Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 29413 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 29413 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 18636/2020 R.G. proposto da:
NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ricorrente
contro
COGNOME ved. COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO COGNOME controricorrenti
avverso la sentenza n. 4525/2019 della Corte d’ appello di Venezia, depositata il 22-10-2019, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2910-2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Vicenza gli aveva ingiunto il pagamento di Euro 9.668,06 comprensivo di iva e contributi a favore del geom. NOME COGNOME in forza di ‘dichiarazione di parcella concordata’ di data 2-8-2004, sottoscritta anche da NOME COGNOME e corredata da parere di congruità del RAGIONE_SOCIALE, a saldo di prestazioni
OGGETTO:
contratto d’opera intellettuale
RG. 18636/2020
C.C. 29-10-2025
professionali relative a progettazione, direzione dei lavori, redazione di piano per la sicurezza con riguardo alla ristrutturazione di fabbricato a Noventa Vicentina, di proprietà dei coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME e delle sorelle NOME ed NOME COGNOME . L’opponente NOME COGNOME, imprenditore che aveva svolto i lavori, aveva disconosciuto la propria sottoscrizione sulla dichiarazione di parcella e aveva sostenuto che le prestazioni eseguite dal geometra erano già state pagate.
Con sentenza n. 416/2012 depositata il 23-4-2012 il Tribunale di Vicenza , all’esito della consulenza grafologica d’ufficio svolta sulla sottoscrizione disconosciuta, ha rigettato l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo.
NOME COGNOME ha proposto appello, che la Corte d’appello di Venezia ha integralmente rigettato con sentenza n. 4525/2019 depositata il 22-10-2019, dopo che, a seguito di dichiarazione di interruzione del processo per il decesso di NOME COGNOME, si sono costituiti i suoi eredi NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La sentenza ha rigettato i motivi di appello relativi all’accertamento dell’autenticità della sottoscrizione di NOME COGNOME sulla ‘dichiarazione di parcella concordata’ , ritenuta sulla base delle conclusioni del c.t.u., nonostante il consulente di parte non avesse potuto svolgere osservazioni alla bozza di relazione e il consulente d’ufficio non avesse risposto alle osservazioni; ciò in quanto il giudizio era stato introdotto il 21-112008 e perciò prima della modifica dell’art. 195 cod. proc. civ. da parte della legge 89/2009, che si applicava ai giudizi instaurati dopo il 4-7-2009, e il parere del consulente di parte era stato allegato all’atto di citazione in opposizione , per cui il Tribunale lo aveva già potuto esaminare; ha aggiunto che l’adesione del Tribunale alle conclusioni del c.t.u. appariva incensurabile, in ragione della logicità e coerenza delle argomentazioni esposte dal c.t.u. e
perciò non sussistevano neppure i presupposti per la rinnovazione delle indagini. La sentenza ha rigettato anche i motivi di appello relativi all’accordo del 9 -122004, dichiarando che con quell’accordo transattivo NOME COGNOME si era obbligato a pagare al geometra COGNOME quanto dovuto dai coniugi COGNOME e COGNOME per le prestazioni effettuate dal geometra e l’accordo sulla parcella , che era il fatto costitutivo del credito vantato, traeva origine da quell’obbligazione. Ha altresì escluso che il deb ito relativo alla parcella fosse stato saldato dalle figlie di NOME COGNOME, NOME ed NOME COGNOME, in quanto la somma di Euro 6.321,00 era stata versata da NOME COGNOME a saldo della fattura n. 24/2001 per prestazioni svolte su incarico di COGNOME e di sua moglie e le fatture 7, 8, 10 e 27 del 2007 dello stesso geometra si riferivano ad altre prestazioni; ha accertato che le fatture 10 e 27 erano state pagate in relazione a prestazioni svolte dal geometra da maggio 2005, successivamente all’acquisto da parte delle sorelle COGNOME dai coniugi COGNOME della porzione di immobile e le fatture 7 e 8 erano relative all’accatastamento a nome delle sorelle COGNOME dell’immobile da loro acquistato .
2.NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 29-1-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, intitolato ‘violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli articoli 111 Costituzione, 62, 156, 194 e 195 c.p.c. e art. 90 disp. att. c.p.c. sull’attività indagini del
consulente tecnico’, il ricorrente sostiene che il giudice avrebbe dovuto eseguire una interpretazione dell’art. 195 cod. proc. civ. adeguatrice ai principi di cui all’art. 111 Cost., al fine di garantire l’instaurazione del contraddittorio tra c.t.u. e c.t.p. sulle conclusioni della consulenza, pena la nullità della c.t.u., anche se al processo si applicava ratione temporis l’art. 195 cod. proc. civ. nella formulazione precedente alla legge 69/2009.
