizio della servitù.
Chiedeva quindi NOME NOMECOGNOME al quale in corso di causa subentravano gli eredi NOME (coniuge) e NOME, NOME e NOME (figlie), che fosse determinato il percorso della servitù di accesso al pozzo di acqua sorgiva costituita in modo generico dall’atto del notaio COGNOME dell’1.3.1977, e che fosse condannato il Poppiti alla rimozione delle opere che impedivano l’esercizio della servitù.
Costituitosi, il convenuto contestava quanto dedotto dall’attore, sostenendo che aveva recintato la particella 320, che aveva acquistato da COGNOME Antonio, lasciando però libero il lato confinante col vallone, che indicava come strada interpoderale, in modo da non ostacolare l’esercizio della servitù di passaggio in questione, che riteneva dovesse avvenire lungo quella strada interpoderale per poi entrare sulla sua proprietà all’altezza del pozzo.
Veniva quindi integrato il contraddittorio nei confronti di NOME, coniuge comproprietaria col Poppiti della particella 320.
Dopo l’escussione dei testimoni, l’espletamento di CTU e l’integrazione della stessa, con la sentenza n. 4604/2015, il
Tribunale rilevava che il percorso verde individuato dal CTU (che dal cancello di ingresso su INDIRIZZO raggiungeva il pozzo con un percorso di m 17,70), che secondo la testimonianza di COGNOME NOME era quello di fatto utilizzato dall’attore prima degli interventi modificativi dei convenuti, era il più breve, e come tale asseritamente rispondente a quanto previsto nel titolo. Pertanto il giudice di primo grado determinava in tal senso la servitù di passaggio, con obbligo dei convenuti COGNOME–COGNOME di rimuovere la recinzione della particella 320 ed il cancello su INDIRIZZO e rigettava invece la domanda risarcitoria di parte attrice, in quanto non provata, condannando i convenuti alle spese processuali.
Avverso questa decisione, proponevano appello COGNOME NOME e NOME ChiaraCOGNOME che lamentavano, col primo motivo, che il percorso verde della servitù individuato dal Tribunale non era rispondente al titolo costitutivo, che prevedeva che la servitù fosse collocata nel tratto più breve tra il vallone ed il pozzo, dovendosi collocare la servitù di passaggio sul percorso rosso individuato dal CTU, che attraversava il vallone entrando sulla loro proprietà solo all’altezza del pozzo, e rigettare quindi le domande avanzate dall’attore in primo grado, e col secondo motivo, che erano stati condannati alla rimozione del cancello e della recinzione, quando sarebbe stato sufficiente, per l’esercizio della servitù riconosciuta dal Tribunale (percorso verde individuato dal CTU), la consegna alla controparte delle chiavi del cancello su INDIRIZZO
Resistevano in secondo grado NOME e NOME, quali eredi di NOME NOME e NOME, chiedendo esclusivamente il rigetto dell’appello, e sottolineando che la consegna delle chiavi del cancello era stata chiesta dalla controparte per la prima volta nella comparsa conclusionale di primo grado, e quindi tardivamente, e che il percorso rosso proposto dalla controparte, che passava attraverso il vallone, che era un canale di scolo e non una strada
interpoderale, era risultato impraticabile per la presenza di acqua, soprattutto nel periodo invernale, secondo la CTU espletata recepita dalla pronuncia del Tribunale.
