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Motivazione apparente: quando la sentenza è nulla

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti del vizio di motivazione apparente, rigettando un ricorso basato sull’accusa che la sentenza d’appello fosse un mero ‘copia-incolla’ degli atti di controparte. Il caso, originato da un’opposizione a decreto ingiuntivo per una fideiussione, ha permesso alla Corte di ribadire i criteri per denunciare la violazione delle norme sulla valutazione delle prove e di definire quando una motivazione è talmente carente da determinare la nullità della sentenza.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Motivazione Apparente: quando una sentenza ‘copia-incolla’ è valida?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del processo civile: la motivazione apparente. Il caso offriva lo spunto per chiarire fino a che punto un giudice possa riprendere gli scritti difensivi di una parte senza che la sua sentenza diventi nulla per vizio di motivazione. Questa pronuncia è fondamentale per comprendere i confini tra una motivazione sintetica ma valida e una motivazione solo di facciata.

I Fatti del Caso: una Fideiussione Omnibus contestata

La vicenda trae origine da un decreto ingiuntivo emesso da un Tribunale a favore di un istituto di credito contro una società a responsabilità limitata e i suoi due fideiussori. L’ingiunzione richiedeva il pagamento di cospicue somme derivanti da un saldo di conto corrente e da un finanziamento chirografario.

Sia la società debitrice che i garanti si sono opposti al decreto, ma le loro opposizioni, una volta riunite, sono state respinte sia in primo grado che in appello. La Corte d’Appello ha confermato la decisione del Tribunale, condannando gli appellanti al pagamento delle spese legali.

Contro questa decisione, la società e i garanti hanno proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a tre motivi principali.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

I ricorrenti hanno articolato le loro censure su tre fronti distinti, tutti volti a demolire la sentenza di secondo grado.

Il Vizio di Motivazione Apparente

Il primo e più significativo motivo di ricorso denunciava la violazione di diverse norme procedurali (artt. 115, 116 e 132 c.p.c.) in relazione all’art. 360, n. 3, 4 e 5 c.p.c. Secondo i ricorrenti, la Corte d’Appello non avrebbe espresso un proprio autonomo ragionamento, ma si sarebbe limitata a una mera ‘trasposizione pedissequa’ e a un ‘copia-incolla’ di ampi passaggi della comparsa conclusionale della banca. Questo comportamento, a loro dire, avrebbe reso la motivazione della sentenza meramente apparente e, di conseguenza, nulla.

La Mancata Ammissione delle Prove

Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentavano la violazione delle norme sul diritto di difesa e sul giusto processo (artt. 24 e 111 Cost.), nonché delle regole sull’ammissione delle prove. Sostenevano che sia in primo che in secondo grado fosse stata illegittimamente negata l’ammissione di prove testimoniali e per interpello, richieste ritualmente per dimostrare le proprie ragioni.

La Nullità della Fideiussione Omnibus

Infine, il terzo motivo si concentrava sulla presunta nullità della garanzia fideiussoria. I garanti sostenevano che la fideiussione fosse nulla per indeterminatezza dell’oggetto, in violazione dell’art. 1938 c.c., a causa di un importo massimo garantito sproporzionato rispetto al debito originario. Inoltre, ritenevano nulla la clausola di deroga all’art. 1956 c.c., che li privava della possibilità di opporsi a ulteriori finanziamenti concessi al debitore principale senza la loro autorizzazione, in violazione dei doveri di correttezza e buona fede.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato congiuntamente i motivi, ritenendoli tutti infondati e rigettando il ricorso. La decisione offre importanti chiarimenti su ciascuno dei punti sollevati.

La distinzione tra Motivazione Apparente e legittima valutazione

La Corte ha ribadito un principio consolidato: il vizio di motivazione apparente, che si traduce in una violazione di legge costituzionalmente rilevante, ricorre solo in casi estremi. Nello specifico, si ha quando la motivazione manca del tutto sotto l’aspetto materiale e grafico, è perplessa, obiettivamente incomprensibile o presenta un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili. Non è sufficiente un semplice difetto di ‘sufficienza’ motivazionale.

Il fatto che il giudice riproduca testualmente passaggi degli atti di parte non costituisce, di per sé, motivo di nullità. Ciò che conta è che il giudice, attraverso tale riproduzione, faccia proprio il ragionamento esposto, dimostrando di averlo vagliato e condiviso. La Corte ha chiarito che non si può parlare di motivazione apparente se il percorso logico-giuridico che ha portato alla decisione è comunque identificabile e comprensibile. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la sentenza d’appello, seppur sintetica, avesse esposto in modo chiaro le ragioni della sua decisione.

Il prudente apprezzamento del giudice sulle prove

In merito alla presunta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., la Cassazione ha ricordato che la valutazione delle prove è un’attività riservata al giudice di merito. La violazione di queste norme può essere denunciata in sede di legittimità solo in casi specifici: ad esempio, se il giudice fonda la sua decisione su prove non proposte dalle parti o se applica un criterio di valutazione errato a una prova legale. Non è invece censurabile la mera circostanza che il giudice abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune prove piuttosto che ad altre. Il ‘cattivo esercizio’ del potere di apprezzamento delle prove non legali non è un vizio denunciabile in Cassazione nei termini proposti dai ricorrenti.

Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione rafforza il principio secondo cui la nullità della sentenza per motivazione apparente è un’ipotesi eccezionale, da non confondere con la legittima facoltà del giudice di motivare la propria decisione anche attraverso il richiamo, persino testuale, agli atti di parte, purché ne faccia proprio il contenuto logico. Viene inoltre riaffermata l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella valutazione del materiale probatorio. La decisione, infine, ha comportato non solo il rigetto del ricorso e la condanna alle spese, ma anche una condanna aggiuntiva per i ricorrenti ai sensi dell’art. 96 c.p.c. per lite temeraria, a sottolineare la manifesta infondatezza delle loro censure.

Quando una sentenza ha una motivazione apparente?
Secondo la Corte, la motivazione è apparente solo in casi estremi: quando manca materialmente, è del tutto incomprensibile, presenta un contrasto insanabile tra le sue affermazioni o è perplessa. Il semplice fatto che riprenda parti degli scritti difensivi di una parte non la rende automaticamente apparente, se il ragionamento del giudice è comunque chiaro.

È possibile contestare in Cassazione il modo in cui un giudice ha valutato le prove?
No, non se la contestazione riguarda il merito della valutazione. Il ricorso in Cassazione per violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo se il giudice ha valutato una prova secondo una regola diversa da quella prevista dalla legge (ad esempio, trattando una prova legale come se fosse soggetta a libero apprezzamento), ma non per contestare il convincimento che il giudice si è formato.

La riproduzione di parti degli atti di una parte (‘copia-incolla’) rende nulla la sentenza?
Non necessariamente. La Corte di Cassazione ha chiarito che questa pratica non determina di per sé la nullità della sentenza per motivazione apparente, a condizione che il giudice, attraverso tale riproduzione, dimostri di aver fatto proprio il percorso logico-argomentativo e che la decisione risulti comunque comprensibile e fondata su un ragionamento giuridico identificabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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