1.1.Il motivo è inammissibile ex art. 360-bis cod. proc. civ., perché il provvedimento impugnato ha deciso la questione in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame del motivo non offre elementi per mutare l’orientamento .
Infatti, p osto il dato pacifico che alla fattispecie si applica l’art. 195 cod. proc. civ. nel regime precedente la modifica a opera della legge 69/2009, la sentenza impugnata, escludendo la nullità della consulenza d’ufficio per il fatto che il consulente d’ufficio non avesse trasmesso ai consulenti di parte la bozza dell’elaborato prima di procedere al deposito della c.t.u., ha deciso in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità. Nel senso che nel regime precedente alla modifica dell’art. 195 cod. proc. civ. nessuna disposizione imponesse l’incombente hanno pronunciato non solo Cass. Sez. L 11-3-2011 n. 5897 (Rv. 616210-01) e Cass. Sez. L 7-12-2010 n. 24792 (Rv. 615339-01) richiamate dallo stesso ricorrente, ma anche Cass. Sez. 63 5-10-2021 n. 26992 (Rv. 662441-01), per tutte. Quindi, è acquisito che, nel regime precedente alla legge 69/2009, nessuna disposizione imponeva al c.t.u. di fornire ai consulenti di parte una bozza della sua relazione perché, al contrario, le parti potevano legittimamente formulare critiche solo dopo il deposito della relazione da parte del c.t.u.; ciò in quanto il diritto delle parti di intervenire alle operazioni tecniche anche a mezzo dei consulenti doveva essere inteso come diritto di partecipare non alla stesura della relazione medesima, atto
riservato al consulente d’ufficio, ma soltanto all’accertamento materiale dei dati da elaborare. Si esclude che ricorrano i presupposti per eseguire l’interpretazione proposta dal ricorrente, sulla base della sua tesi che l’incombente fosse necessario per garantire il contraddittorio, perché l’interpretazione si tradurrebbe nell’applicare retroattivamente la disposizione sopravvenuta, mentre il diritto di difesa era compiutamente garantito dalla possibilità di formulare critiche alla relazione dopo il suo deposito.
2.Con il secondo motivo, intitolato ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.): omessa valutazione delle critiche del C.T.P. di parte opponente AVV_NOTAIO NOME COGNOME, il ricorrente evidenzia che solo alla prima udienza successiva al deposito della consulenza d’ufficio la difesa di NOME COGNOME aveva potuto contraddire sul contenuto della consulenza, sia sotto il profilo del metodo di indagine, sia per quanto riguardava la valutazione dei segni grafici considerati per la comparazione; sostiene che la sentenza impugnata sia priva di motivazione o abbia motivazione meramente apparente, laddove ha rigettato il motivo di appello con il quale egli aveva lamentato l’omesso esame da parte del giudice di primo grado delle osservazioni del consulente di parte alla c.t.u.
2.1.Il motivo è fondato nei termini di seguito esposti.
E’ acquisito il principio secondo il quale, sulla base dell’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost. e nel processo civile dall’art. 132 co.2 n. 4 cod. proc. civ.; il sindacato di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale e tale obbligo è violato, concretandosi nullità processuale deducibile ex art. 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ., qualora la motivazione
sia totalmente mancante o meramente apparente, o viziata da manifesta e irriducibile contraddittorietà o sia perplessa e incomprensibile, purché il vizio risulti dallo stesso testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa ricostruzione della controversia (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880-01, per tutte). In particolare, la motivazione è apparente quando, benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a fare conoscere il ragionamento eseguito dal giudice per la formazione del suo convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie e ipotetiche congetture (Cass. Sez. 6-1 1-32022 n. 6758 Rv. 664061-01, Cass. Sez. U 30-1-2023 n. 2767, in motivazione a pag.10 e precedenti ivi richiamati).