Con la sentenza n. 1287/2021 del 14.7/8.9.2021, la Corte d’Appello di Salerno, privilegiando il tenore letterale del titolo costitutivo rispetto al criterio dell’art. 1065 comma 2° cod. civ. ed alle risultanze della prova testimoniale espletata, e ritenendo che l’impugnazione riguardasse in generale l’individuazione del percorso della servitù più adeguato rispetto al titolo costitutivo, accoglieva l’appello e, per l’effetto, accertava che gli appellati erano titolari di una servitù di passaggio pedonale gravante sul fondo degli appellanti (particella 320 del foglio 18 nel Comune di Roccadaspide) fino al pozzo di acqua sorgiva, secondo il diverso tracciato individuato dal CTU col colore blu (percorso di m 27,84 che dal cancello pedonale su INDIRIZZO costeggiava il muro che delimitava la particella 320 rispetto al vallone ed attraversava il cortile fino al pozzo), e che per il mutato percorso della servitù da verde a blu, risultava quindi precluso l’esame della domanda degli appellanti intesa ad ottenere la consegna delle chiavi del cancello su INDIRIZZO in luogo degli interventi di ripristino della servitù stabiliti in primo grado, mentre ai sensi dell’art. 336 c.p.c. gli appellanti non erano tenuti alla rimozione delle opere di recinzione poste all’ingresso dell’inizio del percorso di colore verde indicato nella medesima relazione (su INDIRIZZO).
Quanto alle spese processuali, la sentenza di secondo grado compensava le spese processuali del giudizio di Tribunale, perché vi era stato in primo grado un accoglimento parziale delle domande dell’originaria parte attrice, e condannava invece gli appellati a pagare le spese del giudizio di secondo grado degli appellanti, con distrazione in favore del legale antistatario, in ragione del principio della soccombenza.
Avverso questa sentenza, NOME e NOME hanno proposto ricorso a questa Corte, affidandosi a quattro motivi.
Poppiti NOME e NOME NOME hanno resistito con controricorso e ricorso incidentale condizionato con un motivo.
Nell’imminenza dell’udienza in camera di consiglio, entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo, articolato in riferimento al n. 4) dell’art. 360, primo comma c.p.c., le ricorrenti denunziano la nullità della sentenza in relazione agli artt. 111 comma 6° della Costituzione, 132 comma 2° n. 4) c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per motivazione inesistente o apparente e/o per contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo in merito al presunto accoglimento dell’appello, che in realtà aveva un diverso contenuto, pure riportato in sentenza, e la conseguente soccombenza delle appellate, nonché l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. in merito alla domanda di condanna degli appellanti alla rimozione delle opere che impediscono l’esercizio della servitù riconosciuta in favore delle appellate.
2) Col secondo motivo, articolato in riferimento al n. 3) dell’art. 360, primo comma c.p.c., le ricorrenti prospettano la violazione e falsa applicazione degli articoli 12 delle preleggi, nonché 1027, 1063, 1064, 1065, 1067, 1079, 1362, comma 1° e 2° cod. civ., per non avere la Corte distrettuale deciso l’estensione e l’esercizio della servitù avendo riguardo al suo titolo costitutivo ed al suo possesso, non limitandosi al senso letterale delle parole, alla comune intenzione delle parti e al loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto, e per non avere, stante l’intervenuta chiusura del fondo servente, tenuto conto del dovere del proprietario del fondo servente di lasciare libero e comodo l’ingresso in favore di chi ha un diritto di servitù con tutte le
conseguenze di legge in termini di condanna alla rimozione di opere e ripristino dello stato dei luoghi.
Col terzo motivo, articolato in riferimento al n. 5) dell’art. 360, primo comma c.p.c., le ricorrenti prospettano l’omesso esame di un fatto decisivo, individuato nella presenza di un cancello e di opere murarie, che impediscono allo stato l’esercizio della servitù sia secondo il percorso di essa come consacrato nel titolo ed emerso dalle prove testimoniali, dalla CTU e dalla sentenza di primo grado (percorso verde), sia secondo il percorso riconosciuto dalla sentenza di appello (percorso blu).
Col quarto motivo, articolato in riferimento al n. 3) dell’art. 360, primo comma c.p.c., le ricorrenti sostengono la violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., per avere la Corte distrettuale condannato parte appellata, originaria attrice, al pagamento delle spese processuali, anziché porle a carico della controparte, nonostante avesse accertato la sussistenza di una servitù di passaggio sul fondo degli appellanti ed in favore del fondo della parte appellata e ne avesse individuato il percorso secondo quanto richiesto dalla parte appellata nel giudizio di primo grado, mentre gli appellanti avevano chiesto solo il rigetto totale delle loro domande, insistendo per l’individuazione quale percorso della servitù tra quelli indicati dal CTU di quello di colore rosso, risultato del tutto impraticabile perché attraversava la proprietà di terzi ed il canale di scolo.
