Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4059 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 4059  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11700/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata  in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-ricorrente- contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE;
-controricorrente- avverso  la  SENTENZA  della  CORTE  D’APPELLO  di  BOLOGNA  n. 3268/2019, depositata il 20/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
NOME COGNOME e NOME hanno chiamato in causa NOME, figlio dell’attrice e fratello dell’attore, chiedendo di accertare i rispettivi diritti ereditari nei confronti del patrimonio di NOME, marito dell’attrice e padre di NOME e NOME. A sostegno della domanda deducevano l’esistenza di donazioni indirette di beni immobili, beni mobili e denaro da parte del de cuius in favore del figlio NOME, lesive della quota di legittima spettante al coniuge superstite e all’altro figlio, e chiedevano la revocazione per ingratitudine della donazione indiretta della metà indivisa di un immobile effettuata dall’attrice in favore del figlio NOME. Con la sentenza n. 1207 del 2013, il Tribunale di Reggio Emilia ha accolto parzialmente la domanda, accertando l’avvenuta lesione di legittima: ha dichiarato il diritto degli attori a ottenere la piena proprietà, indivisa tra loro, della quota di un immobile e ha condannato il convenuto al pagamento in favore di ciascuno degli attori di euro 19.721,70; ha rigettato la domanda di COGNOME di revocazione della donazione indiretta e ha infine accertato il diritto di COGNOME di ottenere dagli altri eredi pro quota il rimborso della somma di euro 322,90.
 La  sentenza  è  stata  impugnata  da  NOME  COGNOME  e  da NOME  COGNOME  in  via  principale  e  in  via  incidentale  da  NOME COGNOME.  La  Corte  d’appello  di  Bologna  con  la  sentenza  20 novembre  2019,  n.  3268 -ha  rigettato  l’appello  principale  e l’appello incidentale.
 Avverso  la  sentenza  d’appello  NOME  COGNOME  ricorre  per cassazione.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
In data 12 settembre 2024 si è costituito il nuovo difensore della ricorrente e il 25 settembre 2024 si è costituito il nuovo difensore del controricorrente.
NOME  COGNOME,  al  quale  è  stato  notificato  il  ricorso,  non  ha proposto difese.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso è così articolato:
 vi  è  un  primo  motivo  che  contesta  ‘nullità  della  sentenza, motivazione  inesistente  o  solo  apparente’,  in  quanto  il  giudice d’appello non avrebbe ‘minimamente motivato il rigetto dell’appello principale’;
vi sono poi cinque motivi preceduti dalla premessa secondo cui ‘tutti i seguenti motivi d’appello attengono alla sentenza di primo grado nel limite in cui essa viene integralmente richiamata da quella d’appello’; tali motivi lamentano l’ ‘omesso esame di fatti decisivi in relazione all’omesso accertamento di ulteriori donazioni mobiliari indirette in favore dell’erede convenuto’ per essersi la decisione di primo grado basata unicamente sul contenuto dell’informativa della Guardia di finanza di Sassuolo (secondo motivo); la violazione o falsa applicazione degli artt. 553 e 556 c.c., in quanto è stato a priori escluso l’accertamento ai fini della ricomprensione nell’asse ereditario di donazioni effettuate dal de cuius verso soggetti terzi non eredi estranei al giudizio (terzo motivo); l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e la violazione o falsa applicazione degli artt. 801 e 802 c.c. in relazione alla domanda di revocazione delle donazioni proposta da COGNOME (quarto, quinto e sesto motivo).
Il primo motivo è infondato. Ad avviso della ricorrente, a fronte dei  dettagliati  rilievi  sollevati  dagli  attori  appellanti  non  è  stata fornita alcuna motivazione al rigetto delle loro domande, né sotto il profilo  fattuale  né  sotto  quello  giuridico,  essendosi  il  giudice  di secondo grado limitato a sostenere la correttezza dell’operato del giudice  di  primo  grado,  riportandosi  integralmente  ai  contenuti della sentenza appellata senza prendere in minima considerazione i
motivi d’appello. In realtà, se è vero che la sentenza impugnata riporta nello svolgimento del processo un ampio stralcio della motivazione della sentenza di primo grado e a tale motivazione fa più volte rinvio nello sviluppo delle proprie argomentazioni, non ci si trova di fronte a una ‘acritica adesione a un provvedimento solo menzionato, senza che emerga una effettiva valutazione, propria del giudice di appello, della infondatezza dei motivi del gravame’ (cfr. Cass. n. 2397/2021). La Corte d’appello ha infatti individuato le censure mosse dagli appellanti principali alla sentenza di primo grado e le ha esaminate sia pure in modo sintetico e anche rinviando, come si è detto, agli argomenti sviluppati dal primo giudice (v. in particolare le pagg. 6 e 7 della sentenza impugnata), così che la motivazione non può dirsi solo apparente (sui limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione si veda per tutte la pronuncia delle sezioni unite n. 8053/2014).
I successivi cinque motivi sono inammissibili, trattandosi di censure (la ricorrente le definisce, infatti, come ‘motivi d’appello’) sostanzialmente rivolte nei confronti della sentenza di primo grado come se questa Corte fosse il giudice di secondo grado e non il giudice di legittimità, di fronte al quale vanno proposte le censure, a critica limitata, avverso le pronunzie d’appello (salvo ovviamente le ipotesi delle cause decise in unico grado o di ricorso per saltum o ancora di appello dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 348 -bis c.p.c., ipotesi oggi peraltro abrogata).
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,  da  parte  della  ricorrente,  di  un  ulteriore  importo  a titolo  di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente, che liquida in euro 6.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art.  13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto  per  il  ricorso  a  norma  del  comma  1bis dello  stesso  art. 13, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  adunanza  camerale  della  sezione