Con specifico riferimento alla questione che si pone nella fattispecie, è stato enunciato il principio secondo il quale l’omessa valutazione da parte del giudice di merito dei rilievi tecnici mossi alla c.t.u. è deducibile ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. in relazione all’art. 132 co. 2 n. 4 cod. proc. civ., sia nel caso in cui la motivazione, pur aderendo alle conclusioni rassegnate dal consulente d’ufficio, omett a qualsiasi menzione delle osservazioni a quella svolte (Cass. Sez. L 12-4-2024 n. 9925 Rv. 670687-01), sia nel caso in cui la sentenza ometta di motivare la propria adesione alla c.t.u. oggetto di censure puntuali e specifiche che evidenzino la totale assenza di giustificazioni delle conclusioni dell’elaborato (Cass. Sez. 1 6 -6-2024 n. 15804 Rv. 671534-01), sia nel caso in cui la motivazione sia
tautologica e rimasta a livello di mera formula di stile (Cass. Sez. 2 512-2024 n. 31227, non massimata, da pag. 14). Questi precedenti non pongono in discussione il principio consolidato secondo il quale il giudice di merito, quando aderisca alle conclusioni del consulente d’ufficio che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte esaurisce l’obbligo di motivazione con l’ind icazione delle fonti del suo convincimento; ciò, senza dovere necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti di parte, che si risolvono in mere argomentazioni difensive (Cass. Sez. 1 16-11-2022 n. 33742 Rv. 666237-01, per tutte). Infatti, l’indicazione delle fonti del convincimento nella c.t.u. in tanto può assolvere all’obbligo di motivazione se e in quanto la c.t.u. abbia preso in esame e replicato alle osservazioni sulle quali la parte chiede la valutazione del giudice di merito.
Procedendo alla disamina della fattispecie sulla base dei principi esposti, si rileva che il motivo deduce il vizio di apparenza della motivazione perché, seppure l’intitolazione faccia esclusivo riferimento alla violazione dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., gli argomenti sono finalizzati a sostenere e fare emergere la nullità della motivazione per la sua apparenza, a fronte delle precise e circostanziate critiche svolte alla c.t.u. nell’atto di appello . Il motivo è altresì formulato nel rispetto del disposto dell’art. 366 co. 1 n. 6 cod. proc. civ., perché a pag. 19 del ricorso vi è rinvio specifico al secondo motivo di appello, con l’indicazione anche delle pagine dell’atto nelle quali erano state svolte le critiche alla c.t.u. che l’appellante chiedeva fossero prese in esame dalla Corte d’appello e a pag. 20 sono anche trascritte una parte di tali critiche; in questo modo la Corte è stata posta nella condizione di verificare direttamente i l contenuto dell’atto di appello -verifica da eseguire in ragione del contenuto processuale della censura-,
trovandovi conferma che, da pag. 9 a pag. 11 , l’atto conteneva le censure alla c.t.u.
Infatti l’appellante ave va svolto con il secondo motivo di appello, sulla base delle osservazioni del proprio consulente di parte, una serie di critiche di ordine tecnico all ‘elaborato peritale ; tali critiche non erano state oggetto di disamina da p arte del consulente d’ufficio in primo grado, in quanto il c.t.u. non aveva trasmesso alle parti la bozza del proprio elaborato, per cui le osservazioni del consulente di parte erano state prodotte in causa dalla difesa di NOME COGNOME dopo il deposito della c.t.u. Su tali critiche alla c.t.u. la motivazione della sentenza impugnata risulta meramente apparente, perché prima dichiara che il Tribunale, all’epoca del deposito della c.t.u., aveva già potuto esaminare il parere espresso dal consulente di parte; poi aggiunge che l’adesione alle conclusioni del c.t.u. da parte del Tribunale appariva incensurabile, in ragione della logicità e della coerenza delle argomentazioni tecniche esposte dal perito, per cui non sussistevano i presupposti per la rinnovazione dell’indagine , perché secondo l’indirizzo della Cassazione il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri istituzionali del giudice di merito, senza che sia necessaria una espressa pronuncia sul punto. Con questo contenuto la motivazione non esplicita un reale percorso logico eseguito per rigettare i rilievi tecnici sollevati dall’appellante al fine di criticare la c.t.u. e chiederne anche la rinnovazione; non spiega in alcun modo per quali ragioni le osservazioni del consulente di parte depositate prima della c.t.u. escludessero l’esigenza di esaminare le critiche del consulente di parte alla c.t.u.; l’unico concetto esp resso è che spetta al giudice di merito valutare le critiche alla c.t.u. e , all’evidenza, in mancanza dell’esplicitazione di una qualche ragione per la quale le questioni dovessero essere esaminate solo dal giudice di primo grado, l’ affermazione si risolve in un mero rifiuto a entrare nel merito degli
argomenti dell’appellante , inidoneo a soddisfare il minimo costituzionale che la motivazione deve rispettare.