1A) Col primo ed unico motivo del ricorso incidentale, articolato in riferimento al n.5) dell’art. 360, primo comma c.p.c., i ricorrenti incidentali allegano la violazione dell’art. 115 c.p.c., e l’omesso esame dell’atto di donazione del 3.11.1976 a rogito del notaio COGNOME, col quale COGNOME NOME aveva donato al figlio COGNOME NOME la proprietà in Roccadaspide al foglio 18, particella 320, poi da quest’ultimo venduta ai coniugi COGNOME/COGNOME, avente come confini la via comunale, il cosiddetto ‘vallone’ ed altra proprietà del
donante, circostanza decisiva nel senso che poiché il ‘vallone’ era un mero confine della particella 320, la volontà espressa nell’atto del notaio COGNOME dell’1.3.1977, era quella di non gravare eccessivamente della servitù fino al pozzo di acqua sorgiva in comproprietà dei fratelli COGNOME il fondo donato al figlio COGNOME NOME, facendone passare il percorso in prevalenza sul cosiddetto ‘vallone’.
Il primo motivo del ricorso principale è fondato sotto il profilo della nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente.
In tale sentenza, secondo i ricorrenti, sono prima riportati i due motivi di appello fatti valere da COGNOME NOME e COGNOME NOME, volti ad ottenere il rigetto della domanda accolta in primo grado (percorso verde individuato dal CTU come il più breve, che da INDIRIZZO attraverso il cancello carrabile e l’attraversamento dell’ingresso all’abitazione degli appellanti perveniva al pozzo) perché non conforme al titolo costitutivo (atto del notaio COGNOME dell’1.3.1977), sulla base della preferenza che doveva essere, a loro avviso, accordata al percorso rosso (quello che passava sul ‘INDIRIZZO‘ ed attraversava la proprietà di terzi entrando, solo all’altezza del pozzo, sulla particella 320, e che il giudice di primo grado aveva scartato perché attraversato dalle acque pluviali e di irrigazione specie nel periodo invernale e quindi impraticabile), ed in subordine, in ipotesi di conferma del percorso verde individuato dal Tribunale, la mera sostituzione della consegna delle chiavi del cancello carrabile di inizio di quel percorso, alla demolizione dello stesso e della recinzione disposti dalla sentenza di primo grado, nonché le conclusioni degli appellati, che erano solo nel senso dell’inammissibilità, o del rigetto dell’impugnazione avversaria, con conferma del percorso verde della servitù di passaggio individuato dal CTU e dalla sentenza del Tribunale in primo grado e delle disposizioni volte a garantire l’esercizio della servitù su quel percorso.
In prosieguo, però, secondo i ricorrenti, la sentenza impugnata prescinde espressamente dai motivi di appello riportati, e letteralmente inventandosi che gli appellanti, con quei due motivi di appello, avessero chiesto che si facesse applicazione di quanto statuito nel titolo costitutivo, non solo per addivenire al rigetto della domanda di COGNOME Michele, e suoi aventi causa, accolta in primo grado, ma per ottenere una rideterminazione del percorso della servitù diversa dal percorso verde, ma comunque gravante sulla loro proprietà, fornisce una motivazione attinente ad un motivo di appello mai proposto, con autonoma rideterminazione del percorso blu individuato dal CTU in primo grado, come percorso maggiormente conforme al titolo costitutivo della servitù, perché più vicino al ‘vallone’ rispetto al percorso verde, motivo di appello poi accolto nel dispositivo.
