Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5915 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 5915 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 17772/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata presso l’AVV_NOTAIO;
-ricorrente – contro
Comune di Spoltore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e domiciliato presso l’AVV_NOTAIO;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e domiciliato presso l’AVV_NOTAIO;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO;
-controricorrente –
e contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE
-intimati-
avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila 23/3/2020 n. 472;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e per il rigetto dei ricorsi incidentali;
uditi gli AVV_NOTAIO, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME:
FATTI DI CAUSA
Per quanto qui interessa, la Corte d’appello di L’Aquila, riformando la pronuncia di primo grado, con sentenza del 23 marzo 2020 condannava RAGIONE_SOCIALE a manlevare in forza di due polizze l’architetto NOME COGNOME (progettista e direttore dei lavori) di quanto doveva corrispondere al Comune di Spoltore (committente in un contratto di appalto), condannato a sua volta a versare a RAGIONE_SOCIALE (appaltatrice) la somma di euro 239.020,38 oltre interessi di legge in conseguenza della contestuale dichiarazione di risoluzione del contratto d’appalto per inadempimento del Comune.
Ha presentato ricorso principale RAGIONE_SOCIALE; si è difesa NOME con controricorso avverso il ricorso principale; si è difeso con controricorso e ricorso incidentale il Comune di Spoltore; si è difeso con controricorso il COGNOME che ha presentato pure ricorso incidentale avverso il ricorso di RAGIONE_SOCIALE e i ‘successivi controricorsi’ suddetti.
Ha depositato memoria il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi. Memoria hanno pure presentato rispettivamente la ricorrente principale, il ricorrente incidentale e la controricorrente NOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE è composto di tre motivi.
3.1 Il primo motivo denuncia la sussistenza di una motivazione apparente in ordine alla polizza n. 550NUMERO_CARTA, sulla quale il giudice d’appello avrebbe soltanto affermato che ‘ovviamente copre tutta l’attività professionale del COGNOME, ivi compresa quella di progettista e direttore lavori nel contratto di appalto in oggetto’. Quindi solo l’avverbio ‘ovviamente’ in questo passo rappresenterebbe l’iter logico motivazionale, ma ad avviso della ricorrente non potrebbe farlo. La motivazione sarebbe apparente o assolutamente mancante, in quanto la compagnia assicuratrice aveva (nella comparsa di risposta al primo giudice – il Tribunale di Pescara – e nella comparsa di risposta in appello) negato la copertura (di ciò si riportano le ragioni nella pagina 34 del ricorso).
3.2 Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omessa valutazione di elementi decisivi della controversia in relazione alla polizza n. NUMERO_CARTA.
3.3 Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omessa valutazione di elementi decisivi della controversia in relazione all’ulteriore polizza n.NUMERO_CARTA (stipulata ai sensi della l. 109/1994, c.d. legge Merloni).
Riguardo a tale polizza non si sarebbe tenuto in conto il limite del massimale e dello scoperto previsti nella polizza stessa, conseguentemente condannando la ricorrente a manlevare nella misura di euro 239.020,38 oltre interessi e spese, nonostante il massimale fosse soltanto euro 72.300 come indicato nel frontespizio della polizza.
Sussisterebbe pure omesso esame di oggetto, limiti e condizioni d i quest’ultima , essendo dinanzi a una motivazione ‘estremamente sbrigativa’ , la quale avrebbe soltanto affermato che la polizza ‘copre l’attività di progettazione svolta dal COGNOME riguardando i maggiori oneri che deve sopportare il Comune appaltante derivanti dalla progettazione e che pertanto … comportano un maggior esborso … del Comun e, il quale si rivarrà per tali maggiori esborsi sul progettista, il quale quindi ben potrà pertanto attivare la polizza assicurativa e farsi manlevare dalla RAGIONE_SOCIALE. Qui, sostanzialmente, il giudice d’appello avrebbe taciuto sulla legge Merloni, ora incorporata nel Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 163/2006).
La ricorrente richiama poi gli articoli 1, 3, 4 e 5 della polizza per rilevare che il giudice d’appello nella motivazione non avrebbe considerato l’oggetto di garanzia (articolo 1), i limiti e le esclusioni (articoli 3, 4 e 5); e nessuna delle voci riconosciute potrebbe ricondursi a quelle oggetto di garanzia.
Dalla sintesi appena offerta emerge ictu oculi che è possibile vagliare congiuntamente il primo motivo – attinente alla polizza n. 550NUMERO_CARTA – e il terzo motivo, quest’ultimo nella parte relativa a quella che viene definita ‘motivazione <> ‘ e che, a ben guardare, costituisce censura nel senso di assenza/apparenza di motivazione quanto alla seconda polizza n.NUMERO_CARTA.
Le due così congiunte doglianze sono del tutto fondate, perché il giudice d’appello effettivamente si è limitato, a pagina 16 della pronuncia, ad affermare la fondatezza della domanda di manleva come segue:
‘… il tutto sia sulla base della polizza conclusa ai sensi della legge Merloni , sia, in alternativa, sulla base della polizza professionale che ovviamente copre tutta l’attività professionale del COGNOME, ivi compresa quella di progettista e direttore lavori nel contratto di appalto in oggetto’.
Si è evidentemente dinanzi ad una motivazione puramente assertiva e pertanto apparente, che nulla specifica né tantomeno spiega in ordine agli effetti delle
due polizze, non determinando neppure – bensì limitandosi ad un quanto mai generico ‘in alternativa’ – le concrete modalità di incidenza di ciascuna di esse.
Questo conduce all’assorbimento del secondo motivo e del residuo del terzo.
Il ricorso principale, dunque, merita accoglimento.
Anche il ricorso incidentale del COGNOME si compone di tre motivi.
5.1 Il primo motivo lamenta l’improcedibilità della domanda di NOME, la violazione degli articoli 12 prel. e 113 c.p.c. nonché l’erronea applicazione/interpretazione dell’articolo 31 bis della legge Merloni e dell’articolo 240 d.lgs. 163/2006 in ordine al mancato decorso, alla proposizione della domanda, del termine di procedibilità di 120 giorni dall ‘apposizione dell’ultima riserva.
5.2 Il secondo motivo denuncia ancora la medesima improcedibilità.
Qui peraltro il ricorrente lamenta omessa pronuncia in ordine a un motivo contenuto nell’appello principale (riguardante l’impossibilità del primo giudice di decidere anche nel merito), considerata l’assenza motivazionale.
5.3 Il terzo motivo denuncia omessa e/o erronea valutazione delle prove in ordine all’operato e alla responsabilità di altri due professionisti che il ricorrente aveva chiamato in causa, gli ingegneri NOME COGNOME e NOME COGNOME, con violazion e dell’articolo 116 c.p.c. per omesso esame della ‘documentazione contenuta nel fascicolo di parte’; denuncia altresì ‘mal esercizio del prudente apprezzamento della prova’.
Si riproducono, ‘ai fini della autosufficienza del controricorso’, ‘l’allegato 9, 10, 24, 46’ e le pagine 43 -44 della consulenza tecnica d’ufficio.
5.4 La presenza delle ben 26 pagine di un puro assemblaggio conduce sine dubio a disattendere il ricorso incidentale per la sua evidente inammissibilità (cfr., fra i tanti, Cass. sez. L, ord. 25 novembre 2020 n. 26837; Cass. sez. 5, 4 aprile 2018 n. 8245; Cass. sez. 6-1, ord. 30 ottobre 2015 n. 22185).
Il Comune di Spoltore ha presentato ricorso incidentale composto di due motivi.
6.1 Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 31 bis l. 109/1994 e 240 d.lgs. 163/2006, nonché violazione degli articoli 12 prel. e 113 c.p.c. e violazione e falsa applicazione dell’articolo 1355 c.c., il tutto in relazione all’articolo 360, prim o comma, n.3 c.p.c.
6.1.1 Il motivo, in sintesi, concerne i l rigetto dell’eccezione di improcedibilità della domanda dell’appaltat rice COGNOME effettuato dal giudice d’appello accogliendo il relativo motivo del gravame presentato dalla stessa COGNOME, così riformando la sentenza di primo grado e passando al merito.
Ad avviso del Comune, erronea è stata da parte del giudice di merito l’interpretazione della normativa attinente, in quanto perché l’appaltatr ice potesse agire in giudizio sarebbe stato necessario che fosse decorso non solo il termine di 90 giorni dall’ultima riserva, ma anche quello ulteriore di 30 giorni dal ricevimento della proposta di accordo bonario: sul punto viene invocato l’articolo 240, commi 5 e 12, d.lgs. 163/2006. Irrilevante sarebbe poi Cass. 5274/2007, invocata dal giudice d’appello.
6.1.2 La posizione assunta dal giudice d’appello è in realtà condivisibile.
Il testo dell’articolo 31 bis l. 109/1994, abrogato ( ad abundantiam , si rileva che anche questo decreto legislativo è stato abrogato dal successivo d.lgs. 50/2016, qui però non applicabile ratione temporis ), è confluito proprio nell’invocato articolo 240 d.lgs. 163/2006 (cfr. S.U. 16240/2014). È dunque valevole ancora l’arresto invocato dal giudice d’appello, cioè Cass. 5274/2007 -integralmente confermato poi da Cass.14971/2007 -.
Riconosce infatti tale arresto che nell’appalto di opere pubbliche il tentativo di ‘accordo bonario’ previsto dal citato articolo 31 bis ‘costituisce una procedura che l’Amministrazione ha il dovere di attivare, al fine di accelerare la risoluzione delle controversie … configurandosi co me una condizione di procedibilità della domanda giudiziale’; tuttavia il tentativo ‘presuppone il rispetto della scansione temporale indicata dalla norma, con la conseguenza che il suo mancato
esperimento …, determinando un’improcedibilità solo temporanea della domanda, non ostacola’ se, pur dopo l’avvio del giudizio (nel caso esaminato dall’arresto del 2007 si trattava d i giudizio arbitrale, ma è evidente che la norma regola anche la modalità di instaurazione della causa davanti a un giudice), è decorso il termine di 90 giorni entro il quale la pubblica amministrazione deve formulare la relativa proposta.
Su questo non incide l’argomentazione della ricorrente nel senso che il termine da considerare decorso debba essere di 120 giorni, includendo così anche quello di 30 giorni in cui pronunciarsi sulla proposta – e nel caso in esame i 120 giorni non erano stati raggiunti -: quel che rileva era, a monte, la formulazione della proposta, che la ricorrente non ha addotto di aver presentato. È evidente, infatti, che l’ulteriore termine dei 30 giorni si inseriva nel procedimento soltanto nel caso in cui fosse stato rispettato il predisposto termine dei 90.
Il motivo, dunque, va rigettato.
6.2 Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 111 Cost., 12 prel., 112, 113, 132, secondo comma, n.4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 1227, primo comma, 2055 e 1176 c.c., in relazione dell’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c.
6.2.1 Si censura la ripartizione della responsabilità contrattuale tra l’ente committente all’80%, con conseguente accoglimento della domanda di risoluzione per suo grave inadempimento -e la società appaltatrice – al 20% -, affermando che la motivazione sarebbe stata formulata ‘esclusivamente <>, attraverso una generica condivisione delle percentuali <> indicate dai CTU nominati nel giudizio di primo grado’, i quali si sarebbero così riferiti ad un criterio privo di fondamento giuridico. Essendo ‘incontestata la circostanza che il fatto colposo della RAGIONE_SOCIALE avesse concorso a cagionare il danno’, non si sarebbe dovuto tenere in conto il criterio statistico, dovendosi invece applicare l’articolo 1227, primo comma, c.c., come sarebbe stato illustrato nell’appello incidentale dell’attuale ricorrente. Al contrario, ‘la dovuta valutazione sulla proporzionalità della riduzione dell’obbligo risarcitorio’ ai sensi degli articoli 1227, primo comma, e 2055 c.c. sarebbe ‘stata
sostituita dalla Corte d’Appello con la valutazione <> dei CTU … fondata su presupposti rimasti giuridicamente incomprensibili e comunque del tutto incompatibili con le previsioni normative sopra richiamate’. Mancherebbe, in ultima analisi, una motivazione effettiva, con conseguente violazione dell’articolo 132, secondo comma, n. 4 c.p.c.
6.2.2 Il motivo non vanta alcuna fondatezza.
È ben noto, infatti, che il giudice di merito, qualora aderisca alla valutazione del consulente tecnico d’ufficio, può avvalersi della modalità motivazionale per relationem (cfr., tra i più recenti arresti massimati, Cass. sez. 5, ord. 6 maggio 2021 n. 11917, Cass. sez. 1, ord. 11 giugno 2018 n. 15147 e Cass. sez. 1, 21 novembre 2016 n. 23637).
Quanto poi alla seconda parte della censura, lungi dal denunciare effettivamente una carenza motivazionale riconducibile all’articolo 132, secondo comma, n.4 c.p.c., si veicola, a ben guardare, una contestazione direttamente fattuale, tentando di ‘smontare’ in tal modo l’adesione, manifestata dal giudice di merito, agli esiti della consulenza tecnica d’ufficio.
Anche questo ricorso, dunque, deve essere rigettato.
In conclusione, deve accogliersi il ricorso principale, disattendendo i ricorsi incidentali, cassando per quanto di ragione la sentenza impugnata e rinviando, anche per le spese processuali, alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale, disattendendo quelli incidentali, cassa per quanto di ragione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese processuali, alla Corte d’appello di L’Aquila .
Così deciso in Roma il 5 febbraio 2024
Il Consigliere Estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME