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Motivazione apparente: la Cassazione annulla decreto

La Corte di Cassazione ha annullato un decreto del Tribunale di Vicenza per motivazione apparente. Una società aveva richiesto la restituzione di alcuni beni a un consorzio in liquidazione, ma il Tribunale aveva rigettato la richiesta con una motivazione generica e slegata dai fatti. La Cassazione ha ritenuto che tale motivazione, limitandosi a citare un precedente senza analizzare il caso specifico, fosse del tutto apparente e quindi inesistente, violando il requisito del “minimo costituzionale” della motivazione. Di conseguenza, il provvedimento è stato cassato con rinvio per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Motivazione Apparente: Quando la Giustificazione del Giudice è Solo una Facciata

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un vizio cruciale del processo decisionale giudiziario: la motivazione apparente. Questo concetto, fondamentale per garantire la trasparenza e la comprensibilità delle sentenze, si verifica quando la giustificazione di un provvedimento esiste solo sulla carta ma è, in realtà, vuota di contenuto. Analizziamo come la Suprema Corte ha applicato questo principio in un caso di rivendica di beni nell’ambito di una procedura di liquidazione.

I Fatti di Causa

Una società agricola aveva acquistato una serie di beni mobili dal fallimento di un caseificio. Tali beni erano stati messi a disposizione prima di una società di confezionamento e, successivamente al fallimento di quest’ultima, di un consorzio di caseifici. Quando anche il consorzio è entrato in Liquidazione Coatta Amministrativa (LCA), la società agricola ha presentato una domanda di rivendica per riavere i propri beni. Il commissario liquidatore ha respinto la domanda, sostenendo l’impossibilità di identificare con certezza i beni sulla base della documentazione fornita.

La Decisione del Tribunale e i Motivi del Ricorso

La società agricola si è opposta alla decisione del liquidatore davanti al Tribunale di Vicenza, producendo documentazione come verbali di aggiudicazione e fatture di acquisto, e chiedendo di provare per testimoni la collocazione di alcuni beni specifici (due carri antichi) presso il consorzio. Il Tribunale, tuttavia, ha rigettato l’opposizione per difetto di prova. La decisione si basava sulla citazione di un precedente giurisprudenziale e sulla laconica affermazione che la pretesa era rimasta sfornita di prova, non potendo essere surrogata dalla prova orale, e che le altre questioni erano “incontestate o assorbite”. Contro questa decisione, la società ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due vizi: l’omessa pronuncia sui motivi specifici dell’opposizione e la violazione delle norme sulla prova nella rivendica fallimentare.

L’Analisi della Corte: la Motivazione Apparente

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, concentrandosi sul primo motivo e ritenendo assorbito il secondo. Il cuore della decisione risiede nell’aver qualificato la decisione del Tribunale come affetta da motivazione apparente. La Suprema Corte ha osservato come il provvedimento impugnato fosse completamente astratto e avulso dal contesto di merito. Non vi era alcun riferimento ai fatti di causa, ai motivi di opposizione o alle prove documentali prodotte.

Il Vizio della Motivazione Apparente

Il provvedimento del Tribunale si limitava a riportare una massima di una precedente sentenza della Cassazione, seguita da una formula di stile che dichiarava la prova mancante e assorbite le altre questioni. Secondo la Cassazione, questo modo di procedere non raggiunge la soglia del “minimo costituzionale” che ogni motivazione deve possedere. Una motivazione è “apparente” quando, pur esistendo graficamente, non permette di comprendere l’iter logico-giuridico che ha portato alla decisione, risultando così incomprensibile e arbitraria. È una motivazione che non risponde alle domande poste dalle parti e non analizza le prove fornite.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha stabilito che la decisione del Tribunale era nulla perché la sua motivazione era solo una parvenza. Mancava qualsiasi riferimento specifico al caso concreto, rendendo impossibile capire perché le prove documentali fossero state ritenute insufficienti o perché la prova testimoniale non fosse ammissibile. La frase “incontestate o assorbite le questioni non trattate” è stata giudicata una mera formula di stile, incapace di dare conto delle ragioni specifiche del rigetto. La motivazione, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, deve superare il “minimo costituzionale”, altrimenti si ricade in vizi come la “mancanza assoluta di motivi”, il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” o, come in questo caso, la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” o “apparente”.

Le Conclusioni

La sentenza rafforza un principio fondamentale dello stato di diritto: ogni decisione giurisdizionale deve essere giustificata in modo comprensibile e specifico. Non è sufficiente che un giudice citi una legge o un precedente; deve spiegare come quella norma o quel principio si applicano ai fatti specifici della causa. Una motivazione apparente equivale a una non-motivazione e determina la nullità del provvedimento. Per le parti in causa, ciò significa che hanno diritto a una risposta puntuale alle loro argomentazioni e a un’analisi concreta delle prove. Per i giudici, rappresenta un monito a non utilizzare formule stereotipate che svuotano di contenuto l’obbligo di motivazione. La Cassazione ha quindi cassato il decreto e rinviato la causa al Tribunale di Vicenza, in diversa composizione, perché decida nuovamente la questione, questa volta con una motivazione reale e non solo apparente.

Quando una motivazione di un provvedimento giudiziario è considerata “apparente”?
Una motivazione è considerata apparente quando, pur essendo materialmente presente nel testo, è talmente astratta, generica o slegata dai fatti specifici della causa da non permettere di comprendere il percorso logico-giuridico seguito dal giudice per arrivare alla decisione. In pratica, è una motivazione che non risponde alle argomentazioni delle parti e non analizza le prove, risultando incomprensibile e arbitraria.

Perché il decreto del Tribunale è stato annullato dalla Corte di Cassazione?
È stato annullato perché la sua motivazione era meramente apparente. Il Tribunale si è limitato a citare un brano di una precedente sentenza della Cassazione e ad affermare in modo generico la mancanza di prova, senza alcun riferimento ai fatti, ai motivi di opposizione e alle prove documentali prodotte dalla parte ricorrente. Questa mancanza di analisi specifica ha reso la decisione del tutto svincolata dal caso concreto.

Qual è la conseguenza di una motivazione apparente?
La conseguenza è la nullità del provvedimento. Se una motivazione non raggiunge la soglia del cosiddetto “minimo costituzionale”, ovvero quel nucleo essenziale di argomentazioni che rendono comprensibile una decisione, il provvedimento è viziato. In questo caso, la Corte di Cassazione ha cassato il decreto impugnato e ha rinviato la causa al Tribunale affinché venga emessa una nuova decisione, questa volta corredata da una motivazione effettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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