Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5724 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5724 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 38709/2019 R.G. proposto da :
COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME e COGNOMEricorrenti- contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende; -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 465/2019, depositata il 15/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto un’azione di manutenzione del possesso in relazione a un fabbricato di loro proprietà, lamentando la realizzazione da parte del proprietario del fondo confinante, NOME COGNOME, di una sopraelevazione a meno di tre metri di distanza dalla loro abitazione (e quindi in violazione delle prescrizioni dell’art. 873 c.c. e del vigente strumento urbanistico), e di una nuova veduta diretta in violazione dell’art. 905 c.c., in quanto posta a distanza inferiore a un metro e mezzo. Conclusa la fase interdittale con la pronuncia di una ordinanza di arretramento, parzialmente modificata in sede di reclamo, all’esito del giudizio di cognizione sul c.d. merito possessorio il Tribunale di Lecce – con la sentenza n. 2896/2015 – ha condannato NOME COGNOME ad arretrare la sua costruzione, realizzata in ampliamento al piano secondo, sino a metri tre dagli immobili sub D ed E di parte ricorrente, ad esclusione della parte di terrazza ad ovest in adiacenza all’immobile sub E, così come descritti nella consulenza tecnica d’ufficio; ha inoltre condannato il convenuto a innalzare il parapetto della terrazza ad est del secondo piano a un’altezza di metri uno e sessanta dal piano di calpestio; ha condannato ancora il convenuto al pagamento in favore degli attori della somma di euro 15.000 a titolo di risarcimento del danno.
La sentenza è stata impugnata dal convenuto NOME COGNOME e l a Corte d’appello di Lecce, con la sentenza n. 465/2019, ha accolto il gravame: ha revocato la condanna all’arretramento della costruzione in ampliamento al secondo piano (ad esclusione della terrazza ad ovest) e ha ridotto il risarcimento del danno a euro 1.000,00.
Avverso la sentenza ricorrono per cassazione NOME COGNOME in proprio e quale erede di NOME COGNOME nonché NOME COGNOME e NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Memoria è stata depositata sia dai ricorrenti che dal controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in quattro motivi.
1) Il primo motivo denuncia ‘nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132, n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 116 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo della controversia, motivazione apparente, perplessa e incomprensibile, ai sensi dell’art. 360, nn. 3, 4 e 5 c.p.c.’: a dire dei ricorrenti, la Corte d’appello è incorsa nel vizio di motivazione apparente, perplessa e incomprensibile quando alla pag. 3 della sentenza impugnata ha affermato che ‘ il consulente tecnico d’ufficio nella prima relazione peritale ebbe ad accertare che parte della nuova costruzione realizzata dall’appellante si trova a distanza di poco inferiore a quella legale di tre metri; tale limitata violazione (vedi planimetria, allegato 2 alla relazione del consulente tecnico d’ufficio) secondo l’ausiliare si era verificata con riguardo al distacco tra sopraelevazione e parte del preesistente torrino degli appellati, mentre il resto della sopraelevazione (primo piano) era stata realizzata interamente in aderenza; tale affermazione venne tuttavia corretta nella relazione peritale integrativa nella quale l’ausiliare ebbe ad accertare che la distanza minima tra nuova costruzione dell’appellante e torrino degli appellati era pari a metri 3,11, dunque superiore a quella minima legale; la sentenza gravata, che di tale correzione e diversa conclusione dell’ausiliario tecnico non ha tenuto in nessun conto, non può che essere riformata sul punto ‘ . Sostengono i ricorrenti che tale capo della sentenza è totalmente errato e assolutamente incomprensibile.
Il motivo è fondato sotto il profilo della motivazione apparente (sulla cui nozione si veda per tutte la l’ordinanza delle sezioni unite di questa Corte n. 2767/2023), in quanto la motivazione adottata dalla Corte d’appello non rende assolutamente percepibile il fondamento della decisione. Come si legge alla pag. 3 della
sentenza impugnata, la Corte d’appello ha accolto il primo motivo di gravame, con il quale NOME COGNOME si doleva della condanna all’arretramento della sua costruzione realizzata in ampliamento al piano secondo sino a metri tre, facendo riferimento a una ‘ relazione peritale integrativa ‘ nella quale l’ausiliare ‘ebbe ad accertare che la distanza minima tra nuova costruzione dell’appellante e torrino degli appellati era pari a metri 3,11’. Tale argomentazione è obiettivamente inidonea a fare conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, posto che non vengono neppure indicati il metodo di calcolo utilizzato per la misurazione delle distanze tra le costruzioni e le ragioni che hanno portato al differente risultato nella misurazione rispetto alla prima relazione del consulente tecnico che aveva invece riscontrato una distanza inferiore a quella legale.
Si rende pertanto necessario un nuovo esame per porre rimedio alla lacuna motivazionale sopra evidenziata.
L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento dei restanti motivi che denunciano
logicamente , rispettivamente:
il secondo motivo violazione e falsa applicazione degli artt. 873 e ss. c.c., in quanto, anche se si ritenesse assolto l’obbligo di motivazione, il capo della statuizione impugnato dovrebbe comunque essere cassato perché il metodo di calcolo della distanza adottato è palesemente contra legem ;
il terzo motivo omessa pronuncia sul danno conseguente alla non conformità della sopraelevazione di COGNOME alle norme sulle costruzioni architettoniche, uso dei materiali e valori cromatici prescritti dall’art. 6 delle norme tecniche di attuazione del Comune; la Corte d’appello ha parametrato la tutela risarcitoria in favore dei ricorrenti facendo riferimento al solo esercizio lecito dell’ inspectio e della prospectio rispetto a quanto previsto dall’art. 905 c.c., obliterando così un fatto decisivo, acclarato anche dalla consulenza
tecnica d’ufficio, ossia che gli interventi edilizi nel centro storico, alla stregua della postilla aggiunta al richiamato art. 6, per essere ammissibili devono ‘avere caratteristiche architettoniche tali da uniformarsi a quelle dell’ambiente con l’uso di materiali locali e valori cromatici tradizionali’.
c) è poi contrassegnata con il n. 4 l’osservazione secondo cui il capo della sentenza impugnata relativo alla compensazione nella misura di due terzi delle spese ‘meriti di essere cassato nell’auspicata ipotesi di riforma della sentenza’.
II. In conclusione, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Lecce che, in diversa composizione, dovrà porre in essere un nuovo esame della questione del rispetto delle distanze legali che tenga conto della giurisprudenza di questa Corte sulle modalità di calcolo delle distanze e, in particolare, dell’orientamento secondo il quale, al fine di verificare l’osservanza o meno delle distanze legali, occorre assumere come punto di riferimento ‘la linea esterna della parete ideale posta a chiusura dello spazio esistente tra le strutture portanti più avanzate del manufatto stesso’ (cfr. per tutte Cass., n. 5934/2011).
Il giudice di rinvio regolerà anche le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’ Appello di Lecce in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione