Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30772 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30772 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14348/2022 R.G. proposto da
NOME COGNOME NOME COGNOME nonché RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, quest’ultima, in persona del suo liquidatore e legale rappresentante pro-tempore , tutti rappresentati e difesi da ll’ Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso, ex lege domiciliati, in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO (pec:EMAIL;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE con socio unico, cessionaria pro soluto da RAGIONE_SOCIALE e per essa, quale procuratrice e mandataria RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME coma da procura speciale in calce al controricorso,
C.C. 25 giugno 2024
r.g.n. 14348/2022
Pres. L. A. COGNOME
Est. I. COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME (Pec: EMAIL;
-controricorrente –
avverso la SENTENZA n. 1280/2021, della Corte d ‘a ppello di Ancona, pubblicata in data 24.11.2021; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/06/2024 dalla
Consigliera dr.ssa NOME COGNOME.
Considerato che
l a Corte d’ Appello di Ancona con sentenza n. 1280/2021 ha rigettato il gravame proposto dai sigg. NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché dalla società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, confermando la sentenza di primo grado e condannando gli appellanti, odierni ricorrenti, alle spese di lite del grado di giudizio;
per quanto ancora di rilievo, il Tribunale di Pesaro aveva, a sua volta, rigettato le distinte opposizioni, poi riunite, proposte, rispettivamente, dalla società debitrice RAGIONE_SOCIALE e dai garanti NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso il decreto ingiuntivo con cui veniva loro richiesto, in solido, il pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE della somma di Euro 168.727,06 quale saldo debitore al 31.12.2011 del c/c n. 20124140, oltre interessi al tasso legale dall’1.1.2012 al saldo effettivo , e la somma di Euro 59.209,31 alla data del 27.1.2012 per esposizione debitoria relativa al finanziamento chirografario n. 3710698, oltre interessi al tasso legale dal 28.1.2012 al saldo effettivo, oltre le spese e competenze della procedura monitoria;
avverso la decisione della Corte d’ Appello la COGNOME e il COGNOME nonché la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, propongono ricorso per cassazione sorretto da tre motivi; resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE (cessionaria dalla RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE e per essa, quale procuratrice e mandataria RAGIONE_SOCIALE;
formulata proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., nel testo novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, avverso la quale i
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Pres. L. A. COGNOME
Est. I. COGNOME ricorrenti hanno formulato istanza di richiesta di decisione in data 10.01.2024, corredata da nuova procura speciale;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.;
sia la parte ricorrente che quella controricorrente hanno depositato rispettiva memoria.
Ritenuto che
1. con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano, sotto tre differenti profili, la ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. comma 1, n. 5, in quanto la motivazione della sentenza di appello costituirebbe (in cospicua parte) la trasposizione pedissequa di alcuni passaggi della comparsa conclusionale della Banca ‘ ; la ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per apparenza della motivazione, che costituirebbe un copia incolla di alcuni passaggi della comparsa conclusionale della Banca ‘ ; la ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per nullità della motivazione perché meramente riproduttiva di sostanziali passaggi degli atti di parte ‘; in particolare, lamentano che la sentenza impugnata sia motivata per relationem attraverso la mera trasposizione (con modalità copia -incolla) di sostanziali passaggi narrativi tratti dalla comparsa conclusionale di controparte, modus operandi del Giudice d’appello che si sarebbe tradotto in una motivazione sostanzialmente apparente;
2. con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano la ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Costituzione, nonché degli artt. 115, 116, 177, 187, 188, 189 e 244 c.p.c., in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., in ordine alla mancata ammissione delle prove ritualmente richieste; nello specifico, assumono un ulteriore vizio di motivazione rispetto a quello denunciato con il precedente motivo, consistito nella omessa ammissione della prova
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Pres. L. A. COGNOME
Est. I. COGNOME testimoniale e di quella per interpello, ritualmente richieste dai ricorrenti (entro i termini ex art. 183 c.p.c.) in primo grado e non ammesse e ritenute inammissibili dal Giudice del gravame dinanzi al quale erano state reiterate .
con il terzo motivo lamentano la ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1938 e 1956 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in ordine alla nullità delle fideiussioni omnibus oggetto di giudizio ‘; sostengono che la Corte d’appello, del tutto erroneamente, ha qualificato come legittima ed immune da vizi la fideiussione oggetto di giudizio, omettendo di considerare l’eccezione di nullità della garanzia fideiussoria prestata da COGNOME e COGNOME in quanto risolventesi in una c.d. ‘ fideiussione omnibus ‘ nulla per indeterminatezza dell’oggetto ai sensi dell’art. 1418 c.c. poiché pattuita in elusione di quanto previsto dall’art. 1938 c.c. con la fissazione di un importo massimo garantito di € 334.000,00, sproporzion ato all’evidenza rispetto alla somma di € 70.000,00 relativa all’accensione del mutuo chirografario coevo alla fideiussione in esame ed, infine, nulla nella parte in cui ha stabilito una clausola pattizia di deroga agli artt. 1956 c.c. e ss. e di sostanziale rinuncia preventiva ad eccepire ogni possibile abuso posto in essere dall’Istituto di credito, illegittima rispetto ai doveri di correttezza imposti artt. 1175 e 1375 c.c.;
I motivo, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.
Va anzitutto come, perché si configuri la violazione del paradigma dell’art. 115 , è necessario che venga denunciato, nell’attività argomentativa ed illustrativa del motivo, che il giudice non ha posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè che abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che, per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base
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Est. I. Ambrosi di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove”. Ne segue che il motivo così dedotto, per ciò solo, è privo di fondamento (Cass. Sez. un. n. 16598 e Cass. n. 11892 del 10/06/20169);
5.2. quanto alla pretesa violazione dell’art. 116 c.p.c ., occorre considerare che l’evocata norma prescrive come regola di valutazione delle prove quella secondo cui il giudice deve valutarle secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti, la sua violazione e quindi la deduzione in sede di ricorso per cassazione ai sensi d el n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ., è concepibile solo: a) se il giudice di merito valuta una determinata prova ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore ovvero il valore che il legislatore attribuisce ad una diversa risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale); b) se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente applicando e, quindi, violando la norma in discorso (oltre che quelle che presiedono alla valutazione secondo diverso criterio della prova di cui trattasi) (Cass. n. 11892 del 2016);
ne consegue, anche sulla base delle affermazioni di Cass. sez. un. nn, 8053 e 8054 del 2014 (secondo cui: <>), che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito, non essendo incasellabile né nel paradigma del n. 5 né in quello del n. 4 (per il tramite dell a deduzione della violazione del n. 4 dell’art. 132 c.p.c. nei termini ora indicati), non trova di per sé alcun diretto referente normativo nel catalogo dei vizi denunciabili con il ricorso per cassazione;
5.3. infine, questa Corte ha già da tempo chiarito che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione, ora nei limiti di cui al nuovo art. 360, n. 5, cod. proc. civ. (v. Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n. 8315; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394);
neppure può essere valorizzato quanto affermato nella memoria illustrativa, non avendo parte ricorrente con essa offerto argomenti
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r.g.n. 14348/2022
Pres. L. A. COGNOME
Est. I. Ambrosi ulteriori rispetto a quelli contenuti nel ricorso oppure particolari ragioni di dissenso, essendosi limitata ad argomentare nuovamente in fatto, confermando le ragioni della prospettata manifesta infondatezza;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
Venendo il giudizio definito conformemente alla proposta ex art. 380-bis cod. proc. civ., trovano applicazione le previsioni di cui al 3 e 4 comma dell’art. 96 cod. proc. civ., non sussistendo per le caratteristiche del caso concreto ragioni di non applicazione (Cass. Sez. U, 27/12/2023 n. 36069);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre a spese forfettarie al 15% e accessori di legge; nonché della somma di euro 8.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento della somma di euro 1.000,00 ex art. 96, 4° co., c.p.c., in favore della Cassa delle ammende.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,