Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6698 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 6698 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso 17380/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME in virtù di procura in atti;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono in virtù di procura in atti;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 952/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata in data 19/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27.02.2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Udito il P.M. in persona del Sostituto procuratore Generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi dal primo al quinto con assorbimento dei restanti.
Uditi l’avvocato NOME COGNOME per la ricorrente e l’avvocato NOME COGNOME, su delega dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO COGNOME, per la controricorrente.
Svolgimento del processo
La vicenda al vaglio può riassumersi, per quel che ancora rileva, nei termini seguenti.
1.1. RAGIONE_SOCIALE agì in reintegrazione nei confronti di RAGIONE_SOCIALE esponendo che la convenuta, la quale aveva stipulato nel 1986 convenzione costitutiva di servitù di elettrodotto, aveva impedito, in occasione di lavori d’installazione di una nuova cabina di RAGIONE_SOCIALE di media potenza, il passaggio dei cavi interrati nell’ultimo tratto.
La CRM, costituitasi, dedusse che la controparte voleva indebitamente aggravare la servitù e formulò richiesta di risarcimento del danno.
Il Tribunale accolse l’interdetto possessorio e il reclamo avverso il provvedimento venne rigettato.
2.1. Il Tribunale, all’esito del giudizio riguardante il c.d. merito possessorio, dichiarò cessata la materia del contendere in ordine alla domanda di reintegra, essendo stato il provvedimento interdittale già eseguito. Nel merito, condannò RAGIONE_SOCIALE a ripristinare lo stato dei luoghi, illegittimamente occupati, e a risarcire il danno, quantificato in € 4.000,00.
La Corte d’appello, evocata in via principale da RAGIONE_SOCIALE e in via incidentale dalla CRM, accolse l’impugnazione principale e rigettò quella incidentale.
La difformità tra la sentenza di primo e quella di secondo grado, consiglia, sia pure in sintesi, di riprendere il ragionamento della Corte d’appello di Bologna.
-Non poteva condividersi l’affermazione del primo Giudice, il quale aveva reputato di non prendere in considerazione la circostanza dedotta da RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva giustificato la <> rispetto al tracciato asservito, per avere la proprietaria del fondo servente occupato una parte della fascia assoggettata alla servitù. La circostanza, chiarisce il Giudice dell’appello, non poteva considerarsi tardivamente allegato poiché risultava accertata dal c.t.u. incaricato dal Tribunale.
Era rimasto, quindi, provato che la titolare della servitù d’elettrodotto non avrebbe potuto altrimenti posare i cavi.
Andava soggiunto che con convenzione del 1974 era stata costituita servitù aerea per il passaggio di cavi, estesa per 210 metri e larga 9,50 metri, successivamente interrati con il consenso della CRM. Di conseguenza era rimasto dimostrato che <>.
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso sulla base di sette motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie e il P.G., conclusioni scritte.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, co. 2, e 183, co. 6, nn. 1 e 2, cod. proc. civ.
Con il motivo si sostiene che la Corte di Bologna afferma di non condividere la sentenza di primo grado senza spiegare compiutamente le ragioni di un tale dissenso.
Per contro, il Tribunale aveva puntualmente reputato tardive e comunque infondate le circostanze poste a base del convincimento della Corte locale.
In particolare, il primo giudice aveva valutato tardivo l’argomento della ‘deviazione necessaria’, esposto solo in comparsa conclusionale. Del pari tardiva era stata considerata la prospettazione di una preesistente servitù aerea convertitasi in servitù di elettrodotto interrato.
6.1. La doglianza è fondata.
La sentenza di primo grado è stata messa nella disponibilità del Collegio dalla ricorrente; questi i due argomenti chiave posti a sostegno della decisione.
RAGIONE_SOCIALE, <>.
La sentenza d’appello censura quella di primo grado sulla base dei seguenti argomenti:
il c.t.u. aveva accertato <>, era irrilevante che il passaggio fosse divenuto solo meno comodo, valendo in proposito quanto prescritto dall’art. 1067, co. 2, cod. civ.
Il c.t.u. aveva rinvenuto il contratto del 1974 costitutivo di servitù aerea di elettrodotto. <>.
L’interramento non aveva aggravato il vincolo originariamente aereo, versandosi in area non edificabile.
Accertata la titolarità in capo all’appellante della suindicata servitù di elettrodotto in cavi aerei, <>.
È evidente che la Corte d’appello non affronta affatto le argomentazioni poste a base della decisione dal Tribunale.
La giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145; ma già S.U. n. 22232/2016).
A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo a priori , che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto.
Come ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le
risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914).
Alla luce dei richiamati principi la sentenza della Corte di Bologna deve essere dichiarata nulla, poiché sorretta da un costrutto motivazionale di pura ed evidente apparenza, attraverso il quale il giudice si è illegittimamente sottratto al dovere di spiegare le ragioni della propria decisione, la quale s’impone e giustifica proprio attraverso la piena visibilità del percorso argomentativo, che non può ridursi al nudo atto di libera manifestazione del volere, avendo il giudice il dovere di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, non essendo bastevole una sommaria evocazione priva di un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (in tal senso, da ultimo, Cass. nn. 9105/2017, 20921/2019, 13248/2020).