3.Con il terzo motivo , ‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli articoli 1180, 1272, 1273 c.c. in tema di adempimento del terzo, accollo di debito ed espromissione’, il ricorrente censura la sentenza impugnata nel punto in cui ha qualificato la clausola n.4 della transazione del dicembre 2004 richiamando l’art. 1180 cod. civ. sull’adempimento del terzo e ha escluso l’applicabilità dell’istituto dell’accollo ex art. 127 3 cod. civ. Evidenzia come sia pacifico che l’opera professi onale del geom. COGNOME fosse stata commissionata dai coniugi COGNOME e perciò NOME COGNOME fosse terzo sia rispetto ai coniugi sia rispetto alle figlie NOME e NOME COGNOME; dichiara che, nei confronti dei coniugi COGNOME, NOME COGNOME ha assunto il debito verso il geometra con delegazione, manifestando al creditore di agire sulla base di un preesistente rapporto con i debitori originari; la causa della transazione rendeva incompatibile la qualificazione della clausola n. 4 in termini di adempimento del terzo o espromissione, in quanto il riferimento al conferimento dell’incarico da parte dai committenti al geometra faceva venire meno il requisito della spontaneità di cui all’art. 1272 cod. civ. Sostiene perciò che la pattuizione fosse da qualificare come accollo interno, in forza del quale l’accollante assumeva l’obbligo solo nei confronti del debitore accollato, e perciò dei coniugi COGNOME, mentre il creditore non acquistava un nuovo debitore. Aggiunge che, anche nel caso in cui l’accordo fosse stato qualificato come accollo esterno, l’opponente COGNOME avrebbe potuto eccepire l’avvenuto adempimento della transazione, come aveva fatto, nonché evidenziare che il geom. COGNOME non aveva svolto altre prestazioni oltre alla redazione del progetto e del piano di sicurezza.
3.1.Il motivo è inammissibile laddove intende censurare la ricostruzione del contenuto degli accordi intercorsi tra le parti eseguita dalla sentenza impugnata e per il resto assorbito.
La sentenza impugnata ha ritenuto che ‘il fatto costitutivo del credito vantato ‘ dal geometra , cioè la fonte dell’obbligazione di pagamento dei compensi del geometra era l’accordo sulla parcella e ‘ trae(va) origine dall’obbligazione assunta dall’appellante in forza della scrittura transattiva da lui stipulata con i signori COGNOME e COGNOME‘ , perché con la transazione -conclusa a definizione del contenzioso relativo all’immobile per il quale il geometra aveva svolto le sue prestazioni- le parti si erano accordate nel senso che fosse NOME COGNOME ad adempiere alle obbligazioni contratte dai coniugi COGNOME con il geometra; ha altresì ritenuto che NOME COGNOME si fosse accordato con il professionista, estraneo alla transazione, sull’importo del debito del quale avrebbe dovuto onerarsi, pattuendo con lo stesso la parcella concordata sottoscritta il 2-8-2004. In questo modo la sentenza ha accertato in fatto il contenuto degli accordi intercorsi tra le parti e specificamente ha accertato che NOME Dov igo si era assunto l’obbligo di pagare le prestazioni professionali non solo nei confronti dei debitori, concludendo con loro la transazione, ma anche nei confronti del creditore; le deduzioni del ricorrente non sono in sé idonee a incidere su tale accertamento in fatto e per questo sono inammissibili. Per il resto il motivo è assorbito in quanto, in via precedente rispetto a ogni altra valutazione, in ragione dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso risulta necessario procedere a nuovo accertamento sull’autenticità della scrittura relativa all’ accordo di parcella.
4.Con il quarto motivo, ‘violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli articoli 167, 183, 645 c.p.c. sulle preclusioni processuali: domanda nuova, inammissibilità della mutatio libelli’, il ricorrente evidenzia che, a seguito del disconoscimento della
‘dichiarazione di parcella concordata’, nella comparsa di risposta del giudizio di opposizione il geometra aveva dedotto che NOME COGNOME era debitore in forza della clausola n. 4 della transazione, con mutatio libelli la cui inammissibilità era stata tempestivamente eccepita; ciò perché nel ricorso la causa petendi era data da ll’espromissione di COGNOME nei confronti delle figlie e nella comparsa dalla clausola era data dall’ accollo. Sostiene che, sulla base di tale inammissibile mutatio, il giudice abbia cambiato l’individuazione degli originari debitori del geometra, dalle figlie di NOME COGNOME ai danti causa delle spese coniugi COGNOME.
