Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7750 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7750 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 22965-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, nello studio del dott. NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’ AVV_NOTAIO
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– controricorrente –
nonchè contro
INDIRIZZO in SENIGALLIA, INDIRIZZO, INDIRIZZO NOME, COGNOME NOME, NOME, E RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
– intimati –
avverso la sentenza n. 780/2018 9della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 22/05/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 23.2.2009 COGNOME NOME evocava in giudizio il Condominio di INDIRIZZO in Senigallia, unitamente ai condomini COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di Ancona, invocando la costituzione di una servitù di passaggio a favore del proprio fondo intercluso, ed a carico della contigua proprietà condominiale.
Si costituivano in giudizio RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, resistendo alla domanda ed invocando, in via riconvenzionale, actio negatoria servititus in relazione al diritto di passaggio oggetto di causa.
Le altre parti convenute rimanevano invece contumaci.
Con sentenza n. 549/2014 il Tribunale accoglieva la domanda principale.
Con la sentenza impugnata, n. 7803/2019, la Corte di Appello di Ancona rigettava il gravame principale interposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di prima istanza, confermandola.
Propongono ricorso per la cassazione di tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE, affidandosi ad otto motivi.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
Il INDIRIZZO di INDIRIZZO in Senigallia e gli altri soggetti intimati (COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, e RAGIONE_SOCIALE) non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, si denunzia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe rigettato il gravame sulla base di una motivazione apparente, generica, acriticamente riportandosi al contenuto della decisione di prima istanza senza esaminare le censure mosse con l’appello.
Con il secondo motivo, la parte ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1051 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ravvisato la sussistenza delle condizioni per la costituzione della servitù coattiva.
Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione o falsa applicazione degli artt. 1051 e 1054 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe riconosciuto il diritto della COGNOME alla costituzione della servitù di passaggio coattiva di cui è causa senza corresponsione di alcuna indennità e senza considerare che la stessa COGNOME aveva rinunciato al beneficio.
Con il quarto motivo, i ricorrenti si dolgono invece dell’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte territoriale non avrebbe considerato che la COGNOME avrebbe potuto, in sede di acquisto, chiedere la costituzione
di una servitù di passaggio sulla residua proprietà della società sua dante causa.
Con il quinto motivo, i ricorrenti lamentano ancora la violazione o falsa applicazione dell’art. 1051 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe ravvisato la natura interclusa del fondo COGNOME, senza considerare che allo stesso può accedersi mediante un’area comunale destinata a verde pubblico.
Con il sesto motivo, la parte ricorrente denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto tener conto che, nel caso di specie, non sussisteva la condizione di assoluta interclusione del fondo dominante.
Con il settimo motivo, la parte ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe rigettato il gravame sulla scorta di motivazione apparente, redatta unicamente mediante il rinvio al contenuto della decisione di prima istanza.
Ed infine, con l’ottavo ed ultimo motivo, i ricorrenti denunziano la violazione o falsa applicazione dell’art. 1051 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello non avrebbe applicato il criterio del minimo aggravio per il fondo servente.
La prima censura, che merita di essere esaminata prima di tutte le altre (per evidenti ragioni di priorità logica), è fondata.
Occorre premettere -come recentemente riaffermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639, in motivazione) – che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del D. L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, dev’essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art.
12 delle preleggi, come riduzione al cd. “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico” , nella “motivazione apparente” , nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione ( ex multis , cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830). Scendendo più nel dettaglio sull’analisi del vizio di motivazione apparente, la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, o ipotetiche, congetture (cfr. ex multis , Cass. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526; Cass. Sez. U, Sentenza n. 16599 del 21/06/2016, non massimata; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022, Rv. 664061; Cass. Sez. 6 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145).
Nel caso in esame, la Corte di Appello affronta soltanto il profilo dell’interclusione del fondo di proprietà COGNOME (v. pag. 2 della sentenza), ravvisandolo sulla base del fatto che l’accesso allo stesso sarebbe possibile soltanto attraverso un giardino pubblico, soggetto a chiusura nelle ore notturne e non percorribile se non a piedi, ma non
considera le diverse ulteriori doglianze che gli appellanti, odierni ricorrenti, pure avevano sollevato, in particolare con i motivi di gravame nn. 4, 5, 6 e 9, il cui contenuto non viene neppure enunciato dal giudice di merito e che vengono affrontati, e confutati, con un generico richiamo alla C.T.U. esperita nel corso del giudizio ed alla sentenza del Tribunale senza neppure indicare le argomentazioni del consulente tecnico e quelle del Tribunale.
Al contrario, il giudice di merito avrebbe dovuto, una volta accertata la sussistenza dell’interclusione, verificare la praticabilità di accessi diversi alla pubblica via rispetto a quello individuato a carico del fondo degli odierni ricorrenti, e da questi ultimi contestato, e dar conto delle ragioni per le quali detti accessi alternativi, ove esistenti, non sarebbero adeguati ovvero risulterebbero di più difficile realizzazione, rispetto a quello in concreto individuato.
Anziché condurre tale disamina, la Corte distrettuale afferma, sempre in modo generico, che la decisione di prime cure sarebbe adeguatamente motivata, senza tuttavia indicare curarsi di esaminare nel dettaglio i diversi profili di censura che, al complessivo ragionamento seguito dal primo giudice, gli appellanti avevano contrapposto, né di precisare sotto quale profilo, ovvero in relazione a quale doglianza specifica, la decisione del Tribunale sarebbe meritevole di conferma.
E ancora, sulla questione dell’applicabilità dell’art. 1054 ( interclusione per effetto di alienazione o divisione ), pure specificamente dedotta col quinto motivo di appello – debitamente trascritto in ricorso -l’appellante (odierno ricorrente) aveva chiaramente posto la censura sulla mancata applicazione della norma, spiegando che al momento dell’acquisto dal proprio dante causa RAGIONE_SOCIALE 2000 la COGNOME (attrice odierna controricorrente), ben poteva
pretendere la servitù senza indennità: v. ricorso pagg. 17 e 18, poi meglio illustrato a pagg. 32 e 33 ove vengono forniti anche gli estremi degli atti).
Dalla lettura della sentenza impugnata non è dunque possibile percepire l’effettiva ratio decidendi che ha condotto il giudice del gravame ad optare per la soluzione confermativa della decisione del Tribunale, il che rende la motivazione meramente apparente e la decisione impugnata nulla per violazione dell’art. 132 c.p.c., a fronte del difetto di uno degli elementi costitutivi previsti dalla disposizione da ultimo richiamata.
L’accoglimento, nei termini suindicati, del primo motivo implica logicamente l’assorbimento di tutte le altre censure.
La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Ancona, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Il giudice del rinvio dovrà procedere allo scrutinio dei motivi di appello che gli odierni ricorrenti avevano proposto avverso la decisione del Tribunale e verificarne la fondatezza, o l’infondatezza, sulla scorta delle risultanze di fatto emergenti dall’istruttoria esperita, avendo cura di illustrare le ragioni del proprio convincimento nel rispetto dei principi di diritto enunciati in motivazione ed in guisa tale da integrare il cd. ‘minimo costituzionale’ e garantire la comprensibilità dell’iter logicoargomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639, già citata).
la Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Ancona, in differente composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda