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Motivazione apparente: ricorso respinto in Cassazione

Un cliente ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la decisione del tribunale, in un caso di presunta responsabilità professionale del suo ex avvocato, fosse viziata da motivazione apparente. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, chiarendo che il disaccordo con l’interpretazione del giudice di merito non costituisce un vizio di motivazione. La Corte ha ritenuto le argomentazioni del tribunale logiche e sufficienti, condannando il ricorrente al pagamento delle spese legali.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Motivazione Apparente: Quando il Ricorso in Cassazione Non Trova Accoglimento

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 1871/2024, offre un importante chiarimento sui limiti del vizio di motivazione apparente come motivo di ricorso. Il caso in esame nasce da una controversia tra un cliente e il suo ex avvocato, accusato di responsabilità professionale per una presunta errata quantificazione del danno in un precedente giudizio. L’analisi della Suprema Corte ribadisce un principio fondamentale: non ogni critica alla decisione del giudice integra una nullità della sentenza, ma solo quelle che ne minano la comprensibilità logica.

I Fatti del Contenzioso

La vicenda ha origine da un decreto ingiuntivo ottenuto da un avvocato per il pagamento dei propri compensi professionali. Il cliente si opponeva, non solo contestando l’importo richiesto, ma presentando anche una domanda riconvenzionale per risarcimento danni. A suo dire, il legale lo aveva difeso in modo negligente in una causa precedente, quantificando erroneamente il danno subito e causandogli così un pregiudizio economico.

Il Tribunale, dopo aver mutato il rito da ordinario a sommario, revocava il decreto ingiuntivo ma condannava comunque il cliente a pagare una somma ridotta a titolo di compenso professionale. Al contempo, rigettava la domanda di risarcimento danni avanzata dal cliente.

Il Ricorso in Cassazione e la presunta motivazione apparente

Insoddisfatto della decisione, il cliente ha proposto ricorso in Cassazione, articolando diversi motivi di doglianza, tutti incentrati sulla presunta nullità della sentenza per motivazione apparente, inesistente e illogica. In sostanza, il ricorrente sosteneva che il giudice di merito avesse basato la sua decisione su un ragionamento incomprensibile e contraddittorio, soprattutto riguardo alla reiezione della sua richiesta di risarcimento.

Il ricorrente criticava specificamente il passaggio in cui il Tribunale aveva giustificato la corretta quantificazione del danno operata dal giudice della causa precedente, nonostante l’errore iniziale dell’avvocato. Secondo il ricorrente, tale giustificazione era illogica perché basata su una ‘riserva’ di quantificazione che, a suo avviso, non era stata mantenuta nelle conclusioni finali di quel giudizio.

L’Analisi della Cassazione e i limiti del vizio di motivazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno chiarito che il vizio di motivazione apparente o inesistente, che conduce alla nullità della sentenza, sussiste solo quando il ragionamento del giudice è talmente oscuro, contraddittorio o tautologico da non permettere di ricostruire l’iter logico che ha portato alla decisione.

Nel caso specifico, la Suprema Corte ha stabilito che quella del ricorrente non era una denuncia di un vizio motivazionale, ma piuttosto una critica all’interpretazione del contenuto degli atti processuali operata dal giudice di merito. Un’erronea identificazione del contenuto della difesa non costituisce un vizio di motivazione, ma, al più, un errore di fatto che non può essere fatto valere in sede di legittimità nei termini proposti. La Corte ha sottolineato che il suo compito non è quello di riesaminare il merito della controversia, ma di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della decisione impugnata.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto che i motivi di ricorso, sebbene formalmente invocassero la violazione di norme processuali (artt. 132 e 360 c.p.c.), mirassero in realtà a ottenere una nuova valutazione del materiale probatorio e delle difese svolte nel giudizio precedente. Tale tentativo è inammissibile in Cassazione. La motivazione del Tribunale, per quanto sintetica, è stata giudicata esistente, coerente e sufficiente a comprendere le ragioni della decisione. Il giudice di merito aveva fornito una spiegazione plausibile del perché l’azione del precedente giudice non fosse incorsa in ultrapetizione e perché, di conseguenza, non vi fosse un danno risarcibile derivante dalla condotta dell’avvocato. La Corte ha inoltre respinto gli altri motivi di ricorso, ritenendoli mere riproduzioni del primo o comunque privi di specificità e fondamento.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso principale. Di conseguenza, il ricorso incidentale proposto dall’avvocato è stato dichiarato assorbito, ovvero non è stato esaminato. In applicazione del principio di soccombenza, il ricorrente è stato condannato a rifondere le spese processuali alla controparte, liquidate in € 2.200 oltre accessori. Infine, la Corte ha dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, come previsto dalla legge in caso di ricorso respinto.

Quando una motivazione di una sentenza può essere definita ‘apparente’?
Una motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo formalmente presente, è talmente generica, illogica o contraddittoria da risultare incomprensibile e non permettere di individuare il percorso logico-giuridico seguito dal giudice per giungere alla sua decisione. È, in sostanza, una motivazione che equivale a una sua assenza.

È possibile contestare in Cassazione l’interpretazione dei fatti data da un giudice di merito, lamentando un vizio di motivazione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il vizio di motivazione non può essere utilizzato come pretesto per richiedere un nuovo esame dei fatti e delle prove. Criticare l’interpretazione del giudice di merito equivale a contestare il merito della decisione, un’attività preclusa in sede di legittimità.

Cosa succede al ricorso incidentale se il ricorso principale viene rigettato?
Se il ricorso principale viene rigettato, il ricorso incidentale, che di solito è condizionato all’accoglimento del primo, viene ‘assorbito’. Ciò significa che la Corte non lo esamina e non si pronuncia su di esso, in quanto la sua valutazione era subordinata a un esito diverso del ricorso principale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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