4.1.Il motivo è infondato, perché si esclude che la deduzione in ordine all ‘esistenza della transazione avesse comportato una mutatio libelli vietata.
In via assorbente rispetto a ogni ulteriore rilievo, basti richiamare il principio enunciato da Cass. Sez. U 15-6-2015 n. 12310 (Rv. 63553601), secondo il quale la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare sia petitum che causa petendi, sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte o l’allungamento dei tempi processuali; nel solco delle Sezioni Unite, è stato enunciato anche il principio secondo il quale nell’opposizione a decreto ingiuntivo al creditore opposto è consentito modificare la domanda originaria, nel senso anche di mutare petitum e causa petendi, non potendosi considerare nuova una domanda che non sia ulteriore o aggiuntiva rispetto a quella proposta nell’atto introduttivo, in base ai principi di economia dei mezzi processuali e di ragionevole durata dei processi (Cass. Sez. 3 21-3-2024 n. 7592 Rv. 670597-01, Cass. Sez. 3 16-2-2021 n. 4031 Rv. 660594-01, per tutte). Nella fattispecie, come già esposto, la Corte d’appello ha ritenuto che
il titolo della domanda fosse rimasto l’accordo sulla parcella anche nella fase di opposizione al decreto ingiuntivo e quindi la deduzione relativa alla transazione neppure in sé comportava modifica della causa petendi, che comunque era consentita; infatti, la vicenda sostanziale dedotta in giudizio e l’oggetto della domanda rimanevano i medesimi, senza compromissione delle potenzialità difensive della controparte né allungamento dei tempi processuali, in quanto la deduzione relativa alla transazione era stata eseguita nella comparsa di risposta ed era relativa a contratto conosciuto all’opponente, il quale ne era stato parte.
5.Con il quinto motivo, ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.): oggetto del giudicato di cui alla sentenza n. 946/2015 del Tribunale di Vicenza e pagamenti delle signore NOME e NOME COGNOME, il ricorrente dichiara di avere documentato con l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo i pagamenti eseguiti al geometra e sostiene che tali pagamenti dimostrino l’infondatezza della pretesa della controparte. Aggiunge che la motivazione della sentenza sui pagamenti eseguiti è solo apparente e che la diversa sentenza del Tribunale di Vicenza tra le figlie di NOME e il professionista non abbia accertato che quanto pagato dalle figlie di NOME COGNOME fosse relativo a prestazioni diverse da quelle oggetto del presente giudizio.
5.1.Il motivo è infondato, in quanto la motivazione ampiamente soddisfa il minimo costituzionale entro il quale è circoscritto il sindacato di legittimità, perché reca argomentazioni obiettivamente idonee a fare conoscere il ragionamento eseguito dal giudice per la formazione del suo convincimento. Nella fattispecie la sentenza ha espressamente preso in esame il pagamento di Euro 6.321,00 e i pagamenti di cui alle fatture 10, 27, 7 e 8 del 2007 ai quali faceva riferimento l’appellante e ha espressamente escluso che fossero pagamenti riferiti alle
prestazioni oggetto della domanda formulata in causa, esponendo analiticamente le ragioni di tale valutazione e perciò le ragioni sulle quali ha fondato il proprio convincimento, il che in sé esclude il vizio di nullità della motivazione.
Per il resto, il motivo proposto ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. è in fondato, in quanto la Corte d’appello ha preso in esame anche il contenuto e le statuizioni della sentenza n. 946/2015 del Tribunale di Vicenza e ha escluso che quella sentenza avesse accertato l’avvenuto pagamento delle prestazioni oggetto di causa; quindi, non si verte in ipotesi di omesso esame di fatto decisivo, ma di valutazione delle risultanze istruttorie, riservata al giudice di merito ed eseguita dalla Corte d’appello in termini esenti da vizi logici e giuridici.
6.In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al secondo motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, che farà applicazione dei principi enunciati e si atterrà a quanto sopra esposto, regolamentando anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta i restanti motivi, parzialmente assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 29-10-2025
Il Presidente
NOME COGNOME