Restano, per vero, ignote le ragioni per le quali il Giudice di secondo grado ha deciso difformemente da quello di primo.
Le affermazioni della Corte locale di non condivisione del primo verdetto, in assenza di uno specifico confronto con i punti salienti della motivazione del Tribunale, manifestano esercizio di un mero immotivato diverso volere.
In particolare, la sentenza d’appello avrebbe dovuto contrastare l’affermata tardività della deduzione circa la parziale occupazione del percorso asservito; l’affermata non dimostrata impossibilità di
rispettare il percorso stabilito per contratto; l’affermata mancata prova del possesso esercitato dalla odierna controricorrente sulla parte di terreno occupata dai cavi interrati, ma estranea al percorso assoggettato. Ciò, ancor più alla luce dell’affermata tardività della deduzione secondo la quale l’odierna ricorrente avrebbe acconsentito l’interramento dei cavi in corrispondenza di una vecchia servitù aerea di elettrodotto.
In disparte e sullo sfondo resta, peraltro, l’opinabilità dell’assunto portante: la circostanza che il titolare del fondo servente abbia compiuto atti idonei a diminuire l’esercizio della servitù (art. 1067 cod. civ.), non giustifica, ex se, l’atipica ‘autotutela’ della titolare della servitù, la quale avrebbe ben potuto adire il giudice per chiedere la manutenzione della servitù e non autonomamente collocare altrove l’elettrodotto.
Con il secondo, il terzo e il quarto motivo, tra loro osmotici, viene denunciata violazione degli artt. 183, co. 6, 62, 194, 99, 112, 115 cod. proc. civ.
Con il complesso censorio, da scrutinare unitariamente, stante l’intimo collegamento delle esposte critiche, in sintesi, si deduce che:
il c.t.u., esorbitando dai suoi compiti, discendenti dai quesiti postigli, aveva acquisito la documentazione riguardante la servitù aerea convenuta nel 1974;
di conseguenza, male aveva fatto la Corte di Bologna a porre a fondamento della decisione i documenti siffattamente acquisiti;
il Tribunale aveva escluso la sussistenza di possesso tutelabile in capo alla controparte, per contro la sentenza d’appello aveva sostenuto il contrario, valorizzando quella servitù aerea di cui si è detto
7.1. Il complesso censorio resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo.
In disparte vale la pena ricordare che i principi in materia di poteri del c.t.u. sono stati assai di recente definiti in sede nomofilattica (S.U. n. 3086, 01/02/2022, Rv. 663786 -03, Rv. 663786-06).
Nel caso in esame, ovviamente, essendo risultata vittoriosa CRM, questa, al fine di coltivare l’eventuale nullità, avrebbe dovuto sottoporre, a pena d’inammissibilità, al giudice, con l’atto di costituzione, la questione (Sez. L., n. 7101, 29/07/1994, Rv. 487575; conf., ex pluribus, Cass. n. 2750/1999).
Con il quinto motivo viene denunciata violazione dell’art. 183, co. 6, cod. proc. civ., assumendosi che i sottoservizi erano stati collocati dall’esponente nel 1986, prima della convenzione costituiva della servitù di elettrodotto interrato e, per contro, la controparte aveva riconosciuto di aver violato la servitù contrattuale, deviando il percorso dei cavi, solo in comparsa conclusionale. Era così rimasto leso il contraddittorio.
Con il sesto motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 2697 e 1168 cod. civ., 112 e 115 cod. proc. civ.
Viene lamentato che la sentenza impugnata aveva, in ogni caso, non tenuto conto della relazione del c.t.u., il quale, rispondendo a specifico quesito, aveva espressamente affermato che la presenza dei sottoservizi non impediva il passaggio dei cavi elettrici, rispettando la fascia asservita, e che l’opzione della deviazione era stata prescelta dalla controparte solo perché <>, come aveva scritto il consulente del giudice.
I due motivi che precedono restano assorbiti dall’accoglimento del primo.
In disparte va osservato che, quanto alla dedotta violazione dell’art. 183 e correlata violazione del principio del contraddittorio, come si è visto esaminando il primo motivo, la Corte d’appello non ha reso spiegazione alcuna al fine di negare la consumata violazione.
Quanto al secondo profilo, resta fermo quanto si è anticipato esaminando il primo motivo, censurando la condotta della controricorrente, per avere collocato i cavi in area non asservita.
Né la sentenza spiega sulla base di quali evidenze di causa abbia ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE avesse acconsentito all’interramento dei cavi in corrispondenza di una vecchia servitù aerea, senza, peraltro, neppure accertare se essa fosse stata dismessa o meno.
Con il settimo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt.1063, 1168, 2043 e 2058 cod. civ.
Ingiustamente era stato negato il diritto al risarcimento sul presupposto erroneo che l”RAGIONE_SOCIALE si trovasse nel legittimo possesso della servitù a riguardo della zona di sconfinamento.
Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo.
In ragione di quanto esposto la sentenza deve essere cassata. Il Giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto motivo e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio di giorno 27 febbraio