In particolare, nell’argomentare il primo articolato motivo di ricorso principale, si é evidenziato a pagina 11 secondo capoverso dell’atto introduttivo di questo giudizio, che ‘ Nel giudizio di appello avverso la sentenza di primo grado gli appellanti chiedevano in via principale di rigettare la domanda attorea perché infondata in fatto e in diritto. In narrativa, poi, hanno continuato a perorare l’utilizzazione del percorso di colore rosso falsamente rappresentato come strada interpoderale ma in realtà corrente in parte su un fondo di proprietà estranea alla causa e in parte in un torrente/canale di scolo di acque reflue ed irrigue. Quindi gli appellanti giammai hanno indicato un percorso per le servitù effettivamente corrente sul loro fondo, né il percorso verde, né il percorso blu (poi indicato dalla corte salernitana). Le appellate chiedevano dichiararsi inammissibile, ovvero improcedibile, l’appello e comunque rigettarlo integralmente perché infondato in fatto ed in diritto, e per l’effetto confermarsi la sentenza appellata. In narrativa si riportavano a quanto detto dal giudice di prime cure in merito al percorso di colore verde’;
a pagina 12 primo capoverso che ‘Infatti mancano del tutto in sentenza i motivi per i quali la corte salernitana ha ritenuto gli appellanti parte vincitrice e le appellate soccombenti!’ ed al penultimo capoverso che il giudice di appello ‘ travisa poi la posizione degli appellanti deducendo che questi hanno comunque chiesto che si facesse applicazione di quanto statuito nel titolo. Fatto non vero! Gli appellanti, basta leggere le conclusioni dell’atto di appello e della comparsa conclusionale, hanno chiesto in riforma della sentenza di primo grado, l’integrale rigetto delle domande attoree, indicando difatti nella narrativa di tali atti il percorso di colore rosso che si snoda sul fondo di un vicino estraneo al giudizio e nel vallone (torrente/canale di scolo)’;
a pagina 14 secondo capoverso che ‘ All’opposto (rispetto alle richieste formulate da parte attrice in primo grado di individuare il percorso più agevole del diritto di servitù derivante dall’atto del notaio NOME COGNOME dell’1.3.1977 ed accolte con la determinazione del percorso verde e con l’ordine agli originari convenuti, poi appellanti, di rimuovere il cancello carrabile su INDIRIZZO e la recinzione che ostacolavano quel percorso) i sigg.ri COGNOME/COGNOME hanno chiesto di rigettare la domanda attorea perché infondata in fatto e in diritto, perorando in narrativa dei loro atti la scelta del percorso di colore rosso che come detto più volte corre su proprietà di terzi e nel vallone/torrente’;
a pagina 14 penultimo capoverso che ‘ Pertanto la motivazione relativamente al presunto accoglimento dell’appello e alla conseguente presunta soccombenza delle appellate é assolutamente inesistente o quanto meno solo apparente e quindi la sentenza é nulla ex art. 360 comma primo n. 4) c.p.c. violando gli artt. 111 comma 6° Cost., 132 comma secondo n. 4) c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.’.
