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Motivazione apparente: ricorso in Cassazione respinto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un erede in una causa di successione, chiarendo i limiti del concetto di ‘motivazione apparente’ della sentenza d’appello. La Corte ha stabilito che una motivazione sintetica e con rinvii non è necessariamente apparente. Inoltre, ha dichiarato inammissibili i motivi di ricorso che criticavano direttamente la sentenza di primo grado, ribadendo che la Cassazione è giudice della decisione d’appello.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Motivazione Apparente e Limiti del Ricorso: Lezioni dalla Cassazione

In una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso complesso di diritto successorio, offrendo importanti chiarimenti sui limiti del ricorso e sul concetto di motivazione apparente. La vicenda, nata da una disputa ereditaria tra una madre, un figlio e l’altro figlio, evidenzia gli errori procedurali che possono portare al rigetto di un ricorso, anche quando le questioni di merito appaiono rilevanti. Analizziamo insieme i fatti e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Una Disputa Ereditaria Familiare

La controversia ha origine quando una madre e uno dei suoi figli citano in giudizio l’altro figlio. Gli attori sostengono che il patrimonio del defunto marito e padre è stato leso da numerose donazioni indirette (beni immobili, mobili e denaro) a favore del figlio convenuto. Chiedevano quindi di accertare i loro diritti ereditari e di ripristinare la quota di legittima lesa. La madre, inoltre, chiedeva la revoca per ingratitudine di una donazione da lei stessa effettuata a favore dello stesso figlio.

Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente le domande, riconoscendo la lesione della legittima e condannando il convenuto a un risarcimento economico e alla restituzione di una quota immobiliare. Rigettava, però, la domanda di revoca della donazione.

La Decisione della Corte d’Appello

Insoddisfatti, la madre e il figlio soccombente in parte impugnavano la decisione davanti alla Corte d’Appello. Anche il figlio convenuto proponeva un appello incidentale. La Corte territoriale, tuttavia, confermava integralmente la sentenza di primo grado, rigettando sia l’appello principale che quello incidentale. È contro questa decisione che la madre ha proposto ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Questione della Motivazione Apparente

Il ricorso in Cassazione si basava su due pilastri principali.

Il primo motivo contestava la nullità della sentenza d’appello per motivazione apparente o inesistente. Secondo la ricorrente, il giudice di secondo grado non avrebbe fornito una vera giustificazione al rigetto, limitandosi a un richiamo generico alla sentenza di primo grado senza analizzare criticamente i motivi d’appello.

Gli altri cinque motivi, invece, miravano a contestare direttamente le conclusioni del Tribunale di primo grado, lamentando l’omesso esame di prove decisive (come ulteriori donazioni) e l’errata applicazione di norme in materia di successione e donazioni.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo il primo motivo infondato e gli altri inammissibili.

Sul primo punto, la Corte ha specificato che una motivazione apparente si configura solo in presenza di una “acritica adesione a un provvedimento solo menzionato, senza che emerga una effettiva valutazione”. Nel caso di specie, invece, la Corte d’Appello, pur in modo sintetico e con rinvii alla decisione precedente, aveva individuato le censure mosse dagli appellanti e le aveva esaminate. Di conseguenza, la motivazione, sebbene succinta, non poteva essere considerata né inesistente né meramente apparente.

Per quanto riguarda gli altri cinque motivi, la Cassazione ne ha dichiarato l’inammissibilità per un errore di impostazione cruciale. La ricorrente, infatti, li aveva formulati come critiche dirette alla sentenza del Tribunale, trattando la Suprema Corte come un giudice d’appello. La Corte ha ribadito il proprio ruolo di giudice di legittimità: il suo compito non è riesaminare i fatti, ma verificare che il giudice d’appello abbia applicato correttamente la legge. I motivi del ricorso devono quindi attaccare la sentenza di secondo grado, non quella di primo. Indirizzare le censure contro la decisione del Tribunale rende i motivi strutturalmente inammissibili.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti insegnamenti. In primo luogo, chiarisce che una motivazione sintetica o che rinvia a quella del giudice precedente non è automaticamente una motivazione apparente, purché dimostri che le censure dell’appellante sono state prese in esame. In secondo luogo, ribadisce un principio fondamentale del processo civile: il ricorso per Cassazione è un giudizio sulla sentenza d’appello. Qualsiasi tentativo di bypassare quest’ultima per contestare direttamente la decisione di primo grado è destinato all’insuccesso. Una lezione preziosa per chiunque si appresti a navigare le complesse acque del giudizio di legittimità.

Quando una motivazione di una sentenza d’appello non è considerata ‘apparente’?
Una motivazione non è considerata apparente quando, pur essendo sintetica e facendo rinvio agli argomenti del primo giudice, individua le censure specifiche mosse dall’appellante e le esamina. Non si tratta di una motivazione apparente se emerge una valutazione, anche se concisa, dell’infondatezza dei motivi di gravame.

Perché i motivi di ricorso in Cassazione che criticano la sentenza di primo grado sono inammissibili?
Sono inammissibili perché la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, il cui compito è valutare la correttezza giuridica della sentenza di secondo grado (appello), non riesaminare il merito della causa come se fosse un ulteriore grado di appello. Le censure devono essere rivolte contro le pronunce d’appello.

Cosa comporta il rigetto del ricorso in Cassazione per la parte ricorrente?
Il rigetto del ricorso comporta la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controparte. Inoltre, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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