La sentenza impugnata non può ritenersi totalmente mancante di motivazione, in quanto, al contrario di quanto assumono i ricorrenti
principali, si é discostata dalla sentenza di primo grado nell’individuazione del percorso blu indicato dal CTU rispetto al percorso verde riconosciuto in prime cure, in quanto ha ritenuto quest’ultimo, che era quello più breve usato dall’originario attore quando la particella 320 era ancora di proprietà del fratello NOME NOME, così come il percorso nero individuato dal CTU, non conformi al titolo costitutivo (l’atto del notaio NOME COGNOME dell’1.3.1977), che prevedeva che il tracciato della servitù fosse stabilito ‘ nel tratto più breve lungo il INDIRIZZO‘, e che le testimonianze raccolte non potessero giustificare l’individuazione di un percorso diverso da quello indicato nel titolo costitutivo, e tra i due residui percorsi indicati dal CTU in primo grado più vicini al ‘INDIRIZZO‘ (il percorso rosso auspicato dagli appellanti, ed il percorso blu), ha individuato in quest’ultimo il tracciato della servitù, perché più breve rispetto a quello rosso (in realtà impraticabile per la presenza di acqua nel canale di scolo, specie nei mesi invernali, e gravante in parte sulla proprietà di terzi estranei alla causa), facendo applicazione del criterio sussidiario dell’art. 1065 comma 2° cod. civ., ed ha ritenuto, richiamando l’art. 336 c.p.c., che per il percorso blu non fosse necessaria la demolizione delle opere di recinzione poste all’inizio del percorso verde ( rectius il cancello carrabile su INDIRIZZO), rimuovendo la relativa statuizione del giudice di primo grado, senza preoccuparsi della fruibilità effettiva del percorso blu, che partiva comunque dal cancello pedonale di INDIRIZZO
La motivazione resa dalla Corte distrettuale é però una motivazione meramente apparente, perché pur graficamente esistente, non consente all’interprete di percepire le ragioni per le quali abbia ritenuto di potere accogliere l’appello di NOME NOME e NOME NOME nel suo effettivo contenuto, riportato a pagina 2 della sentenza (gli appellanti mai avevano chiesto lo spostamento della servitù di passaggio fino al pozzo sul percorso blu comunque
gravante per intero sulla loro particella 320), e di poter ritenere addirittura soccombenti gli attuali ricorrenti, avendo espressamente dichiarato, all’inizio di pagina 9, di ‘ prescindere da quanto indicato dall’appellante ‘ , come se nel giudizio di appello non valesse il principio del tantum devolutum quantum appellatum, ed essendo partita, nella motivazione, da un’errata individuazione del thema decidendum, come emergente a pagina 8 terzo capoverso, dalla frase ‘ Il contenzioso ha in sostanza ad oggetto la determinazione del contenuto di una servitù di passaggio ‘. Tale frase evidenzia come il giudice di secondo grado non si sia pronunciato sui motivi di appello proposti da NOME NOME e NOME NOME, riportati all’inizio di pagina 2, né su richieste formulate in appello dagli appellati, avendo attribuito agli appellanti (erroneamente indicati al singolare anziché al plurale) una mai avanzata richiesta di fare applicazione di quanto statuito nel titolo costitutivo rappresentato dall’atto del notaio NOME COGNOME dell’1.3.1977 (vedi primo periodo di pagina 9), non per ottenere, come da essi effettivamente richiesto, semplicemente il rigetto delle domande avanzate dalla controparte che erano state accolte in primo grado, (individuazione del percorso verde con rimozione della recinzione e del cancello carrabile su INDIRIZZO), in ragione della preferibile collocazione del percorso della servitù de qua su quello rosso indicato dal CTU (prevalentemente al di fuori della particella 320, con attraversamento della proprietà di terzi e del canale di scolo), o in subordine, in caso di conferma del percorso verde, per ottenere la sostituzione della consegna delle chiavi del cancello carrabile su INDIRIZZO alle demolizioni ordinate dal Tribunale, bensì allo scopo di conseguire una rideterminazione del tracciato della servitù di passaggio fino al pozzo di acqua sorgiva, con identificazione di qualunque altro percorso conforme al titolo costitutivo, anche se interamente gravante sulla loro particella 320.
A dimostrazione dell’emergenza testuale del vizio di motivazione apparente, a pagina 2 l’impugnata sentenza, provvedendo anziché alla riproduzione testuale, ad un’equivoca sintesi delle stesse, così riporta le conclusioni delle parti: ‘ Per l’appellante: chiedeva nel merito l’accoglimento dell’appello con rigetto della domanda in relazione al percorso individuato dal CTU con accertamento dell’esercizio del diritto di servitù di passaggio pedonale in rapporto ad altro tracciato di cui alla relazione tecnica (il percorso rosso e non quello blu) o in subordine dichiarare tenute e condannare i convenuti a consentire il libero accesso al pozzo d’acqua sorgiva alla parte attrice, consegnando la chiave di apertura, se esistente, del cancello posto su INDIRIZZO con vittoria delle spese del doppio grado e attribuzione al difensore; per gli appellati: chiedevano di dichiarare l’appello inammissibile ex art. 348 bis c.p.c. e nel merito chiedevano il rigetto dell’appello con vittoria di spese ‘. Poi, invece, l’impugnata sentenza, all’inizio della motivazione di merito, a pagina 8 terzo capoverso, indica aprioristicamente ‘ Il contenzioso ha in sostanza ad oggetto la determinazione del contenuto di una servitù di passaggio ‘, ed all’inizio di pagina 9 indica che ‘ A prescindere da quanto indicato dall’appellante che, comunque non ha contestato l’iter argomentativo in relazione alle dichiarazioni testimoniali che in parte sono state valutate dal giudice di primo grado, ma che non possono assumere rilievo in presenza di un chiaro titolo costitutivo, va evidenziato che lo stesso ha, comunque, chiesto che si facesse applicazione di quanto statuito nel titolo ‘, trascurando il fatto che nel primo motivo di appello gli appellanti avevano richiamato il titolo costitutivo solo per fare riconoscere la conformità ad esso del percorso rosso da loro invocato già in primo grado, ed in realtà impraticabile, e per ottenere il mero rigetto delle domande avversarie accolte dal Tribunale, e non per fare scegliere al giudice di secondo grado un diverso percorso della servitù sulla loro
proprietà, più conforme al titolo, rispetto al percorso verde individuato in primo grado, e che nessuna richiesta in tal senso era stata proposta in secondo grado neppure dagli appellati.
Orbene, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, dev’essere interpretata, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (tra le varie, Cass. sez. un. 30.1.2023 n. 2767; Cass. sez. un. 7.4.2014 n. 8053).
Scendendo più nel dettaglio sull’analisi del vizio di motivazione apparente, la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (vedi tra le tante Cass. sez. un. Ord. 30.1.2023 n. 2767 e giurisprudenza ivi richiamata).
Nella specie é di tutta evidenza, e risulta dalla stessa lettura della sentenza impugnata, senza bisogno di confronto con gli atti
processuali, che la Corte distrettuale ha reso la sua motivazione su un motivo di appello, mai proposto dalle parti, per la rideterminazione in secondo grado del percorso della servitù più consono rispetto al titolo costitutivo (atto del notaio NOME COGNOME dell’1.3.1977) poi individuato nel percorso blu, senza spiegare in alcun modo come dai due motivi di appello fatti valere da COGNOME NOME e NOME NOME e dalla richiesta di inammissibilità, o rigetto dell’appello formulata dagli appellati, potesse ricavarsi una richiesta di rideterminazione del tracciato della servitù nel percorso blu insistente sulla loro particella 320 del foglio 18 del NCT del Comune di Roccadaspide, anziché nel percorso rosso auspicato dagli appellanti, o nel percorso verde riconosciuto dalla sentenza di primo grado del quale si era chiesta la conferma, per di più indicando espressamente di voler prescindere da quanto indicato da parte appellante, come se il giudice d’impugnazione potesse individuare il thema decidendum a suo piacimento, o comunque in base a domande avanzate in primo grado ma non accolte, anziché sulla base dei motivi e delle argomentazioni e conclusioni ricavabili dall’appello proposto e dalla comparsa di costituzione della parte appellata.
Si rende pertanto necessaria la cassazione per nuovo esame.
Gli altri motivi sia del ricorso principale, che del ricorso incidentale condizionato, anche per le questioni relative alle spese processuali, devono ritenersi assorbiti per effetto dell’accoglimento del primo motivo per la parte relativa alla motivazione apparente, dovendo il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità, in base all’esito finale della lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i restanti nonchè il ricorso incidentale condizionato , cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno in diversa
composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17.6.2025